IL PIANETA TOTO'

(1980-1988)

Pianeta Toto

Uno dei programmi televisivi più completi che siano stati mai realizzati su Totò, fu certamente "Il pianeta Totò". Vengono evidenziate la straordinarietà del personaggio e la vastità della sua opera. Ideato e realizzato da Giancarlo Governi, musiche di Piero Montanari, montaggio di Lamberto Mancini. Nelle puntate viene raccontata la vita e la carriera di Totò, i suoi amori, il suo teatro, i suoi film. Numerose le interviste, tra queste spiccano quelle a Nino Taranto, Achille Campanile (tratta dalla "Presentazione della serie TuttoTotò" del 1967), Liliana De Curtis, Mario Mattoli, Diana Bandini Rogliani, Ninetto Davoli, Nanni Loy, Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Age e Scarpelli. Prima edizione: 30 puntate quotidiane, Raidue 1981. Seconda edizione: 25 puntate quotidiane, Raidue 1983. Terza edizione: 30 puntate, Raidue 1988.



Un frammento del programma, andato in onda nel dicembre del 1980, con un'intervista a Liliana de Curtis

Così la stampa dell'epoca

1980 11 29 La Stampa Il pianeta Toto intro

La confraternita dei «Totologi» continua a fare adepti. I libri su Totò stanno diventando una serie prolissa e ripetitiva come le divozioni dei santi. Prima della morte, tredici anni fa, il «principe della risata» conobbe due soli agiografi, Ferraù e Passarelli, i quali raccolsero una sua lunga testimonianza autobiografica sotto il titolo quasi filosofico Siamo uomini o caporali? (1953). Era una grande audacia. In quell'epoca Totò godeva il favore chiassoso del pubblico popolare che sghignazzava nei cinema di periferia e innestava sul linguaggio quotidiano i suoi nonsense, i surrealismi parolai, le invenzioni antiburocratiche e alogiche: «quisquilie, bazzecole, pinzellacchere», «a prescindere», «parli come bada», «eziandio», «io mi scompiscio», «mi faccia il piacere! Se ne vadi!» (che non è una trovata di Paolo Villaggio).

Ma con il mondo della cultura in cattedra non andava troppo d'accordo. Gli intellettuali degli Anni 30, fatte rare eccezioni (Umberto Barbaro), rifiutavano come volgari guitterie le eruzioni verbali e mimiche della, sua comicità cosi inconciliabile ai canoni dell'estetica imperante.

Uguale sfortuna, dopo la guerra, gli toccò con la nuova critica di sinistra (poche le voci a favore, Zavattini, Marotta, De Feo), ultra impegnata e filo-neorealista. Totò era scomodo per tutti: un fenomeno difficile da capire e definire. I ravvedimenti, le riparazioni sono cominciati il giorno dopò la morte. Lo confermarono subito tutti i quotidiani con i loro «coccodrilli» di dogliosa circostanza. Ma è storia che tutti ormai sanno. Cosi come è noto che negli ultimi anni si è sviluppata una vera scienza dell'elogio verso il comico napoletano: libri, saggi, articoli, rassegne, festival, tavole rotonde, convegni, tanta tv, di Stato e soprattutto privata. In principio e durante fu Goffredo Fofi, poi Paliotti, la Faldini, Valdlron. Hanno scritto anche Moravia, Felllni, Bevilacqua insieme con le sacre testate parigine di Positif e dei Cahiers, fino al prestigioso Le Monde.

Arriva ora il volume di Giancarlo Governi (Vita di Totò, Rusconi, lire 12.000). Anticipa di pochi giorni il ciclo televisivo che l'autore ha dedicato al comico (Il pianeta Totò). Governi, che per la tv ha già curato numerosi programmi di successo tra i quali «Alberto Sordi: vita di un italiano», si colloca nel filone agiografico con un'adesione forse meno totale, più controllata, alla monumentalizzazione di Totò. Il nuovo biografo usa la curiosità del detective e si cala nella storia dell'attore provando a sciogliere alcuni nodi complicati della sua vita e della sua carriera.

Primo fra tutti il «giallo» della nascita e della paternità. Antonio Clemente (cognome della madre, popolana del rione Sanità, a Napoli) era veramente figlio dello spiantato ma nobilissimo marchesino De Curtis? O fu invece proprio Totò, già adulto ed affermato, alla ricerca di blasone e padre, a «pagare» letteralmente il matrimonio tra la madre e il titolato? La soluzione del quesito sembra pendere verso la seconda ipotesi. Giancarlo Governi prosegue la sua indagine confrontando le fonti ufficiali con i ricordi di due testimoni poco consultati nella recente Totò-blbliografla: la figlia Liliana e la moglie Diana. L'istruttoria è aperta. I punti da chiarire sono numerosi: il primo modello (Gustavo De Marco) copiato per trovare scritture, l'insopportabile maniacale gelosia che il comico nascondeva nella vita privata, la separazione dalla moglie gli atteggiamenti a favore di Lauro e l'ideologia monarchico-socialista [...] sfortunato debutto sullo schermo («Fermo con le mani!», 1937) propiziato dal produttore Lombardo che cercava in lui il Charlot nostrano; le umiliazioni della carriera cinematografica compresa quella subita da Anna Magnani che ormai regina dell'impegno neo realista non voleva più come partner il guitto' Totò in «Risate di gioia», il dramma della cecità provocata dall'overdose di antibiotici durante le repliche di «A prescindere» nella stagione '56-57, le sofferenze patite negli ultimi anni per l'atteggiamento distaccato e sufficiente della critica sempre incline all'insulto.

Il risultato è un romanzo di gradevole lettura, un contributo ricco di informazioni inedite per sistemare «la veridica storia del verace Totò» va di là delle versioni ufficiali, divulgate qualche volta dallo stesso attore, cosi attento a controllare e costruire la propria immagine pubblica. Ancora una volta, però, si è corso il rischio di aggiungere soltanto lapidi ad un piedistallo, trascurando la qualità e il tipo di materiale con cui il monumento è stato costruito. Sul fenomeno d'arte e di costume rappresentato per più di quarantanni dalla maschera Totò, continua a mancare una vera analisi, scientifica e onesta. Il suo teatro, i suoi 96 film, le sue poesie, sono un terreno fertile, contraddittorio, magmatico e quasi vergine di studi. L'ultimo comico integralmente italiano, per tradizione e cultura popolare , resta in attesa, dopo l'entusiasmo generoso degli affetti, di uscire dal mito ed entrare nella storia dello spettacolo.


Alla tv in 25 puntate

Tutto Totò alla Tv in 25 puntate. Buonasera con Il pianeta Totò', a cura di Giancarlo Governi, è un programma realizzato con 80 spezzoni tratti da film interpretati dal grande comico e integrati con interviste a registi (Bragaglla, Mattioli) e attori (Nino Taranto, Alberto Sordi, Carlo Croccolo, Isa Barzizza, ecc.). Sarà presentato anche il Totò teatrale con serie di brani di spettacoli di rivista e di avanspettacolo che spesso l'attore aveva utilizzato fedelmente suoi film. Il programma (50 minuti a puntata) andrà onda cinque giorni la settimana, dal lunedi al venerdi alle 18,50 prima del Telegiornale sulla Rete 2. L'inizio previsto fra pochi giorni.

Sandro Casazza, «La Stampa», (Tutto Libri), 29 novembre 1980


1980 12 07 Corriere della Sera Il Pianeta Toto TV intro

1980 12 07 Corriere della Sera Il Pianeta Toto TV f1Una mega-antologia di Totò, per complessive 21 ore di trasmissione, suddivise In 25 puntate di circa 50 minuti ciascuna. è l'omaggio che la seconda Rete Tv renderà, a partire da domani sera, al grande comico napoletano. Sotto il titolo II pianeta Totò, Il programma realizzato da Giancarlo Governi (lo stesso che curò Alberto Sordi: storia di un Italiano) occuperà cinque settimane andando in onda tutti i giorni alle ore 19.05 tranne il sabato e la domenica.

Non è il primo, né sarà l’ultimo recupero postumo di un personaggio e di una maschera straordinari, erede autentico di Pulcinella e «principe» sommo della comicità, titolo assai più prezioso di quello nobiliare al quale Antonio De Curtis Griffo Focas bizzarramente teneva nella sua vita privata. Negli ultimi dieci anni, sulla figura e l'arte di Totò sono piovuti a non finire saggi, libri, convegni di studio, rassegne e antologie cine-televislve. tutti di tono più o meno agiografico e spesso punteggiati di sferzanti polemiche contro quel critici che, quando l'attore era in vita, lo avrebbero considerato con sufficienza o addirittura con disprezzo.

Ma a tale proposito è lecito precisare che ciò avvenne soltanto da parte di qualche «vice» improvvisato e occasionale, mentre la critica provveduta, e con essa molti scrittori di fama, non mancò mai di rilevare il grande talento dell'artista e quanto si nascondeva dietro la maschera dell'irresistibile burattino. C'era soltanto il rimpianto che tanta potenzialità espressiva venisse troppo spesso sacrificata da canovacci dozzinali e indegni, da parodie avvilenti, da registi di mezza tacca. E questo, in coscienza, non ci sentiamo di smentirlo.

Tornando a Il pianeta Totò, si sa che il programma si compone del collage di brani ricavati da una sessantina di film fra i 96 complessivamente interpretati dal comico in trent'anni (1937-1967) di attività cinematografica. Si va dal primissimo Fermo con le mani ('37) di Gero Zambuto a Capriccio all'Italiana ('67) di Steno, non trascurando né i grandi successi popolari come I due orfanelli ('47) e Fifa e arena ('48) di Mattoli né le prestazioni più nobili, fra cui San Giovanni Decollato ('40) di Palermi, Napoli milionaria ('50) di De Filippo e i film di Monicelli, Rossellini e Pasolini.

Ma é un collage che fa da supporto a una lunga serie di testimonianze e interviste (con largo spazio riservato alla figlia di Totò, Liliana De Curtis) che promettono di ricostruire l'intera carriera dell'attore, compresi i circa vent'anni di esclusiva militanza teatrale prima di concedersi (più per ragioni economiche che per vero amore) sempre più spesso al cinema. Sulla sua appassionata attività di palcoscenico (varietà, avanspettacolo, rivista) non esistono, purtroppo, documenti filmati; per cui Governi è ricorso a numerosi sketches che, pur compresi nelle pellicole dell'attore, rispecchiano il taglio del gag teatrali e rimandano alla «maschera» delle origini che si snodava e disarticolava come una marionetta.

In questo modo, e mediante i ricordi e le testimonianze di vecchi amici e compagni d'arte di Totò, le prime cinque puntate del programma riguarderanno appunto il comico di teatro, fin da quando una sera, nel glorioso «Jovinelli» di Roma, Antonio De Curtis, già «taglia-biglietti» della sala, si mise a sostituire sul palcoscenico l'«omino di caucciù» Gustavo De Marco, suo più diretto maestro, facendo sbellicare dalle risa la platea.

Il resto del programma pescherà nell'altra miniera senza fondo di personaggi cinematografici, con o senza i caratteristici frac, bombetta e pantaloni a mezz'asta. Ma anche qui il vasto panorama non si esaurirà nell'antologia e cercherà di penetrare il più a fondo possibile, al di là del facili apologismi sull'umanità dell'uomo e del personaggio e sul fenomeno d'arte che ha rappresentato. Per questo si sono intervistati una ventina fra registi, scrittori e attori che gli furono vicini in tanti anni di lavoro.

Ciascuno portando la propria testimonianza (su Totò c'è anche una vecchia intervista di Pasolini e un'altra, originale, effettuata con Mario Mattoli pochi giorni prima della morte del regista più assiduo del comico), si spera di poter ricavare dal programma a lungo elaborato da Giancarlo Governi (con la consulenza di Vittorio Giacci) un contributo di studio non approssimativo, capace di sciogliere più di un interrogativo che ancora rimane sull'ultimo comico autentico della più schietta tradizione popolare italiana

In ogni caso, i 25 appuntamenti con Il pianeta Totò saranno altrettanti sicuri banchetti di risate per i telespettatori d'ogni età.

Leonardo Antera, «Corriere della Sera», 7 dicembre 1980


1980 12 07 L Unita Il pianeta Toto TV intro2

Da domani alla TV festival del comico napoletano in 25 puntate. Dai primi passi nell’avanspettacolo all’incontro con Pasolini

Festival di Totò, sulla Rete 2, da domani sera. 25 puntate di seguito ogni giorno (tranne il sabato e la domenica) inserite nello spazio prima della cena di «Buonasera con...». Titolo: «Il pianeta Totò». Autore Giancarlo Governi. L'esplorazione del «pianeta» comincia con i primi passi di Totò tra l'avanspettacolo e la rivista. Lasciata Napoli sul finire della prima guerra mondiale, Antonio De Curtis approda a Roma al Teatro Jovinuelli e, come accade sempre per i grandi del palcoscenico, fa il suo debutto sostituendo la «vedette», il comico Gustavo De Marco.

Proprio la fondamentale formazione teatrale occupa le prime cinque puntate del lavoro di Governi il quale, in assenza di una documentazione filmata di quel periodo, è andate alla ricerca di sketch, balletti, numeri di riviste («Volumineide» con Anna Magnani, «Bada che ti mangio», «Imputati alziamoci», sono alcuni dei titoli più famosi degli spettacoli nati dal sodalizio di Totò e Michele Galdieri che il comico napoletano introdusse poi in molti film e in qualche «special» televisivo.

Dei 96 film realizzati da Totò. Giancarlo Governi, che ha curato anche il «tuttoSordi» di «Storia di un italiano», ne ha scelto una sessantina, scartando quelli più sfruttati (e manomessi) conservando alcune pietre miliari («Totò sceicco», «Fifa e arena», la prima pellicola italiana che superò il miliardo di incassi, era il 1948), recuperando viceversa altri come «Napoli milionaria», gelosamente custodito da Eduardo che ne fu il regista.

L'itinerario di questa antologia televisiva a dipana dunque su alcuni filoni che, partendo, appunto, dal teatro leggero si soffermano via via sulle successive tappe della carriera del «principe della risata»: dagli esordi cinematografici di «Fermo con le mani» di Zambuto, del 1937 (e Totò aveva già quarantanni) che voleva essere soprattutto il tentativo (fortunatamente fallito) di creare uno Charlot tutto italiano, all'incontro prima con un testo di Achille Campanile, «Animali pazzi», con la regia di Carlo Ludovico Bragaglia, poi con Cesare Zavattini che sceneggiò una commedia di Nino Martoglio, «San Giovanni decollato», che fu davvero il decollo di Totò.

Il sodalizio con Mario Mattoli, la trasposizione cinematografica di molte commedie teatrali (tratte da Eduardo Scarpetta, da Pirandello e dallo stesso Eduardo De Filippo), le farse in chiave neorealistica («Totò cerca casa», «Guardie e ladri», «I sette re di Roma», «Totò «Carolina»), il periodo della cecità che costrinse Totò ad affidarsi più a funambolismi della parola che di movimento (avvalendosi di «spalle» straordinarie come Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Nino Taranto, lo stesso De Sica) e l’incontro con Pasolini completano l'analisi sul grande interprete.

Un Totò sezionato e sviscerato dunque (i dubbi nascono proprio dall'eccessivo frazionamento del lavoro, oltre che dalla collocazione oraria che poteva coinvolgere un più vasto pubblico, avvezzo peraltro agli scempi di Totò da parte delle TV private) da una televisione generosa verso di lui, sebbene retrospettivamente (alla pari di tanti altri).

g. cer., «L'Unità», 7 dicembre 1980


1980 12 09 La Stampa Il pianeta Toto intro

Ieri è partito Il pianeta Totò, gigantesca antologia in 25 puntate per un totale di 21 ore di trasmissione. Un'antologia che probabilmente sarebbe stata gradita come pezzo forte degli spettacoli serali e che invece la rete 2 ha preferito piazzare nella fascia delle 19. Ormai è una fascia diventata di «battaglia» e di concorrenza, e un omaggio a Totò significa trattenere sulla rete un grosso pubblico e aumentare l'uditorio del Tg2, in onda subito dopo.

Il pianeta Totò è opera di Giancarlo Governi che ha già curato la personale di Alberto Sordi. Proprio allestendo l'antologia di Sordi, Governi ha pensato all'antologia di Totò, e si è gettato a capofitto nell'immane lavoro di recuperare tutte le sue pellicole.

Nel giro di un anno è riuscito a trovarne 94 su 96 (di due è andato distrutto addirittura il negativo). Da una decina non ha potuto ricavare nemmeno un fotogramma perché sono di proprietà di De Laurentiis. Comunque ha avuto a disposizione un'ottantina di film e ne ha utilizzati sessanta, dopo aver visionato 120 chilometri di pellicola, più o meno la distanza fra Torino e Milano.

La colossale antologia, che sarà trasmessa tutti i giorni salvo il sabato e la domenica, segue un filo logico e cronologico. Come si è visto nel capitolo di ieri, comincia con il ricostruire attraverso gli spezzoni cinematografici gli inizi della carriera di Totò, ossia la sua lunga esperienza di palcoscenico che egli, specie nei primi anni, trasferirà tale e quale nel cinema. Il Totò teatrale va avanti per cinque puntate. Dalla sesta in avanti c'è il Totò propriamente cinematografico a partire da «Fermo con lo mani» del '37. da «Animali pazzi» del '39, soggetto di Achille Campanile e soprattutto da «San Giovanni decollato» (1940), soggetto di Cesare Zavattini. Sfileranno sequenze su sequenze — scelte con il criterio non solo della maggior carica esilarante ma anche della loro importanza per meglio capire l'arte di Totò — sino agli ultimi film «La mandragola» di Lattuada e «Uccellacci e uccellini» di Pasolini. Fra gli spezzoni, testimonianze di Isa Barzizza, Mattoli, Eduardo De Filippo, Zavattini, Pasolini, Sordi, Fabrizi, Campanile, Taranto. Per Totò «uomo» interviene la figlia Liliana De Curtis.

★ ★

De Il pianeta Totò ci sarà tempo e occasione per parlare, e più di una volta. E' tacile prevedere qualche inevitabile polemica sulla scelta dei film e sulla scelta degli spezzoni, e non mancherà qualche altra polemica sulla stessa iniziativa di Governi: perché un'antologia e non invece una serie di cicli «ragionati» di film presentati nella loro interezza?

Governi non dà una risposta, o forse la dà implicitamente. C'è una vecchia querelle che si trascina da tempo immemorabile e che ancora una volta bisogna rimettere sul tappeto: l'accusa che Totò sia stato in vita adorato dal pubblico e sottovalutato, al limite disprezzato dalla critica e dagli studiosi di cinema i quali, con grida di rammarico e «mea culpa», ne hanno scoperto l'incommensurabile grandezza solo dopo la morte.

Il che, lo si ripete per l'ennesima volta, è falso. Tutti hanno sempre riconosciuto la grande arte e la straordinaria forza comica «concreta» e insieme surreale di Totò, ma hanno ripetutamente deprecato che tale arte, tale forza venissero per anni inserite e spesso sciupate in film di modesta o scadente fattura, girati a precipizio, e accettati di buon grado dall'attore perché gli davano facile popolarità e altissimi guadagni.

Abbiamo potuto tutti constatare, anche di recente, che molte (dobbiamo dire la maggior parte?) delle pellicole interpretate da Totò contengono brani eccellenti, gags irresistibili, di un umorismo travolgente, in mezzo a storie stiracchiate, confezionate alla carlona, zeppe di battute scipite. Il pianeta Totò intende recuperare un elevato numero di quei brani e offrire un ritratto dell'attore depurato di scorie e contorni ritenuti superflui e dannosi. A seconda del successo Governi — di cui è appena uscito il libro «Vita di Totò» — dichiara di essere pronto ad una seconda antologia.

Ugo Buzzolan, «La Stampa», 7 dicembre 1980


1980 12 07 Il Messaggero Il pianeta Toto TV A introMarco Molendini, «Il Messaggero», 7 dicembre 1980


1980 12 07 La Stampa Il pianeta Toto

«La Stampa», 7 dicembre 1980


1980 12 21 Gazzetta del Popolo Il pianeta Toto intro

Partita l’8 dicembre, si candida ormai come uno dei maggiori avvenimenti televisivi di quest’ultima parte del 1980. Ci riferiamo alla serie «Il pianeta Totò» che la Rete 2 ha deciso di mettere in onda per cinque giorni alla settimana nella solita rubrichetta preserale «Buonasera con...». Si tratta di una specie di kolossal della risata, non solo per via delle ben 21 ore di trasmissione che lo compongono ma anche e soprattutto per il fatto che ad occuparle interamente saranno le battute e le smorfie di quel Totò che è stato forse l’unico comico italiano ad esprimersi su livelli degni di confronto con quelli dei celebratissimi Chaplin, Keaton, Langdon, Loyd.

Va detto anche che per la seconda rete RAI l’immissione sul video di una dose tanto massiccia di buonumore costituisce un ottimo scoop e sarebbe davvero interessante - sia come indagine di costume che come riprova dell’affetto del pubblico italiano per l’attore napoletano - poter avere un quadro dell’inevitabile aumento dell’indice di ascolto goduto dalla trasmissione che immediatamente la segue, e cioè il TG 2.

Tornando comunque più direttamente a «Il pianeta Totò» va innanzitutto reso omaggio al curatore del programma, quel Giancarlo Governi che già preparò l’altrettanto poderosa antologia delle migliori interpretazioni di Alberto Sordi intitolata «Storia di un italiano». Ripetere la stessa operazioni con i filmati del principe De Curtis è stato, almeno a giudicare dalle cifre - che parlano di 94 pellicole esaminate (su 96 interpretate da Totò di cui 2 sono andate interamente perse), 120 chilometri di pellicola visionati, 80 film sezionati per estrarne le sequenze più esilaranti, lavoro ancora più arduo; ma si può ben dire che il risultato abbia premiato tanta fatica. Quella che si presenta ai telespettatori è una collezione ragionata, pregevole dal punto di vista tecnico (anche se non troviamo particolarmente azzeccata l’idea delle risate registrate che di tanto in tanto seguono le battute) ma ancor più notevole quale vero e proprio «campionario» di trent’anni di cinema.

Fulvio Scaglione, «Gazzetta del Popolo», 21 dicembre 1980


1980 12 21 La Stampa Il pianeta Toto intro

Dice Buonasera con... il popolare programma della Rete due: e subito il viso di chi ci augura la buonasera si appuntisce, prende e smette in continuità le dimensioni della maschera, sorride con la stessa maligna intenzione dì chi rivolge uno sberleffo e infine di questa mutevolezza da incubo si fa forte e simpatico.

Il saluto viene da Totò che un programma di Giancarlo Governi invita a rievocare nella sua complessità. Parlano di Totò coloro che gli sono stati sentimentalmente vicini i colleghi che ne subivano la personalità e magari le bizze, i registi e gli sceneggiatori che lo invitavano a farsi in quattro. Totò, preso da una smania infantile di piacere e di guadagnare, non diceva di no a nessuno. Intuiva vagamente l'argomento da affrontare e lo rendeva gradevole con le smorfie di sempre. «A prescindere», avrebbe detto con uno dei suoi «non sense» fintamente pomposi.

La Rai arriva tardi a questo appuntamento. E' stata battuta da se stessa perché in passato con piccoli cicli e fugaci ingaggi non ha mai rinunciato al contributo dell'incredibile principe di Bisanzio. E' stata recentemente battuta dalle emittenti private le quali da cinque anni ormai puntano senza soste sul sempre incredibile principe di Bisanzio. La Rai naturalmente consente un approfondimento della nutrita filmografia e favorisce la critica del costume italiano.

Totò, con le sue quisquilie e le sue pinzellacchere, ha sempre conosciuto la fortuna nel mondo dello spettacolo. In teatro era unico, peccato elle non ne siano rimaste testimonianze dirette.

Questa stessa fortuna che tutti gli riconoscono, da mezzo secolo ormai, ha goduto diverse e particolari angolazioni. Nel periodo di guerra non esisteva che il Totò comico di teatro; nel dopoguerra il Totò commerciale e arruffone veniva semplicemente smaltito come un oggetto di consumo; al termine della carriera, quando girava soggetti con Lattuada (La Mandragola) e Pasolini (Uccellacci e uccellini), la critica nata dalla contestazione arricciava il naso e ne ripescava i film più sconnessi sull'onda del populismo.

Oggi si può dire che Totò Tarzan o Il più comico spettacolo del mondo erano pellicole raffazzonate sostenute dalla sua originalità di interprete e di improvvisatore. Se Totò avesse concentrato in un personaggio e in un film tutto il suo schifo per le convenzionalità e il suo amore per la fantasia, ci troveremmo di fronte a un capolavoro. Invece ancora oggi dobbiamo sorbircelo a piccole dosi smarrito tra le bellissime del suo tempo (Pampanini Sanson, Barzizza, Canale, Marzi) e attaccato da spalle puntuali e valide capitanate da Castellani e Campanini.

«Stampa Sera», 22 dicembre 1980


1981 01 06 Corriere della Sera Il pianeta Toto intro

Ultima settimana in televisione de «Il pianeta Totò» (Rete 2, ore 18.50), carrellata del successi cinematografici del grande comico napoletano. La trasmissione sta riscuotendo un alto indice di gradimento e l'interesse non solo degli appassionati, dei ragazzi, delle famiglie, ma anche dei critici e degli Intellettuali. Bonvi, il noto «cartoonist» inventore di Sturmtruppen, «striscia» dichiaratamente antimilitarista, ha scritto per il «Corriere d'informazione» un articolo nel quale elogia Totò, definendolo un vero e proprio eroe del fumetti e attacca tra i critici chi lo ha scoperto solo da poco tempo come grande artista.

Focas Flavio Angelo Ducas Commeno de Curtis di Bisanzio Gagliardi Antonio Giuseppe di Luigi Napoli, Principe Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, Nobile Altezza Imperlale, in arte «Totò». «L’artista più amato, più esaltato ma anche più ignorato e vilipeso. Questo è stato Totò nei suoi cinquantanni di carriera strepitosa consumata tra teatro e cinema e questo continua ad essere dopo la clamorosa '"riscoperta" esplosa qualche anno dopo la sua morte avvenuta nel 1967 e tuttora in atto».

Così, testualmente, il Bollettino Radio e TV, notiziario interno della Radiotelevisione Italiana, si scarica la coscienza con un ennesimo «...l'avevo detto, io!». Da quando la Rete 2 sta trasmettendo ogni sera i 40 minuti de «Il pianeta Toto», tutti i vecchi tromboni della critica italiana si sono riscatenati in una tardiva e sciacallesca opera di recupero, a base anche loro di tonanti: «...l'avevo detto, io!... Chissà che cose meravigliose avrebbe saputo fare il povero Totò, se solo fosse stato diretto da un qualche grande regista!». E qui, oltre a mentire spudoratamente, visto che quando Totò era vivo non «avevano detto proprio un bel niente, anzi, si erano sempre rifiutati di prendere in semplice considerazione l'attore napoletano, definendo, spregiativamente, «Totoate» l’intera sua produzione, dimostrano anche di non aver capito un accidente. Se Totò fosse capitato tra le grinfie di un qualche grande regista, non sarebbe stato «Totò». Proprio i registi minori, rudi artigiani del cinema di serie «B». I vari Mattoli e Bragaglia, confezionando le tanto deprezzate «Totoate», hanno permesso all'attore d'interpretare genuinamente se stesso, al di fuori d’ogni condizionamento e pastoia di falsi intellettualismi da salotto culturale.

Il solo «grande regista» che capì a fondo la maschera di Totò fu Pier Paolo Pasolini che lo utilizzò spingendo sino agli estremi limiti la sua matrice popolare: «Nel mio film — Uccellacci e uccellini disse P P. Pasolini — io ho scelto Totò per la sua natura, diciamo così, doppista. Da una parte c’è il sottoproletariato napoletano, e dall'altra c'è il puro e semplice clown, il burattino snodato, l’uomo dei lazzi e degli sberleffi. Queste due caratteristiche insieme mi servivano a formare il mio personaggio. Ed è per questo che l’ho usato. Nel mio film, Totò non si presenta come piccolo-borghese, ma come proletario e sottoproletario, cioè come lavoratore, E il suo non accorgersi della storia è il non accorgersi della storia dell’uomo innocente, non del piccolo borghese che non vuole accorgersene per i suoi miseri interessi personali e sociali».

«Pasolini arrivò a casa di Totò accompagnalo da Ninetto Davoli. Indossavano tutti e due jeans sdruciti e stinti, che a Totò apparvero subito sporchi. Quando Pasolini si presentò, Totò stentò a dargli la mano (un uomo vero, un uomo virile non ha niente da spartire con un uomo "diverso"). Tra i due ci fu subito un senso di disagio. Pasolini, che aveva una grande sensibilità, soprattutto per queste cose, apri e portò subito il discorso sul film per il quale voleva Totò come protagonista. Totò, che per tutto il tempo dell’incontro era stato In grande apprensione per la tappezzeria del salotto messa a dura prova dai jeans di Pasolini e di Ninetto, del film che gli si offriva capi poco o niente. Ma accettò lo stesso, di istinto ed anche perché in quel momento era alla ricerca del prodotto di qualità, delia rivalutazione da parte della critica e, soprattutto, dell'opera con cui passare alla storia. Aveva lanciato appelli a Federico Fellini, che gli aveva risposto prendendolo in giro, con molto cinismo, in ’Toby Dammit" (un episodio del film "Quattro passi nel delirio”), in cui rappresentava un vecchio attore cieco che inciampa mentre sale su un palcoscenico per ricevere un premio di poco conto. Che con Pasolini le cose andavano bene, Franca lo capi subito: si alzava presto al mattino e ritornava tardi la sera, e poi rimaneva delle ore a parlare del film, di questo strano film che stava facendo. Un giorno, mentre raccontava, si lasciò sfuggire un Pier Paolo e Franca capi che i due si davano anche del tu. "Di quello che facciamo non capisco niente — diceva — non so che film stiamo facendo. Pier Paolo mi spiega le scene ed io eseguo con l'entusiasmo di un principiante perché sento che mi posso affidare a lui completamente”».

Cosi racconta Giancarlo Governi, autore di «Vita di Totò, Principe Napoletano e Grande Attore» (Rusconi Editore), l'unica biografia completa del grande comico, fonte inesauribile di aneddoti e di episodi raccolti dalla viva voce dei compagni di lavoro, amici e parenti dell’attore, ideatore e curatore della serie televisiva «Il pianeta Totò», un poderoso omaggio al grande comico napoletano. Non a caso, Giancarlo Governi, oltre che curatore di un sacco di programmi televisivi d'indubbio successo (Petrosino), La Baronessa di Carini, L affare Stavisky, Alberto Sordi: Storia di un italiano, e, rischiando il licenziamento in tronco, l’ideazione di «Onda Libera», la primissima apparizione televisiva di Roberto Benigni) Giancarlo Governi, giustappunto, è un critico cinematografico. Lui si ritiene un «fumettaro» (sua è anche la trasmissione «Supergulp! I fumetti in TV») e, da bravo «fumettaro», ha saputo montare la trasmissione sforbiciando a destra e a manca scartando valanghe di materiale inutile regalandoci quelle autentiche «chicche» che sono le puntate del «Pianeta Totò».

Chissà se i signori critici, quegli stessi che anni fa snobbavano le «Totoate» e che ora si affannano a tessere elogi al video ed alla «riscoperta culturale» di Totò, si accorgono di stare recensendo albi di fumetti a puntate, con protagonista un personaggio popolare e popolaresco come può essere Tex Willer o Nick Carter.

Sono sicuro che di lassù (o di laggiù, secondo i punti di vista) il principe Antonio De Curtis sta ridendo come un matto. A prescindere...

Bonvi, «Corriere dell'Informazione», 6 gennaio 1981


1981 01 15 L Unita Il pianeta Toto TV INTRO

Vogliamo dire tutto il male possibile di Totò? Va bene, chi ce l'ha sulla punta della lingua si accomodi, a patto che riesca ad essere sincero e profondo quasi quanto lo scrittore napoletano Giuseppe Marotta (che negli anni '50 fu critico cinematografico di straordinarie sensibilità e originalità), di cui pubblichiamo un breve e luminoso «controritratto» a Totò che risale a più di vent'anni fa. Non c'è niente di nuovo, dunque, nell'affermare che Totò fu un dissoluto amministratore del suo ingente talento. Tuttavia, la più recente riscoperta del geniale comico partenopeo scatena naturalmente, forse in pari misura, entusiasmi e dissensi.

Alludiamo, in particolare, a un paio di lettere giunte all’ Unità, che segnalano un «cedimento culturale» nell'ammirazione continua di Totò, vista in chiave populistico-consumistica da lettori che lanciano assilli di portata universale: insomma, che cosa ci venite a dire, adesso, che non dovevamo leggere Hemingway bensì vedere i film di Totò? Si potrebbe osservare che, se noi comunisti ci fossimo posti sempre dinanzi ad alternative del genere, staremmo ancora complottando in qualche scantinato. Ma non serve neanche sostenere, in contrasto, che Totò sarebbe un eroe nazional-popolare in senso gramsciano, perché i due ragionamenti burocratici, entrambi monchi, si annullano a vicenda. Occorre, piuttosto, rilanciare continuamente, di Totò in Totò, una visione laica della cultura come pura esperienza da trasmettere, senza pregiudizi, affinché il gusto (che antica parola, eh?) nasca e si consolidi liberamente.

Allora, così si finisce col capire perché le giovani generazioni stroncate dalla i livida ideologia sono corse spontaneamente incontro a questa vecchia maschera della commedia dell'arte, e al contempo si chiariscono nuovamente te altrettanto istintive ostilità di una Italia nordista, rigorosamente colta e di sinistra, che purtroppo non riesce ancora a considerare la napoletanità meno esotica della negritudine, se non nei termini previsti e imprevisti dalla Cassa del Mezzogiorno. Si giunge perciò al paradosso di far propria la iattura esistenziale di un povero cristo della Louisiana senza riuscire ad afferrare l'anima nera di Totò.

Evitare, è soprattutto il concetto di «riscoperta» che va demistificato, poiché Totò mori in stato di grazia artistica (dopo l'incontro con Pasolini) e in umana riconoscenza (la folla sterminata che accompagnò la sua bara adornata di bombetta non era certo una Italietta meschina e qualunquista, che quella, ai tempi, usciva di casa solo per andare a votare scudo crociato), quindi ci rimase ben poca gloria per gli archeologi. Totò è di tutti, lo è sempre stato, e beati i poveri di spirito.

L'immagine dei funerali è uno dei tanti elementi chiave per capire Totò contenuti nelle due ultime, indispensabili puntate della trasmissione televisiva Pianeta Totò in onda oggi e domani sulla Rete due alle ore 18,50. Perdonateci l'ingenuità, ma solo adesso abbiamo còlto la suprema ironia della poesia ’A livella (Totò la recita alla «guardiamoci nelle palle degli occhi», concludendo con un impertinente «Ostrega!», che vede accomunati nell'eleganza della morte un marchese e un netturbino, ossia il Totò vanitoso a caccia di titoli nobiliari e il Totò plebeo che lo vede dall'alto in basso.»

Ma il grande protagonista, umile tra le quinte, di questo finale degno di Totò è, come avevamo accennato, Pier Paolo Pasolini, che lo volle simbolico interprete di Ucccllacci e uccellini (il film «ideocomico» prediletto dal poeta, scrittore e regista tragicamente scomparso), e di due episodi girati per De Laurentiis, vale a dire La terra vista dalla Luna (da Le streghe, 1966) e Che cosa sono le nuvole (da Capriccio all'italiana, 1967). Uccellacci e uccellini lo conoscete già, gli altri due vi stupiranno certamente perché contengono tutto il Pasolini fiabesco che verrà negli anni 70, con la «trilogia della vita» (Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una notte).

Pasolini, che odiava, in arte, tutto ciò che avesse puzzo di naturalismo, mostrò Totò alla stregua di un «materiale espressivo» dirompente, e mai rapporto fu altrettanto generoso e paritario fra questo regista e un attore. Totò, diceva Pasolini, possiede la volgarità, l'ingenuità, la violenza, la felicità di una verità poetica. Tutti coloro che lo hanno, per così dire, ultimamente riscoperto, sono infatti attratti dal fascino di questa verità. Peccato che Marotta, questo Totò, non abbia potuto conoscerlo perché, disgraziato, lo ha preceduto nel commiato. Avrebbe capito, tutt'un tratto, che Totò esisteva per essere e non per interpretare.

David Grieco, «Corriere della Sera», 15 gennaio 1981


1981 01 25 L Unita Il pianeta Toto TV intro

«L'Unità», 24 gennaio 1981


1982 10 21 L Unita Il principe della risata TV intro

Continua la storia del grande comico vista attraverso i suoi film. «Il pianeta Totò» è il titolo del programma in onda stasera sulla Rete due. Totò veniva dalla rivista e l'appuntamento odierno è tutto dedicato agli anni in cui l’attore napoletano calcava i palcoscenici. Tra gli sketch, un’imitazione di Pinocchio, gli equivoci che accadono in un appartamento con i vicini di casa e Totò alle prese con il twist. Un modo serio e divertente per avvicinerai alla qualità del comico-poeta, interprete di ben 96 film.

«L'Unità», 21 ottobre 1982


1988 05 03 Corriere della Sera Il pianeta Toto TV intro

Antonio De Curtis, il principe del palcoscenico, è tornato a far sorridere gli italiani con una lunga serie televisiva di 30 puntate. Si tratta di una riedizione, riveduta e corretta, da «Il pianeta Totò» che nel 1981 fece registrare un grande successo di ascolto con punte di undici milioni di telespettatori. Oggi il programma si intitola ancora «Il pianeta Totò», ed è ideato e curato sempre dallo stesso autore, Giancarlo Governi, che sulla vita dell’attore napoletano ha anche scritto un libro. E a Totò il palinsesto di Rai Due ha riservato la cosiddetta «fascia Arbore» alle 22.30, dal lunedi al venerdì.

«'Indietro tutta’ — ha spiegato Giancarlo Governi alla presentazione del programma, la cui prima puntata è andata in onda ieri — ci ha aperto una strada, ha portato alla rete molti ascoltatori e cosi per il periodo maggio-giugno abbiamo pensato di rielaborare la vecchia trasmissione, perché siamo sicuri che il pubblico sia affezionato a Totò e lo 'riscoprirà' volentieri». Dunque, dopo la decisione di risuscitare il famoso quiz «Lascia o raddoppia» (che la prima rete trasmetterà a partire dal gennaio 1989) la Rai ha voluto rispolverare le vecchie bobine di Totò (96 film per 145 mila metri di pellicola) per realizzare 21 ore di trasmissione che indagheranno sulla vita privata e sulla carriera artistica dell’attore napoletano.

Oltre agli spezzoni dei film, «Il pianeta Totò» proporrà una lunga serie di testimonianze di registi (Bragaglia, Corbucci, Loy, Monicelli, Pasolini, Steno), di scrittori (Incrocci, Campanile, Zavattini) e di attori (Barzizza, Croccolo, Davoli, Eduardo De Filippo, Fabrizi, Franchi, Sordi, Taranto) che hanno lavorato con il principe Antonio De Curtis durante i suoi 50 anni di carriera. A commentare la vita privata di Totò ci sarà invece la figlia dell’attore, Liliana De Curtis.

Ma per quanto riguarda il reperimento delle vecchie pellicole, la Rai si è dovuta affidare nientemeno che a Berlusconi. «Questo perché — ha spiegato Governi — quattro o cinque anni fa ci siamo lasciati scappare l’acquisto di 50 film di Totò che in seguito sono stati comprati dalla Fininvest. Ora — ha aggiunto Governi — dobbiamo ringraziare Berlusconi per averci consentito di utilizzare quelle pellicole».

«Il pianeta Totò», comunque, non si limita a tracciare un itinerario unicamente cinematografico, ma si addentra nella carriera teatrale (dal varietà all’avanspettacolo alle grandi riviste) dell’attore napoletano. La prima puntata racconta le avventure di Antonio Clemente (cosi si chiamava Totò prima di essere riconosciuto dal marchese Giuseppe De Curtis) che nel vicoli del rione Sanità era soprannominato «o spione», perché era solito pedinare certi tipi strani che attiravano la sua attenzione. E da questi pedinamenti sembra che siano nate le Imitazioni di movimenti, tic e modi di dire tutti particolari. 

Purtroppo, dell’attività teatrale di Totò non esiste documentazione filmata: così Giancarlo Governi si è dovuto accontentare del repertorio teatrale riproposto nel film e nelle serie televisive. Il «programma-miscellanea» dedicato a un grande attore italiano ha un precedente: alla fine degli anni Settanta. Giancarlo Governi realizzò «Storia di un Italiano», utilizzando i film e i personaggi interpretati da Alberto Sordi. E con lo stesso sistema, l’anno scorso è stato realizzato «C’era una volta io», dedicato a Renato Rascel: «Ma questo programma — ha detto polemicamente Governi — non è stato ancora mandato in onda da Rai Uno». 

Dino Martirano, «Corriere della Sera», 3 maggio 1988


1988 05 07 Il Piccolo Il Pianeta Toto intro

La televisione sta rendendo omaggio a Totò riproponendo una serie in 30 puntate dedicata al grande attore napoletano. Il programma, dal titolo “Il pianeta Totò” è stato ideato e realizzato da Giancarlo Governi e va in onda a partire dal 2 maggio, tutti i giorni, tranne il sabato e la domenica alle 22,30 su Raidue. Il montaggio è di Lamberto Mancini e Tatiana Morigi. Consulenza: Vittorio Giacci; musiche originarli; Piero Montanari; sigla grafica: Mario Sasso; a cura di Nicoletta Leggeri. La canzone “Malafemmena” di A. De Curtis è cantata da James Senese.

La serie si avvale delle seguenti testimonianze (quasi tutte originali, alcune prese dal repertorio): Registi: Carlo Ludovico Bragaglia, Sergio Corbucci, Nanni Loy, Mario Mattoli, Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini, Steno. Scrittori; Age (Agenore Incrocci), Achille Campanile, Cesare Zavattini. Attori: Isa Barzizza, Carlo Croccolo, Ninetto Davoli, Eduardo De Filippo, Aldo Fabrizi, Franco Franchi, Alberto Sordi, Nino Taranto. La figlia di Totò, Liliana De Curtis. Sono stati presi in considerazione 80 film, su 96 realizzati da Totò.

L’équipe di montaggio ha lavorato per un anno circa su 145.000 metri di pellicola. Risultato finale: 25 puntate, quasi tutte di 50 minuti per un totale di 21 ore di trasmissione. Perché “Il pianeta Totò” — L’artista più amato, più esaltato ma anche più ignorato e vilipeso. Questo è stato Totò nei suoi cinquanta anni di carriera strepitosa consumata tra teatro e cinema e questo continua ad essere dopo la clamorosa “riscoperta” esplosa qualche anno dopo la sua morte (avvenuta nel 1967 e tutt’ora in atto. Dall’arte inimitabile di Totò ci sono stati consegnati numerosi e preziosi documenti (un centinaio di film, alcuni interventi televisivi e numerosi testi teatrali) che però non ci hanno fino ad ora aiutato a decifrare il “pianeta Totò” , a capire appieno la sua tecnica di recitazione e soprattutto il suo modo di porsi nei confronti della realtà in cui si trova ad operare. Fu insomma Totò una marionetta meccanica e surreale o un “provocatore” di estrazione plebea sempre pronto a suscitare la scintilla della provocazione che finisce per smascherare il perbenismo borghese, le convenzioni consolidate, i luoghi comuni più coriacei?

Probabilmente fu l’una e l’altra cosa e fu soprattutto un artista molto complesso, senz’altro il più complesso della scena italiana il quale sapeva inserire, soprattutto negli anni della maturità, folgoranti lampi surreali espressi attraverso il gesto e attraverso il linguaggio, in un contesto di recitazione e dl rappresentazione saldamente ancorato al dato biografico è ancora troppo oscuro perché ci aiuti a capire. Di Totò si conosce soprattutto la sua mania nobiliare con cui ha sempre cercato di nascondere una origine misera, una infanzia di privazioni. Si conosce la sua grande bontà e la sua proverbiale generosità ma non si conoscono altri particolari illuminanti ai fini della comprensione della figura dell’attore, della nascita e dello svilupparsi di una vocazione irrestibile.

Il programma vuole essere quindi un itinerario alla ricerca di Totò, un tentativo dl esplorazione del “pianeta Totò” che si esplicherà soprattutto attraverso l’estrapolazione dei momenti più salienti dei film e di tutto il materiale reperito e attraverso le testimonianze dei protagonisti. Dice Giancarlo Governi: “Il pianeta Totò” ha tre precedenti. Il primo risale addirittura a circa 40 anni fa. Non avevo ancora dieci anni, era un pomeriggio d’inverno ed avevo deciso di andare al cinematografo da solo. Attraversai ponte Mazzini e mi ritrovai davanti all’unico cinema, l’Augustus, che potevo raggiungere a piedi da casa mia. In tasca avevo i soldi che ogni settimana mia madre mi dava per comprare “L’Albo d’oro dl Topolino” e “Girti Toro” , le mie letture preferite insieme al “Calcio illustrato” . Il cartellone era coloratissimo e patinato. Il titolo attraente: “Fifa e arena” . Sopra il titolo, a caratteri grandi e tondeggianti, un nome breve e secco che leggevo per la prima volta: Totò. Fu un... amore a prima vista: da allora ogni volta che mi capitò di leggere quel nome dimenticai i miei fumetti preferiti e persino dì mettere da parte i soldi che ricavavo dalla vendita di certe bottiglie vuote, per recarmi allo stadio Torino dove giocava la mia Lazio che, tra l’altro, aveva acquistato da poco Sentimenti IV, il “portiere saracinesca” , che la Juventus aveva ceduto per quattro soldi, perché ritenuto miope e incapace di parare i tiri da lontano.

Successivamente, insieme a certi compagni miei, presi a consultare sistematicamente i consigli del Centro Cattolico Cinematografico.

«Il Piccolo», 7 maggio 1988