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TOTO' UN ALTRO PIANETA

(1993)


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Totò, un altro pianeta è una serie televisiva italiana dedicata all'attore comico Totò andata in onda sulla RAI nel 1993. L'autore è Giancarlo Governi, il regista Alberto Orsi, le musiche sono di Piero Montanari. La serie fa seguito ad una precedente dello stesso autore, chiamata Il pianeta Totò, di cui furono realizzate tre edizioni nel 1981, 1983 e 1988.


Così la stampa dell'epoca

NOVITA' Scatta su Raiuno il programma in 15 puntate sulla vita dell'attore campione di incassi. La figlia: «la gente lo amava, ma lui soffriva per la critica»

Viaggio nel pianeta Totò, comico da duemila miliardi

E scopriamo che "Malafemmina" non fu scritta per la Pampanini. Lei ribatte: «Non importa, me ne hanno dedicate altre 5»

«Ammesso e non concesso». «Ma mi faccia il piacere». Da qualche giorno vanno in onda pezzetti dei film di Totò e la sua voce, miscelata in un rap ballabile, che «canta» quelle frasi celebri. È la sigla di «Totò, un altro pianeta», da oggi su Raiuno alle 18.40: 15 puntate a 25 anni dalla morte, ideate e condotte da Giancarlo Governi, con la collaborazione della figlia del comico napoletano, Liliana De Curtis.

«Ho la pretesa — ha detto Governi — di fare il punto su vita e carriera del grande comico, alla luce di nuove testimonianze e biografie. Su Totò non è stato ancora detto tutto. Pochi sanno, per esempio, che è stato una delle più fenomenali macchine da botteghino del cinema italiano. Secondo studi recenti, i suoi 96 film hanno incassato una cifra equivalente a 2000 miliardi di oggi. Neanche Sordi ha fatto tanto».

La gente lo seguiva, sì, ma i critici lo consideravano un artista di serie B. Deluso, ossessionato dall'idea di essere presto dimenticato, angosciato dal pensiero di aver fatto film che non valevano niente, negli ultimi giorni della sua vita ripeteva: «Muoio in fallimento». Spiega la figlia Liliana: «Soffriva molto per le critiche negative. A ogni film scrivevano sempre: "È finito, questa è la sua ultima pellicola”. Allora i critici erano snob e i comici non degni di considerazione».

Oggi vedremo, in filmati d’epoca, quanto al contrario il pubblico lo amasse. Fu immensa la partecipazione popolare ai suoi ben tre funerali, uno a Roma, uno a Napoli e un altro sempre a Napoli, qualche settimana dopo, al rione Sanità, per volontà di un guappo suo ammiratore. Dai funerali, come in un flash-back. Governi risale alla nascita (Antonio De Curtis era figlio del marchesino De Curtis e di Anna Clemente), all’infanzia povera, all'adolescenza, fino ai primi passi nel mondo dello spettacolo. Tante le curiosità, qualcuna inedita. Racconta la figlia: «Papà passava ore e ore a osservare i comportamenti della gente, per poi riportarli nei suoi personaggi. Una volta seguì un gagà a Roma da piazza Barberini a via Veneto, studiandone le mosse. Poi lo riprodusse nella famosa rivista con Anna Magnani».

Governi ha utilizzato, oltre che filmati d’epoca e cinegiornali, spezzoni di film e testimonianze. Ha intervistato Liliana De Curtis e, per la prima volta, la moglie Diana Rogliani, dalla quale il comico si separò dopo 20 anni di matrimonio. Pochi lo sanno, ma è per lei e non per Silvana Pampanini che Totò scrisse «Malafemmena». La Pampanini non sembra prendersela. Dice: «Sono stufa di questa storia. La canzone è bella e basta. Per chi è stata scritta non importa. E poi, a me di canzoni ne hanno dedicate almeno 5. Una in più o in meno...».

Ma su questo punto Liliana De Curtis è fermissima: «Papà e mamma erano molto innamorati. Mia madre racconterà il loro primo incontro, la decisione, a 16 anni, di fuggire di casa per andare a vivere con lui, gli anni di dedizione completa. Con me papà era buono ma severo. Non mi lasciava mai uscire e non mi permetteva quasi niente. D’estate, a Capri, fittava sempre una casa dove dal balcone si vedeva la spiaggia, per controllarmi con il cannocchiale». Un papà gelosissimo? «Ma folle d’amore per me».


Totò ha conquistato persino i curdi dell’Irak, che pur non capendo una parola di italiano «impazziscono» per il nostro attore. La neonata tv dei partigiani, i fieri peshmerga, organizzata con pochi mezzi e tanta fantasia, trasmette da oltre due anni film dell'attore partenopeo. Ovviamente i curdi non hanno la possibilità di doppiare le pellicole e allora mandano in onda «La banda degli onesti» o «Totò, Peppino e la malafemmina» così come sono. Ed è un successo. Un giovane architetto curdo, Saman, che ha portato nel Kurdistan 27 ore di videocassette di Totò, confida: «La gente non capisce nulla, ma ride a crepapelle».

Le gag del comico animano, poi, una trasmissione che potremmo definire la versione curda di «Paperissima». Il programma, intitolato Kashkol (lo zaino), va in onda «in prima serata» ed è costituito da spezzoni di film di Totò, delle comiche di Benny Hill e da tiri mancini nei confronti di personaggi locali.

Ma il prìncipe non è l’unico attore italiano a riscuotere le simpatie dei curdi. «Vanno forte anche Franco Franchi e Bud Spencer», assicurano i curdi che non nascondono la speranza di aiuto da parte dell’Italia — e della Rai — per arricchire la cineteca e potenziare le strutture tecnologiche.

Mariolina Iossa, «Corriere della Sera», 12 novembre 1993


Raiuno da oggi ricorda Totò. Fino al 2 dicembre, alle 18,40 trasmetterà «Totò, un altro pianeta», un programma in quindici puntate ideato e condotto da Giancarlo Governi. «Di questo genio dell'arte - spiega l'autore - il programma vuole raccontare per la prima volta in televisione, non soltanto l'opera ma anche l'uomo Antonio De Curtis, la sua vita travagliata, la lotta contro la miseria, contro l'anonimato, per difendere la sua origine nobile, i suoi amori a volte tragici, l'incomprensione della critica e la paura di morire dimenticato. Fino al trionfo "post mortem" e la celebrazione che lo rende vivo nella memoria di tutti: anziani e meno giovani». «Totò, un altro pianeta» è liberamente tratto dall'omonimo libro di Giancarlo Governi, ed è una coproduzione Raiuno-Promedia E. C. realizzata da Rino Maenza. La regia è di Alberto Orsi e le musiche di Piero Montanari. Il programma è di Carlo Potenza.

«La Stampa», 12 novembre 1993


La sigla del programma


Attenti a Totò. Canta il rap

Una sigla che ripropone battute celebri del grande comico a ritmo velocissimo. Con questa «invenzione» parte oggi un programma quotidiano a cura di Giancarlo Governi Quindici puntate tutte dedicate al principe della risata.

A partire da oggi, alle 18,40 su Raiuno, va in onda Totò, un altro pianeta, un programma quotidiano di quaranta minuti ideato e condotto da Giancarlo Governi Quindici puntate sul grande attore napoletano, che svelano 1 lati più sconosciuti della sua vita pnvata e ripropongono al pubblico la sua arte La regia è di Alberto Orsi, le musiche di Piero Montanari, la sigla di Rossella Curai

Questa volta Totò parte a ritmo di rap il Totò Rap della sigla in cui con la sua inconfondibile voce scandisce in modo reiterato e frenetico vane frasi del celebre repertorio «ma mi faccia il piacere», «lei non sa chi sono io», «e chi se ne frega». Si apre cosi il nuovo programma di Giancarlo Governi (già autore de Il pianeta Totò) Totò un altro pianeta da oggi tutte le sere alle 18,40 su Raiuno. Un programma che vuole «fare il punto sul grande comico napoletano dopo che su di lui è stato detto e scritto tutto», grazie anche ai libri pubblicati ultimamente in occasione del venticinquesimo anniversario della morte. Insomma per Governi non c'è più niente da scoprire ma molto ancora da «divulgare». Tanto che viene proposta una Totò story in ben quindici puntate di quaranta minuti ciascuna complete di tutto quanto riguarda l'uomo, la vita privata, il carattere, gli amori, le passioni. Chi sapeva per esempio che il volto così asimetrico e caratteristico di Totò era il risultato di numerosi «aggiustamenti» successivi? Le foto che lo ritraggono ragazzino lo mostrano molto bello in seguito durante una schermaglia scherzosa a scuola si prese per sbaglio un pugno che gli ruppe il setto nasale. E fu questo il primo di molti cambiamenti. Anni più tardi gli si staccò parte della mascella per le infinite volte che l’aveva voluta muovere ai limiti ed oltre la sua giusta posizione, per provarne la mobilità.

Fu cosi che l'attore ottenne un volto unico, inimitabile di grande espressività. Curiosità come queste, aneddotti della vita, lati sconosciuti del carattere saranno tutti impressi in filigrana nel corposo racconto della camera pubblica dell attore intramezzalo di testimonianze e di sequenze dei suoi film La prima puntata prende il via quando «iniziò il lungo revival mai sopito dell arte di Totò. Quando fu consacrato -racconta Governi - fra i grandi dello spettacolo. Con i suoi funerali che si ripeterono ben tre volte a Roma a Napoli e dopo tre mesi nel popolare rione Sanità «perché venne a chiederlo - racconta la figlia di Totò Liliana de Curtis - un guappo che si era presentato come grande ammiratore del principe de Curtis». I funerali furono sontuosi se si guarda la folla immensa che venne a dargli l'estremo saluto. Lo amavano tutti tranne i critici che non lo capirono e la chiesa che regolarmente sconsigliava i suoi film. E tutti lo piansero anche coloro che pur amandolo lo snobbarono considerandolo un buon attore di brutti film «le chiamavano le "totoate" - racconta Governi -E lui morì nella convinzione che la sua carriera era stata un fallimento Totò fu invece - continua Governi - anche una delle più fenomenali macchine da botteghino del cinema italiano. Secondo studi recenti i suoi 96 film hanno incassato una cifra equivalente a 2000 miliardi. Neanche Sordi ha fatto tanto». E cosi a venticinque anni dalla sua morte, Totò continua a stare fra noi più vivo che mai

Eleonora Martelli, «L'Unità», 12 novembre 1993


Anche il video senza Totò sarebbe stato un'altra cosa

«Mosica! Squaqquaracchiato! Vot'Antò, vot'Antò, vot'Antò! E' una ciofeca: chi se ne frega! E io pago. Sono un uomo di mondo. Ma mi faccia il piacere! Ti cecherei un occhio». Di queste e di altre frasi celebri si compone, ammesso e non concesso, la bellissima sigla che apre e chiude «Totò, un altro pianeta», in onda su Raiuno alle 18,45. E' una sigla in cui ognuna di quelle caratteristiche espressioni viene ripetuta ossessivamente, come in un moderno rap. E intanto compare lui, il Principe, col suo vestito nero, il laccetto al collo e la bombetta. Il programma, di Giancarlo Governi, racconta in quindici puntate la straordinaria vita di Totò, le sue donne, gli amori, i tic, le manie, i successi. Racconta attraverso le testimonianze di se stesso, di figlia, moglie, attori, registi, amici, ma soprattutto con gli spezzoni dei suoi film, che sono, naturalmente, una delizia. Le immagini fanno da contrappunto al racconto, lo accompagnano per similitudine o per contrasto. Sono immagini che abbiamo visto tante volte sul video, nelle pellicole intere trasmesse e ritrasmesse o nelle rievocazioni. Certo, se non fosse venuto al mondo Totò, la televisione sarebbe stata un'altra cosa, chissà come avrebbero fatto a compilare i palinsesti. Le abbiamo viste tante volte, quelle scene, eppure non ce ne stanchiamo mai: con nessuno come con Totò si riesce a capire che cosa significhi la ripetizione della gag (invocata anche dalla sigla), l'affinamento e l'affezione provocati da parole, sorrisi, gesti, uguali eppure ogni volta diversi. Che magia. Un merito del programma è quello di non essere, in fondo, un programma. Con quel po' po' di materiale Governi si è defilato, presentando con discrezione quei gioielli che appartengono anche a noi. E certo che poi è buono anche l'ascolto.

Sempre di pomeriggio, su Rete 4, troviamo Davide Mengacci, che con la sua aria melliflua, dà voce ufficiale non tanto alle piazze, quando ai mercati. La sua trasmissione, che si intitola esplicitamente «Luogo comune», ospita per l'appunto luoghi comuni, quelli che le persone normali dicono facendo la spesa. Su argomenti politici soprattutto, ma anche su temi più frivoli, le diete, per esempio. E' facile cascarci: la colpa è di quelli che ci comandano, ma è anche nostra perché quelli che comandano li abbiamo mandati noi, non avremmo dovuto permettere alle stesse persone di comandare per quarant'anni, adesso è ora di cambiare, sì ma con chi. Il linguaggio è elementare, le parole poche: magari banali, a volte vere e inquietanti. «Luogo comune» si ispira, forse, a Gianni Ippoliti e alla sua corte dei miracoli. Con la differenza che qui gli intervistati non diventano personaggi. Mengacci ha un'incredibile faccia da schiaffi: ma non s'arrabbiano mai, i suoi interlocutori, quando lui li guarda come li guarda, con quell'aria da burla e quelle domande ripetute (anche lui: ma non è Totò)? La televisione ha la forza del leone, come dice Jannacci.

Alessandra Comazzi, «La Stampa», 20 novembre 1993


Riferimenti e bibliografie:

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • La Stampa
  • La Nuova Stampa
  • Stampa Sera
  • Nuova Stampa Sera
  • Il Messaggero
  • Corriere della Sera
  • Corriere d'Informazione
  • L'Unità