Maggio Beniamino

Beniamino maggio

Beniamino Maggio (Napoli, 10 agosto 1907 – Napoli, 6 settembre 1990) è stato un attore italiano.

Terzo dei dodici fratelli Maggio, tutti attori come i loro genitori (Domenico "Mimì" Maggio e Antonietta Gravante), calca il palscoscenico fin da bambino, si forma nell'avanspettacolo per poi approdare nel teatro di rivista, dove lavora spesso in coppia col fratello Dante. Nel 1954 entra nella compagnia di Eduardo De Filippo, nove anni dopo esordisce in TV nella commedia Rinaldo in campo.


La sceneggiata esigeva un corpo di attori e cantanti, una grande orchestra, eravamo quasi venti, venticinque persone i soli attori. Non c’erano ballerini, erano i comici, il primo comico e il secondo comico, più la soubrettina che ballavano, facendo il trio o qualche duetto. C’era la prima donna che doveva essere la bella, il primo attore il bello, il generico primario il cattivo, il caratterista, il padre, la caratteristica comica la madre, poi c’era il secondo comico e poi tutto il contorno. Ma i ruoli principali erano questi. Un attore che fa la sceneggiata è come l’operetta, per farla devi saper fare tutto: si canta, si balla, si recita. Nella sceneggiata ci sono tutte queste cose e le devi saper fare; gli attori della sceneggiata potevano fare anche l’avanspettacolo e il variété. Allora si recitava veramente; questo significa avere una scuola, sapere come intonare una battuta, che cosa è la pausa, il movimento del corpo.

1949 Beniamino Maggio 40 L

Oggi non sanno come si sta sul palcoscenico. La mia scuola è stata quella di Amodio, di Girard, di Cafiero e di Fumo. Comunque l’attore o meglio il comico, la prima cosa che deve avere è la comunicativa perché se non c’è una comunicativa puoi essere bravo quanto vuoi, ma non oltrepassi la ribalta. Per me posso dire di avere fatto la gavetta, che mi è servita da scuola. Poi iì comico è anche una cosa di natura, se c’è, c’è; e se non c’è è inutile sforzarsi perché si può solo diventare insipido, affettato, prolisso.

Ognuno ha un tipo di comicità, c'è il comico brillante, il comico marno, il comico attore: ciascuno ha la sua qualità di comico. Io sono il comico mamo, quello che risponde solo dopo aver riflettuto sulla parola detta dall’altro attore. Non sono irruente, sono pausato. Se vediamo allora, c’era Felice Sciosciammocca che veniva da una scuola, c’era il Turzillo che era il mamo, c’era il parlatore?

Ho cominciato facendo prima la sceneggiata come ragazzo prodigio: eravamo io, Tecla Scarano, la piccola Titina, il piccolo Sereno, la Clély Fiamma. Dopo il 1913 ho fatto il ballerino acrobatico poi ho fatto un salto mortale sbagliato e mi spezzai una gamba. Mi trovai a fare il ballerino perché vedevo tutti i numeri e apprendevo i modi di fare di ciascuno di essi e cercavo di intrecciarli nei lavori che facevo. Cosi facevo il ballerino e cantavo una canzone che aveva il refrain ballato. Persa la voce sono passato alla sceneggiata e facevo dei ruoli di amorosetto mentre prima lavoravo quasi sempre nei fuori programma che seguivano la sceneggiata, c’era il cantante, la comica, il duetto cantato e ballato.

Beniamino Maggio

"Follie del Varietà" (Stefano De Matteis, Martina Lombardi, Marilea Somarè), Feltrinelli, Milano, 1980


Se c’è qualche lettore particolarmente versato in calcolo astronomico, ci dica, per piacere, quanti sono i componenti la famiglia Maggio che distribuiscono ogni sera un po’ di buon umore al pubblico italiano. Salvo errori od omissioni, noi, fin’ora, siamo riusciti a contarne cinque: Rosalia, Pupella, Beniamino, Dante ed Enzo. Tutti e cinque bravi, tutti e cinque dotati di quell’estro comico, fatto di spontaneità e al tempo stesso di caricatura, che è tipico dei buoni attori napoletani. Dante, Beniamino e Rosalia sono i primi in lista, l’una col leggiadro visetto che è una pila elettrica d’arguzia, l’altro con quella sua faccia a punto interrogativo che riesce a dar sapore lepido anche alla risposta più banale, il terzo coi lineamenti marcati e un tantino spavaldi del « guappo » e con la malizia d’uno « scugnizzo ». Riuniti insieme tutti e cinque potrebbero costituire l’architrave solidissimo di un intero spettacolo di rivista. Invece sono disseminati uno qua, uno là. È strano: si direbbe che in arte l’unione anziché la forza, faccia la debolezza.

Beniamino Maggio 1963 00 L

Dino Falconi e Angelo Frattini


Galleria fotografica e rassegna stampa

Il nostro pubblico ha fatto ieri la conoscenza al Filodrammatico di due artisti quanto mal simpatici e bravi: Elsa Ardito e Beniamino Maggio. Abbiamo già rilevato stamane cho la prima è veneziana e il secondo napoletano: da ciò scaturiscono conflitti linguistici di irresistibile effetto comico ai quali i due dialetti (dal proto birbone trasformati in «diavoletti») partecipano con le risorse della loro pittoresca vivacità ravvivata dalla travolgente mimica degli attori.

Due diavoletti sono veramente Elsa Ardito e Beniamino Maggio, padroni della scena come pochi e bene e-sperti nell'arte di conquistare le simpatie della folla. Nella divertente rivista «Piccola storia di un’ora» con la quale lo «Spettacolo Cluberti» ha vittoriosamente debuttato nel bel locale di via degli Artisti sono anche emerse le belle qualità di Marisa Vinci, Nando Goliani, Betti Reali, Ettore Carboni, Elvla Benetti, ecc.

Particolari applausi ha anche riscosso il «Balletto delle 16 ragazze della Compagnia», diretto da Gianni Lombardi. Dirige l’orchestra l’ottimo maestro Pasquale Fucilli. La divertente rivista oggi al replica.

«Il Piccolo delle ore diciotto», 7 maggio 1940


«L'Unità», 18 dicembre 1983


Lasciò il teatro nel 78 per un ictus Nel sangue generazioni di comici

Si svolgono oggi a Napoli nella chiesa di San Ferdinando i funerali di Beniamino Maggio, morto l'altro giorno a 83 anni.

Masolino d'Amico, «La Stampa», 8 settembre 1990


Beniamino Maggio, quel clown lunare. Se ne va l'ultima maschera napoletana

NAPOLI — È morto giovedì a 82 anni Beniamino Maggio per l’aggravarsi di un ictus cerebrale che l’aveva già colpito a Palermo nel ’78. L’attacco era avvenuto al termine della trecentesima replica dello spettacolo «’Na sera ’e... Maggio», una commedia di Antonio Calenda, che aveva riunito i tre più famosi fratelli Maggio: Pupella, Rosalia e Beniamino. Da allora era stato costretto ad abbandonare le scene. Beniamino Maggio ha percorso nella sua lunghissima carriera i vari territori dello spettacolo. Debuttò nel 1948 nel cinema con «Natale al campo 119» e da allora ha partecipato a 34 film. I funerali si svolgono questa mattina nella chiesa di San Ferdinando.

Morto Totò, qualcuno scrisse che Beniamino Maggio restava, assieme a Eduardo, «l’ultima delle grandi maschere napoletane». Poi i morto Eduardo; e adesso anche lui. Beniamino Maggio, a ottantadue anni compiuti. La razza è davvero estinta? Difficile dirlo: la cultura di un popolo è molto più dura a morire della cultura di una nazione. Ma i comunque impossibile sottrarsi alla malinconia di un vuoto, all'insorgere pungente e discreto della nostalgia [...]

Giovanni Raboni, «Corriere della Sera», 8 settembre 1990



Filmografia

Calamita d'oro, regia di Armando Fizzarotti (1948)
Capitan Demonio, regia di Carlo Borghesio (1949)
I due sergenti, regia di Carlo Alberto Chiesa (1951)
Luna rossa, regia di Armando Fizzarotti (1951)
Ha fatto 13, regia di Carlo Manzoni (1951)
Miracolo a Viggiù, regia di Luigi Giachino (1952)
Città canora, regia di Mario Costa (1952)
Rosalba, la fanciulla di Pompei, regia di Natale Montillo (1952)
Balocchi e profumi, regia di F. M. De Bernardi e Natale Montillo (1953)
Fermi tutti... arrivo io!, regia di Sergio Grieco (1953)
...e Napoli canta!, regia di Armando Grottini (1953)
Siamo ricchi e poveri, regia di Siro Marcellini (1953)
Madonna delle rose, regia di Enzo Di Gianni (1953)
Lettera napoletana, regia di Giorgio Pàstina (1954)
Desiderio 'e sole, regia di Giorgio Pàstina (1954)
Canzone d'amore, regia di Giorgio Simonelli (1954)
Piscatore 'e Pusilleco , regia di Giorgio Capitani (1954)
La Luciana, regia di Domenico Gambino (1954)
Due lacrime, regia di Giuseppe Vari (1954)
Napoli terra d'amore, regia di Camillo Mastrocinque (1954)
Napoli è sempre Napoli, regia di Armando Fizzarotti (1954)
Carovana di canzoni, regia di Sergio Corbucci (1954)
Cuore di mamma, regia di Luigi Capuano (1954)
Ballata tragica, regia di Luigi Capuano (1954)
Luna nuova, regia di Luigi Capuano (1955)
La porta dei sogni, regia di Angelo D'Alessandro (1955)
Da qui all'eredità, regia di Riccardo Freda (1955)
Vendicata, regia di Giuseppe Vari (1955)
Addio sogni di gloria, regia di Giuseppe Vari (1955)
Cantate con noi, regia di Roberto Bianchi Montero (1955)
Giuramento d'amore, regia di Roberto Bianchi Montero (1955)
Te sto aspettanno, regia di Armando Fizzarotti (1956)
La sposa, regia di Edmondo Lozzi (1958)
Uccidi o muori, regia di Tanio Boccia (1967)
Decameron '300, regia di Mauro Stefani (1972)
La pagella, regia di Nini Grassia (1978)


Beniamino Maggio 1961 389830

Beniamino Maggio ricorda Totò ai tempi delle sue prime prestazioni al Trianon: dopo averne citato le capriole a pagamento, da uno, due, tre soldi in relazione alle difficoltà concordate con gli spettatori che gli gettano poi il corrispettivo sul palcoscenico, l’attore racconta:


Buio assoluto in sala, luci fioche, cimiteriali, l’orchestra esegue una marcia funebre. Totò si irrigidisce come in catalessi. Interviene a questo punto un colpo di teatro pensato dallo stesso Totò: dalla prima fila di poltrone salgono in palcoscenico quattro spettatori, opportunamente istruiti. Il morto viene portato in spalla come in un funerale e fa il giro della sala e così parte la suggestione collettiva al punto che, dal fondo della sala, in attesa del “morto vivo” si alza il pianto delle puttane. Regolarmente ogni sera le brave donne si rifugiano in teatro, a un segnale convenuto con la maschera, per assistere al numero, lasciando deserti i posti di lavoro intorno al teatro.


Riferimenti e bibliografie:

  • "Guida alla rivista e all'operetta" (Dino Falconi - Angelo Frattini), Casa Editrice Accademia, 1953
  • "Follie del Varietà" (Stefano De Matteis, Martina Lombardi, Marilea Somarè), Feltrinelli, Milano, 1980
  • Nino Masiello, Tempo di Maggio, Teatro popolare del '900 a Napoli, Napoli, Pironti, 1994, p.30
  • «Il Piccolo delle ore diciotto», 7 maggio 1940
  • «L'Unità», 18 dicembre 1983
  • Giovanni Raboni, «Corriere della Sera», 8 settembre 1990
  • Masolino d'Amico, «La Stampa», 8 settembre 1990
  • Giovanni Raboni, «Corriere della Sera», 8 settembre 1990