Mastrocinque Camillo
(Roma, 11 maggio 1901 – Roma, 23 aprile 1969) è stato un regista, sceneggiatore, montatore e scenografo italiano.
Discutendo con Andrea Camilleri su Totò e Peppino De Filippo, da lui molte volte diretti:
Che cosa volevi intervenire su quei due? Io mi facevo dire supergiuù come avrebbero recitato in scena, stabilivo dove mettere la camera e mi andavo a prendere un caffè.
Camillo Mastrocinque
Biografia
Da giovane fu attratto dal cinema. Successivamente visse in Francia, dove lavorò come scenografo, per poi tornare in Italia come aiuto regista. Il suo esordio dietro la macchina da presa avvenne nel 1937 con Regina della scala e da quel momento in poi diresse 68 pellicole, in cui privilegiò il genere comico.
Nella sua carriera diresse molti dei numerosi attori brillanti italiani quali Renato Rascel (Attanasio cavallo vanesio del 1952 e Alvaro piuttosto corsaro del 1953); Totò (Siamo uomini o caporali? del 1955, Totò all'inferno dello stesso anno, Totò, Peppino e... la malafemmina del 1956, Totò lascia o raddoppia? del 1958 e Tototruffa 62 del 1961); Vittorio De Sica (Totò, Vittorio e la dottoressa del 1957) e (Vacanze d'inverno del 1959 interpretato anche da Alberto Sordi); Nino Manfredi eUgo Tognazzi (I motorizzati del 1964) ed infine Walter Chiari (Quel fantasma di mio marito del 1950, La più bella coppia del mondo del 1968).
Ha lavorato anche in televisione realizzando i telefilm Stasera Fernandel del 1964 e Le avventure di Laura Storm dell'anno seguente.
Il classico regista dei telefoni bianchi, un signore tutto ampolloso, molto educato. Portava la lobbia, sul set veniva vestito di tutto punto, sempre con la cravatta. Ad Antonio piaceva molto proprio per questa ragione, perché sembrava un commendatore più che un regista. Era un buon professionista, non aveva grandi guizzi però il mestiere sicuramente se l’era fatto. Con lui Totò ha avuto un rapporto armonioso, Mastrocinque lo lasciava abbastanza libero, aveva quel po’ di tatto per correggerlo nelle cose in cui non gli andava, lo aveva preso per il suo verso. Non era proprio una sintonia, diciamo un rapporto educato. Mastrocinque era un po’ grigio come individuo, era molto formale, però lo lasciava lavorare in pace.
Franca Faldini
La rassegna stampa
Quella di essere regista è la più grossa ambizione di quanti si occupano o vogliono occuparsi di cinematografo. Il regista appare come il despota, come colui che domina tutta l'immensa materia di un film, ne tiene le fila e ne regola e armonizza i diversi elementi componenti. Ed effettivamente è cosi: attori e comparse, tecnici e architetti, operatori ed elettricisti debbono essere pronti al cenno del regista; e gli attori stessi — anche i più noti — aspirano a diventare registi, quasi per vincere l’effimero della loro gloria o per un segno di rivincita oppure anchre perchè desiderosi di affermare una propria concezione artistica. Del resto, non v’è nulla di strano nel fatto che un attore diventi regista, perchè le vie della regia sono infinite. Le vie più normali e logiche sono quelle del pratico tirocinio come sceneggiatore, aiuto-regista, montatore, attore e anche operatore e quella del Centro Sperimentale; ma poi ci sono strane sorprese di giornalisti e commediografi, di registi teatrali che diventano registi cinematografici con una balorda confusione del campo teatrale con quello cinematografico pur tanto diversi per mezzi e scopi; e infine di figli di papà che riescono a racimolare qualche centinaio di biglietti da mille e a bruciarlo sull'altare della propria ambizione.
Poi avviene la naturale selezione: certi nomi passano, legati a film che elemosinano un sol giorno di programmazione anche dalle più infime sale e si dimenticano prima ancora di averli imparati; altri, con ingegno e fortuna, riescono a durare. Ma il cammino non è facile: bisogna lottare per realizzare il primo film, bisogna lottare per continuare; e la lotta è tanto più dura quanto più il regista è artisticamente dotato e insiste per imporre una propria particolare visione.
Egli avrà sempre da lottare contro il tempo e il preventivo, rappresentati dall'assillante figura del direttore di produzione.
Certo è che a vederli ai lavoro i registi non suscitano alcun sentimento di invidia. D loro sistema nervoso è in permanenza eccitato; immaginazione e senso critico debbono mantenersi sempre vigili, soprattutto in quei registi, come i nostri migliori, che continuamente si sostituiscono ai loro collaboratori, insoddisfatti se non si rendono conto di ogni dettaglio, dall'inquadratura all’effetto di luce, dai costumi alla decorazione. E poiché, in fondo, per quanto se ne sia scritto, il lavoro del regista nei suoi particolari rimane ignoto o oscuro, spero di poterlo sufficientemente illustrare seguendo i passi di Camillo Mastrocinque. dal momento in cui nasce l’idea di un film al momento in cui il film stesso viene completato.
D. M., «Tempo», anno VI, n.146, 19 marzo 1942
Un superficiale esame di questa straordinaria fotografia eseguita da Eugenio Haas potrebbe indurre il lettore nel grave errore di credere che Camillo Mastrocinque si nutra esclusivamente di prue di gondole, e le rosicchi con la sapiente lentezza dei buongustai, per meglio assaporarne lo squisito sapore.
Mastrocinque, invece, continua a considerare l'Ottocento come il suo cibo preferito; e se talvolta indulge alle gondole, è unicamente per apportare qualche piacevole variante a una gastronomia che, diversamente, rischierebbe di diventare monotona.
Tutte le possibilità spettacolari che l'Ottocento poteva offrire al nostro cinematografo sonò state da lui divorate nello spazio di pochissimi anni. Si direbbe che, con Camillo Mastrocinque, sia calato su questo importante periodo il famoso esercito di cavallette di cui spesso si discorre, in estate, nelle terze pagine dei quotidiani milanesi.
I registi che, dopo lo sterminatore passaggio di Mastrocinque sull'Ottocento cinematografico, si sono provati a coglierne qualche aspetto inedito, hanno dovute accontentarsi delle briciole; vale a dire, delle lacrimucce.
Negli ultimi tempi, volendo provare alla critica che non soltanto i lumi a petrolio del 1896 hanno su di lui un potere ispiratore, Mastrocinque si è valorosamente cimentato in un film « verista », alla francese, con prostitute, fari nella nebbia e alcolizzati. Ma egli è fatalmente destinato a ritornare alla sua maniera preferita, che è quella teneramente evocativa: si ritorna sempre sul luogo del delitto.
All'esordio della sua brillante carriera, ha diretto « L'orologio a cucù », un film nel quale i personaggi si muovevano moltissimo senza un preciso motivo. Ma non se ne vanta, e lascia credere che quel non memorabile film sia sfato diretto, in realtà, da un suo omonimo, un certo Mastrocinque Camillo che nulla ha in comune con il vero Camillo Mastrocinque che le platee hanno imparato a conoscere ed amare.
«Film», 14 agosto 1943
Nel violento ’42 girò a Trieste un anticipo del neorealismo
Incontro con Camillo Mastrocinque. Se ne dice affezionatissimo, anche se oggi la sua popolarità egli la deve alla serie comica dei «Totò, Peppino e ia malafemmina»
Parte stamane a bordo della sua lussuosa macchina, diretto a Verona — dove assisterà in serata alla conclusione del «Festival del Musichiere» — il regista Camillo Mastrocinque. La sua visita nella nostra città è stata brevissima. Egli ha accompagnato ieri la sua gentile consorte a Pota. Da circa trentanni la signora mancava dalla sua città natale. Quindi la venuta del regista a Trieste è stata determinata non da impegni cinematografici ma da scopi esclusiva-mente turistici o per meglio dire «sentimentali». Sì, perchè Trieste, oltre ad essere la seconda patria della moglie, è anche una pietra miliare sulla strada dei suoi ricordi. Nel 1942 infatti egli girò nella nostra città un film cui si dice molto affezionato e che avrebbe dovuto essere intitolato «La statua di carne»; siccome Quella «carne» urtava troppo la censura d’allora fu modificato ne «La statua vivente». Esprimeva, a suo modo, il neorealismo di quegli anni, e nacque proprio nella psicosi di guerra. «Si doveva lavorare con il coprifuoco — ricorda il regista —, con gli aerei di ricognizione sul capo, col cannone che già tambureggiava all'orizzonte e con una bora ch’era da impazzire». Mi piacerebbe ritornare ora a Trieste per un altro film: trovatemi, suggeritemi un soggetto e io mi precipiterò con le mie macchine da presa a frugare la vita delle vostre strade che mi sembrano così cambiate, cosi animate, così interessanti e affascinanti».
Ma a rievocare quei tempi, che si sono così presto allontanati passando tutto d’un balzo dalla cronaca alla storia, Mastrocinque attualmente sta lavorando a Roma con un altro film: «Il Corazziere». «Un film satirico-musicale — spiega — che narra in chiave di valzer tutto il Ventennio. Quelli del MIS, lo so, me ne vorranno ma finiranno anche loro per ridere, perchè c’è Rascel protagonista numero uno che è proprio all’altezza della sua fama di comico. Il «cast» degli attori non è ancora ben definito: è ovvio che dovranno essere tutti italiani. A novembre intanto uscirà «Anonima cocottes» sempre con Rascel e con «Anitona». Dopo «Il Corazziere» mi metterò all’opera per realizzare «Totò, Peppi-no e... la dolce vita» che dovrebbe essere l’ultimo della serie «Totò, Peppino e... la dolce vita» che dovrebbe essere l’ultimo della serie di «Totò, Peppino e... la malafemmina» «Genitori in blue-jeans» ecc.».
Ma nel cassetto il regista ne ha tanti altri che vogliono vedere la luce. Fra questi gli sta soprattutto a cuore «Fra’ Diavolo» in cui vengono narrate le vicende comiche di un brigante ciociaro. Dovrebbe essere un grande film internazionale a colori con due comici di eccezione e un grande cantante lirico. C’è in predicato il nome di Dal Monaco... Quindi niente urlatori («cantano troppo sul serio!»). E anche questa specie di filmone avrà la taglia dei film commerciali di Mastrocinque. «Si riderà — egli osserva — eppure è il film-commerciale il genere più difficile, perchè si deve dare alla pellicola una enorme importanza spettacolare, venarla dell’umorismo di tutti i giorni e riuscire a far ridere il pubblico non solo alle spalle degli altri ma anche sui propri difetti. Non è un’impresa facile, ripeto: ci si provi. Se il film non «attacca» ci si accorge ancora prima di sottoporlo al giudizio del pubblico. Basta che manchi uno di quei fattori imponderabili e sostanziali che lo sorreggono che tutto va a catafascio».
Tra questi film «commerciali» quello che ha, avuto maggior successo è senza dubbio «La cambiale» che fa leva su un «cast» di attori di eccezione. Infatti oltre agli immancabili Totò, Peppino e Macario (con i quali si ha l’impressione che il regista abbia firmato un contratto a vita) ci sono anche altri grandi attori pizzicati freschi freschi dalla TV dove l’hanno fatta da «mattatori»: Gassman e Paolo Ferrari. Questa pellicola è stata lavorata due volte. Nella prima edizione c’era solo Totò e Macario: poi il primo fu assalito da una malattia agli occhi e il secondo fu travolto da altri impegni presi in precedenza, per cui fu necessario rifare tutto daccapo.
Mastrocinque è uno dei registi italiani che infila un film dietro l’altro con una disinvoltura tale da far rimanere esterrefatti i suoi colleghi più consumati. Ha un vulcano di idee, di soggetti. Eppure si mostra tanto pacifico e tranquillo. Sembra la serenità in persona. Non si associa al conformismo di certi cineasti che forgiano le loro pellicole su un cliché consuetudinario: si può dire che egli sia sempre tra il novero delle generazioni di avanguardia anche quando una si spegne e un’altra sorge. Il fine del suo lavoro è solo quello di divertire e di richiamare i principi etici della ragione attraverso l’immagine di tutti riflessa negli specchi concavi dell’umorismo e della ragione attraverso l'immagine di tutti riflessa negli specchi concavi dell’umorismo e della satira di costume.
Mastrocinque non avrebbe mai pensato dover un giorno lasciare gli studi di architettura per entrare nel mondo della celluloide. Ma confessa di aver sempre avuto nelle vene l’hobby dello spettacolo. Per forza di inerzia prima o poi doveva sfociare nel professionismo della regia dopo aver allestito tante commediole tra studenti, dopo aver creato anche un piccolo teatro di marionette, tipo quello di Podrec-ca, con le quali fece parecchie tournées.
Mastrocinque «romano de Roma», non poteva rimanere fuori dei cancelli di Cinecittà col dito in bocca, lì a quattro passi dalla sua casa. È una volta che riuscì a metterci piede non ne è più uscito. Sembra che il tempo non l’abbia nemmeno toccato: si mantiene sempre giovane, vegeto, dinamico, sereno, pur se i capelli oramai tutti bianchi tradiscono la sua età. Anzi ha più film al suo attivo che anni; i film sono 58, gli anni solo qualcuno di meno.
«Il Piccolo di Trieste», 21 agosto 1960
[...] Nel dopoguerra si dedicò soprattutto al genere comico dirigendo molti film dì Totò. Tra le sue tante pellicole possono essere ricordate Regina della Scala, Voglio vivere con letizia, L'orologio a cucù, Don Pasquale, I mariti, La maschera e il volto, Sperduti nel buio, Café chantant, Totò, Peppino e la malafemmina, Genitori in blue jeans, Noi duri. Negli ultimi tempi Mastrocinque si era dedicato attivamente alla televisione, perla quale aveva preparato la serie dei telefilm giallo-rosa di Laura Storm, con la Masiero e il ciclo di farse con Fernandel.
Livio Zanotti, «La Stampa», 24 aprile 1969
All’età di 68 anni, è morto a Roma il regista cinematografico Camillo Mastrocinque, regista di tutti i film di Totò. L’impronta artigianale, caratterizza la lunga carriera di questo regista, dall'abilità eclettica, nel cogliere gli aspetti più facili del costume, traducendoli in spettacoli di buona fattura sentimentali, parodistici, arte per arte.
Gli oltre cento film, realizzati secondo la regola del cinema d’affari che costa poco e realizza ottimi incassi, gli avevano procurato un enorme successo commerciale. Porta la sua firma una serie di film con Totò: "Totò a Parigi" "Siamo uomini o caporali", "Totò all'inferno" ecc. ecc... film per far riempire le platee e divertire il pubblico, affidati alla grande arte di Totò, al quale Mastrocinque, lasciava massima libertà di far esplodere la sua forza comica; come la serie televisiva dal titolo: "Laura Storn" affidata a Lauretta Masiero.
Il successo commerciale solleva il problema, circa la maturità del pubblico italiano, facilmente manipolabile e disponibile verso il film d’evasione.
In questo senso Mastrocinque, entra nella complessità del costume Italiano, lasciando un’impronta, assecondata anche in alto dall’autorità politica, in regime autoritario come in quello democratico, di mini-persuasore occulto. Lo ricorderemo come attore: sotto la regia di Pietro Germi, seppe dare una magnifica maschera al capo mafioso nel film "In nome della legge".
F. Asteggiano, «La Gazetta d'Alba», 7 maggio 1969
Le metamorfosi dei generi popolari nel cinema di Camillo Mastrocinque
di Jan Švábenický
Regista e sceneggiatore Camillo Mastrocinque comincia a lavorare per industria cinematografica italiana negli inizi degli anni Trenta quando fa l’aiuto regista, scenografo-architetto, montatore, soggettista e sceneggiatore ad cineasti come Augusto Genina, Raffaello Matarazzo, Carlo Ludovico Bragaglia, Mario Mattoli o Marco Elter. Ricoprendo questo incarichi Mastrocinque ottiene un’esperienza dietro la mdp, che utilizza durante sua lunga carriera di regista nei suoi film. Mastrocinque è già dall’inizio di sua opera cinematografica strettamente collegato con varie tipologie di generi popolari, anzitutto con la commedia all’italiana. Nell’opera di Mastrocinque possiamo trovare anche altri registri come i drammi psicologici (in alcuni casi tratti dalle opere letterarie), musicali (anche adattamenti di opere liriche e libretti) o film romantici. Il primo film di Mastrocinque è Regina della Scala (1936), che ha co-diretto Giorgio Salvini, fotografato dal direttore della fotografia cecoslovacco Václav Vích. che è molto richiesto dai produttori italiani. Dopo il film italiano Ballerine (1936) del regista cecoslovacco Gustav Machatý il direttore della fotografia Vích ha lavorato per cinema italiano dagli anni Trenta agli inizi degli anni Sessanta per i film di vari generi popolari.
Primo film diretto in autonomia da Camillo Mastrocinque Voglio vivere con Letizia (1937) appartiene alla commedia all’italiana e questo genere cinematografico è diventato categoria dominante nell’opera di regista. Tranne le commedie Mastrocinque occasionalmente girava anche i film di generi che rappresentano diverse prospettive della sua opera nel periodo degli anni Trenta e Quaranta. Si tratta anzitutto di gialli-polizieschi L’orologio a cucù (1938) e L’uomo dal guanto grigio (1949). Durante gli anni Quaranta Mastrocinque inizia a girare anche drammi psicologici che riflettono, tranne rapporti umani tra i personaggi, anche realtà italiana degli questi tempi. I drammi come Turbine (1941), Ridi, pagliaccio! (1941), La statua vivente (1942), Fedora (1942), Sperduti nel buio (1947), Duello senza onore (1949) o Il peccato di Anna (1952) combinano livello drammatico e psicologico anche con elementi melodrammatici, sviluppando un affresco dei rapporti umani nell’società italiana. Contemporaneamente Mastrocinque continua a girare anche le commedie come Arrideverci, papà! (1948) ancora con il direttore della fotografia ceco Václav Vích. Due drammi di Mastrocinque Gli inesorabili (1950) e Napoli, terra d’amore (1954) appartengono ai primi film italiani che si occupano con i temi di mafia siciliana Cosa Nostra e quella napoletana Camorra.
Negli anni Cinquanta quando i produttori italiani si dedicano assiduamente ai generi popolari Mastrocinque ha diretto parte di una lunga serie di film comici con l’ attore napoletano Totò che era il preferito da pubblico nazional-popolare. I film Totò all’inferno (1954), Totò, Peppino e i fuorilegge (1956), Totò lascia o raddoppia? (1956), Totò, Peppino e… la malafemmina (1956), Totò, Vittorio e la dottoressa (1957) o Totò a Parigi (1958) modellano e variano le storie comiche basate su la recitazione e presenza fisica di Totò, la cui fisiognomia possiamo considerarla come iconografica di questo modello di commedia all’italiana. Nella seconda metà degli anni Sessanta Mastrocinque ha co-dirige insieme con Mario Mattoli film a episodi di montaggio Totò Story (1968) che presenta le scene scelte dai vari film con Totò girati negli anni Cinquanta e Sessanta. Mastrocinque appartiene ai registi che con suoi film co-creavano fenomeno socioculturale nazionale di cinema italiano Totò di cui nome usavano produttori, registi e sceneggiatori anche nei titoli di alcuni film per creare la serie popolare.
Negli anni Sessanta Camillo Mastrocinque mette in scena alcuni melodrammi romantici imperniati sui giovani d’oggi dalle musiche fortemente enunciative. Per tre di questi film Diciottenni al sole (1962), I motorizzati (1962) e … e la donna creò l’uomo (1963) ha scritto colonne sonore di jazz, twist e pop, Ennio Morricone che in questo periodo iniziava lavorare per industria cinematografica italiana. Con i due film successivi Mastrocinque cambia registro narrativo, dedicandosi all’ horror gotico all’italiana di rilevanza internazionale: film La cripta e l’incubo (1964) tratto dal racconto di Sheridan Le Fanu e Un angelo per Satana (1966) tratto dal romanzo di Luigi Emmanuele si svolgono in bianco e nero, rappresentando con dosi di suspense le storie degli incubi e paure dell’inconscio. Mentre il primo film è horror gotico con elementi soprannaturali, il secondo film è thriller gotico con elementi misteriosi, sviluppando il tema della superstizione umana nella campagna italiana del Novecento. Entrambi i film giocano con l’ iconografia gotica ambientata in castelli vecchi e paesaggi rurali.
Filmografia
Sceneggiatura
Frutto acerbo di Carlo Ludovico Bragaglia (1934)
Regina della Scala di Camillo Mastrocinque e Guido Salvini (1936)
Voglio vivere con Letizia di Camillo Mastrocinque (1937)
Validità giorni dieci di Camillo Mastrocinque (1940)
Don Pasquale di Camillo Mastrocinque (1940)
Ridi pagliaccio! di Camillo Mastrocinque (1941)
I mariti - Tempesta d'amore di Camillo Mastrocinque (1941)
Turbine di Camillo Mastrocinque (1941)
Fedora di Camillo Mastrocinque (1942)
La maschera e il volto di Camillo Mastrocinque (1942)
La statua vivente di Camillo Mastrocinque (1942)
Il cavaliere del sogno (Donizetti) di Camillo Mastrocinque (1946)
Sperduti nel buio di Camillo Mastrocinque (1947)
L'uomo dal guanto grigio di Camillo Mastrocinque (1948)
Duello senza onore di Camillo Mastrocinque (1949)
La cintura di castità di Camillo Mastrocinque (1950)
Quel fantasma di mio marito di Camillo Mastrocinque (1950)
Il peccato di Anna di Camillo Mastrocinque (1952)
Attanasio cavallo vanesio di Camillo Mastrocinque (1953)
Le vacanze del sor Clemente di Camillo Mastrocinque (1954)
Totò all'inferno di Camillo Mastrocinque (1954)
Napoli terra d'amore di Camillo Mastrocinque (1954)
Siamo uomini o caporali?di Camillo Mastrocinque (1955)
È arrivata la parigina di Camillo Mastrocinque (1958)
Alvaro piuttosto corsaro di Camillo Mastrocinque (1964)
Soggetto
Ridi pagliaccio! di Camillo Mastrocinque (1941)
Duello senza onore di Camillo Mastrocinque (1949)
Le vacanze del sor Clemente di Camillo Mastrocinque (1954)
Regia
Regina della Scala (1936), co-regia con Guido Salvini ed anche sceneggiatura
Voglio vivere con Letizia (1937), anche sceneggiatura
Inventiamo l'amore (1938)
L'orologio a cucù (1938)
Bionda sottochiave (1939)
Validità giorni dieci (1940), anche sceneggiatura
Don Pasquale (1940), anche sceneggiatura
La danza dei milioni (1940)
Ridi pagliaccio!, di Camillo Mastrocinque (1941)
I mariti - Tempesta d'amore (1941), anche sceneggiatura
L'ultimo ballo (1941)
Turbine (1941), anche sceneggiatura
Vie del cuore (1942)
Fedora (1942), anche sceneggiatura
La maschera e il volto (1942), anche sceneggiatura
La statua vivente (1942), anche sceneggiatura
Le vie del cuore (1942)
Oro nero (1942), co-regia con Enrico Guazzoni
Il matrimonio segreto (1943), film non completato
Il cavaliere del sogno (Donizetti) (1946, anche sceneggiatura
L'inferno degli amanti (1946)
Il segreto di Don Giovanni (1947)
Sperduti nel buio (1947), anche sceneggiatura
Arrivederci papà (1948)
Il vento m'ha cantato una canzone (1948)
L'uomo dal guanto grigio (1948), anche sceneggiatura
Duello senza onore (1949), anche soggetto e sceneggiatura
La cintura di castità (1950), anche sceneggiatura
Gli inesorabili (1950)
Quel fantasma di mio marito (1950), anche sceneggiatura
Il peccato di Anna (1952), anche sceneggiatura
Areião (1952), anche sceneggiatura
Attanasio cavallo vanesio (1953), anche sceneggiatura
Café Chantant (1953)
Tarantella napoletana (1953)
Le vacanze del sor Clemente (1954), anche soggetto e sceneggiatura
Totò all'inferno (1954), anche sceneggiatura
Napoli terra d'amore (1954), anche sceneggiatura
Alvaro piuttosto corsaro (1954), anche sceneggiatura
Figaro, il barbiere di Siviglia (1955)
Porta un bacione a Firenze (1955)
Siamo uomini o caporali? (1955), anche sceneggiatura
Totò, Peppino e i fuorilegge (1956)
Totò, lascia o raddoppia? (1956)
Totò, Peppino e... la malafemmina (1956)
La banda degli onesti (1956)
Totò, Vittorio e la dottoressa (1957)
È arrivata la parigina (1958), anche sceneggiatura
Le bellissime gambe di Sabrina (1958)
Totò a Parigi (1958)
Domenica è sempre domenica (1958)
La cambiale (1959)
Vacanze d'inverno (1959)
Anonima cocottes (1960)
Noi duri (1960)
Genitori in blue-jeans (1960)
Il corazziere (1960), con lo pseudonimo di Thomas Miller
Tototruffa 62 (1961)
Gli eroi del doppio gioco (1962)
Diciottenni al sole (1962)
I motorizzati (1964)
E la donna creò l'uomo (1964)
La cripta e l'incubo (1964), con lo pseudonimo di Thomas Miller
Un angelo per Satana (1966)
Te lo leggo negli occhi (1966)
Totò Story (1968), con Mario Mattoli
Una tranquilla villeggiatura (1968)
La più bella coppia del mondo (1968)
Regia televisiva
RAI
Buon viaggio Paolo, di Gaspare Cataldo, con Tino Bianchi, Anna Maria Alegiani, Laura Solari, Giulia Lazzarini, Adriano Rimoldi, Rina Centa, Giuseppe Pertile, trasmessa il 26 febbraio 1954, nel programma nazionale.
Le avventure di Laura Storm, 8 episodi (1965–1966), con Lauretta Masiero, anche sceneggiatura
Defilé per un delitto, (1965)
Diamanti a gogò, (1965)
Una bionda di troppo, (1965)
Un cappotto di mogano per Joe, (1965)
Il tredicesimo coltello, (1966)
I due volti della verità, (1966)
A carte scoperte, (1966)
Rapina in francobolli, (1966)
Stasera Fernandel, 7 episodi (1968), anche sceneggiatura
Notte di nozze, (1968)
Frac, (1968)
Terrore al castello, (1968)
Bomba, (1968)
Tranquilla villeggiatura, (1968)
Attore
Roma città libera, regia di Marcello Pagliero (1946)
In nome della legge, regia di Pietro Germi (1949)
Il corazziere, regia di Camillo Mastrocinque con lo pseudonimo di Thomas Miller (1960)
Gli imbroglioni, regia di Lucio Fulci (1963)
Aiuto-regia
Ne sois pas jalouse, regia di Augusto Genina (1932)
Kiki, regia di Raffaello Matarazzo (1934)
Le scarpe al sole, regia di Marco Elter (1935)
La gondola delle chimere, regia di Augusto Genina (1936)
Sette giorni all'altro mondo, regia di Mario Mattoli (1936)
Scenografia
Frutto acerbo, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1934)
Montaggio
Le scarpe al sole, regia di Marco Elter (1935)
Art Department
Ben-Hur: A Tale of the Christ, regia di Fred Niblo (1925)
Collaborazioni
I due barbieri, regia di Duilio Coletti (1937), film non completato, regia di alcune sequenze
Riferimenti e bibliografie:
- http://www.ciaocinema.it/
- "Totò, l'uomo e la maschera" (Franca Faldini - Goffredo Fofi) - Feltrinelli, 1977
- "Totò e Peppino, fratelli d'Italia", Einaudi, 2001
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- D. M., «Tempo», anno VI, n.146, 19 marzo 1942
- «Film», 14 agosto 1943
- «Il Piccolo di Trieste», 21 agosto 1960
- Livio Zanotti, «La Stampa», 24 aprile 1969
- F. Asteggiano, «La Gazetta d'Alba», 7 maggio 1969