Ménard Yvonne (Ménard Yvonne Marie Louise Odette Renée)
Yvonne Marie Louise Odette Renée Ménard (26 Ottobre 1929 – 5 gennaio 2013) è stata una ballerina burlesque francese.
Accanto a Totò una stella internazionale: Yvonne Menard. Chi è stato una volta soltanto a Parigi è stato, immancabilmente, alle Folies Bergére. E' una tappa obbligata, perché il teatro di Rue Saulnier è il palazzo reale del mondo della rivista. Ebbene, tutti coloro che sono stati alle Folies Bergére conoscono Yvonne Menard, e quasi nulla ignorano dei doni che la natura ha voluto fare al suo volto, alla sua figura. Di Yvonne Menard, gli spettatori vedranno... un pò meno di quello che vedono a Parigi; ma non per questo si sentiranno defraudati.
Non solo di ammirevole nudità erano, e sono, le sue attrattive: il suo brio classicamente parigino, il suo senso del ritmo, le sue doti puramente artistiche formano attrattiva a sé. Quando una donna, entrata a quindici anni nelle file del corpo di ballo del più famoso teatro di rivista del mondo, sale di grado in grado, fino al ruolo di stella assoluta, non lo deve soltanto alle esibizioni delle sue belle nudità.
(Presentazione di Yvonne Ménard, tratta dalla brochure della rivista "A prescindere", 1956)
Galleria fotografica e stampa dell'epoca
Yvonne Ménard apre la serie delle copertine della nostra nuova annata. Yvonne, assieme a Franca May ed a Franca Gandolfi, è una delle « vedettes » della rivista di Totò: "A prescindere..." di Nelli e Mangini, per la quale Remigio Paone non ha lesinato i mezzi. La rivista viene data ora a Roma, al Teatro Sistina, ma presto la vedremo anche a Milano. In questi giorni era corsa voce che la Ménard si sarebbe ritirata dallo spettacolo perché ammalata: è invece soltanto un poco stanca. (Fotografia Bosio-Press-Photo).
«L'Europeo», anno XIII, n.1, 5 gennaio 1957
Stella delle Folies si svena a Parigi
Disperata per amore? Yvonne Menard, già soubrette con Totò, tenta di uccidersi - Pentita chiede aiuto nella notte: "Non lo farò più"
Parigi, maggio
Yvonne Menard, la vedetta delle «Folies Bergère», che l’altra notte ha tentato di togliersi la vita recidendosi le vene di un polso con una lametta da barba, è ora considerata fuori pericolo. All’ospedale. dove le hanno fatto varie trasfusioni di sangue, si è recato a trovarla il direttore delle «Folies», Paul Derval. che le ha portato un mazzetto dei tradizionali mughetti, di cui tutta Parigi viene inondata il 1 maggio. Pare che la diva, appena in grado di parlare, abbia sussurrato : «Scusatemi, ho troppo sofferto; non lo farò mai più».
Yvonne Menard, proprietaria di un aeroplano, che pilotava essa stessa, di una vettura fuori-serie, di un appartamento lussuoso, appartenente al comitato direttivo delle «Folies Bergère», pagata attualmente cinquantamila franchi per spettacolo, aveva raggiunto la vetta del successo. Forse temeva di non poterci rimanere ancora a lungo e per questo, rientrata nel suo appartamento di Boulogne-sur-Seine, dopo la rappresentazione; sì è abbandonata a un atto disperato, che non è stato fatale soltanto perchè i vicini di casa l’hanno soccorsa tn tempo, prima che si dissanguasse completamente.
Poche ore prima, sotto le luci della ribalta del teatro più gaio del mondo, la diva ventottenne aveva raccolto gli applausi del pubblico con il solito sorriso. Poi era salita sulla sua macchina ed era andata a casa, per uccidersi. «L’avevamo vista triste e abbattuta già da vari giorni», affermano coloro che le erano vicini. «Era allegra e contenta come al solito», sostengono invece altri. «Aveva incontrato recentemente l'uomo della sua vita — dicono altri ancora —, ma l’amore fu contrastato». «'Surménage’ e depressione nervosa», concludono i più.
Ciò che è certo è che il sorriso. sul palcoscenico delle Folies Bergère, fu l’ultimo sforzo di una giovane donna, travagliata da chissà quali problemi. Yvonne lo ripose come una uniforme, insieme alle «aigrettes» del provocante costumino bianco che indossava nell'ultimo numero. Prima di tornare a casa, Yvonne Menard si era recata a cena con amici in un piccolo ristorante, ma presto li aveva lasciati: era stanca e desiderava andare a letto.
Si calcola che ella abbia raggiunto il suo appartamento, posto al pianterreno di un immobile moderno, nei pressi di Saint-Cloud, verso-le 2.30 del mattino. Circa un’ora più tardi, i coniugi che abita no in un appartamento attiguo, udivano rumori strani, come se qualcuno battesse alla parete. Ma le finestre erano aperte, perchè la notte era afosa, ed essi pensarono si trattasse di rumori provenienti dalla strada. I coniugi si riaddormentarono e si risvegliarono verso le sei: qualcuno bussava ancora alla parete. Si alzarono e. trovata a-porta la porta dell’appartamento di Yvonne Menard, vi entrarono: la diva giaceva sul letto inzuppato di sangue. Tra uno svenimento e l’altro, provocato dall’emorragia, aveva trovato la forza per picchiare alla parete con il pugno. Si era inferta alcuni tagli profondi al polso sinistro, ma non voleva più morire.
Yvonne Menard, salvata dall’istinto di conservazione e dall’intervento dei vicini, debuttò a quindici anni, come «ballerina» nuda in un cabaret di Montmartre; prendeva pochi soldi e, di giorno, aiutava i genitori che avevano una bancarella di mercerie in un sobborgo di Parigi. Fu lanciata verso il successo nel 1948, quando, in occasione della prima del film tratto dal romanzo di Katherine Windsor, fu eletta «Miss Ambra» durante un concorso cui parteciparono circa tremila ragazze. Poco dopo, Josephine Baker si ritirava in campagna ad allevare i suoi orfanelli e Yvonne Menard prendeva il suo posto.
Interpretò ogni sera, per due anni, la rivista: «Ah, quelle folie», che procurò i più forti incassi del dopoguerra.
Dopo la sua recente lunga tournee in Italia con Totò, tornò a Parigi dove, prima di riprendere la sua attività, subì una grave operazione addominale. Ora, nella nuova rivista ella è stata sostituita da alcune ballerine della compagnia, ancora senza nome, che tentano la dura scalata alla vetta. Non si sa quando Yvonne Menard potrà riprendere gli spettacoli: tredici anni di lotte e di successi l'hanno, almeno temporaneamente, stroncata.
Giorgio Altarass, «Corriere d'Informazione», 2 maggio 1958
La primadonna delle "Folies Bergére" si svena poi pentita invoca aiuto
Yvonne Ménard non sarà più l'indiavolata Miss Ambra? Per oltre un'ora tra collassi e ritorni di energia ha bussato alla parete finché è stata udita - In ospedale è tuttora sottoposta a trasfusione - Una delusione amorosa più che un esaurimento nervoso avrebbe causato il tentato suicidio
Parigi, 2 maggio
Una «bomba» ha sconvolto il inondo del music-hall parigino: Yvonne Menard, la prima donna delle «Folies-Bergere», nota anche in Italia per essersi esibita a fianco a Totò, nell'ultima rivista del comico napoletano, ha tentato di togliersi la vita. Tra il pubblico delle «Folies-Bergere» nessuno, l'altra sera, si accorse che il sorriso di Yvonne Menard, come sempre applaudita ed acclamata, era un po' più stanco del solito e che i suoi splendidi occhi erano come offuscati da un’ombra. Entusiasti, quattro inglesi saltarono uno dietro l’altro sulla scena e tentarono di abbracciare la bella artista. Ella si schermì appena: e mentre la sala applaudiva in piedi e l'invocava ancora sulla scena, scappò nel proprio camerino. Il direttore artistico la raggiunse per informarla che Jean Marais, il quale aveva assistito allo spettacolo, la felicitava e l’aveva trovata «meravigliosa». Jean Marais era ancora nella «hall» del teatro: il direttore contava di potergli dire che Yvonne l'attendeva. Yvonne, invece, ringraziò e pregò d’essere lasciata sola. Insieme ad alcuni amici si recò poi in un ristorante ove rimase fino alle tre di mattina. Non parlava, sembrava assente: invano gli amici tentarono di rincuorarla. Alla fine, dopo un ultimo saluto, la ragazza si mise al volante della sua veloce macchina e raggiunse il proprio appartamento, a Boulogne, un sobborgo di Parigi. Verso le 6 del mattino, due coniugi che abitano una casa attigua a quella della Menard, a pianterreno, udirono uno strano rumore, come di qualcuno che disperatamente battesse alle pareti per invocare aiuto. Avvertita la portinaia, questa forzo la porta, per fortuna non chiusa dal di dentro, di Yvonne Menard e penetrò nell'appartamento. L'artista rantolava e ai contorceva sul proprio letto, e il sangue era dappertutto.
Disperata invocazione
Mentre la ragazza veniva immediatamente trasportata all’ospedale di Boucicat ove le furono praticate ininterrottamente trasfusioni di sangue, poteva venire accertato che Yvonne Menard aveva preso un bagno molto caldo e, nella stessa vasca, sera recise le vene del polso sinistro con un rasoio. Poi deve essere svenuta. Ripresasi, aveva perduto molto sangue e certamente. soffrendo moltissimo, si era trascinata fino alla parete che divide il suo dall’appartamento dei vicini per invocare aiuto. I vicini dell’artista ricordano ora che avevano udito qualche colpo verso le cinque, ma non vi avevano fatto caso e aerano riaddormentati. Tra abbandoni e ritorni d'energia. Yvonne deve essere rimasta non meno di un’ora a battere disperatamente alla parete.
Le ragioni del tentato suicidio non sono note. Ieri nel pomeriggio il direttore delle «Folies-Bergere» Paul Derval, si recò a trovarla in ospedale e le portò il tradizionale mughetto dei primo maggio. Yvonne potè a stento mormorare qualche parola: «Perdonatemi — disse — non so cosa mi sia accaduto, non so spiegare. Non ne potevo più». «Pianga!» ha detto Derval: ma Yvonne non ha mai pianto in vita sua.
Alle «Folies-Bergere» la versione che viene data è quella di una forte depressione nervosa. Infatti la popolare «vedette», che era rimasta due anni assente da Parigi per impegni in Italia e negli Stati Uniti ove s'era esibita insieme ad Edith Piaf, salutata da un vero trionfo, s’era sottoposta ad un ritmo di lavoro snervante. Costretta a provare fino a tarda notte per la nuova rivista delle «Folies» che è stata lanciata cinque settimane or sono, le sue condizioni di salute erano state rese più precarie da una delicata operazione cui aveva dovuto sottoporsi d'urgenza. Cinque settimane or sono, alla riapertura delle «Folies», la brillante sala delle grandi «prime» ebbe un mormorio di stupore quando Yvonne apparve sulla scena: la «Vedette» era cambiata. Era dimagrita, troppo e, di tanto in tanto, la più indiavolata delle prime donne parigine, tradiva qualche esitazione, a volte i suoi movimenti apparivano inceppati. In questi ultimi giorni, però, le difficoltà dei primi momenti sembravano superate. Yvonne erà allegra, espansiva assetata di vita: divideva le sue giornate tra il lavoro, le corse in macchina e qualche volo nell’apparecchio personale cui ella aveva dato il nome di «Elsidor». Solo l'altra sera manifestò stanchezza e nervosismo, ma non tanto da suscitare preoccupazioni nei suoi colleghi e amici. Ma c'è anche un’altra versione, che non contraddice la prima: Yvonne ha avuto un dispiacere d'amore. Da oltre due anni conosceva un ricco industriale, noto agli abitanti di Boulogne, per la sua sfolgorante macchina bianca. Yvonne era veramente innamorata. Una sua collega assicura che veramente l'artista sognava il vero e grande amore. Invece, tre o quattro giorni or sono deve essere accaduto qualcosa: alla stessa amica, Yvonne aveva confidato «lui se n’era andato».
Perdita irreparabile
Comunque sia, ora la ragazza sembra pentita del proprio gesto. Le sue condizioni di salute non sono disperate, anche senza essere del tutto rassicuranti. Ma ella ha dettò stamane che lunedi sarà nuovamente sulle scene delle «Folies». Nessuno però ha avuto il coraggio di disingannarla: il ritorno di Yvonne non è per lunedi n per le prossime settimane. Nessuno può esser sicuro che quella che era ritenuta la più bella donna del mondo ritroverà mai più il magico mondo dei costumi sfarzosi e delle luci accecanti ch’ella amava. Forse, il music-hall parigino ha perduto la sola «Soubrette» che ebbe il coraggio di succedere, da un giorno all'altro, a Josephine Baker.
Alle «Folies-Bergère», l'altra sera, s'è ogliosamente proclamato: «Le rappresentazioni continuano», e le due più belle ragazze delia «troupe» sostituiscono Yvonne nei numeri più impegnativi. Purtroppo è molto difficile che il «ritmo» del music-hall, lo stile che da Mistinguette, attraverso Josephine Baker era stato ereditato da Yvonne Menard, e che caratterizza «Le Folies» rimanga in vita. Era il «ritmo» lanciato, nel 1900, dalla Lole Fuller, e che si concretava in una fusione di luce e di movimento attraverso la danza: lo stile della «Danza del fuoco», della «Cavalcata delle ombre», della «Danza serpentina», in cui Josephine Baker fu maestra, e che Yvonne era l'unica a poter continuare, muovendoci come le sue maestre — il gesto e la voce «Carailles» — era tutto quello era tutto quello che ci rimaneva, della «belle epoque».
Yvonne è nata ventotto anni or sono in un quartiere popolare di Parigi. E' figlia di venditori ambulanti e, fino a quindici anni. vendette gli oggetti più diversi, di nascosto, nei corridoi della metropolitana. A quindici anni faceva la comparsa, tra le ballerine nude, in un «cabaret» di Pigalle. La notte si esibiva ai turisti avidi di cose pròibite e di giorno aiutava i genitori dietro le loro bancarelle. Poi vinse. prevalendo su duemilacinque-cento concorrenti, un concorso Indetto in occasione dei lancio del film tratto dal noto romanzo di Kathlin Windsor. «Ambra», e fu eletta «Miss Ambra».
La rapida ascesa
Le «Folies» l'assunsero per la più fortunata delle loro riviste. «Ah, quelle folle!» e in pochi giorni la promossero dal rango di oscura comparsa a quello di «primadonna». Si era nel '48. Orson Welles, che allora era al culmine della notorietà sentì decantare la bellezza di Yvonne e inviò il portiere del proprio albergo per invitarla a incontrarlo in vista di un film. «Dica a Orson Welles — disse Yvonne al portiere — che in Francia sono gli uomini a recarsi dalle donne».
Yvonne è stata per dieci anni la donna più bella del mondo. E ha avuto come le grandi «eccentriche» di un tempo. Parigi ai suoi piedi. Non sarà più — dicono i medici — quella di una volta.
Michele Tito, «Il Messaggero», 3 maggio 1958
Yvonne Ménard è fuori pericolo. Ancora sconosciute le cause del tragico gesto
Parigi, 2 maggio, notte.
Yvonne Menard, la stella numero uno delle «Folies-Bergère» che ha tentato di togliersi la vita nelle prime ore di ieri, tagliandosi con un rasoio le vene del polso sinistro, nella stanza da bagno, è fuori pericolo, dopo avere subito diverse trasfusioni di sangue. Fra i diversi donatori si è presentata anche Carlotta Pedrazzinl, la sorella del fotografo di «Paris Match», ferito alle porte di Budapest durante la insurrezione, e lei stessa redattrice del settimanale parigino. Con i 300 grammi di sangue donati all'attrice, essa ha ottenuto la autorizzazione di fotografarla sul suo letto all'ospedale.
Yvonne Menard è molto abbattuta. E' tornata alla ragione subito dopo avere compiuto l’insano gesto. Al vicino di casa, accorso in suo aiuto, ha chiesto scusa, e ha continuato a ripetere che aveva sofferto troppo per avere ancora voglia di ricominciare. Yvonne Menard è stata salvata, ma i medici sono molto preoccupati per il suo stato di salute generale.
Nulla si sa ancora di precisi circa le cause del suo tragico gesto. Si parla di una eventuale delusione amorosa, di una crisi dei suoi nervi per le eccessive fatiche alle «Folies-Bergère», di un'angoscia diffusa per il timore di deperire troppo (da quando è stata operata, nei primi giorni dell’anno, ha perduto 10 chili).
A ogni buon conto, Yvonne Menard si è detta impaziente di riprendere il proprio posto sul palcoscenico. Nessuno ha osato dirle che, per il momento e forse ancora per molto, ciò sarà impossibile.
La macchina delle «Folies-Bergère» frattanto ha continuato, impassibile, a funzionare. La improvvisa assenza di Yvonne ha portato automaticamente in prima linea quelle che attendevano in seconda posizione. Ieri sera il pubblico ha applaudito a lungo la sostituta. Del resto nessuno in platea sapeva la ragione dell’assenza della «stellissima» del varietà. Era il 1° maggio, e non era uscito nessun giornale.
Anche Yvonne si era guadagnato il grado di «vedette» sostituendo, una sera del ’52, con grande successo, la capricciosa e anziana Joséphine Baker. Essa aveva allora 22 anni. L’aspettavano due anni di prima linea alle «Folies», un anno negli Stati Uniti, quattordici mesi in Italia con la compagnia di Totò, la gloria, la fortuna, gli ammiratori, tutto. Vittima della malattia, strana e incomprensibile, che infierisce tra la gente del cinema e del teatro? Può darsi. Frattanto Yvonne lotta per tornare quella di una volta. C'est la vie, co me dice una vecchia canzone delle «Folies-Bergère».
Certo, Derval — l’uomo che da decenni dirige il celebre teatro parigino — ha vissuto alcune ore poco liete, sia per il tragico gesto della sua "stella” sia per il grave danno alle «Folies», da poco riaperte dopo un lungo periodo di chiusura. Ma Derval non è uomo da arrendersi assai facilmente e le «Folies» continuano a richiamare il loro pubblico di affezionati.
L. Bo., «Corriere d'Informazione», 3 maggio 1958
Yvonne ha ventotto anni ed è arrivata alla rivista dopo una lunga e faticosa carriera. I suoi genitori commerciavano quei gioielli falsi che nelle fiere di paese sono presentati nella segatura.
«E’ sempre stata la meno freddolosa in famiglia» rispondeva la nonna di Yvonne Menard ai conoscenti che le chiedevano come mai la nipote avesse fatto carriera alle «Folies Bergères». Eppure la carriera fortunata di stella poco vestita ha rischiato di bruciare Yvonne Menard. Nella notte antecedente il primo maggio, vittima di un esaurimento nervoso, l’erede di Mistinguette si è tagliata le vene. Dopo lo spettacolo e una cena con gli amici e i colleghi si era ritirata nel suo lussuoso appartamento di Saint Cloud. Verso le prime ore del mattino un vicino udì battere il muro adiacente alla stanza della ballerina. Insospettito dallo strano richiamo si recò da lei. La porta era aperta e la donna giaceva riversa con le vene del polso sinistro tagliate. Aveva perso molto sangue. «Scusatemi» disse Yvonne al provvidenziale vicino • Mi è andata male questa volta». Ora è fuori pericolo. «La rivista continua», ha affermato la sera papà Derval, il direttore del teatro.
Il successo della Menard ha avuto inizio dopo il tramonto di Josephine Baker. Ha riscosso la simpatia del pubblico negli Stati Uniti. In Italia, ha recitato con Totò. La sua vita privata è poco conosciuta. Sembra proprio che il suo gesto sia dipeso da esaurimento.
«Le Ore», anno VI, n.261, 10 maggio 1958
Yvonne Menard la venere bianca che aveva sostituito qualche anno fa Josephine Baker alle "Folies Bergère" ha tentato di uccidersi nel bagno. Subito pentita ha chiesto aiuto e, piangendo, ha detto ai soccorritori: "Scusatemi, non lo farò più"
Parigi, maggio
Ventotto anni, un contratto più sicuro di quello di un presidente di Corte d’Appello, un teatro come le Folies Bergère ai piedi, un sacco di lettere di ammiratori da tutto il mondo, un elegantissimo appartamentino a Saint Cloud sul limitare del Bois de Boulogne, un guardaroba da far impallidire la stessa Venere di Milo del Louvre, un automobile gran sport, un aereoplano da turismo, una cassetta di gioielli veri, adoratori a portata di mano, un bell'album di ricordi di stella sorta dal fango dei quartieri popolari di Parigi per raccogliere l’eredità di Mistinguett e di Josephine Baker. Yvonne Menarti, la numero uno della rivista Foltes Begères, ha tentato di togliersi la vita all’alba del primo maggio. Mercoledì sera aveva disceso per l’ennesima verità e da buon'ultima la tradizionale scalinata del finale per raccogliere gli applausi del battaglione di turisti di turno. Aveva abbandonato nel camerino piume e lustrini. Aveva persino chiesto alla guardarobiera di accomodarle un velo per la rappresentazione dell'indomani. Aveva ricevuto i complimenti di Jean Marais, l'invitato d’onore. Con tutte le notti era andata a pranzo con alcuni amici. Poi era balzata sulla sua automobile ed era corsa a casa, attraversando la capitale che dormicchiava già, in barba alla sua fama di metropoli senza sonno. Come tutte le sere s'era precipitata nel bagno, per farsi un bagno bollente. Per liberarsi finalmente del suo unico, vero costume di scena: un abito di cerone e di cipria. Nell'acqua il sospirato choc benefico non c’era stato. Anzi, i nervi debbono aver ceduto d'un tratto.
Aveva una relazione da due anni con un uomo d’affari parigino. Delusione d'amore? Aveva subito nei primi mesi dell’anno una delicata operazione chirurgica ed aveva voluto subito prendere parte alle prove della nuova rivista. Lo sforzo l'aveva depressa? Aveva perduto dieci chili e forse aveva il terrore che il suo «capitale» fos: . in procinto di andare in malora. Dieci chili non son > facilmente sostituibili quando in scena si porta addoso soltanto qualche francobollo. Yvonne Menard s’è tagliata le vene del polso sinistro con un rasoio. Un attimo deve essere bastato a Nicole Ladmiral, il mese scorso, quando si è decisa a gettarsi sotto la motrice della metro, alla stazione Daumesnil. Anche Nicole aveva ventotto anni. Ma almeno lei aveva la «giustificazione» di non aver avuto più il primo piano, dopo il successo del film Diario d’un parroco di campagna. La giustificazione di non essere riuscita a rimettere i piedi a terra dopo il volo ubriacante. Per Yvonne Menard c’è stato probabilmente un cedimento di nervi. Ma che cos'hanno tutti questi divi, ammirati e invidiati da tutti e così vicini allo squilibrio mentale, alla paura, all’angoscia? Anche l’Olimpo dei tempi di Omero aveva i suoi drammi. Ma che differenza con questi miseri, incomprensibili drammi dei divi moderni. Qualcuno si chiedeva recentemente perché queste regine dello schermo e del teatro non sono felici.
La malattia delle stara esisti fin da quando la prima donna fatale posò in magliett; nera aderente davanti alla macchina da presa della preistoria cinematografica. Non c’è che da sfogliare le storie del cinema per scoprire tutti i drammi svoltisi dietro lo schermo: il suicidio di Max Linder, quello di Adith Mera su su fino alla suicida vivente, come è stata definita Greta Garbo, che gira da un grande albergo all’altro con occhiali neri per non riconoscersi negli specchi. E Judy Garland, la grandissima di Hollywood e di Broadway, che si precipita nella stanza da bagno e tenta di sgozzarsi con i frantumi del bicchiere dello spazzolino da denti. E Gene Tiemey, che è chiusa in una casa provvista di inferriate a tutte le finestre, chiamata molto generosamente clinica, a quaranta chilometri dalla sua bella villa abbandonata. E Vivien Leigh sull’orlo della pazzia. E Brigitte Bardot, Belinda Lee, Martine Carol costretta a periodiche cure del sonno.
Aveva avuto paura come una bambina
Un attimo appena. L’acqua sempre più rossa del bagno deve aver spaventato Yvonne Menard. È uscita dalla vasca barcollando, si è trascinata nella stanza da letto, ha invocato debolmente aiuto. I vicini hanno udito qualcosa. Ma non hanno dato peso al rumore. Yvonne ha continuato a perder sangue. S’è come addormentata, in un sonno finalmente tranquillo. Poi, in un soprassalto, ha ripreso conoscenza. Ha chiamato di nuovo aiuto. Ha picchiato al muro, prima di ricadere riversa sul letto. Un vicino è accorso, questa volta. La porta per fortuna non era chiusa. Erano le cinque e mezzo. Yvonne ha mormorato: «Scusatemi, ho sofferto troppo, non lo farò più». Aveva avuto paura, come una bambina. Era debole. Aveva perduto molto sangue. All'ospedale le hanno fatto diverse trasfusioni. Poco prima di mezzogiorno aveva al capezzale Paul Derval, il patron. Era venuto a far coraggio alla più preziosa donna della sua scuderia, a portarle un mazzo di mughetti, il fiore portafortuna che si mescola per tradizione al color rosso del primo maggio francese. Uscendo dall'ospedale papà Derval proclamava: «Le Folies continuano».
La sera la gabbia dorata lasciata cadere dal soffitto del palcoscenico racchiudeva un altro gioiello. La cerbiatta dalla morbida pelle trasformata in principessa dal bacio del principe azzurro, l’Esmeralda rapita da Quasimodo e trascinata sulla torre di Notre Dame, l’awenturiera dedita allo spogliarello e gli altri personaggi fatti rivivere da Yvonne Menard sono stati regolarmente applauditi dal nuovo battaglione di turisti alla caccia di ricordi visivi da riportare a casa, per popolare certi deserti quotidiani. Le tre «seconde» sono state promosse sul campo. A la guerre comme à la guerre. La disgrazia degli uni è spesso la fortuna degli altri. Anche Yvonne Menard aveva sostituito Josephine Baker, con enorme successo. La Venere nera esitava ad adattarsi alla pensione. Era tornata, nel 1950, sul palcoscenico delle Folies Bergère con tutto il bagaglio sentimentale (dalla corolla di banane a j'ai deux amours) ma anche con qualche decina d’anni in più. Il teatro l’applaudiva come si applaude una gloriosa bandiera ed era soddisfatto quando, nell’ultimo quadro della rivista, invece della trionfale parata in discesa il palcoscenico si trasformava in una cattedrale con angeli e santi, con Josephine che cantava l’AveMaria di Gounod, Yvonne Menard aveva riportato sulla passerella la giovinezza, un paio di bellissime gambe, un musetto alla Mistinguett. Era stata subito adottata.
Debuttò a quindici anni in un “cabaret” di Pigalle
Yvonne è nata ventotto anni fa a Parigi, nel popolare quartiere Charonne. I genitori facevano i venditori ambulanti. La ragazza era cresciuta si può dire per la strada. Aveva venduto qualcosa anche lei, pile elettriche, di nascosto, all’uscita dalle stazioni del metro. Aveva cominciato in un piccolo cabaret di Pigalle, La Civaie. Aveva quindici anni. Guadagnava 350 franchi per rappresentazione. Non aveva che da farsi ammirare. Sembra una cosa facile. Non lo si direbbe a giudicare dall’abbondanza di richieste di giovani per questo genere di esposizioni. I suoi, naturalmente, non volevano. Soltanto la nonna era per Yvonne. Le vicine le chiedevano perfidamente: «Eh! Allora la vostra Yvonne fa la ballerina nuda». E la nonna, sicura che la nipotina avrebbe fatto parecchia strada, rispondeva tranquillamente: «Eh! Si, è sempre stata la meno freddolosa della famiglia». Il 5 ottobre 1948 una giuria composta di personalità parigine notò la scultorea giovane in un folto gruppo di concorrenti al titolo di Miss Ambre. Era un concorso organizzato per lanciare un film tratto dal Best Seller di Kathleen Winsor. Lanciò soprattutto la nuova vedetta delle Folies Bergère. Per due anni Yvonne guidò i plotoni affiancati delle bellissime statue di carne del più celebre teatro di varietà del mondo. Dopo aver percorso tutti i gradini della gerarchia nell’esercito comandato da Paul Derval, scese e salì tutti i gradini delle scalinate di scena. Era la gloria. La nonna poteva rispondere tranquillamente alle vicine che non facevano dei resto più domande. Orson Welles, di passaggio a Parigi, aveva convocato Yvonne Menard per un eventuale contratto a Hollywood. «In Francia sono gli uomini che si scomodano quando voglion parlare ad una donna», gli fece rispondere. Dopo il ventiquattresimo mese di Ah! Quelle folie! la reclamarono negli Stati Uniti, dove rimase un anno.
Yvonne Menard ha recitato l'anno scorso in Italia con la compagnia di riviste di Totò. Ha ventotto anni ed è riuscita a imporsi sul palcoscenico delle «Folies Bergère» nel 1950. Da allora è stata la prima donna del più celebre teatro di varietà del mondo, richiesto anche da Hollywood
Venne poi il contratto con la compagnia di Totò, in Italia, per quattordici mesi. C’era stata una piccola crisi alle Folies Bergère. Derval, stanco di affrontare le rivendicazioni dei macchinisti, aveva deciso di chiudere il teatro. La notizia, la ferale notizia, aveva fatto in un baleno il giro del mondo. Ci furono proteste dei parigini. Giunsero proteste di stranieri amici di Parigi. Si reclamò persino l’intervento dello Stato. Per l’onore nazionale bisognava nazionalizzare le Folies Bergère, come era stato fatto con Renault, con Air France, con il gas e l’elettricità. Le crisi a Palazzo Borbone non sono gravi. Quella nel teatro di rue Richer era veramente disastrosa. Il 23 marzo le Folies Bergère riaprivano i battenti con una nuova rivista. E con Yvonne Menard. «Revenir a Paris, quelle joie - retrouver les Folies - si jolies - retrouver sur vos visages - des sourires si gentile...», cantava tutte le sere. Yvonne Menard vuol riprendere a cantare il ritornello con la sua aria sbarazzina. Non lo potrà prima di un certo tempo. I suoi giorni non sono in pericolo, ma i dottori sono molto preoccupati per lo stato generale della sua salute. La depressione nervosa non si cura con un salasso in una stanza da bagno. L’angoscia, la malattia dei nostri tempi, è sempre in agguato.
Lorenzo Bocchi, «Epoca», anno IX, n.397, 11 maggio 1958
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- «L'Europeo», anno XIII, n.1, 5 gennaio 1957
- Giorgio Altarass, «Corriere d'Informazione», 2 maggio 1958
- Michele Tito, «Il Messaggero», 3 maggio 1958
- L. Bo., «Corriere d'Informazione», 3 maggio 1958
- «Le Ore», anno VI, n.261, 10 maggio 1958
- Lorenzo Bocchi, «Epoca», anno IX, n.397, 11 maggio 1958