Navarrini Nuto

(Milano, 15 agosto 1901 – Milano, 27 febbraio 1973) è stato un attore teatrale italiano, attivo anche in cinema e televisione fra gli anni trenta e gli anni sessanta.

Nuto Navarrini era figlio d'arte di Zenobio Navarrini direttore della “Primaria” Compagnia di operette Lombardo n. 1. È stato sposato quattro volte: dopo le prime nozze con la danzatrice classica Sofia Laurenzi, morta di parto, si sposò nel 1939, con l'attrice Isa Bluette quando questa si trovava in punto di morte; successivamente sposò la soubrette Vera Rol, da cui si separò nel 1971 ed il 30 marzo 1972 ottenne la sentenza di divorzio[1], ed infine sempre nel 1972 sposò Milena Benigni, da cui aveva avuto nel 1945 un figlio, Urano Benigni, nato a Verona, divenuto poi calciatore del Milan, riconosciuto appunto solo nel 1972[2][3][4].

Biografia

Attore di formazione prettamente teatrale, si indirizzò dagli anni trenta all'avanspettacolo - in particolare con Gea della Garisenda - con la creazione di diverse macchiette comiche[3].

Per il cinema fu interprete anche di film dell'epoca del cinema muto: Il delitto della via di Nizza, del 1913 e La reginetta delle rose, dell'anno successivo. Nel primo caso venne diretto dal regista Henri Étiévant; nel secondo, da Luigi Sapelli.

Caratterista di fama, nella sua filmografia, pur non particolarmente ampia, figurano film di un qualche pregio fra cui alcuni di genere comico come I due sergenti, girato nel 1951.

Teatro

Il 13 dicembre 1919 è Cléo de Mérode nella première nel Teatro Quirino di Roma di "Sì" di Pietro Mascagni.

Al Teatro Reinach di Parma dal 28 gennaio al 14 febbraio 1922 è nel cast della “Primaria” Compagnia di operette Lombardo n. 1 come ad esempio Bisson in Madama di Tebe e Sì, dal 21-30 ottobre 1925 e dal 1-12 giugno 1928 con la Compagnia di operette e féeries cav. Luigi Maresca.

Al Teatro Lirico di Milano è Tick Cock-Tail nella prima assoluta di Primarosa di Giuseppe Pietri il 29 ottobre 1926 e Coty nella prima assoluta di Gigolette di Carlo Lombardo il 30 dicembre successivo.

Al Teatro La Fenice di Venezia con la Compagnia dei Grandi Spettacoli d'Arte Operettistica con Ines Lidelba e Nella De Campi debutta nel 1927 il 7 febbraio come Petit- Gris in Cin Ci La, il 10 febbraio Tick Cock-Tail in Primarosa di Giuseppe Pietri, il 14 febbraio La Gaffe ne Il Paese dei Campanelli, il 16 febbraio Chic in Scugnizza, il 21 febbraio Celestino in Santarellina (Mam'zelle Nitouche) di Florimond Ronger detto Hervé in una serata in suo onore, il 22 febbraio Flan ne La bambola della prateria di Carlo Lombardo e musica di Bela Zerkovitz ed il 27 febbraio Coty in Gigolette di C. Lombardo e Giovacchino Forzano con musica di Franz Lehar.

Entrato in compagnia con Isa Bluette, Nuto Navarrini - il cui look era caratterizzato da una scriminatura centrale nei capelli e da un ampio sorriso - recuperò il suo amore per il jazz portando in giro per l'Italia la Jazz Revue, che debuttò il 1º maggio 1931 e che concluse le repliche solo nel marzo dell'anno successivo[5]. Con Isa Bluette, Navarrini portò in scena anche una serie di riviste-operetta[3]: Madama Poesia, Poesia senza veli, Il ratto delle Cubane, Questa è la verità.

Dopo la morte di Isa Bluette e il suo nuovo sodalizio sentimentale e professionale con Vera Rol, Navarrini, simpatizzante del fascismo[6], creò spettacoli in funzione propagandistica rispetto al nascente regime: fra gli altri, Il diavolo nella giarrettiera (operetta di Giovanni D'Anzi portata in scena anche al Teatro Reinach di Parma nel febbraio 1944 dalla Compagnia di riviste Nuto Navarrini[7]) e I cadetti di Rivafiorita, stagione 1944-1945, e che gli fecero ottenere una nomina ad honorem di capitano della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale della Repubblica Sociale Italiana nel gruppo intitolato a Ettore Muti[3].

L'ultimo spettacolo in questa chiave della compagnia Navarrini-Rol fu La Gazzetta del sorriso: Vera Rol simboleggiava l'Italia molestata dagli USA rappresentati da un negro violentatore. Navarrini incluse nello spettacolo un motivetto - intitolato Tre lettere e scritto da D'Anzi - di contenuto chiaramente antipartigiano.

Dopo il 25 aprile, la coppia fu sottoposta ad una resa dei conti: Vera Rol, a cui furono tagliati i capelli a zero, venne esibita a Milano come collaborazionista. Tuttavia la coppia, sottoposta a processo, fu assolta per insufficienza di prove dall'accusa di collaborazionismo.

La compagnia ritornò ad esibirsi, dopo un forzato riposo dovuto alla cattiva pubblicità che gli era derivata dal dopoguerra, non più al nord Italia - dove si era formata - ma a Roma. Il nuovo spettacolo di teatro di rivista aveva come titolo: L'imperatore si diverte, su testi di Gelich e Bracchi.

Per il Teatro Verdi (Trieste) nel Castello di San Giusto nel 1954 è Zanetto Pesamenole (Donna Pasqua) ne Al cavallino bianco con Anna Campori ed Elvio Calderoni per la regia di Vito Molinari trasmesso anche dalla televisione, nel 1955 Mustafà Bey in Ballo al Savoy di Paul Abraham e nel 1958 La duchessa di Chicago con Irene Callaway, Sergio Tedesco e la Campori per la regia di Mario Lanfranchi (di cui esiste un video di una ripresa televisiva).

Navarrini proseguì l'attività d'attore leggero anche nel cinema interpretando poi nuovamente a teatro, nella stagione 1962-1963, la ripresa di Buonanotte Bettina di Garinei e Giovannini, al fianco di Walter Chiari e Alida Chelli, subentrata a Delia Scala[3].

Televisione

Navarrini ha portato in televisione negli anni cinquanta e sessanta alcune operette - settore da cui proveniva - e fu brillante interprete anche nella miniserie televisiva Le avventure di Laura Storm, dove recitò a fianco di Lauretta Masiero diretto da Camillo Mastrocinque.

Agli albori della RAI partecipò (19 giugno 1956) alla trasmissione televisiva Lui e Lei, presentata da Nino Taranto e Delia Scala, al fianco di Nino Besozzi, Gianni Agus, Ferruccio Amendola, Aldo Giuffré, Carla Macelloni, Sandra Mondaini, Isa Pola ed Esperia Sperani (la regia era di Vito Molinari).


Isa Bluette e Nuto Navarrini


Filmografia

Il delitto della via di Nizza (1913)
La reginetta delle rose (1914)
Vivere ancora, (1945)
Ogni giorno è domenica, regia di Mario Baffico (1946)
Figaro qua, Figaro là (1950, non accreditato)
I due sergenti (1951)
Ivan (il figlio del diavolo bianco) (1953)
Susanna tutta panna, regia di Steno (1957)
La zia d'America va a sciare, regia di Roberto Bianchi Montero (1958)
Fantasmi e ladri, regia di Giorgio Simonelli (1959)
Il medico delle donne, regia di Marino Girolami (1962)
L'assassino si chiama Pompeo, regia di Marino Girolami (1962)


Documenti

Il 1936 è l’anno di Nuto Navarrini, il finedicitore milanese che abbiamo già incontrato. Nessuno dubita della sua fede fascista, ma proprio questa esuberanza provoca qualche imbarazzo nel censore. La busta 100 conserva il copione di una delle riviste cui il fascismo vorrebbe tributare grande successo e sostegno: Questa è la verità ovvero Ultime notizie. Il testo è infarcito di romanità e fanfare di giubilo per i trionfi all’Impero. Zurlo, timidamente, interviene per modificare il grido di gioia di una sorta di figura mitologica che, appena uscita dalla quinta, esclama: «La guerra è vinta, la guerra è vinta! I nostri soldati tornano carichi di gloria!». Poiché la guerra (in Africa) è tutt’altro che vinta, Zurlo corregge: «Accorrete, accorrete, i nostri guerrieri tornano carichi di gloria», cercando così di circoscrivere la battuta all’ambito mitologico nel quale era originariamente inserita. Ma più in là, lo stesso Zurlo lascia passare l’altrettanto retorica battuta: «Tutte le mamme italiane sono fiere italiane» pronunciata (come da didascalia) da «Isa Bluette e le fiere italiane», le quali, ragionevolmente, non dovevano essere leonesse. Più comodamente, invece, Zurlo interviene per tagliare una scena in cui una distinta signora per pura curiosità, per spirito d’avventura si improvvisa cocotte, e cioè lascia che uno sconosciuto la prenda per una prostituta, fino all’epilogo finale a tariffa piena.

«Film», 26 febbraio 1944

Dopo questo spettacolo, la fortuna di Nuto Na-varrini scemò lentamente, fino a rasentare il baratro dell’inattività forzata all’inizio degli anni Quaranta. Ma nel 1944, forte della gestione tedesca dell’Italia del Nord, tenta la risalita con una nuova rivista, La gazzetta del sorriso, che fin dal titolo cerca di recuperare il successo di Ultime notizie. Il copione di questa rivista purtroppo non è conservato nell’Archivio Centrale di Stato, dal momento che essa ottenne il visto di censura dalle autorità della Repubblica sociale, ma ne restano alcune testimonianze nel giornali d’epoca. Si trattava, al solito, di uno spettacolo impaginato un po’ come un giornale: per metà satirico, per metà di informazione. Abbondavano i numeri che irridevano gli americani e condannavano la guerra partigiana. Nel quadro Duello tip tap, la soubrette Vera Rol ballava sguaiatamente il celebre ballo americano in compagnia di un ragazzo truccato da negro che non riusciva ad andare a tempo e che alla fine tentava di violentare la partner. Nel quadro Tre lettere partitane, poi, venivano cantate le violenze e le volgarità commesse dai partigiani ai danni dei loro stessi «fratelli italiani».

Ma il capolavoro de La gazzetta del sorriso è una succinta, pretenziosa parodia di Amleto, in cui Navarrini recitava un lungo monologo che partiva equivocando il verbo ‘essere’ con le ‘tessere’ annonarie:

«Tessere o non tessere? Ecco il problema. È più nobile patire i colpi del razionamento o ribellarsi ai tagliandi e raggiungere lo scopo godereccio della vita, pagando settecento lire un chilo di burro? Pagare o morire! Morire! Dormire, forse. Ma gli spari nella notte ti svegliano. E scoppiano le bombe come stelle. Dormire? Sognare? Ma che cosa sognare? Nel cervello tutto è buio come in un preallarme. Suona improvvisa la sirena dei bisogni fisici e comincia il bombardamento delle necessità. Tessere o non tessere? La moglie insaziata chiede carne anche nei giorni di rancio unico. E io posso soddisfarla con una carota?».

A parte l’ultima volgarità, questo monologo brilla per la sua mancanza di ritmo e quindi, dal punto di vista comico, per la sua irrappresentabilità; oltre che per la capacità di scherzare con qualcosa (la fame, la guerra) su cui doveva essere difficile scherzare a teatro in quegli anni. Difficile nel senso che non memorie presenti il pubblico chiedeva alla comicità, ma illusioni. La gazzetta del sorriso ebbe grande sostegno economico e propagandistico da parte delle autorità, ma non fu altrettanto apprezzato dal pubblico. Probabilmente - ma è difficile stabilirlo con sicurezza stando alle testimonianze che ne rimangono - si trattò di uno spettacolo di cattivo gusto, ricco più di disperazione per il successo da riconquistare con la forza che di fantasia, e come tale vissuto dal pubblico. Degli autori, comunque, non resta traccia ufficiale: si sa solo che la regìa portava la firma di Dino Gelich, mentre gli abituali collaboratori di Navarrini per i testi in quegli anni erano Sandro D'Anzi, Alfredo Bracchi e Luciano Ramo, autore sulle cui buone entrature nel regime avremo altre dimostrazioni più avanti.

Tant’è. Il 25 aprile 1945 La gazzetta del sorriso ancora si replicava a Milano: le recite furono sospese il giorno dopo la Liberazione. Navarrini (che aveva avuto anche un’alta onorificenza militare dall’esercito repubblichino) fu arrestato insieme al regista, mentre Vera Rol, la soubrette, fu rapata a zero e così condotta in giro per Milano come un miserabile trofeo. Il processo si celebrò alla fine di settembre e Navarrini, accusato di collaborazionismo, fu assolto per insufficienza di prove e scarcerato dopo qualche tempo. Nel dicembre, poi, l’attore tornò in scena ma già al debutto si scatenarono vari incidenti. Dovettero passare un paio di anni perché Navarrini potesse tornare a recitare senza troppi problemi, avendo al fianco Vera Rol (i capelli le erano ricresciuti, nel frattempo) e confidando sui col-laboratori di sempre. Dopodiché il vecchio finedicitore fu dimenticato rapidamente. Morì nel 1973, dopo aver fatto la comparsa per Garinei e Giovannini e dopo aver tentato, invano, di tornare in scena con una compagnia di operette.

Nicola Fano


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

1930 03 02 Kines Bluette Navarrini

«Kines», 2 marzo 1930


Il collega Vincenzo Talarico dice che mi occupo del varietà con troppo calore, che adopero parole grossissime. Evidentemente ho il paraocchi: davanti all'argomento vedo soltanto quello e ini accendo smisuratamente e sono capace di credere che gli attori tengono in conto le mie osservazioni. Ieri discorrevo con Navarrini, e se non è il re degli ipocriti mi sembra proprio d'avergli parlato utilmente: perchè, in fondo, sono uno del pubblico con la mania di esprimere per iscritto il parete sullo spettacolo. Spesso famigliari o conoscenti mi trattengono con la forza nella poltrona, poiché mi viene la voglia di correre sul palcoscenico, dare un colpo di forbice a un costume, uno schiaffo alla ballerina n. 3 che si distrae — pensa a un uomo il cui nome comincia per G. —, e un calcio negli stinchi al generico che per la verità ha fatto ridere con una buona freddura — ma la freddura non gli appartiene, ed egli è felice soddisfatto presuntuoso come fosso sua. Insomma, sono un pedante sullo stampo degli insopportabili spettatori medi che rincasano mormorando: « Ho pagato d biglietto per vedere cose che saprei fare anch’io ».

Navarrini ragiona con le più lodevoli intenzioni, anche in questo senso è molto milanese. Gli si perdona volentieri l'automobile color crema e il soprabito di gran pelo perché restano nei limiti dei giovanili errori: a sessantanni Navarrini avrà ancora le debolezze che Jouvet riassume in quel fazzoletto cascante dal taschino del memorabile attore Saint-Granier. Tanto più che Navarrini viene dall’operetta e gli studenti lo applaudivano per la strada come un tenore al tempo de «La danza delle libellule». Più rapace, direi, dei suoi concorrenti Trucchi Bianchi Massucci o Fineschi. si trovò nella rivista senza rimpiangere il passato: la nostalgia invecchiò presto molta brava gente. E arriva nel 1940 con la medesima allegria dell’esordio: un ragazzo allegro di quelli che la Ufa cercò invano e avidamente per vent'anni, con un po' di voce, un po' di danza, un sorriso meno domenicale di Jean Garat e soprattutto ottimista sul piano di raderai è un piacere. Il cinema poteva impossessarsene per un genere quasi inedito, la commedia musicale; dietro N. la musica ha sempre l’affettuosa discrezione del miglior liberty. Quel tanto di fiori e champagne reperibile nella sua eleganza ci evita seccanti esami di coscienza con un cordiale compromesso tra Letiar e la Rapsodia in blu. Questo ottimismo risolve la questione sociale, lo rintracciamo anche nelle donne di cui si circonda, di uiut carne e di uno spirito per « centomila »: sembrano scelte dall'ingegnere Gaetano Ciocca. Del resto, il suo entusiasmo per la « luce nera », ultima novità, costumi al radium, denuncia ingenua e laboriosa fiducia nel progresso: infine un uomo che resta giovane e gioviale con le colpe dell’igienista e il fascino di una salute autentica.

La vita comincia a quarant'anni per Navarrini, anche se ha perduto la preziosa e famosa compagna Isa Bluette. Ma dedichi oggi, giovedì 6 giugno, un’ora ai difetti e applichi molto rigore alle battute: mentre le maschere come Macario Totò o Riento possono indulgere qualche rara volta al testo, il tipo Navarrini, per la sua civiltà poggia sempre sul buon gusto l’acutezza della parola. Meglio un silenzio che la frase inutile. Per es.: In Poesia senza veli entrano i tre faraoni zoppicando; Nava commenta: ecco i tre sciancati. E’ una battuta? Oppure quando esclama davanti a un qui prò quo verbale dell’interlocutore: ma questo è matto. Oppure se affida la teatralità di un monosillabo agli esagerati deturpamenti vocali, urli o acuti talvolta infantili. Sempre nella scena dei faraoni il ripetuto paraporuiponzipon con toni diversi raggiunge gamme sgradevoli o leziose, ripeto. Meglio estrarre un cartello, per variazione, dove sia scritto parapon zipon zipò.

Non si tratta di nudi inguaribili: com’egli stesso mi diceva : « è un continuo cercare se stesso anche per noi attori ». Secondo me, per tre quarti esercitando implacabile sorveglianza sulle « cose da dire», Navarrini darà alla sua naturale e rara comunicativa il definitivo stile: in una parola, è questione d’incontentabilità, un pochino più cattivo con Navarrini e non gli domando altro. Il giuoco vale la candela per lui che ha un bellissimo pubblico disposto ad assecondarlo in nuovi fini esperimenti: si consideri un numero come Spadaro, Chevaber, e allora, meno distratto dalla rivista, consisterà in un’esatta duratp d’invenzione della propria confidenza con il pubblico. Questo vale anche per lo schermo dove lo vedremo presto, immagino.

Cesare Zavattini, «Tempo», anno IV, n.54, 6 giugno 1940


Vorrebbe un'orchestra

Nuto Navarrini il simpatico proprietario della «Boutique della canzone» la nuova rubrica televisiva che va in onda il lunedì alle 19,30 avrebbe voluto fare il direttore di un complesso sinfonico. Non c'è mai riuscito, ma in compenso è diventato uno dei più popolari personaggi del teatro di rivista.

Nuto Navarrini, nelle vesti di proprietario della «Boutique della canzone», fa sfoggio della stessa cordialirii che dimostra quando vi accoglie in casa sua. E la cosa è molto importante perchè questa nuova rubrica televisiva — che va in onda ogni settimana dal 4 maggio — è destinata ad ospitare, oltre autori di canzoni e complessi più o meno famosi, anche giovani cantanti che saranno il più delle volte al loro debutto televisivo. E a far loro superare l'immancabile timidezza, il terrore dell'occhio della telecamera sarà soprattutto, appunto, la cordialità del padrone di casa, commenda tor Nuto Navarrini.

Navarrini ha già una lunga esperienza come conduttore di una rubrica musicale. Certamente lo ricorderete in «Sabato bar», quando il barman Nuto Navarrini accoglieva i «clienti» (cantanti e musicisti) agitando lo «shaker» e servendo ottimi cocktail.». La stessa cosa vi succede se andate a trovarlo nella sua nuova abitazione milanese, al centralissimo Corso Venezia: sarà lo stesso commendatore a servirvi prima il caffè, ad insistere poi per un buon cognac, ad indurvi a replicare con qualche altro tipo di liquore (il piccolo bar è sempre ben fornito: anche perchè i barmen milanesi, che dopo l'esperienza televisiva di «Sabato bar», considerano Navarrini un caro collega, non mancano di soddisfare un suo hobby, quello di far collezione di piccole bottigliette di liquori; (ed è logico che i doppioni vengano usati).

Trovare Navarrini in casa non è difficile: compito arduo è invece fargli dire quello che volete. Gli preannunciate una intervistina di dieci minuti, e dopo tre ore siete ancora lì, seduto in poltrona di fronte a lui che continua a parlare e a raccontare tutto quello che gli viene in mente: ricordi di teatro, viaggi, esperienze sportive, aneddoti, vicende familiari, il tutto esposto in una forma piacevole ma disordinata, con salti improvvisi da un'epoca all'altra, da un argomento a un altro.

Odia le date

Questo disordine ha però una ragione che Navarrini naturalmente non confessa: quella di impedirvi di conoscere con esattezza tutto quanto riguarda le date. Per le date, le ricorrenze, gli anniversari Navarrini ha una vera fobia: è capace, ad esempio, di parlare per tre ore della sua carriera senza citare un anno; vi dirà «quando ero in Spagna», «quando misi in scena la prima rivista italiana con Isa Bluette», «quando qui quando là», ma non azzardatevi a interromperlo per chiedergli; «in che anno era?». Vi risponderà che non si ricorda, che comunque le date sono inutili. Si sente sempre molto giovane, aggiunge, e non vuole rompere con l'arida citazione di una data quell'incantevole impressione.

Ginnasta deluso

Cosi, i suoi ricordi si sgranano confusamente, senza una linea logica, legati solo a un nome, a un fatto. Con aria divertita, un po' in lingua, un po' in milanese, in piemontese o in emiliano, vi racconta delle sue prime esperienze sportive, quando nella vecchia palestra del campione Abelardo Zambon, in via Santa Marta a Milano, si allenava alla boxe, o quando era diventato «pulcino» del Milan; di quando, un po' più avanti negli anni, e sempre frequentando la palestra di Zambon, ri ritrovò con Carlo Campanini e Nino Besoz-zi. Il trio aveva un solo scopo: quello di far ginnastica per dimagrire. Ma nessuno dei tre era convinto dell'efficacia dei metodi di Zambon: soprattutto perchè avevano scoperto che ad ore diverse frequentavano la palestra anche i magrissimi Umberto Melnati e Vittorio De Sica, ai quali il maestro faceva eseguire gli stessi esercizi che ordinava a Navarrini, Besozzi e Campanini; solo che Melnati e De Sica lo facevano per ingrassare. E più o meno ri verificò quello che tutti assieme temevano: il trio dei grassi continuò ad ingrassare, la coppia dei magrissimi a dimagrire. Misteri dell’educazione fisica.

Nuto Navarrini si prepara ad uscire di casa; l'aiuta ad indossare il pullover sua moglie, l'ex attrice di rivista Isa Bluette (1). Dopo la sua recente esperienza televisiva di «Sabato bar», Navarrini è considerato dai barman milanesi come un caro collega; nel salotto del simpatico attore meneghino c'è una vasta collezione di bottigliette di liquori che i camerieri suoi amici non mancano di alimentare con continui omaggi.

Una cosa che ha certamente contribuito a mantenere giovanile lo spirito di Navarrini è il permanere in lui delle stesse passioni, degli stessi hobbies di tanti anni or sono. Cori, continua la passione per il calcio (è, naturalmente, da vecchio «pulcino», un acceso milanista), come continua quella per l'automobile ( è stato uno dei primi, nel 1933, ad ottenere la patente ed a comperarsi una «Ansaldo 4 F»). Ma continua, soprattutto, la passione per il teatro, per la musica. Navarrini ha un innato gusto musicale, probabilmente ereditato dal padre, professore di musica. Ed è stato questo suo gusto a favorirlo notevolmente nella carriera artistica: i suoi spettacoli di rivista (quanti anni di riuscitissimi spettacoli? Navarrini non li conta: ma riguardano tutto il capitolo della storia della rivista in Italia), i suoi spettacoli di rivista, dicevamo, hanno sempre avuto nell'elemento musicale una delle ragioni principali del successo: come quando, capocomico con Isa Bluette poi diventata sua moglie (ed era il più giovane capocomico italiano) ebbe l'idea di inserire nella rivista un intero complesso di jazz. Nacque così la famosa «Jazz revue», che ideata solo per Torino compì poi una lunga trionfale tournèe in tutta Italia. Fu la prima di una lunga serie, alla quale si aggiunse poi l’altro settore, quello dell operetta, che per Navarrini ancora continua e del quale può forse considerarsi il re, contando su ben duecento rappresentazioni. Un primato che pochi possono vantarsi di eguagliare.

Dirige "in privato"

E' soddisfatto Navarrini di questa sua esistenza, di questa lunga, interminabile carriera artistica? Lui, che è un inguarìbile ottimista, e che — come fosse ancora un ventenne — pensa sempre a qualcosa di nuovo da fare, dice di no. Perchè la sua segreta aspirazione, da sempre, è stata quella di diventare direttore d’orchestra: ma di una orchestra come si deve, da grande teatro lirico ad esempio.

Non c'è mai riuscito, anche perchè non ha mai tentato. Ma in privato si consola: con Angelo Frattini, l'autore di riviste tanto noto, e che divide con lui questo hobby, Navarrini si sfoga. Ogni due o tre giorni i due si ritrovano, in casa dell'uno o dell’altro, e il giradischi comincia a funzionare: musica classica, naturalmente, che Navarrini si mette a dirigere con tanto di bacchetta. Frattini, seduto in poltrona, fa per il momento la parte del critico, scuotendo la testa o approvando, a seconda della bravura del «direttore». Ma le critiche non sono mai tanto severe, perchè sa che dopo qualche istante le parti si invertiranno. Meglio, quindi, essere un poco indulgenti.

Carlo Mori, «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.19, 10 maggio 1959

NOTE

(1) Isa Bluette morì a Torino l'11 novembre 1939


Milano, 27 febbraio. E' morto questa notte all'ospedale Policlinico di Milano per un'emorragia cerebrale Nuto Navarrini. Aveva 72 anni: aveva esordito a 16, come attore di operetta nella compagnia « Lombardo » ed era divenuto uno degli attori italiani più conosciuti in questo genere teatrale. Con il declinare dell'operetta, si era dato alla commedia musicale continuando a lavorare in generi vari. Compromesso col fascismo, nel dopoguerra conobbe il declino.

p. per., «Stampa Sera», 27 febbraio 1973



Note

  1. ^ Nuto Navarrini divorzia da Vera Rol
  2. ^ Vedi: Magliarossonera.it
  3. ^ a b c d e Fonte: Delteatro.it
  4. ^ Vedi: Imdb/bio
  5. ^ Fonte: Adriano Mazzoletti, Il jazz in Italia, vedi Books.google.it
  6. ^ Vedi: Laltraverita.it
  7. ^ Vedi: Lacasadellamusica.it

Riferimenti e bibliografie:

  • "Tessere o non tessere - I comici e la censura fascista", Nicola Fano, Liberal Libri, Firenze 1999
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Film», 26 febbraio 1944
  • Cesare Zavattini, «Tempo», anno IV, n.54, 6 giugno 1940
  • Carlo Mori, «Sorrisi e Canzoni», anno VIII, n.19, 10 maggio 1959
  • p. per., «Stampa Sera», 27 febbraio 1973