Rol Vera

Vera Rol

Vera Rol (Condove, 8 maggio 1920 – Roma, 5 dicembre 1973) è stata un'attrice e soubrette italiana.

Biografia

Attrice, soubrette del teatro di rivista e ballerina, fu sposata con l'attore Nuto Navarrini con cui costituì un sodalizio professionale.

Il suo sodalizio sentimentale e professionale con Navarrini, simpatizzante del fascismo, la vide protagonista di spettacoli in funzione propagandistica rispetto al regime, fra gli altri in Il diavolo nella giarrettiera (operetta di Giovanni D'Anzi portata in scena anche al Teatro Reinach di Parma nel febbraio 1944 dalla Compagnia di riviste Nuto Navarrini). L'ultimo spettacolo in questa chiave della compagnia Navarrini-Rol fu La Gazzetta del sorriso, in cui Vera Rol simboleggiava l'Italia molestata dagli USA, rappresentati da un "negro" violentatore. Navarrini incluse nello spettacolo un motivetto - intitolato Tre lettere e scritto da D'Anzi - di contenuto chiaramente antipartigiano.

Dopo la liberazione, la coppia fu sottoposta a una vera e propria resa dei conti: a Vera Rol furono rasati i capelli a zero in piazza, e fu esibita al pubblico ludibrio a Milano come collaborazionista. La coppia, tuttavia, sottoposta a processo, fu poi assolta dall'accusa di collaborazionismo per insufficienza di prove.

La compagnia tornò a recitare a Roma nel 1947. Rol apparve anche al cinema in Malaspina di Armando Fizzarotti (1947) e Nennella di Renato May (1948) e Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno di Mario Amendola e Ruggero Maccari (1954).

Dopo il divorzio con Navarrini avvenuto nel 1972, sposò nello stesso anno Stefano Silvij. Morì pochi mesi dopo, il 5 dicembre 1973. Venne sepolta al Cimitero del Verano.


Documenti

Il 1936 è l’anno di Nuto Navarrini, il finedicitore milanese che abbiamo già incontrato. Nessuno dubita della sua fede fascista, ma proprio questa esuberanza provoca qualche imbarazzo nel censore. La busta 100 conserva il copione di una delle riviste cui il fascismo vorrebbe tributare grande successo e sostegno: Questa è la verità ovvero Ultime notizie. Il testo è infarcito di romanità e fanfare di giubilo per i trionfi all’Impero. Zurlo, timidamente, interviene per modificare il grido di gioia di una sorta di figura mitologica che, appena uscita dalla quinta, esclama: «La guerra è vinta, la guerra è vinta! I nostri soldati tornano carichi di gloria!». Poiché la guerra (in Africa) è tutt’altro che vinta, Zurlo corregge: «Accorrete, accorrete, i nostri guerrieri tornano carichi di gloria», cercando così di circoscrivere la battuta all’ambito mitologico nel quale era originariamente inserita. Ma più in là, lo stesso Zurlo lascia passare l’altrettanto retorica battuta: «Tutte le mamme italiane sono fiere italiane» pronunciata (come da didascalia) da «Isa Bluette e le fiere italiane», le quali, ragionevolmente, non dovevano essere leonesse. Più comodamente, invece, Zurlo interviene per tagliare una scena in cui una distinta signora per pura curiosità, per spirito d’avventura si improvvisa cocotte, e cioè lascia che uno sconosciuto la prenda per una prostituta, fino all’epilogo finale a tariffa piena.

«Film», 26 febbraio 1944

Dopo questo spettacolo, la fortuna di Nuto Na-varrini scemò lentamente, fino a rasentare il baratro dell’inattività forzata all’inizio degli anni Quaranta. Ma nel 1944, forte della gestione tedesca dell’Italia del Nord, tenta la risalita con una nuova rivista, La gazzetta del sorriso, che fin dal titolo cerca di recuperare il successo di Ultime notizie. Il copione di questa rivista purtroppo non è conservato nell’Archivio Centrale di Stato, dal momento che essa ottenne il visto di censura dalle autorità della Repubblica sociale, ma ne restano alcune testimonianze nel giornali d’epoca. Si trattava, al solito, di uno spettacolo impaginato un po’ come un giornale: per metà satirico, per metà di informazione. Abbondavano i numeri che irridevano gli americani e condannavano la guerra partigiana. Nel quadro Duello tip tap, la soubrette Vera Rol ballava sguaiatamente il celebre ballo americano in compagnia di un ragazzo truccato da negro che non riusciva ad andare a tempo e che alla fine tentava di violentare la partner. Nel quadro Tre lettere partitane, poi, venivano cantate le violenze e le volgarità commesse dai partigiani ai danni dei loro stessi «fratelli italiani».

Ma il capolavoro de La gazzetta del sorriso è una succinta, pretenziosa parodia di Amleto, in cui Navarrini recitava un lungo monologo che partiva equivocando il verbo ‘essere’ con le ‘tessere’ annonarie:

«Tessere o non tessere? Ecco il problema. È più nobile patire i colpi del razionamento o ribellarsi ai tagliandi e raggiungere lo scopo godereccio della vita, pagando settecento lire un chilo di burro? Pagare o morire! Morire! Dormire, forse. Ma gli spari nella notte ti svegliano. E scoppiano le bombe come stelle. Dormire? Sognare? Ma che cosa sognare? Nel cervello tutto è buio come in un preallarme. Suona improvvisa la sirena dei bisogni fisici e comincia il bombardamento delle necessità. Tessere o non tessere? La moglie insaziata chiede carne anche nei giorni di rancio unico. E io posso soddisfarla con una carota?».

A parte l’ultima volgarità, questo monologo brilla per la sua mancanza di ritmo e quindi, dal punto di vista comico, per la sua irrappresentabilità; oltre che per la capacità di scherzare con qualcosa (la fame, la guerra) su cui doveva essere difficile scherzare a teatro in quegli anni. Difficile nel senso che non memorie presenti il pubblico chiedeva alla comicità, ma illusioni. La gazzetta del sorriso ebbe grande sostegno economico e propagandistico da parte delle autorità, ma non fu altrettanto apprezzato dal pubblico. Probabilmente - ma è difficile stabilirlo con sicurezza stando alle testimonianze che ne rimangono - si trattò di uno spettacolo di cattivo gusto, ricco più di disperazione per il successo da riconquistare con la forza che di fantasia, e come tale vissuto dal pubblico. Degli autori, comunque, non resta traccia ufficiale: si sa solo che la regìa portava la firma di Dino Gelich, mentre gli abituali collaboratori di Navarrini per i testi in quegli anni erano Sandro D'Anzi, Alfredo Bracchi e Luciano Ramo, autore sulle cui buone entrature nel regime avremo altre dimostrazioni più avanti.

Tant’è. Il 25 aprile 1945 La gazzetta del sorriso ancora si replicava a Milano: le recite furono sospese il giorno dopo la Liberazione. Navarrini (che aveva avuto anche un’alta onorificenza militare dall’esercito repubblichino) fu arrestato insieme al regista, mentre Vera Rol, la soubrette, fu rapata a zero e così condotta in giro per Milano come un miserabile trofeo. Il processo si celebrò alla fine di settembre e Navarrini, accusato di collaborazionismo, fu assolto per insufficienza di prove e scarcerato dopo qualche tempo. Nel dicembre, poi, l’attore tornò in scena ma già al debutto si scatenarono vari incidenti. Dovettero passare un paio di anni perché Navarrini potesse tornare a recitare senza troppi problemi, avendo al fianco Vera Rol (i capelli le erano ricresciuti, nel frattempo) e confidando sui col-laboratori di sempre. Dopodiché il vecchio finedicitore fu dimenticato rapidamente. Morì nel 1973, dopo aver fatto la comparsa per Garinei e Giovannini e dopo aver tentato, invano, di tornare in scena con una compagnia di operette.

Nicola Fano


Galleria fotografica e stampa dell'epoca


Vera Rol, un’artista Condovese dimenticata

Pochi sanno o ricordano che Condove ha dato i natali ad una donna diventata famosa negli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso nel mondo dello spettacolo teatrale più precisamente nella rivista. Stiamo parlando di Vera Rol, nata a Condove 8 maggio 1920 e deceduta a Roma 5 dicembre 1973. Dotata di straordinaria bellezza Vera, inizia giovanissima la propria carriera teatrale e negli ‘40 diventa famosa come soubrette nel Teatro di Rivista. Attrice della compagnia dialettale di Mario Casaleggio, scoperta dall’attore Nuto Navarrini diventa soubrette nella sua compagnia di riviste, esordendo in “Il mondo in camicia” nel 1940. Bruna, formosa, appariscente, bella, la Rol incarna perfettamente il ruolo della soubrette-vamp in molte riviste degli anni quaranta del secolo scorso.

Sposò Nuto Navarrini con il quale diede vita ad un sodalizio sentimentale e professionale di grande successo in quegli anni. Protagonista in tante riviste da “Vicino alle stelle” (1941) a “Cortometraggio d’amore” (1942), da “Il diavolo nella giarrettiera” (1943) a “Gli allegri cadetti di Riva Fiorita” (1944) a “La gazzetta del sorriso” (1945).

Entrambi simpatizzanti del regime misero in scena vari spettacoli di propaganda e per allietare i militi della RSI a Milano per questo Nuto fu nominato Capitano ad honorem della Brigata “Ettore Muti”. Uno degli spettacoli di propaganda, con protagonista Vera, fu “Il diavolo in giarrettiera” operetta di Giovanni D’Anzi, famoso autore di canzoni, quello che scrisse “O mia bela Madonina”. Lo spettacolo ebbe un grande successo di critica e pubblico e fu rappresentato anche al Teatro Reinach di Parma nel febbraio del 1944.

L’ultimo spettacolo in chiave propagandistica della Compagnia Navarrini – Rol fu la “Gazzetta del Sorriso”, nel quale Vera simboleggiava l’Italia molestata dagli Stati Uniti rappresentati da un uomo di colore violento e prevaricatore. Navarrini, inoltre, inserì nello spettacolo un motivetto intitolato “Tre lettere”, scritto sempre da Giovanni D’Anzi, dal contenuto apertamente anti-partigiano.

Dopo il 25 aprile Nuto Navarrini e Vera Rol hanno seri guai per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi e subiscono gravi atti di vendetta partigiana oltre ad ogni tipo di vessazione. La loro colpa agli occhi dei partigiani fu quella di aver messo in scena uno spettacolo in chiave anti-partigiana , appunto “la gazzetta del sorriso”, in cui l’attrice ironizzava sui personaggi che facevano parte delle formazioni partigiane. Basta poco, dopo il 25 aprile 1945 per essere presi e giustiziati sommariamente, oppure nel caso di donne, picchiate e rapate. Molti furono i giornali che uscirono con titoli come “Nuto alla meta”, parafrasando con scherno il famoso slogan dell’epoca.

Vera Rol ebbe in sorte una vendetta terribile: l’umiliazione pubblica. Fu prelevata e fotografata seduta in mezzo a Piazza Duomo a Milano mentre un manipolo di uomini armati le rasava i capelli a zero a sfregio della sua enorme bellezza. Tra lo scherno e le risate degli astanti, Vera Rol fu esibita per la città di Milano subendo ogni umiliazione possibile accompagnata dal cartello, visibile in foto, “VERA ROLL NELLA GAZZETTA DEL SORRISO” (il cognome è stato volutamente erroneamente riportato) come chiaro segno di censura e denigrazione della Rivista messa in scena dalla Compagnia Teatrale. Stessa sorte di essere rasate toccò a tutte le ballerine dell’ultima rivista della Compagnia: “La Gazzetta del Sorriso”.

Arrestati con l’accusa di collaborazionismo furono processati ma prosciolti dalle accuse e liberati. Chiarita ogni cosa riprendono nella stagione 1946-47 la via del palcoscenico con “Cercasi felicità”, cui seguono “L’imperatore si diverte” (1949) e “Scandalo al Mediolanum” (1951).

L’avventura nel cinema è per la Rol solo un pretesto per mostrare le sue grazie e la sua avvenenza, Un’esperienza di breve durata. Tra i suoi film come interprete, ricordiamo: Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1954), Nennella (1948), Malaspina (1947), Vera Rol e Nuto Navarrini si separarono nel 1971, forse perché quella drammatica esperienza vissuta insieme era un peso troppo gravoso da sopportare e guardandosi si leggevano quel dolore negli occhi. Nonostante le loro vite si fossero divise, però, morirono a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra. Nuto Navarrini se ne andò il 27 febbraio del 1973 e Vera Rol lo raggiunse il 5 dicembre dello stesso anno.

Gianni Cordola


Teatro di rivista

Quel treno chiamato desiderio di Alfredo Bracchi e Dino Gelic, canzoni di Bracchi e Giovanni D'Anzi, regia di Alfredo Bracchi, prima a Milano nel 1951.
Votate per Venere, rivista con Erminio Macario, 1950.

Filmografia

È caduta una donna, regia di Alfredo Guarini (1941)
Malaspina, regia di Armando Fizzarotti (1947)
Nennella, regia di Renato May (1948)
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, regia di Mario Amendola e Ruggero Maccari (1954)


Riferimenti e bibliografie:

  • Gianni Cordola, https://www.cordola.it
  • "Tessere o non tessere - I comici e la censura fascista", Nicola Fano, Liberal Libri, Firenze 1999