Soldati Mario

Mario Soldati

(Torino, 17 novembre 1906 – Tellaro, 19 giugno 1999) è stato uno scrittore, giornalista, saggista, regista, sceneggiatore ed autore televisivo italiano.

Quando riusciamo a vedere la bellezza, essa è sempre perduta.

Mario Soldati (La messa dei villeggianti, Mondadori)

Biografia

Mario Soldati nasce in via Ospedale 20 (oggi via Giolitti), a Torino, figlio di Umberto e Barbara Bargilli. Nel 1912 inizia gli studi all'Istituto Sociale dei Gesuiti, dove rimane fino alla terza liceo classico. La lezione dei Gesuiti è in questo momento molto importante per lui, ed è un fervente praticante (penserà anche di entrare nell'Ordine, salvo poi giungere a un modo molto personale e libero di concepire la fede conciliandola con la sua visione razionalistica, come trasparirà dalla sua produzione letteraria). Si diploma a diciassette anni e s'iscrive a Lettere all'università. La Torino degli anni venti è quella dell'intelligenza di Piero Gobetti, della pittura di Felice Casorati e del mecenatismo di Riccardo Gualino. Gli amici più cari sono Mario Bonfantini, Giacomo Debenedetti, Carlo Levi, Giacomo Noventa, Agostino Richelmy.

Nel 1925 pubblica per il teatro il dramma Pilato. Nel 1927 si laurea in storia dell'arte con Lionello Venturi discutendo una tesi su Boccaccio Boccaccino (pubblicata nel 2009[1][2]), pittore rinascimentale, e cura il catalogo della Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino. Ottiene poi, con l'aiuto di Venturi, una borsa di studio della durata di tre anni presso l'Istituto d'Arte di Roma dove incontra Adolfo Venturi e Pietro Toesca. Nel 1929 vi è l'esordio come narratore, con il libro di racconti, Salmace che ha rappresentato, come ha ben notato Cesare Garboli, una delle prime esplorazione narrative, del tutto nuove per l'Italia, della vasta terra dei sentimenti loschi[non chiaro]. All'inizio del terzo anno, l'offerta di una nuova borsa di studio lo induce a lasciare Roma e a partire per New York, dove insegna alla Columbia University. Dall'esperienza trarrà un libro autobiografico, America primo amore.

Nel 1931 ritorna in Italia deluso di non essere riuscito a diventare cittadino statunitense. Si sposa con Marion Rieckelman (si lasceranno tre anni più tardi), che è stata sua studentessa alla Columbia, e insieme hanno tre figli: Frank, Ralph e Barbara. In primavera inizia a lavorare per la Cines-Pittaluga, la casa di produzione più importante del cinema italiano.

Sul set, inizia come ciacchista, ha l'impressione che i suoi studi umanistici e artistici non servano più a nulla così come i suoi libri e i suoi articoli. L'incontro, però, con l'allora presidente della Cines Emilio Cecchi, e la sua stima, lo conducono nel settore 'soggetti', dove inizia la carriera di sceneggiatore, continuando a collaborare con Mario Camerini come aiuto regista e intensificando il rapporto con Guglielmo Alberti, proveniente dallo stesso ambiente torinese.

Nel 1934, a causa dell'insuccesso del film Acciaio (tratto da un soggetto di Pirandello a cui collabora come sceneggiatore), Soldati viene licenziato.

Si trasferisce a Corconio, frazione di Orta San Giulio, un piccolo paese sul lago d'Orta. Lontano da Roma e dal cinema, vi rimane per due anni, durante i quali scrive America primo amore e varie altre opere, tra cui la prima parte de La confessione.

Nel 1936 il regista Mario Camerini lo rivuole a Roma.

L'esordio alla regia

Nel 1939 esordisce come regista con Dora Nelson, una commedia nello stile di Ernst Lubitsch. Del 1941 il film che lo renderà il regista più popolare di quell'anno, Piccolo mondo antico, un successo che metterà d'accordo la critica e il pubblico, un classico del cinema italiano, dove la ventenne Alida Valli, al suo primo ruolo drammatico, vince la coppa Volpi come migliore attrice protagonista. Questi film, molto curati dal punto di vista formale e ricchi di riferimenti figurativi e letterari, sono riconducibili al movimento del cinema calligrafista.

La fuga

Nel 1941 aveva intanto conosciuto una ragazza di Fiume, Giuliana Kellermann, attrice con cui passerà il resto dei suoi giorni. Insieme concepiranno Wolfango, Michele e Giovanni, gli altri tre figli dello scrittore.

La notte del 14 settembre 1943 fugge da Roma con Dino De Laurentis, e l'avventura diventerà il diario di viaggio intitolato Fuga in Italia. Trascorrerà nove mesi a Napoli lavorando, tra l'altro, ai microfoni di "Radio Napoli"; al ritorno a Roma sarà corrispondente di guerra per l'Avanti! e l'Unità sulla linea Gotica. Trascorsero una settimana in un paese chiamato Torella dei Lombardi.

Nel 1948 scioglie il contratto con il grande produttore di Hollywood David O. Selznick, poiché il consolato americano nega il visto d'ingresso alla sua compagna.

Nel 1949 dirige Fuga in Francia al quale contribuirono anche Cesare Pavese e Ennio Flaiano, e pubblica La giacca Verde uscito in un volume edito da Longanesi insieme a Il padre degli orfani e La finestra, che gli valse il premio letterario San Babila.

Nel 1952, dal romanzo di Alberto Moravia, dirige La provinciale. Nel 1954 pubblica il romanzo Lettere da Capri che gli valse il premio Strega e la popolarità come scrittore.

La televisione

Il giorno della nascita della RAI va in onda il film di Soldati Le miserie del signor Travet. Nel 1956, a due anni dalla nascita della televisione italiana, Soldati inventa il 'reportage enogastronomico' è infatti l'ideatore, regista e conduttore dell'inchiesta televisiva: Viaggio lungo la Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, una delle trasmissioni più originali della TV degli inizi, considerata un documento d'importanza antropologica: con il Soldati del viaggio sul Po nasce in Italia la figura del giornalista enogastronomico. Mario Soldati, interprete appassionato dell'identità italiana, con il pretesto del cibo e del vino fa conoscere l'Italia agli italiani e 'Il Viaggio lungo la valle del PO', prima inchiesta enogastronomica in Italia inaugura anche il fenomeno del 'turismo enogastronomico', uno dei settori di maggiore successo dell'economia italiana.

Proprio nel corso di quella trasmissione stabilisce un forte e duraturo legame con i luoghi del Po, dove ha ambientato, tra l'altro, tutti i Racconti del Maresciallo e con la provincia di Ferrara, nella quale si era già recato in precedenza per girare a Comacchio La donna del fiume con Sophia Loren, e con le specialità gastronomiche di quella terra. Dopo le anguille de La donna del fiume scopre la salama da sugo della quale scriverà un famoso elogio. Con uno sguardo sempre attento all'identità italiana il suo viaggiare nel paese confluirà nel libro Vino al Vino (i tre volumi, del 1969, 1971 e 1976, verranno riuniti nel 2006 in un volume degli Oscar Mondadori) considerato da alcuni uno dei più bei viaggi in Italia mai scritti.

Il suo ultimo film Policarpo, ufficiale di scrittura, a cui prendono parte Renato Rascel e Carla Gravina, vince al Festival di Cannes del 1959 il premio per la migliore commedia.

Un'altra fuga, questa volta da Roma e dal cinema; dal 1960 vivrà tra Milano e Tellaro sull'estrema costa ligure di levante. Nel 1964 pubblica Le due città, romanzo di respiro balzachiano che abbraccia cinquant'anni di storia italiana e che nella seconda parte è ambientato nel mondo del cinema delle origini.

Presso Arnoldo Mondadori Editore pubblica il romanzo L'attore, best-seller nel 1970, che si aggiudica il Premio Campiello.

Nel 1974 collabora con Folco Quilici nella serie L'Italia vista dal cielo, curando il commento del documentario dedicato al Piemonte e Valle d'Aosta.[3]

Nel 1981 esce L'incendio, romanzo stevensoniano ricco di colpi di scena, ambientato nel mondo dell'arte.

È sepolto nel Cimitero monumentale di Torino, in una tomba di famiglia, insieme alla moglie Jucci Kellermann.

Il figlio Giovanni Soldati, nato nel 1953, è anch'egli un regista cinematografico, ed è l'ormai storico compagno dell'attrice Stefania Sandrelli.

Nel 2006 a 100 anni dalla nascita di Mario Soldati viene istituito un "Comitato Nazionale per le celebrazioni" sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica presieduto da Volfango Soldati. Le numerose iniziative che hanno coinvolto il mondo della letteratura, del giornalismo, del cinema, della televisione,del teatro e dell'arte visiva hanno rafforzato l'immagine del "l'interprete dell'identità italiana" che ha attraversato il novecento con un'opera che per prima ha fatto dialogare la scrittura con il cinema e gli altri "media". Nel 2007 nasce l'"Associazione culturale Mario Soldati" guidata da Anna Cardini Soldati che intende rappresentare un punto di riferimento per tutti coloro che sono interessati alla figura e all'opera di Mario Soldati.

Il profilo artistico

Soldati, come ha scritto Aldo Grasso, ci ha lasciato opere memorabili in letteratura, nel cinema e nella televisione.

Lo scrittore

« Fra gli scrittori del novecento italiano, Soldati è l'unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, la gioia di vivere. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assaporandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; la gioia di vivere non rifugge nulla e nessuno: contempla l'universo e lo esplora in ogni sua miseria e lo assolve. »
(Natalia Ginzburg)

« L'assoluta leggerezza della scrittura di Soldati significa fraternità. Il suo rapporto col lettore non è autoritario, ma mitemente fraterno »
(Pier Paolo Pasolini)

« Una delle grandi qualità di Soldati, come è noto, è la capacità di farci apparire degna di racconto, e quindi interrogabile dall'intelligenza qualunque realtà, grande o piccola indifferentemente: la tragica immensità di Manhattan nell'età del proibizionismo non meno della vita di un pollaio al di là dello squallido cortiletto di un hotel della Valtellina »
(Cesare Garboli)

« Qualcosa che somiglia alla felicità... e questo è, esattamente definito, il mio sentimento di lettore di Soldati da quando, per la prima volta su "Il Mondo" di Pannunzio, lessi un suo racconto. »
(Leonardo Sciascia)

Il regista

Nella sua carriera di sceneggiatore e regista cinematografico ha diretto ventotto film fra gli anni trenta e cinquanta, allestendo cast con i più grandi attori dell'epoca, ricordiamo 'Piccolo mondo antico' 'La provinciale' ma il fatto di essere anche uno scrittore di talento e di successo ha rischiato spesso di far passare Soldati come un regista mancato o come uno scrittore frustrato dall'incapacità di trasferire nelle pellicole un uguale talento artistico. Soldati ricordava infatti che i cineasti storcevano il naso di fronte al 'letterato' e i letterati disapprovavano 'l'uomo di spettacolo'. In realtà il regista, come sostenne egli stesso, era per lui una cosa diversa dallo scrittore:

« Il cinema non è come lo scrivere, appartiene meno a chi la fa ed i registi sono meno individuali, più collettivi, sono più a contatto con il popolo. »
Soldati pertanto alternò l'attività di scrittore, vissuta come prolungamento romantico di un esercizio privato e soggettivo dello spirito, a quella di regista, vissuta in costante compromesso con la dimensione commerciale e in "ascolto" dei gusti del pubblico:

« Il cinematografo talvolta è arte, ma è sempre industria; l'artista che fa del cinema deve per forza venire a patti con questa industria... »
Il filo che tiene unita tutta la produzione cinematografica di Soldati, così varia e multiforme, consiste proprio nella messa a punto di una pratica creativa plasmata sulle logiche dell'industria culturale e dell'impatto col pubblico.
Il primo filone è caratterizzato da opere come Piccolo mondo antico, Malombra e Daniele Cortis, tratte tutte dai romanzi di Antonio Fogazzaro, romantici e romanzeschi, melodrammatici e popolari. Nel 1948 dirige Fuga in Francia e nel 1954 La provinciale, due classici del cinema italiano. Il secondo filone, con Botta e risposta, È l'amor che mi rovina, O.K. Nerone e Italia Piccola - film girato ad Arena Po in provincia di Pavia nel 1957 ma andato perduto (non esiste più una copia proiettabile) - è invece la coabitazione tra popolare ed élite, che caratterizza i primi anni cinquanta Le varie fasi della cinematografia di Soldati hanno sempre in comune il contatto ravvicinato con il popolo, e, sia pure con tanti stili diversi, uno per ogni film, con un minimo di continuità poetica.

Il "personaggio"

È stato sicuramente un protagonista, seppur discusso e controverso (come sempre accade agli anticonformisti e ai pionieri), della cultura italiana della prima e della seconda metà del Novecento, considerato un "personaggio' per il coraggio di conciliare la cultura cosiddetta alta all'arte popolare e quindi allo spettacolo: ritenuto, da sempre, in ambito letterario un "buon narratore" (America primo amore, del 1935, più volte riedita, è considerata da alcuni la sua opera migliore insieme a La giacca verde definito, da alcuni letterati autorevoli, il più bel racconto del Novecento italiano, Lettere da Capri e Il vero Silvestri[4]), non è stato solo uno scrittore di primissimo ordine, ma anche l'autore di alcuni capolavori del cinema italiano (Piccolo mondo antico, Malombra, Fuga in Francia, La provinciale). Da non sottovalutare poi, l'opera pionieristica che questo scrittore portò avanti nel piccolo schermo. Senza essere stato considerato dalla critica militante del secondo dopoguerra, tra i più grandi registi del cinema italiano, attualmente è considerato uno dei maestri del cinema italiano moderno, è però sempre stato annoverato tra i "registi intellettuali" o meglio tra gli "intellettuali registi" (lo storico del cinema Mario Verdone lo ha definito un formalista, al pari di Alberto Lattuada). Ebbe peraltro un'ampia popolarità sia tra il pubblico cinematografico sia tra i lettori italiani. In occasione del centenario della nascita, il regista Carlo Lizzani il 27 giugno 2006 all'Archiginnasio di Bologna ha spiegato che Soldati ha tracciato l'altra strada del cinema italiano; una strada parallela a quella intrapresa dal cinema neorealista; Marco Müller, direttore artistico della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ha presentato il film di Soldati Fuga in Francia del 1948 al pubblico della sala Perla nel 2006 come l'opera di uno dei maestri del cinema italiano moderno.

« Mario Soldati è stato un dispensatore d'allegria. Nel senso dell'allegria vera, quella che qualche essere raro riesce a diffondere intorno a se. Lo scrittore torinese aveva infatti il potere di alleggerirti lo spirito. Non era fatuo. Era alacre e inquieto. (...) Nei tanti anni in cui l'ho frequentato, non l'ho mai visto un istante accasciato, in disarmo o scettico. Al pari di tanti suoi personaggi, Mario intendeva la realtà come 'suspense'. (...) Stando con Soldati si aveva la sensazione di abitare in uno dei suoi racconti. Di diventare un colore della sua tavolozza, un comprimario sul suo palcoscenico. (...) Come dissipatore di se Soldati non ha conosciuto uguali. La sua capacità di spendersi era l'altra faccia del suo narcisismo: il suo lato più commovente, se l'aggettivo non fosse disadatto al personaggio. Non alludo soltanto al fatto che una grande firma della narrativa italiana del Novecento abbia prodotto le sue opere più nitide e mature sottraendo qualche ora (o qualche giorno)al lavoro di regista in cinema e tivù, quasi fosse un dilettante della letteratura, uno scrittore 'domenicale'. Mi riferisco,in generale, a quel desiderio di non perdersi mai nulla che per Soldati era un imperativo esistenziale. La prodigalità di sé faceva corpo con il suo talento. (...) Un altro grande scrittore, Pier Paolo Pasolini, decretò una trentina d'anni fa che le lucciole erano scomparse dai campi, vittime dell'industria e dei suoi veleni. Mario pur ammirandolo, s'era assunto la missione di smentirlo: a cercarle bene, sosteneva, le lucciole si trovano ancora. Così come è ancora possibile scoprire, in tanti angoli di un'Italia da lui prediletta ed esplorata, vini dal sapore antico, gatti ammiccanti ed enigmatici, pretini che sbucano da sorprendenti chiesette campestri, osti, ostesse e cantinieri, contadini e marescialli. L'importanza è accostarsi a questa archeologia dell'anima senza sussiego. Non negarsi emozioni. Non tirarsi indietro. (...) »
(Nello Ajello, Mario Soldati. Racconto d'una vita allegra, "Illustrissimi", Laterza, Bari-Roma 2006.)

« Del talento di Soldati c'era poco da dubitare: bastava una serata con lui per rendersene conto. E a qualunque cosa lo avesse applicato – letteratura, cinema, teatro, forse anche musica -, purché lo avesse fatto a tempo pieno, cioè con totale dedizione, sarebbe diventato un numero uno. Malauguratamente per lui, e per tutti, egli era capace di fare qualsiasi cosa – racconto, saggio, sceneggiatura – ma senza riuscire ad esserne nessuna. Perché la sua vera natura e vocazione erano quelle dell'attore. In ogni momento e circostanza, anche nella conversazione tra amici come Longanesi, Maccari, Flaiano, il sottoscritto, anche – credo – a letto, Soldati recitava una parte in cui s'immedesimava, ma a scadenza. »
(Indro Montanelli)

Nel corso della sua vita si è anche occupato di politica, sempre da 'artista' e in fuga dal potere, iniziando a militare nell'area socialista subito dopo il delitto Matteotti. Nel Dopoguerra si è candidato varie volte alle elezioni nelle liste del Partito Socialista Italiano, durante le segreterie di Pietro Nenni e Bettino Craxi. Nel 2011 il professor Ossola in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia ha definito Soldati l'interprete dell'identità italiana[senza fonte]: 'Essendo ormai imminenti le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità italiana e avendo Mario Soldati percorso e interpretato l'identità della penisola con acume,lucidità e felicità inventiva, non vedrei miglior maniera per onorare tale anniversario civile e culturale che conferendo alla figura di Mario Soldati il posto centrale che le spetta nella storia del Novecento letterario e artistico italiano ' 'Archivio Volfango Soldati'


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

1947 10 05 L Europeo Mario Soldati intro

Un regista che odia il realismo della nuova cinematografia italiana.

Roma, settembre.

Mario Soldati ha firmato in questi giorni un contratto col produttore americano David O. Selznick. E’ il primo regista italiano che ha assunto un impegno di lavoro con Hollywood. Altri registi hanno avuto incontri e trattative con rappresentanti del cinema americano, ma non hanno concluso nulla. Rossellini ha rifiutato. De Sica ha preso tempo, si è mostrato incerto, poi ha voluto particolari delucidazioni, molte garanzie, e infine ha posto alcune condizioni. Ma il risultato di tutte queste trattative è stato negativo. De Sica per ora non andrà a Hollywood. Soldati invece vi andrà a febbraio. Ma Soldati, a differenza degli altri, non ha letto il contratto. Sa soltanto che l'impegno è per sette anni. «Sono tanti», dice Soldati con aria preoccupata; «sono troppi».

1947 10 05 L Europeo Mario Soldati f1D'altra parte, secondo lui, è inutile stare tanto a riflettere. Soldati non ha riflettuto molto, si è affidato ancora una volta al suo «temperamento» e ha seguito, come sempre, il primo impulso,

«Se io leggevo il contratto e riflettevo su ogni clausola», confessa Soldati, «probabilmente non l’avrei firmato. Ma è un errore credere che un regista possa riuscire o fallire a Hollywood soltanto per merito o per colpa di un contratto. Si sa che la grossa burocrazia industriale di Hollywood teme l’ingegno e vuole cautelarsi verso i suoi lati negativi; ma appunto perchè lo teme, lo ammira. Se l’ingegno c’è, gli americani sono i primi ad esserne soddisfatti e ad esaltarlo in tutti i modi. Allora ogni difficoltà si appiana, il regista si è imposto e le clausole del contratto passano in seconda linea. Bisogna andare a Hollywood affidandosi soprattutto a se stessi e col proposito di sfondare»,

Si alza dal divano e va alla finestra che s’apre su via Gregoriana. Soldati abita un appartamento signorile di via Sistina, che però s'affaccia su Via Gregoriana, accanto a Trinità dei Monti. Lo ha ammobiliato con gusto eterogeneo, mescolandovi un po’ tutti gli stili. E’ un appartamento borghese, ma dove si sente la mancanza di una donna. Nel corridoio, sopra un mobile, brillano alcune decine di bottiglie vuote e un centinaio di scatole e di barattoli di tabacco, pure vuoti. Superfluo leggere le etichette, i gusti di Soldati si conoscono: liquori inglesi, vini piemontesi, tabacco americano (con qualche diversione inglese). Nel salone, che è anche il suo studio, pochi libri. Benché letterato e scrittore, Soldati non si circonda di troppi libri, forse per non mettere in sospetto i produttori cinematografici, che in genere diffidano della cultura. Però Soldati sceglie i suoi libri con criterio estrema-mente fine e del tutto inusitato in un socialista italiano. Molti credono infatti che il socialismo di Soldati sia un atteggiamento snobistico, una delle tante commedie che ama recitare e che avrebbero soltanto uno scopo, quello di mettere in evidenza l’eleganza della sua incoerenza e delle sue contraddizioni.

«Dicono che io odio il cinematografo», fa Soldati lasciando la finestra e tornando sul divano, «ma non è vero. Certo la mia vocazione è quella di scrivere; appunto per questo però dedico al cinematografo, un impegno più attento e scrupoloso. Quando scrivo ho il cuore leggero; quando dirigo un film non dormo la notte. La fama che mi hanno fatta, di essere sul lavoro un isterico, non è che la riprova dell'interesse e dell’ansia di cui non posso liberarmi nel teatro di posa».

Soldati è passato di moda. Anni fa, al tempo di Piccolo mondo antico, la stessa gente che oggi ne è annoiata lo esaltava, come un prodigio di intelligenza e di freschezza moderna. La gioventù di* Soldati era stata tutta una strana avventura, con curiose dislocazioni, che dal collegio dei RR. PP. Gesuiti di Torino, all’Istituto superiore di Storia dell’Arte di Roma, lo portano poi a New York dove fa un po’ tutti i mestieri per vivere, e quindi di nuovo a Roma, alla Cines, dove batte il ciac nei film di Camerini. Nel frattempo c’era stato anche un 'matrimonio con un’americana, che gli aveva dato due figli e che poi s’era divisa ed era tornata in America. Tutto ciò aveva fatto di Soldati un personaggio interessante, la cui vivacità e i cui estri piacquero subito negli ambienti cinematografici e intellettuali di Roma, disposti non solo a perdonare ma a giustificare come segni di genialità i difetti dei suoi film. Soldati fu il primo a introdurre nel dialogo cinematografico la parlata dialettale e questa novità fu appunto una delle armi di difesa dei suoi fautori.

Soldati oggi è passato di moda; è il turno di Rossellini e di De Sica, cioè dei neorealisti. Si rimprovera a Soldati di continuare a disinteressarsi, come ai tempi in cui in Italia mancava la libertà, di quello che accade intorno a noi nella vita presente. Che un socialista ne rimanga estraneo è tuttavia una colpa ancora inferiore a quella di uno scrittore moderno come lui, che in dieci anni non è stato capace di scrivere per se stesso un soggetto originale, mentre invece s’attarda in riduzioni di romanzi antiquati e nei film in costume. Soldati risponde con argomentazioni sottili; dice, parafrasando Lucas, che la realtà è soltanto metà della realtà e che si tratta di una questione di rapporti fra interno ed esterno. I film neorealistici non sono che una contraddizione perchè quello che vi manca è appunto una nuova realtà: alla novità esterna e fotografica corrispondono personaggi, situazioni, sentimenti vecchi e consunti della più balorda letteratura. Ma dopo aver visto Eugenia Grandet, un amico gli ha scritto: «E’ il film più brutto che mi è capitato di vedere in vita mia».

D’altra parte Soldati non ignora i suoi difetti di regista che sono quelli di scegliere i propri soggetti obbedendo ai propri gusti di scrittore, spesso inadeguati allo schermo, e di scegliere gli attori non secondo le loro capacità di suggestione sul pubblico, ma secondo che il loro aspetto e il loro carattere si avvicinano ai modelli «originali. Il destino è crudele verso i capricci di Soldati. Quasi sempre gli capita (e gli è capitato anche col Daniele Cortis) di scegliere un soggetto perchè gli offre la possibilità di svolgervi una scena di cui s’incapriccia come un innamorato. Quando però il film è stato girato tutto, in sede di montaggio, Soldati finisce col convincersi che la scena non entra nell’economia del film, non è affatto necessaria, anzi disturba come un'intrusa. E cosi è costretto a tagliarla e a gettarla via.

Nonostante le critiche che gli sono state mosse per la mania dei film in costume, Soldati non ha affatto intenzione di cedere alla moda neorealistica; sicuro anzi che la realtà di oggi è meglio visibile nel contrasto o nelle analogie coi tempi passati. Non gli si può dar torto quando si pensa a Monssù Travet, che è anche il suo miglior film. Ma non si può dar torto ai suoi critici quando dicono che il suo punto di vista è troppo, comodo e facile. Ad ogni modo ih soggetto che Soldati ha scelto per il suo primo film di Hollywood è ancora legato ad altri tempi. Se verranno rimossi certi ostacoli, il primo film che Soldati farà a Hollywood per Selznick sarà la vita di Caruso. Sono già stati acquistati i diritti per i dischi e per il libro della moglie del grande tenore.

Soldati andrà a Hollywood in febbraio ma nel frattempo sta preparando un altro film. Questa volta non si tratta della riduzione di un romanzo; è un soggetto originale. Sul suo tavolo di lavoro le cartelle scritte sono già parecchie e sopra il tavolo, fissate al muro con puntine da disegno, altre cartelle recano gli appunti e le numerazioni delle scene da fare. Il nuovo film di Soldati si svolgerà a Torino e avrà per argomento l’occupazione delle fabbriche nel 1922. Sarà anche questo un film in costume.

Troilo, «L'Europeo», anno III, n.10, 5 ottobre 1947


1951 03 03 SIIll Mario Soldati intro

Oggi Mario Soldati, tra gli “uomini intelligenti" dell'arte italiana, è forse il più discusso. Come scrittore e come regista cinematografico alterna opere riuscite ad altre sbagliate. Ma forse la sua grande passione è fare l'attore

1951 03 03 SIIll Mario Soldati f1Un gruppo di letterati commentava qualche giorno fa l'uscita del nuovo libro di Mario Soldati. A cena col commendatore, e tutti si trovavano d'accordo nel dirne un gran bene. — Però..., — soggiunse a un tratto Ennio Flaiano. Tutti lo guardarono perplessi. Flaiano è un ottimo critico cinematografico e uno scrittore di molti meriti, in grado quindi di giudicare con cognizione di causa la duplice attività di Soldati, cineasta e narratore. E' stato sceneggiatore del film Fuga in Francia, soggetto e regìa appunto di Soldati, un film girato tra le eccezionali difficoltà dell*alta montagna, tra la tormenta e la neve altissima. — Però, — disse Flaiano, — quest'uomo ce ne dà ora una calda ora una fredda. — E quale è la calda? — chiese A. G. Bragaglia, che voleva fingere di non aver capito.

Oggi, Mario Soldati è, tra gli «uomini intelligenti» dell'arte italiana, forse il più discusso. Scrittore di libri eccellenti, come quello sopra citato, edito da Longanesi, che è ritenuto — almeno per il racconto Là giacca verde — uno dei più belli dell’ultimo nostro trentennio letterario, è più noto tra il pubblico per la sua attività cinematografica, per la regìa del Piccolo Mondo antico, del Daniele Cortis, di Malombra, di Le miserie del signor Travet, di Eugenia Grandet, di Botta e risposta, e per la sua partecipazione in veste di attore a Mio figlio professore con Fabrizi e a "Napoli milionaria" di Eduardo, oltre che per le particine che egli ama assegnarsi nei suoi film, con la stessa civetteria con cui gli antichi pittori si effigiavano, travestiti in un ruolo di comparsa, nell'angolo dei loro quadri, quasi per pone una loro firma figurata. In questi ultimi tempi tuttavia, i suoi meriti di regista sono scesi ad una quotazione un poco più bassa. Il pubblico, abituato a vederlo fedele traduttore del bell'ottocento fogazzariano, resta un poco perplesso di fronte alle sue prose più moderniste, come quelle ultime con cui rasenta quasi l'avanspettacolo. Ora egli sta girando un nuovo film in montagna, nell'alto Piemonte, al Sestrière. Ancora al freddo, dunque (Fuga in Francia fu girato in mezzo ad eccezionali difficoltà; la troupe fu bloccata per undici giorni in una casermetta a 3000 metri al Col du Desert, priva quasi di viveri. Riuscirono a scaldarsi perchè erano 32 persone strette in uno spazio di venti metri), e, se il risultato sarà «freddo», si può star certi che Soldati rialzerà subito le sue azioni con qualcosa di «caldo», un altro romanzo, per esempio.

Mario Soldati ha quarantacinque anni. Ha fatto i suoi studi presso i Gesuiti, li ha compiuti all'università laureandosi in lettere, e li ha perfezionati seguendo un corso di storia dell’arte a Roma. Poco più che ventenne si recò in America, dove frequentò l'università di Columbia Quell'esperienza gli suggerì l'opera che lo rivelò ai chiusi circoli letterari di allora: America primo amore, ristampato poi da un grande editore, apparve nel ’35 nelle edizioncine di una rivista letteraria per iniziati. La notorietà di scrittore aperto, fuori delle suggestioni di cenacolo, gli venne con La verità sul caso Motta, che uscì a puntate su Omnibus di Longanesi.

I suoi collaboratori dicono di lui che, durante la lavorazione dei film, si preoccupa forse più degli effetti prodotti sugli astanti che di quelli da ottenere nella pellicola. Durante la ripresa del Daniele Cortis, nella villa del conte Dolfin a Rosà nel vicentino, seppe perfino imitare un perfetto svenimento per sottrarsi alla registrazione sonora di una radio-cronaca del film che Vittorio Veltroni gli voleva imporre in una giornata festiva e di sosta del «si gira». Ancor prima di aver scritto La finestra (il bellissimo racconto ora uscito in volume assieme a La giacca verde), volle narrarlo agli amici letterati: e la narrazione si mutò, dalle prime battute, in una vera e propria recitazione, in cui l’autore «faceva» le voci dei vari personaggi, creando perfino l’ambiente inglese del racconto.

Questa sua continua recitazione nella vita, questo suo voler fare spettacolo di sè in ogni occasione, sono forse soltanto l’aspetto più evidente dello sforzo di Soldati per costruire un personaggio definitivo di sè, che egli sente invece attratto da vocazioni diverse, cinema e letteratura, vita attiva e vita contemplativa, desiderio di popolarità plateale e ambizione di successo negli ambienti più stretti della cultura.

Sarebbe facile dire di lui che come scrittore è un ottimo regista, e viceversa, se egli non fosse, realmente. uno dei nostri più dotati uomini di cinema, ed uno dei quattro o cinque narratori più significativi. Soldati, comunque, sente questa duplicità come un tormento, e non pare che vorrà risolvere tanto presto il dilemma che con eguale forza lo attrae verso la ribalta (o il teatro di posa) e la pagina scritta.

Non molto tempo fa, in una nota libreria di via Veneto, a Roma, stava ascoltando gli sfoghi di un bravo ed inquieto attore, Mazzarella, anch'egli al bivio tra la vocazione teatrale e quella letteraria. — Certo, lo consolava Soldati, scrivere è una grande cosa, e vale la pena che tu continui ad esercitarti la mano. Ma il teatro può darti soddisfazioni più immediate.

Mazzarella lo guardava perplesso. Poi, con subitanea decisione: — No, disse, la faccio finita con la letteratura. D'ora in poi farò soltanto del teatro.

Soldati gli pose una mano sulla spalla, guardandolo con quel suo viso arguto e baffuto, un poco assente. Ebbe un attimo d'esitazione, si volse, guardò il proprio volto riflesso nella vetrina della libreria, poi d’improvviso, come parlando a se stesso, mormorò: — No, per carità, amico mio. Scrivi, scrivi piuttosto!

Per Mario Soldati, era quella l’epoca della «barba periodica». Abitava allora nei pressi di villa Borghese, uscio a uscio con lo scrittore Emilio Cecchi. Evidentemente, con quell'alterno lasciarsi crescere sul viso un imponente barbone a tutto tondo, alla Lawrence, per poi raderselo a zero, e così via, faceva delle prove sull’estetica mutevole della sua fisionomia. E ci credeva tanto, in quella specie di travestimento, che quando la moglie di Cecchi, la pittrice Leonetta Pieraccini, lo guardava — negli incontri sul pianerottolo di casa — fingendosi sbalordita ed incerta, il regista compiaciuto le sussurrava: — Sono Soldati — felicissimo della ostentata incredulità di lei.

E’ sempre un poco difficile distinguere quando egli reciti o agisca naturalmente, quando sia «travestito» o spontaneo. Un suo amico, lo scrittore ed editore Leo Longanesi, l’ebbe con sè durante la «fuga in Italia», e così ne parla Napoli, 11 novembre 1943: «leri sera dopo cena cominciò una lunga discussione tra me e Soldati — lo non so dove sia il bene, non so dove sia il male... — diceva Soldati. Soldati a poco a poco perdeva la sua ipocrisia...». E ancora, un mese dopo: «L’ipocrisia di Soldati prende aspetti solenni, ascetici... Come respingere un serpente che ha il dono di queste metamorfosi divine?».

Sarebbe interessante cercare gli esatti rapporti tra le realizzazioni da lui ottenute nei due campi diversi, tra la forma misurata e sottile delle sue pagine, e quella abbandonata, popolare, dei suoi film. Forse, rapporti ce ne sono pochissimi, e tutti gli atteggiamenti bizzarri della sua vita spregiudicata e un poco esibizionista vanno appunto interpretati come un suo costante tentativo di spezzare la schiavitù che uno dei due generi gli impone. Ma di quale dei due si vuol liberare? C'è da dubitare che Soldati, una volta preda di un solo interesse, perderebbe molto del pepe che il contrasto gli mette nelle vene e che, anche se oltre la sua appariscienza è pur sempre e ancora una forma gesuitica, cioè diplomatica e sottile, di reazione un po' estetizzante, è purtuttavia anche la sua vera forza di uomo e di personaggio di questo tempo dominato dall’eclettismo.

Egli, ne La giacca verde, fa dire al suo personaggio (la vicenda si svolge tutta nel gioco di un travestimento, di una «ipocrisia»): «Ero davvero il ragionier Prémoli che legge Leopardi alla sua fidanzata», col tono di dire che lui. Leopardi non lo ama affatto. Mentre, in segreto, probabilmente lo adora (come adora, forse, più Palazzeschi di Clair o di Carnè, più Moravia di De Sica, di cui dice che, col suo Ladri di biciclette, gli ha dato il «più grande dolore della sua vita», perchè è un film superbo), e nello stesso tempo si diverte a spacciarsi per poeta, con poesie come queste, dal suo Canzoniere: «Lassù dove Italia — ancor tende un ramo — dei slavi al richiamo — una terra sta»; oppure: «Come il capostazione di Olmeneta -— il berretto geranio, il corno in mano...», poesie che, leggendole un giorno agli amici, lui che ama Montale, declamava col viso rigato di lacrime.

Giambattista Vicari, «Settimana Incom Illustrata», 3 marzo 1951


1956 Tempo Mario Soldati intro

Mario Soldati, scrittore, regista cinematografico. E’ nato a Torino nel 1906. Ha fatto parte, in gioventù, del gruppo di "Rivoluzione Liberale”. Ha soggiornato in America, in Francia e in Inghilterra. Ora vive a Roma. Alla sua educazione cattolica deve il suo primo libro: MI mio amico gesuita”, all’America uno dei più vivi: "America, primo amore”. I suoi film più importanti sono: "Piccolo mondo antico", "La Provinciale”.

1956 Tempo Mario Soldati f1Domanda. - Signor Soldati, chi è lei? 

Risposta. - In linea assoluta penso che tutti gli uomini muoiano senza arrivare a rispondere a questa domanda. Più modestamente, potrei dire che sono un borghese dell’Italia settentrionale, figlio di un uomo d’affari e di una donna molto colta e intellettualmente molto ambiziosa, il cui padre, mio nonno, era toscano e scrittore. 

D. - Qual è il colmo dell’infelicità umana? 

R - La risposta convenzionale è questa: vivere lontano dalla grazia di Dio. La risposta vera è: non essere in pace con la propria coscienza. Naturalmente, nessuno è mai del tutto in pace con la propria coscienza. Il colmo dell’infelicità è quando questa guerra interna è al suo massimo sviluppo. 

D. - Con quale attributo vorrebbe passare alla storia? 

R. - Poeta o almeno, scrittore. 

D. - Intendevo la parola "attributo” in senso più pertinente. 

R. - Allora Mario il giovane. 

D. - Preferisce i vinti o i vincitori della vita?  

R. - Non credo che nella vita ci siano i vinti e i vincitori. Se non altro perchè ogni vincitore ha la responsabilità di un vinto. 

D. - Quali colpe, errori, debolezze umane suscitano in lei maggiore indulgenza? 

R. - Quelle del cuore. Sono inesorabile contro le colpe, gli errori e le debolezze dell’intelligenza. Soprattutto perchè non credo che esistano degli uomini veramente imbecilli. L’imbecillità sorge dalla vanità, dalla presunzione, dal fare o pensare più di quanto uno possa. Qualunque uomo, se sta nei propri limiti, è intelligente. 

D. - Esistono cinque minuti, nella sua vita, che lei non accetterebbe, a nessun costo, di rivivere? 

R. - No. Accetterei di rivivere tutto, anche i momenti peggiori, perchè so che se non ci fossero quelli, ce ne sarebbero altri equivalenti. 

D. - Qual è secondo lei la meno rispettata fra le istituzioni repubblicane? 

R. - La libertà di culto.

D. - Se dovesse riscrivere un libro di storia per le scuole, come lo intitolerebbe il capitolo già dedicato all’era fascista? 

R. - Prima di tutto mi preoccuperei di abolire la parola "era" che è spropositata per un periodo di vent’anni. Direi semplicemente: ventennio fascista. Tutto il guaio è soltanto qui. Nell'insistere sulla parola ”era" il fascismo non era altro. 

D. - Qual è la sua opinione sui premi letterari? 

R. - E’ molto difficile, perchè ne ho vinti due. 

D. - Qual è, secondo lei, il segreto del successo di un uomo? 

R. - La sua mancanza di pudore. 

D. - Qual è il suo personaggio storico favorito? 

R. - Massimo D’Azeglio. 

D. - Se fosse vissuto all’epoca della Rivoluzione francese, nelle vesti di qual personaggio, avrebbe voluto parteciparvi? 

R. - Alfieri, che pur odiando i tiranni stava a Parigi durante un certo periodo della Rivoluzione e dichiarava di odiare altrettanto la tirannide dei molti. 

D. - Se l’Accademia d’Italia venisse ripristinata, accetterebbe di porre la sua candidatura? 

R. - In questo momento che la cosa è molto improbabile e lontana dico: spero che Dio mi darebbe la forza di rifiutarla. 

D. - Un’attricetta in mal di pubblicità, decide di inscenare un suicidio per far parlare di sè. Assorbe a tale scopo una certa quantità di sonnifero, ma sbaglia dose e muore. A quale delle nostre attrici affiderebbe questa parte? 

R. - Anna Maria Ferrero. 

D. - Avendo deciso di incominciare una nuova vita, con quale gesto la incomincerebbe? 

R. - Mi metterei a scrivere una delle commedie o dei romanzi che ho in progetto. E se avessi incominciato, continuerei. 

D. - Se le venisse concesso un atto di potenza assoluta, come lo esplicherebbe? 

R. - Cercherei di abolire la imbecillità dalle menti umane e se, come ho già detto, l’imbecillità è una conseguenza della vanità, cercherei di soddisfare alla vanità di tutti affinchè questa non fosse più pericolosa. 

D. - Sapendo che le rimane soltanto mezz'ora di vita, come la impiegherebbe? 

R. - Bisognerebbe stabilire in che momento della giornata mi arriva questo annuncio. Comunque vorrei continuare a fare quello che faccio. Ma purtroppo temo che sarebbe difficile. Credo che mi metterei a pregare. 

D. - Dovendo raccontare una favola ad un bambino, quale sceglierebbe? 

R. - Moby Dick, la storia della balena bianca. 

D. - Ho udito una volta dare le seguenti definizioni delle caratteristiche fondamentali che la guerra ha messo in luce nei vari popoli: la tenacia degli inglesi, la ferocia dei tedeschi, il fatalismo dei russi, la leggerezza dei francesi. Vuol dirmi qual è, secondo lei, la caratteristica fondamentale degli italiani? 

R. - La furbizia. Vogliamo mettere: l’intelligenza? 

D. - Esiste secondo lei una virtù che tale nell’uomo, è invece un difetto nella donna? 

R. - Si. Dovrebbe essere la forza. Ma ormai quasi tutte le donne sono forti e gli uomini deboli. 

D. - Per quale ragione, a suo giudizio, il centro del giornalismo (inteso come industria) è a Milano, mentre quello della cinematografia è a Roma? 

R. - Perchè il giornalismo è un po’ più serio del cinematografo. 

D. - Qual è la differenza fondamentale tra Milano e Roma. 

R. - La stessa in fondo, ma invertendo ii termini. 

D. - Qual è la più importante "istituzione” italiana? 

R. - E’ impossibile una risposta unica. Ce ne sono almeno due: il Papa e i Carabinieri. 

D. - Se un produttore le mettesse a disposizione una cifra praticamente illimitata, quale film vorrebbe realizzare? 

R. - Non creda, mi sono posto, da me a me, più volte, questa domanda. La risposta è sempre stata laboriosa e incerta. Vorrei fare un film preso da qualcuno dei miei soggetti, romanzi o novelle. Se no, La bufera, di Edoardo Calandra. 

D. - Se la radio si mettesse improvvisamente ad annunciare l’invasione dei marziani sulla Terra, quale sarebbe la sua prima reazione? 

R. - Tornerei a Torino con moglie e figli. 

D. - La stessa domanda, se le venisse annunciato che Mussolini è vivo. 

R. - Tornerei a Torino e andrei un po' più in là, se faccio in tempo. Passerei il confine e andrei in Francia. 

D. - La decisione ultima se lei sia meritevole delle Sfere Infere o di quelle Celesti, viene affidata, sull’esempio di un noto lavoro teatrale, al compimento di una buona azione che sta in lei compiere ritornando sulla Terra. Quale sarebbe questa buona azione? 

R. - Ma la buona azione è tale proprio perchè non la si può ricordare. Altrimenti... 

D. - Essendo in suo potere inviare qualcuno dei suoi contemporanei sulla Luna senza il biglietto di ritorno, su chi cadrebbe la sua scelta? 

R. - Su tutti i cardinali. Cosi alla morìe dei Papa avrei la speranza che la Chiesa sarebbe, almeno in parte, riformata. 

D. - C’è una condizione venendo a mancare la quale la sua vita verrebbe a perdere ogni significato? 

R. - Sì. L’educazione religiosa e quella letteraria. 

D. - Qual è la sua eroina favorita nella letteratura? 

R. - Clorinda. 

D. - Vuol dirmi in quali occasioni della sua esistenza quotidiana sente di essere meno se stesso, ossia in obbligo di recitare "una parte”? 

R. - Quasi sempre, meno quando sono davanti allo scrittoio; o davanti alla tavola quando ho fame. 

D. - Nei giochi infantili, quale parte le piaceva riserbare per sè? 

R. - Il prigioniero che si ribella. 

D. - Qual è la differenza che separa la letteratura dal giornalismo? 

R. - La mancanza di tempo che ha il giornalista per scrivere. 

D. - Non pensa che per tanti sedicenti letterati sarebbe meglio? 

R. - No. Scriverebbero peggio ancora. 

Enrico Roda, «Tempo», 1956


1962 10 27 Tempo Mario Soldati intro

Sorprendente attore che interpreta soprattutto la parte di se stesso, Mario Soldati è in verità solo uno scrittore ricco di pudore che nasconde con i giochi e i travestimenti il suo profondo amore per la vita

Rimasi un po' sul pianerottolo di casa Soldati. La domestica non aveva sentito il campanello e io non volevo risuonare subito perchè m’ero accorta che l'intervista poteva cominciare proprio di lì. Non avevo mai visto la gente tenere la roba fuori di casa, cioè sul pianerottolo (a parte Dino Buzzati che, al tempo in cui abitava in viale Maino, lasciava sempre sulle scale due enormi seggiole che non gli piacevano e che nessuno gli rubava perchè, suppongo, non piacevano neppure ai ladri), e qui, poi, non si trattava soltanto d’un paio di seggiole, ma di una quantità di cose. C’erano uno specchio, un mobile con molti sportelli e molti cassetti — di cui uno, semiaperto, lasciava intravvedere mucchi di carte —, qualche quadro, un portaombrelli, una fila di sedie appoggiate al muro. Alle sedie erano appesi alcuni indumenti: giacche sportive scozzesi oppure di pelle, una giacca blu. soprabiti, impermeabili, bastoni e vari tipi di cappelli. Su ogni sedia un "travestimento” quasi completo: da "giocatore di bocce”, oppure da "uomo di lettere”, da "regista inglese", da "filosofo che passeggia sotto la pioggia", eccetera. Pensai che j ogni giorno, passando di lì per uscire, Mario Soldati indossasse, a seconda del proprio umore o del tempo, il personaggio che gli si addiceva di più. E mi venne in mente Indro Montanelli, che gli ha già scritto un epitaffio per quando morirà. Eccolo: «Qui giace - l'attore - che meglio interpretò - la parte - di - Mario Soldati - seminarista eretico -regista fallito - magnifico scrittore - decorato - del premio , Strega - per l'unico romanzo -che - non gli riuscì».

«Gasp, gulp. scrash» urlò qualcuno dall’altra parte dell'uscio. Poi ci fu un rovinio che mi parve di vetri e la porta si aprì. «Oh — fece la domestica — lei aveva suonato? Capirà, con questo chiasso. Venga, venga, il dottore l’aspetta nello studio». Scavalcai un mucchio di soldatini rovesciati sul pavimento, mi scontrai con due ragazzetti armati di fucili e pistole mitragliatrici i quali smisero per un momento di fare "gulp” e "scrash” per dirmi buonasera e fui guidata verso una porta dalla quale usciva un ticchettio irregolare di macchina da scrivere.

1962 10 27 Tempo Mario Soldati f1Lo scrittore nello studio della sua casa milanese in uno dei suoi tipici atteggiamenti, gli indici infilati nel panciotto. Mario Soldati è nato a Torino il 17 novembre 1906, Si è laureato in lettere con una tesi sul pittore cremonese Boccaccio Boccaccino ed ha soggiornato per tre anni a Roma, allievo della Scuola Superiore di Storia dcU’arte. Nel 1929 si è recato negli Stati Uniti con una borsa di studio: da quell’esperienza è nato uno dei suoi libri più sottili e penetranti: "America primo amore". Ma la sua prima opera letteraria è "Salmace”, una raccolta di novelle pubblicata nel 1929 che ottenne i consensi del noto critico G. A. Bergese.

«Non avevo nessuna voglia di vederla» mi disse Mario Soldati alzandosi e sorridendo con l’aria di avere pronunciato la frase più carina della terra.

«E’ per via di Bassani?» chiesi.

C’era stata la faccenda del suo amico che a sentire la gente informata s’era lamentato perchè l’avevo trattato male in un articolo qualche mese fa, e che probabilmente gli aveva suggerito di guardarsi da me.

«Ma no, è per me. Sono io che detesto la gente che ancora non conosco. E sa perchè? Perchè poi mi tocca accettarla, fargli posto. Appena vedo uno nuovo mi dico: auffa, e ora c’è anche lui, dove lo metto, come faccio a trovare ancora un altro po’ di bene da volergli, non ho più posto, che fatica».

Camminava in su e in giù per lo studio, magro, rapido, i baffi alti sotto il naso, i calzoni altissimi sotto le ascelle, e ogni tanto si arrampicava su qualche mobile, si appollaiava ora qua e ora là e di lassù continuava il discorso sull’amore per il prossimo, diceva che la gente gli piace tutta, che non esiste nessuno al mondo completamente sprovvisto di qualcosa che valga la pena d’essere amato. Aveva un viso lungo, stretto, di quelli che dipingeva El Greco.

«Senta — dissi — se quello che dice è vero, io non ho capito come fa ad andare tanto d’accordo con Giorgio Bassani. Lei mi sembra estroverso, pronto a regalarsi a tutti quelli che incontra, chiacchierone, vivace, simpatico. Insomma, proprio il contrario del suo amico Giorgio».

Era seduto sulla scrivania e cominciò a far ballare le gambe festosamente.

1962 10 27 Tempo Mario Soldati f2Soldati con i suoi figli, Wolf di sedici anni. Miche’ di tredici e Giovanni di nove. Scrittore e regista cinematografico, Mario Soldati è conosciutissimo anche come creatore di inchieste televisive. Il suo "Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini” e il suo viaggio lungo il Tirreno alla ricerca di ”Chi legge”, hanno ottenuto un notevole successo. Ma il vero amore di Soldati resta la letteratura: ”Le lettere da Capri”, il romanzo uscito nel 1954 che ottenne il Premio Strega, è senza dubbio la sua opera più fortunata insieme con la raccolta di racconti ”A cena col commendatore” del 1952 e alla "Messa dei villeggianti” dèi'1959. L’ultima opera di Soldati è "Gli spettri”, un libro di racconti pubblicato da poche settimane. Lo scrittore sta preparando ora un nuovo romanzo, "Le due città”.

«Ecco — disse — è che da anni io cerco di dissipare quello che Bassani tesaurizza, mentre lui cerca di tesaurizzare quello che io dissipo. Così c’è sempre qualcosa che alimenta il bisogno di stare insieme. Bassani le sembra antipatico? Beh, con gli amici non lo è. Io le sembro simpatico? Beh, con gli amici invece sono un rompiscatole. Ci compensiamo a vicenda».

«Bassani a Roma abita nella sua casa, vero? E’ una casa bellissima. Com’è che gliel’ha lasciata?».

«Perchè io volevo venire a Milano. Ma oramai quell’appartamento l’ho venduto per pagare le tasse. Sono oberato dalle tasse. Non so più dove mettere le mani, E’ una tragedia. Guadagno e sono sempre senza un soldo, mentre Bassani, anche in questo senso, tesaurizza. Oh Dio, a proposito, perchè non ci vediamo più tardi? Devo fare un articolo subito, lo devo mandare al giornale. Perchè non ceniamo insieme quando avrò finito?».

Alzò un fascio di fogli scritti a mano, di traverso, con un inchiostro grigio, spento. Sembravano già un fac-simile. «Devo copiare a macchina, rifare. Ho un sacco di spese. I libri di scuola per i ragazzi. Ha visto che follia? Quattro libri d’inglese per uno. E poi neanche si trovano. Mi dispiace, ma come potrei lasciarmi intervistare tranquillamente se devo finire l’articolo?».

1962 10 27 Tempo Mario Soldati f3Un’immagine caratteristica di Soldati, mentre legge, con gli occhiali in mano e il mezzo toscano in bocca. Lo scrittore, che vive in via Cappuccio, il quartiere dell’ "aristocrazia nera milanese”, trascorrerà parte dell’inverno a Fiascherino dove ha preso in affitto una villa. Un suo racconto, "La finestra”, sarà trasmesso alla TV nella rubrica "Racconti dell’Italia di oggi”.

Dissi che andava bene. Oramai ogni minuto che gli facevo perdere mi sembrava di sottrarlo ai libri per i ragazzi, alle tasse, all’affitto. Quando traversai la stanza da pranzo per andarmene, i figli stavano già mangiando enormi piatti di gnocchi. Un minuto di più e avrei tolto ai ragazzi gli gnocchi del giorno successivo, che Soldati stava affannosamente guadagnando. Salutai la moglie bionda, graziosa e rotondetta la quale m’informò che non sarebbe venuta con noi perchè era ingrassata da quando aveva smesso di fumare e così tutti i vestiti le andavano stretti, e io mi affrettai di più perchè ai libri di testo, alle tasse, all’affitto e agli gnocchi, s’era aggiunta oramai anche la preoccupazione degli abiti per la signora Soldati che non sapeva cosa mettersi addosso.

Lui venne a cena alle nove, col basco blu di traverso, un golf arrotolato intorno al collo a mo’ di sciarpa, l’ombrello appeso al braccio e l’aria felice di chi ha compiuto fino in fondo il proprio dovere. Ordinò vino rosso, lo bevve con gusto, chiese l’arrosto e i legumi e disse che potevo fare tutte le domande che volevo, anche le più indiscrete. Potevo chiedergli perfino se gli piacevano le donne, perchè mi avrebbe subito risposto che le donne erano una cosa meravigliosa e che lui più diventava vecchio più le amava.

«Mi piacciono grasse, alte e brune. Ha letto le "Lettere da Capri”? Ecco, lì ho descritto il tipo di donna che mi piace: Dorothea».

«Ma sua moglie è bionda — dissi — e piuttosto piccola di statura».

«Già — fece lui — ed era anche magra. Ora menomale è ingrassata e sono proprio contento. Ma non si sposa mai il proprio tipo, è un destino».

«Se non sbaglio, nel suo libro "Storie di spettri”, lei parla con amore anche delle cameriere».

«Eh, sì — disse, e rideva. — Ma non ho tempo, cosa vuole, devo guadagnare i soldi, ci sono le tasse, eccetera, questo mestiere è faticoso, io prima di scrivere mi sento sempre male, mi viene un nodo allo stomaco, sono disperato e convinto che non mi riuscirà di mettere insieme una riga. "Gli è il crisma”, mi dice sempre l’amico Cecchi e io mi sforzo di crederci, ma non serve perchè, tanto, sto male lo stesso. Però devo dire che la parte più faticosa, sia d’un libro che di una novella come d’un articolo, è il principio. Poi tiro diritto come un treno e quando una cosa è finita grazie a Dio, non m’interessa proprio più, anzi mi fa nausea».

Allora mi vennero in ménte le lunghe, ordinate file di volumi che sono nella libreria del suo studio: una serie delle "Storie di spettri”, di "America primo amore”, di ”A cena col commendatore”, delle "Lettere da Capri” (il romanzo con il quale vinse il Premio Strega nel ’54 e che, secondo Montanelli, fu runico che non gli riuscì), della "Confessione”, del "Vero Silvestri”, di "Canzonette e viaggio televisivo”, e poi tutta la serie delle stesse opere tradotte in otto o nove lingue e mi venne il dubbio che civettasse un po’, anzi che recitasse la parte del "letterato che se ne infischia del successo”. Forse quel golf arrotolato intorno al collo e il basco blu di traverso erano uno dei tanti "travestimenti" e l’aveva scelto per me sul pianerottolo, dal suo pirandelliano arsenale delle apparizioni.

«Se fossi miliardario — disse — credo che non scriverei. E non farei neppure il regista. Del resto tutti i film che ho fatto mi dispiacevano. Vorrei fame uno mio».

«Le "Lettere da Capri", per esempio?».

«Puah — fece — se dovessi tirarne fuori un film sono sicuro che finirei per rifarlo tutto. E allora tanto vale che, nel caso, ne scriva un altro. Ma ora devo occuparmi del nuovo libro, ”Le due città”. Sono a buon punto. E poi voglio fare ancora tre raccolte come le "Storie di spettri”. E’ il momento buono. Ora con i libri si fanno i soldi, le ho già detto che ho tanto bisogno di soldi?».

«A parte i soldi — chiesi — quali sono le cose di cui le importa?».

La medaglia deamicisiana

«Ma lei non crederà davvero che io ami il denaro? Mi serve e basta. Ne ho bisogno per sistemare un’infinità di cose, e ne ho bisogno perchè lo butto sempre via».

1962 10 27 Tempo Mario Soldati f4Il calcio è insieme alla gastronomia una delle passioni di Mario Soldati: ecco lo scrittore fotografato durante una partita, fra il giornalista sportivo Gianni Brera (a sinistra) e Laios Czeizler, l’ungherese che fu allenatore del Milan, della Fiorentina e commissario tecnico della Nazionale nel 1953. Mario Soldati non ama parlare della sua attività di regista cinematografico: ha girato più di cinquanta film, ma non ne ricorda neppure i titoli, perchè - dice - non ha mai potuta realizzare un film che lo rappresenti veramente. Al suo esordio cinematografico. Soldati ha tradotto in film le più famose opere letterarie di Antonio Fogazaro: "Piccolo mondo antico", "Malombra” e "Daniele Cortis”. Ha diretto anche "La provinciale", "Policarpo", "Fuga in Francia", "Le miserie di Monsu Travet" e "La mano dello straniero”, tratto da un’opera del romanziere Graham Greene.

Masticò, bevve, e disse che gli importava molto dei suoi tre figli, della moglie come parte di sè e dei figli, degli amici come Richelmy, Bonfantini e Bassani e pochi altri, della letteratura e del suo paese, cioè del Piemonte, anzi, addirittura, di Torino e basta. Disse che la sua vita è piena di rinuncie e lo disse ridendo, quasi soddisfatto: poteva fare tutto, poteva diventare uno scrittore di lingua inglese e non lo è diventato, poteva essere premio Nobel e se n’è infischiato, poteva avere il titolo di Pari d’Inghilterra e non ci ha badato, e poi anche regista di Hollywood, cavaliere della Legion d’Onore e giocatore di bocce. «Ma è bene — concluse — che abbia rinunciato a tante cose. Perchè in fondo ora vivo di tutto quello che non ho fatto. Vivo delle nuche di certe donne che non ho baciato, di istanti che non sono stato capace di cogliere. Chi sono io? E chi lo sa. Di sicuro sono un uomo sbagliato che ha vissuto a lungo e non ha imparato niente. Sì, ho imparato appena a capire un po’ più di prima, e non serve. Ho imparato, per esempio, che Camus aveva ragione quando diceva che la cosa più faticosa del mondo è rinunciare a ciò che non ci interessa. Quando si riesce a vivere soltanto per le cose che ci interessano davvero si è quasi santi. Meglio amare e non avere, che avere senza amare».

Gli chiesi del suo passato. Mi raccontò che, quando aveva quindici anni, salvò un ragazzo che stava annegando nel fiume e gli dettero la medaglia. Quella medaglia la porta ancora oggi, sul frac, piccola e "deamicisiana" davanti a tutte le decorazioni scintillanti dei diplomatici e dei militari. E se qualcuno gli chiede cos’è, lui risponde: «Oh. nulla. Un ricordo di quand’ero piccolo».

«Ha visto, nel mio studio, quel quadretto che è sopra il ritratto di mia madre? — chiese — quello è il decreto con il quale mi fu data la medaglia. Lo firmò il ministro Taddei il 18 ottobre del 1922, proprio mentre gli squadristi stavano arrivando in piazza del Popolo. Dal giorno successivo, i decreti li firmò tutti Mussolini». Sorrise, bevve l’ultimo sorso di vino. Riprese: «Io dissipo tutto volentieri, vita compresa. Però
la vita è bella. Sono belle soprattutto le donne. Danno certi attimi di Paradiso, almeno nel momento in cui dicono sì. Poi tutto finisce, ma quell’attimo è unico. Cosa può fare la grazia d’una donna! Io l’ho sempre ammirata, quando m'è capitato di trovarla. Mi dispiace d’invecchiare soprattutto per questo. Le curve di Brigitte Bardot, che grazia!».

Il seminarista eretico

Mi guardò, vide che prendevo appunti, e allora disse che amava anche la grazia divina.

Subito dopo, con l’aria di volermi ammansire, disse che le donne sono brave anche quando ’ scrivono, che il suo amico Giachino. direttore dell’istituto di cultura di Tokio,
gli aveva mandato una lettera proprio per dirgli d’aver letto un libro di un’italiana, Elsa Morante, e d’averlo trovato bellissimo. Uno dei più bei libri che siano stati scritti, e non solo in questi anni. «Ma sa. non ho tempo, non leggo nulla, mi sono sfuggiti tanti libri, nemmeno "Un cuore arido” di Cassola ho letto. Cosa vuole, devo lavorare per guadagnare i soldi, e scrivo e scrivo più che posso. Le tasse, l’affitto».

Era esausto. Il vino era finito, accese un mezzo toscano, chiese il conto.

«Le ho detto tutto?», domandò. Si vedeva che aveva voglia di tornare nel suo pianerottolo, dove avrebbe potuto spogliarsi, lontano dalla gente. Allora gli dissi che
"America primo amore” era un libro stupendo e lui sorrise, dolcemente. Aggiunsi poi che erano bellissimi anche gli altri, e che Montanelli aveva torto quando diceva che "Lettere da Capri” non gli era riuscito bene. Il sorriso si allargò. Prese il golf e l’arrotolò nuovamente intorno al collo, succhiò il mezzo toscano e buttò fuori uno sbuffo di fumo proprio come si conviene a un "letterato che se ne infischia del successo”.

Avevo davanti, in quel momento, uno degli attori che interpretavano meglio la parte di Mario Soldati, «seminarista eretico, regista fallito, magnifico scrittore»: ma lui, il vero Soldati, dov’era?

Mirella Delfini, «Tempo», anno XXIV, n.43, 27 ottobre 1962



Onorificenze

Il 28 ottobre 1922, all'adolescente Soldati, fu conferita la Medaglia d'argento al Valor Civile per un gesto di coraggio compiuto il 17 marzo, con il salvataggio dall'annegamento nelle acque dei Murazzi del Po di Lello Richelmy, suo amico e coetaneo, fratello di Agostino (Tino) Richelmy[5].

Per commemorare quel gesto e questo particolare aspetto della figura umana di Soldati, il Comune di Torino, il 16 febbraio 2010, accogliendo una proposta avanzata dal "Centro Pannunzio, di cui Soldati fu tra i fondatori e di cui fu presidente per circa vent'anni"[5], ha deliberato di dedicargli una targa ai Murazzi del Po, dettando il seguente testo[6]:

« Qui il 17 marzo 1922 / un giovanissimo Mario Soldati (1906-1999) / esempio di coraggio ed altruismo ai giovani di ogni tempo / trasse in salvo dalle acque del fiume Po / un coetaneo in pericolo di vita / meritando la medaglia d'argento al merito civile »
Medaglia d'argento al Valor Civile — Roma, 28 ottobre 1922
Il presidente della Repubblica Scalfaro lo nominò Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica massima onorificenza della Repubblica e la Città di Torino gli conferì la cittadinanza onoraria nel 1991.

Opere

Pilato, Torino, Sei, 1924. (tragedia in tre atti)
Salmace, Novara, «La Libra»[7], 1929 (sei novelle) ; Milano, Adelphi, 1993 (con una nota di Cesare Garboli).
America primo amore, Firenze, Bemporad, 1935; Roma, Einaudi, 1945; Milano, Garzanti, 1956; Milano, Mondadori, 1959.
24 ore in uno studio cinematografico, come Franco Pallavera, Milano, Corticelli, 1935.
La verità sul caso Motta, in «Omnibus», 6 nn., aprile-giugno 1937; Milano, Rizzoli, 1941[8].
L'amico gesuita, Milano-Roma, Rizzoli, 1943. (racconti)
Corrispondenti di guerra, Palermo, Sellerio, 2009. ISBN 88-389-2357-4. (articoli per l'Avanti! e l'Unità del 1944)
Fuga in Italia, Milano, Longanesi, 1947.
A cena col commendatore, Milano, Longanesi, 1950.
L'accalappiacani, Roma, Atlante, 1953.
Le lettere da Capri, Milano, Garzanti, 1954.
La confessione, Milano, Garzanti 1955.
I racconti, Milano, Garzanti, 1957; I racconti 1927-1947, Milano, A. Mondadori, 1961.
Il vero Silvestri, Milano, Garzanti, 1957.
La messa dei villeggianti, Milano, A. Mondadori, 1959.
Canzonette e viaggio televisivo, Milano, A. Mondadori, 1962. (poesie)
Storie di spettri, Milano, A. Mondadori, 1962.
Presentazione di Luigi Carnacina e Luigi Veronelli, Mangiare e bere all'italiana, Milano, Garzanti, 1962.
Presentazione di Luigi Gianoli, Ritagli rosa, Brescia, Editrice La scuola, 1962.
Presentazione di Severino Viola, I funghi come sono, Milano, Ediz. artistiche Maestretti, 1963.
Introduzione a Sergio Bonfantini, a cura di Marco Rosci, Novara, IGDA, 1963.
Le due città, Milano, Garzanti, 1964.
Introduzione alla cucina pavese, in Gastronomia pavese. Storia, notizie, ricettario con le carte degli itinerari gastronomici, del vino, del riso, Pavia, Giardini, 1965.
Prefazione a Patellani. 25 anni di fotografie per giornali, Milano, Martello, 1965.
La busta arancione, Milano, A. Mondadori, 1966.
Chi siamo. Album di famiglia degli italiani, a cura di e con Guido Piovene, 6 voll., Milano, A. Mondadori, 1966-1968.
I racconti del maresciallo, Milano, A. Mondadori, 1967.
Presentazione di Tino Richelmy, Proverbi piemontesi, Milano, Aldo Martello, 1967.
Fuori, Milano, A. Mondadori, 1968.
Vino al vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini, Milano, A. Mondadori, 1969.
Presentazione di Gino Patroni, Un giorno da beone, Milano, De Carlo, 1969.
I disperati del benessere. Viaggio in Svezia, Milano, A. Mondadori, 1970.
Introduzione a Henry Furst, Il meglio di Henry Furst, a cura di Orsola Nemi, Milano, Longanesi, 1970.
L'attore, Milano, A. Mondadori 1970.
Genova a memoria, con Remo Abelardo Borzini, Savona, Sabatelli, 1970.
55 novelle per l'inverno, Milano, A. Mondadori, 1971.
Vino al vino. Seconda serie, Milano, A. Mondadori, 1971.
Viaggio nella terra dei diamanti, Bergamo, Minerva italica, 1971.
Presentazione di 365 dove. [Per mangiare tutto l'anno a Milano e dintorni], a cura di Leonardo Confalonieri, Milano, Editoriale milanese, 1971.
Prefazione a Cesare Cremoni e Anna Maria Mojetta, 201 panini d'autore, Milano, Mazzotta, 1972.
Da spettatore, Milano, A. Mondadori, 1973.
Un prato di papaveri. Diario 1947-1964, Milano, A. Mondadori, 1973.
Prefazione a Michele Papa, I poeti arabo-siciliani, IX-XI sec., Catania, Giannotta, 1973.
Lo smeraldo, Milano, A. Mondadori, 1974.
Il polipo e i pirati, Milano, Emme, 1974. (fiaba illustrata)
Lo specchio inclinato. Diario 1965-1971, Milano, A. Mondadori, 1975.
Vino al vino. Terzo viaggio, Milano, A. Mondadori, 1976.
Prefazione a Alberta Lantermo, Piemonte in bocca, Brugherio, SAGDOS, 1976.
La sposa americana, Milano, A. Mondadori, 1977.
Presentazione di Giannetto Beniscelli, Un lavoro sulla porta di casa : artigiani di Calabria e di Basilicata, Genova, SIAG, 1977.
Vino al vino. Alla ricerca dei vini genuini. I tre viaggi in edizione integrale, Milano, A. Mondadori, 1977.
Piemonte e Valle d'Aosta, con Folco Quilici, Roma, Esso italiana, 1978.
Lettere di Mario Soldati. Dal 3-11-78 al 12-8-79, Milano, A. Mondadori, 1979.
Addio diletta Amelia, Milano, A. Mondadori, 1979.
44 novelle per l'estate, Milano, A. Mondadori, 1979.
Introduzione a Friuli sempre, immagini di Franco Finardi e Giovanni Tavoschi annotate da Tito Maniacco, Ivrea, Priuli & Verlucca, 1979.
La carta del cielo, a cura di Natalia Ginzburg, Torino, Einaudi 1980. (antologia di racconti per la scuola media)
Presentazione di La cucina della Lunigiana. Ricette, raccolte da Angelo Paracucchi, Milano, Longanesi, 1980.
L'incendio, Milano, A. Mondadori, 1981.
Prefazione a Liana De Luca, Graffiti, Padova, Antoniana, 1981.
La casa del perché, Milano, A. Mondadori, 1982.
Lo scopone, con Maurizio Corgnati, Milano, A. Mondadori, 1982.
Conversazione in una stanza chiusa con Mario Soldati, a cura di Davide Lajolo, Milano, Frassinelli, 1983. ISBN 88-200-0307-4.
Nuovi racconti del maresciallo, Milano, Rizzoli, 1984. ISBN 88-17-66699-8.
Sua maestà il Po, Milano, A. Mondadori, 1984.
L'architetto, Milano, Rizzoli, 1985. ISBN 88-17-66701-3.
L'avventura in Valtellina, Bari, Laterza, 1986. ISBN 88-420-2709-X.
Ah! Il Mundial!. Storia dell'inaspettabile, Milano, Rizzoli, 1986. ISBN 88-17-66702-1.
Prefazione a Giovanni Bonalumi, Coincidenze, Bellinzona, Casagrande, 1986. ISBN 88-7713-070-9.
Presentazione di Fulvio Basteris e Beppe Garnerone, Mac de pan. Di solo pane. L'alimentazione povera nelle valli occitane cuneesi. Ricette, testimonianze, proverbi, Castelmagno, Centro occitano di cultura "Detto Dalmastro", 1986.
El Paseo de Gracia, Milano, Rizzoli, 1987. ISBN 88-17-66703-X.
Regione regina, Roma-Bari, Laterza, 1987. ISBN 88-420-2954-8. (raccolta di scritti già editi dedicati alla Liguria)
Rami secchi, Milano, Rizzoli, 1989. ISBN 88-17-66700-5. (ritratti e ricordi)
Presentazione di Carl Sandburg, Rootabaga, Milano, Piccoli, 1989. ISBN 88-261-5058-3.
La finestra, Milano, Rizzoli, 1991. ISBN 88-17-66702-1.
Opere
I, Racconti autobiografici, a cura di Cesare Garboli, Milano, Rizzoli, 1991. ISBN 88-17-66704-8.
II, Romanzi brevi, a cura di Cesare Garboli, Milano, Rizzoli, 1992. ISBN 88-17-66706-4.
La giacca verde, Milano, Rizzoli, 1993. ISBN 88-17-66707-2.
Ritratti storici, Torino, La Stampa, 1993.
Presentazione di Liguria tra monti e mare. Antologia ligure, a cura di Marco Delpino, S. Margherita ligure, Tigullio-Bacherontius, 1993.
Presentazione di Laura Alessi, Troppo breve il buio, s.l., Biblioteca Cominiana, 1993.
Introduzione a Poeti italiani al telefono, a cura di Renato Minore, Milano, SugarCo, 1993.
Le sere, Milano, Rizzoli, 1994. ISBN 88-17-66708-0.
Modigliani, con Lionello Venturi, Torino, Centro Pannuzio, 1994.
Prefazione a Emiliana Santoli, Pan di cannella, Pescara, Edizioni Tracce, 1994.
Prefazione a Giovanni Bernardo Vigo, I tartufi, Borgosesia, NEXUS, 1994.
Tentazioni, Novara, Interlinea, 1996. ISBN 88-8212-102-X.
Soldati. Un piemontese fuori ordinanza, Torino, Regione Piemonte, Assessorato alla cultura-Centro di studi e ricerche Mario Pannunzio, 1997. (antologia)
Racconto di Natale, Vicenza, La locusta, 1998.
Un viaggio a Lourdes, Novara, Interlinea, 1999. ISBN 88-8212-188-7.
Da leccarsi i baffi. Memorabili viaggi in Italia alla scoperta del cibo e del vino genuino, Roma, DeriveApprodi, 2005. ISBN 88-88738-72-X.
Amori miei, Torino, La Stampa, 2006. (antologia di articoli)
Il padre degli orfani, Palermo, Sellerio, 2006. ISBN 88-389-2095-8.
Cinematografo. Racconti, ritratti, poesie, polemiche, Palermo, Sellerio, 2006. ISBN 88-389-2112-1.
Un sorso di Gattinara e altri racconti, Novara, Interlinea, 2006. ISBN 88-8212-564-5.
Natale e satana e altri racconti, Novara, Interlinea, 2006. ISBN 88-8212-584-X.
Romanzi, Milano, A. Mondadori, 2006. ISBN 88-04-51583-X.
Viaggio in Emilia Romagna, Argelato, Minerva, 2007. ISBN 88-7381-177-9.
Orta mia e altre pagine novaresi e piemontesi disperse, Novara, Interlinea, 2008. ISBN 978-88-8212-635-3.
Romanzi brevi e racconti, Milano, Mondadori, 2009. ISBN 978-88-04-54465-4.
Boccaccino, Milano, Aragno, 2009. ISBN 978-88-8419-411-4.
La madre di Giuda, Pilato, Torino, Aragno, 2010. ISBN 978-88-8419-455-8.
Il profumo del sigaro Toscano, Bologna, Ogni uomo e tutti gli uomini, 2010. ISBN 978-88-96691-17-5.
America e altri amori. Diari e scritti di viaggio, Milano, A. Mondadori, 2011. ISBN 978-88-04-60479-2.
Il berretto di cuoio e altri racconti, Milano, Il Sole 24 Ore, 2012.
La mamma dei gatti, Milano, Beyle, 2013. ISBN 978-88-97608-47-9.

Sceneggiature

Figaro e la sua gran giornata (co-sceneggiatura con Tomaso Smith, regia di Mario Camerini (1931)
La cantante dell'Opera. regia di Nunzio Malasomma (1932)
La tavola dei poveri (co-sceneggiatura con Raffaele Viviani), regia di Alessandro Blasetti (1932)
Gli uomini, che mascalzoni... (co-sceneggiatura con Aldo De Benedetti), regia di Mario Camerini (1932)
Acciaio, regia di Walter Ruttmann, non accreditato (1933)
Cento di questi giorni (co-sceneggiatura con Guglielmo Alberti), regia di Augusto e Mario Camerini (1933)
Giallo , regia di Mario Camerini (1934)
Il cappello a tre punte (co-sceneggiatura con Ercole Patti ed Ivo Perilli), regia di Mario Camerini (1934)
Ma non è una cosa seria (co-sceneggiatura con Ercole Patti), regia di Mario Camerini (1936)
Il grande appello (co-sceneggiatura con Ercole Patti e Piero Solari), regia di Mario Camerini, (1936)
Contessa di Parma (co-sceneggiatura con Gherardo Gherardi, Alessandro Blasetti, Libero Solaroli, Aldo De Benedetti), regia di Alessandro Blasetti (1937) - anche aiuto regista
Il signor Max, regia di Mario Camerini (1937)
Stasera alle undici, regia di Mario Camerini (1937)
Voglio vivere con Letizia, regia di Camillo Mastrocinque (1938)
L'orologio a cucù (co-sceneggiatura con Renato Castellani, regia di Camillo Mastrocinque (1938)
Castelli in aria (co-sceneggiatura con Alessandro De Stefani e Franz Tanzler), regia di Augusto Genina (1939)
Il documento (co-sceneggiatura con Renato Castellani, Mario Pannunzio ed Ivo Perilli), regia di Mario Camerini (1939)
Il peccato di Rogelia Sanchez (co-sceneggiatura con Alberto Moravia, regia di Carlo Borghesio (1940)
Un colpo di pistola (co-sceneggiatura con Mario Bonfantini, Renato Castellani, Corrado Pavolini e Alberto Moravia), regia di Renato Castellani (1942)
Questi fantasmi (co-sceneggiatura con Giuseppe Marotta ed Eduardo De Filippo), regia di Eduardo De Filippo (1954)
Guerra e pace - (co-sceneggiatura con Bridget Boland, Mario Camerini, Ennio De Concini, Ivo Perilli, King Vidor, Robert Westerby e Gian Gaspare Napolitano). regia di King Vidor (1956)
I racconti del maresciallo (sceneggiato televisivo 1968)

Filmografia

May Britt e Renato Salvatori in Jolanda la figlia del Corsaro Nero (1952)
La principessa Tarakanova (1938) - regista della versione italiana
La signora di Montecarlo (1938) - regista della versione italiana
Due milioni per un sorriso (1939)
Tutto per la donna (1939)
Dora Nelson (1939)
Piccolo mondo antico (1941)
Tragica notte (1942)
Malombra (1942)
Chi è Dio (1945)
Quartieri alti (1945)
Le miserie del signor Travet (1946)
Eugenia Grandet (1947)
Daniele Cortis (1947)
Fuga in Francia (1948)
Quel bandito sono io (1950)
Botta e risposta (1950)
Donne e briganti (1950)
È l'amor che mi rovina (1951)
O.K. Nerone (1951)
Il sogno di Zorro (1952)
Le avventure di Mandrin (1952)
I tre corsari (1952)
Jolanda, la figlia del Corsaro Nero (1952)
La provinciale (1953)
Il ventaglino (1954)
La mano dello straniero (1954)
La donna del fiume (1955)
Guerra e pace - regista della 2ª unità
Era di venerdì 17 (1957)
Italia piccola (1957)
Policarpo, ufficiale di scrittura (1959)
Ben Hur - regista della 2ª unità


Note

  1. ^ La casa editrice Aragno pubblica la tesi di laurea di Soldati, a cura di Giacomo Jori
  2. ^ Presentazione del volume "Boccaccino" di Mario Soldati. Bologna 1º ottobre 2009 dal sito della casa editrice Nino Aragno Editore
  3. ^ [1], Sito Esso Italia ora Exxon Mobile.
  4. ^ Il miglior percorso d'avvio alla conoscenza del lavoro letterario di Soldati è quello offerto da: Introduzione e fortuna critica preparate da Cesare Garboli nel 1991 per il primo volume dell'edizione rizzoliane delle opere. Compongono un ritratto critico le pagine a lui dedicate da Giovanni Raboni, Salvatore Silvano Nigro, Bruno Falcetto, Emiliano Morreale, Massimo Onofri, Raffaele Manica
  5. ^ a b Proposta del Centro Pannunzio al Comune di Torino: una targa ai Murazzi per ricordare un episodio giovanile di Soldati da comitatomariosoldati.it
  6. ^ Soldati: eroe lo scrittore torinese. (19/2/2010), da cittAgorà, periodico del consiglio comunale di Torino
  7. ^ Rivista fondata da Soldati, Enrico Emanuelli e Mario Bonfantini nel 1928 e chiusa d'autorità nel 1930.
  8. ^ L'opera fu pubblicata nella collana Il sofà delle Muse, diretta da Leo Longanesi, già direttore di «Omnibus».

Riferimenti e bibliografie:

  • Troilo, «L'Europeo», anno III, n.10, 5 ottobre 1947
  • Giambattista Vicari, «Settimana Incom Illustrata», 3 marzo 1951