Lionello Alberto

(Milano, 12 luglio 1930 – Fregene, 14 luglio 1994) è stato un attore, doppiatore, conduttore televisivo e cantante italiano. Nacque nel centro di Milano, dalle parti dell'attuale piazza San Babila, da genitori veneti, Luigi, sarto, e Giuditta Bruneri. A soli diciotto anni entrò nell'Accademia dei Filodrammatici del capoluogo lombardo, diplomandosi a pieni voti ed esordendo soltanto un anno dopo (1949) con la compagnia di Nino Besozzi, che mesi dopo abbandonò per quella di Antonio Gandusio.

Biografia

A soli diciotto anni entrò nell'Accademia dei Filodrammatici del capoluogo lombardo, diplomandosi a pieni voti ed esordendo soltanto un anno dopo (1949) con la compagnia di Nino Besozzi, che mesi dopo abbandonò per quella di Antonio Gandusio.

Nel 1951 ebbe un notevole successo personale con La pulce nell'orecchio di Georges Feydeau, lavorando poi in successione con Elsa Merlini, Ivo Garrani e Wanda Osiris e, dopo una parentesi nella compagnia Calindri-Volonghi-Corti, nel 1957 ne fondò una sua assieme a Ernesto Calindri e Tino Buazzelli, mentre la stagione successiva lavorò con Andreina Pagnani e Lauretta Masiero.

Prese parte all'edizione del 1960 di Canzonissima, con Lauretta Masiero e Aroldo Tieri e, in seguito alla popolarità derivatagli dal mezzo televisivo, entrò a far parte del Teatro Stabile di Genova diretto da Ivo Chiesa. Tra le maggiori interpretazioni di quegli anni vanno annoverate: Uomo e superuomo di George Bernard Shaw (per la regia di Luigi Squarzina), Il diavolo e il buon Dio di Jean Paul Sartre (per cui vinse il Premio San Genesio come miglior interprete maschile della stagione), I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni (ancora con la regia di Squarzina), La coscienza di Zeno (riduzione teatrale di Tullio Kezich dell'omonimo romanzo di Italo Svevo).

Oltre al teatro lavorò anche per la televisione (Puccini, La coscienza di Zeno) e il cinema (Signore & signori, Sessomatto).

A capo di una propria compagnia dal 1973, alternò testi di impegno (Il piacere dell'onestà, di Pirandello, Tramonto, di Simoni, Il mercante di Venezia, di Shakespeare), ad altri del repertorio “leggero” (L'anatra all'arancia, di Sauvajon, Il nuovo testamento, di Guitry, Divorçons, di Sardou, ecc.).

Morì a 64 anni per un cancro, nella sua casa di Fregene, frazione di Fiumicino. Al suo fianco la compagna Erika Blanc e i figli Gea e Luca. Dopo l'esposizione al Teatro Eliseo di Roma, i funerali si svolsero nella Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo.[2][3]


Galleria fotografica e rassegna stampa

1963 12 05 La Gazzetta di Mantova Alberto Lionello intro

«Gazzetta di Mantova», 5 dicembre 1963 - Alberto Lionello


1962 03 10 Tempo Alberto Lionello intro

Il pubblico che ogni sera applaudiva Alberto Lionello ignorava che l’attore recitava la sua parte comica sapendo che la giovane moglie, degente in una cllnica milanese, era In pericolo di vita

"Ridi pagliaccio”. Ancora una volta la vita si è incaricata di tradurre nella realtà la figura del commediante che scherza e motteggia sul palco-scenico davanti a un pubblico che paga per vederlo, mentre il suo cuore è spezzato dall’angoscia e dalla disperazione. E’ accaduto a tanti attori. Questa volta accade ad Alberto Lionello, ’l'uomo della paglietta” noto ai telespettatori, l’attore che in questi giorni recita con grande successo al teatro Manzoni di Milano ”La folle giornata” di Pierre De Beaumarchais. Una commedia il cui titolo originale è ”Il matrimonio di Figaro”. E nella quale Lionello ha ottenuto consensi da tutta la critica.

Sua moglie è morta. Si chiamava Margaret Axon, e aveva solo trent’anni. Si erano sposati il 30 ottobre 1959. Margaret era una bella donna. Era nata in Inghilterra, aveva fatto parte del corpo di ballo delle notissime ”Blue-bell”, ed era venuta in Italia nel 1956, scritturata da Macario. Nella stessa compagnia lavorava Alberto Lionello. S’erano conosciuti così. A poco a poco un sentimento sincero li aveva uniti. Lionello comprese che quella straniera alta e statuaria aveva un cuore gentile e dolce, pronto a dargli l’amore che lui aveva sempre desiderato. Lei non aveva ambizioni di successo. Le sue idee e i suoi gusti erano tranquilli, una casa e una famiglia, avrebbe abbandonato senza alcun rimpianto i lustrini e le luci del teatro per essere soltanto la buona compagna di un uomo. Per lui avrebbe rinunciato alla sua carriera. Quando Lionello fu convinto di questo, quando comprese che non avrebbe dovuto temere mutamenti di programma da parte di Margaret, una volta divenuta sua moglie, fu ben felice di sposarla. Anche lui, in fondo, desiderava ardentemente una casa e una famiglia. E la casa la ebbero in Milano, in una mansarda di corso Ticinese 53. Lui e Margaret l’avevano arredata pazientemente, era il loro rifugio, egli era sempre impaziente di tornarvi quando gli impegni di lavoro lo portavano in altre città. Margaret, ormai, faceva la donna di casa. Il palcoscenico non la interessava più, se non per ciò che riguardava l’attività del marito. Si volevano un bene profondo, e tra loro raccordo era sempre perfetto. Speravano di avere un bambino.

1962 03 10 Tempo Alberto Lionello f1UNA TOCCANTE IMMAGINE di Alberto Lionello con la moglie Margaret Axon e il piccolo Luca nato il 2 febbraio. L’attore conobbe la moglie, stroncata da una trombosi splenica neppure un mese dopo il parto, nel 1956 quando Margaret Axon arrivò in Italia dall’Inghilterra - dove nacque trent’anni fa - per esibirsi come ballerina in una rivista di Macario. Lionello sta attualmente interpretando al Teatro Manzoni di Milano, ”La folle giornata” di Pierre De Beaumarchais.

E quando Margaret, nella primavera dell'anno scorso, ebbe i primi segni della maternità, la loro gioia fu perfetta. Ma presto arrivò una delusione crudele. Il bambino non nacque. Ma erano giovani, avevano tanto tempo ancora per sperare. Lionello continuava a fare l’attore, il pubblico lo apprezzava sempre di più, gli impegni si infittivano, i guadagni diventavano più consistenti. Mancava solo un bambino... e il bambino, questa volta, arrivò. Nacque in una clinica di Milano, il 2 febbraio scorso. Era un bel maschietto robusto, e il padre, che recitava a Genova, si fece di volo tutta la autostrada per correre a vederlo. Lo chiamarono Luca Timothy. Finalmente felici — perfettamente felici — la famigliola tornò nella casa di corso Ticinese. Ma purtroppo la tragedia stava per raggiungerli.

Margaret cominciò a non stare bene. Aveva strani dolori viscerali, e un malessere continuo da cui non riusciva a liberarsi. Il 17 febbraio fu colta da fortissime sofferenze, e venne portata d’urgenza nella stessa clinica ove le era nato il figlio. La diagnosi dei medici fu terribile: tromboflebite alla splenica, e cioè all’arteria che irrora la milza. Un male tremendo. Lionello seppe immediatamente che sua moglie stava combattendo con la morte. E tuttavia rispettò la legge del palcoscenico, tutte le sere fece ridere il pubblico, ripetè le sue buffonerie e i suoi lazzi. Il direttore del teatro gli disse che avrebbe anche potuto sospendere le recite, tutti avrebbero capito, lui non volle. Ma ogni volta che si trovava solo in camerino scoppiava in singhiozzi. La sua Margaret... la mamma del suo piccolissimo bambino... Poi si asciugava gli occhi, si rifaceva il cerone, ricomponeva il viso sull’espressione del personaggio che interpretava, e usciva davanti al pubblico, il quale, ignaro, rideva e rideva.

I medici tentarono su Margaret un’operazione chirurgica in extremis, per quanto le speranze di salvezza fossero ormai nulle. Sembrò dopo l’intervento che le condizioni della signora migliorassero. Ma la mattina del 26 febbraio la povera donna entrò in coma. Lionello era accanto al suo letto, disperato, stravolto. Le prendeva la mano, gliela baciava, le accarezzava il viso ormai cereo, i capelli biondi e leggeri. Le parlava appassionatamente, gli pareva che lei lo ascoltasse, e allora le fece una promessa che gli salì dal cuore alle labbra tremanti: «Non mi sposerò mai, Margaret, te lo giuro... non mi sposerò mai più, vivrò soltanto per il nostro bambino, avrò solo lui, gli dedicherò tutta la mia vita».

Sembrava che lei sorridesse. E continuava a sorridere, e lui non s’accorse che era già morta.

Talune tragedie sono davvero troppo amare. La morte ha stroncato la semplice, quieta felicità di una piccola famiglia. Ha portato via una bella donna di trent’anni che non ha nemmeno fatto in tempo a stringersi fra le braccia il suo bambina. Ha lasciato un uomo annichilito, disfatto da una angoscia di cui porterà il ricordo doloroso per tutta la vita. Ma soprattutto ha lasciato un neonato senza mamma. La vera tragedia, la più straziante, è questa. Quel bambino, che ha pochi giorni di vita, è stato derubato del più puro degli affetti, per sempre. Nessuna nonna, o zia, o governante, potrà sostituire la mamma, il cuore della mamma, il mirabile, unico amore della mamma che lo ha generato dal suo grembo. Non la conoscerà mai, non la vedrà neppure una volta. E fin da ora, sopra la sua culla, come un’ombra che lo accompagnerà per sempre, si è posato questo sottile, indicibile rimpianto.

Ed ora il povero Lionello, l’ "uomo della paglietta” di ”Canzonissima”, conosciuto dai telespettatori di tutta Italia, amato soprattutto dai bambini, è tornato di nuovo a recitare. Ogni sera rientra nei panni di ”Figaro” e ripete tutta una serie di lazzi che gli devono gelare il cuore. Sta anche in questo la grandezza e la dignità di un attore.

Fernanda Bianco, «Tempo», anno XXIV, n.10, 10 marzo 1962


1968 11 09 Noi Donne Alberto Lionello intro

Abbiamo intervistato Alberto Lionello durante il doppiaggio del «Killer», un tele-giallo brillante, che andrà in onda tra qualche settimana.

ROMA, novembre

«I Barelli noooo!»: l'urlo è lunghissimo, singhiozzante, a saliscendi, strappalacrime, quasi lacera il cuore. E a ripeterlo, al ritmo di uno ogni venti, trenta secondi, con pazienza e tenacia è Alberto Lionello, che sta doppiando in moviola le ultime scene dell'originale televisivo «Il killer», di cui è protagonista accanto a Valentina Cortese.

Ma chi è questo Barelli? Che cosa ha fatto al povero Lionello? Gli ha rubato l'impiego, gli ha sedotto la moglie? O, peggio ancora, la sorella? Gli ha soffiato un'invenzione? Gli ha portato via la macchina? Peggio, peggio, ancora peggio! Barelli è un industriale di gelati, che sta spingendo al fallimento Ugo Vizzini (è il nome di Lionello), anche lui gelataio, vendendo la sua merce sottocosto, per soddisfare le voglie della sua bella amichetta. Ed ecco che il Vizzini. stufo di perdere clienti, pensa di eliminare il suo concorrente con l'aiuto di un sicario: e di qui la partenza del «Killer».

L'intento sarebbe una garbata presa in giro della concorrenza industriale e della corsa al denaro e al successo: di fronte all'allegra incoscienza del Barelli, che vende sottocosto anche se sa che alla fine andrà anche lui a gambe 48. c'è la acutezza di Vizzini, che ha messo in salotto una bella calcolatrice come fosse un feticcio e che ai suoi operai. intenti a confezionare gelati, dice con grande cinismo: «Lavorare, produrre, che ieri in Francia ci sono stati ben cinque casi di insolazione!».

1968 11 09 Noi Donne Alberto Lionello f1CON LA SUA BELLA FAMIGLIA - Alberto Lionello con accanto la moglie GabrieLLa e i suoi due bambini: Luca (nato dal suo matrimonio con Margaret Axton) di sei anni e Gea, di due. L'attore ha trentotto anni e recita da quasi venti. Lionello ha interpretato una delle edizioni migliori di Canzonissima.

Passando con disinvoltura da Shakespeare a Marcello Marchesi, da Cecov a Vittorio Metz, da Sartre a Feydeau, da Goldoni a Canzonissima. questa volta Alberto Lionello è diventato un industriale di gelati.

Qualche mese fa era stato, sempre per la Televisione, un impiegato in una compagnia di viaggi, a cui ne succedevano di cotte e di crude in una serie di sceneggiati che si intitolavano «Se te lo raccontassi». La serie era risultata piuttosto scadente, non per Lionello, che era veramente in gamba, ma per il testo e la regia piuttosto debolucci: ora comunque sarà un «industriale», poi ci saranno il teatro, il cinema...

«Il cinema!, il mio grande. impossibile, amore. M'è andata sempre a buca, con il cinema. Anche adesso, dovevo fare un film con la Ewa Aulin, era fissato tutto, anche il titolo, "Letto facile", poi alla Aulin è venuto un esaurimento nervoso, non mi hanno spiegato molto, e il film è saltato».

» Ma perché le piace il cinema? Lei è un attore apprezzato: in teatro e anche in TV. ha dato delle ottime prove di sé. Cosa vuole dal cinema? Più successo? Più soldi? Una popolarità più a buon mercato?».

«No, questo no. Non corro dietro al nome In cartellone. per principio. E' che de! buon cinema non ne ho mai fatto. E' una esperienza che mi manca, che vorrei taire, che credo mi servirebbe Insomma mi attira».

«Ma che personaggio vorrebbe fare? Comico? Tragico?»

«Né comico né tragico. Una persona normale, vorrei essere. In un film serio, con degli agganci alla realtà, ai problemi di oggi, in cui la gente abbia modo di riconoscersi, lo trovo che il cinema, la televisione e anche il teatro non devono essere avulsi dalla realtà, ma riportare e riflettere i problemi che si dibattono oggi. E' stato anche questo criterio di giudizio che mi ha convinto nella scelta del mio prossimo lavoro teatrale, che manderò in scena a gennaio, a Milano».

«E che cosa ha di particolare questo lavoro?».

» E’ un testo americano, che a Londra e a New York ha già avuto molto successo. Si intitola "Il giorno della morte di Joe Haeg", di Nichols. E' un'opera che ricorda molto "Chi ha paura di Virginia Woolf?», ma nel gioco è inserito il problema del rapporto di due genitori con la loro figlia e le loro difficoltà in questo senso. Ma quello che più mi ha convinto è il modo in cuil sarà realizzato: ci sarà l'intervento del pubblico, sera per sera, che prenderà la parola, salirà sul palco. Ci sarà un'orchestra, degli schermi cinematografici. Sarà una cosa dinamica, anche se impegnativa e difficile. Specialmente oggi, è una impresa azzardata»

«E perché, scusi, "specialmente oggi"?».

» Perché il teatro in Italia è in crisi, e per risolvere il rapporto tra teatro e pubblico spesso si sceglie la via più deleteria, e cioè quella del teatro facile, economico, ridanciano. Ecco perché fioriscono le commedie con due soli personaggi in scena. perché si rispolverano le pochades che non hanno niente da dire. Sarà anche una strada comoda che qualche volta mi ha anche tentato, pigro come sono. Ma credo che il pubblico da me si aspetti qualche cosa di diverso, lo in teatro non ho mal fatto cose comode».

«Ma se allora le proponessero di fare una commedia a due rifiuterebbe?».

«Non ho detto questo. Tanto è vero che ho già un progetto. Vorrei portare sulle scene una commedia scritta da una donna: René Reggiani. Si intitola "Paradosso all'italiana". E ha proprio due soli personaggi: forse la mia partner sarà Monica Vitti. In ogni caso è un ruolo che richiede un'attrice preparata, con una grande scuola. Ma a voler essere sincero, la commedia per me se ha un difetto è proprio quella di avere due soli personaggi. E poi... poi se ci fosse una offerta di cinema convincente, senza che mi chiedano di fare il buffone...».

1968 11 09 Noi Donne Alberto Lionello f2UN ATTORE COMPLETO. Qualche anno fa Alberto Lionello è stato a Filadelfia e a Broadway con la commedia di Goldoni «I due gemelli veneziani» che ha vuto un grandissimo successo. Ma lo ricordiamo, efficacissimo, anche in televisione ne «La coscienza di Zeno» di Italo Svevo, nella riduzione di Tullio Kesich.

«Ma a lei non piace fare l'attore comico?».

« Non è questo il punto, io vorrei riuscire a far ridere la gente non in un modo meccanico. Anche Vizzini. per esempio, il mìo personaggio nel "Killer", e in fondo una macchietta, ma attraverso le sue gags si cerca di mettere alla berlina certi miti della vita di oggi. Vizzini. quando decide di far fuori il Barelli, il concorrente, è un vero amorale. Perché le sue perplessità non riguardano se ucciderlo o meno, ma come riuscire a farlo nel modo più pulito ed economico possibile».

«Ma alla fine, questo Barelli muore?».

«Scusi, ma se glielo dico, lei poi sta a casa a vederlo "Il killer”? «

«No».

« E allora si tenga la curiosità».

Partizia Carrano, «Noi donne», anno XXIII, 9 novembre 1968


1994 07 14 La Stampa Alberto Lionello malattia intro

FREGENE. Si sono improvvisamente aggravate le condizioni di saluto di Alberto Lionello. L'attore, che da tempo è malato di cancro, si trova nella sua villa di Fregene, assistito dalla moglie Erika Blanc. Sembra che, nelle ultime ore, l'attore abbia perso conoscenza. E' dal 1990 che Lionello affronta gravissimi problemi di salute.

Un'insufficienza renale cronica lo ha costretto prima a costanti sedute di dialisi, quindi ad un trapianto. Quando sembrava che le sue condizioni fossero migliorate sensibilmente, tanto da consentirgli la ripresa del lavoro, sopraggiunse il secondo e più terribile male, contro il quale l'attore combatte la sua battaglia più difficile. La consapevolezza della gravità del male, non gli ha impedito di dedicarsi periodicamente alla scena (anche come regista) e di progettare un'intensa attività.

«La Stampa», 14 luglio 1994


1994 07 15 La Stampa Alberto Lionello morte intro1

Nessuno come lui comunicava in scena la felicità. Sapeva come arrivare agli spettatori, era contento di piacere

ROMA. E' morto ieri sera a Fregene l'attore Alberto Lionello (nella foto). Scompare un grande mattatore del teatro italiano.

1994 07 14 La Stampa Alberto Lionello malattia intro1E' morto ieri alle 12,15 nella sua casa di Fregene l'attore Alberto Lionello. Dall'inizio dell'anno era malato di cancro. Tre giorni fa aveva compiuto 64 anni, essendo nato a Milano il 12 luglio 1930. Accanto a lui si trovavano la sua compagna di sempre, Erika Blanc, e i figli Gea (anche lei attrice) e Luca. Da questo pomeriggio la salma di Lionello sarà esposta al Teatro Eliseo di Roma. I funerali si svolgeranno domani alle 11 nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo. Il 1990 fu un anno fondamentale nella vita e nella carriera di Alberto Lionello.

Un anno-cerniera. Prima di allora, c'era l'attore brillantissimo, il beniamino del pubblico e delle donne, il campione d'incassi che poteva alternare Sardou a Sartre a Svevo con inarrivabile naturalezza, con quel tono leggero che sapeva venare di malinconia o di sarcasmo canagliesco. Dopo di allora, ci fu l'uomo provato dalla malattia, così condizionato dalla dialisi renale da modificare perfino il carattere, che infatti era divenuto ispido e quasi rancoroso. Lo ammise lui stesso: «Il dializzato è sempre un uomo vagamente isterico, le persone sane, in genere, gli danno un po' fastidio». Poi, quando sembrava che il trapianto potesse restituirlo a una vita normale e all'attività piena, ecco l'altro male, il più crudele e purtroppo definitivo. Sono stati pochi gli attori che, come Lionello, hanno saputo comunicare dalla scena un senso di felicità. Merito degli esordi accanto ad Antonio Gandusio? Chissà.

Di sicuro, recitando con quell'acclamato signore della commedia grottesca e leggera, apprese l'arte di arrivare al pubblico e il principio che il teatro si fa con gli incassi. Diceva: «Si potrebbe pensare che gli incassi sono un po' una mia idea fissa. E' vero... Mi pare sacrosanto preoccuparmi di far rientrare i denari investiti». Era un punto d'onore, un segno inoppugnabile di successo. Se non avesse fatto l'attore, forse avrebbe obbedito al padre sarto, che lo avrebbe voluto laureato. Confessò una volta: «Se avessi dovuto occuparmi di tessuti, sarei diventato un altro Ermenegildo Zegna». Come dire: o Cesare o nessuno. Era un milanese di origini venete. Aveva diciannove anni quando uscì dall'Accademia dei Filodrammatici e arrivò al palcoscenico. Dopo l'apprendistato con Gandusio, fu in compagnia con Buazzelli e la Volonghi, con la Pagnani e la Masiero. Nel '60, al Teatro di Genova, affrontò l'esperienza forse più importante della sua carriera, siglando con Luigi Squarzina interpretazioni memorabili ne «Il diavolo e il buon Dio» di Sartre, «La coscienza di Zeno» di Kezich (portato poi in tv), «I due gemelli veneziani» di Goldoni (una prova a tutt'oggi insuperata, molto lodata perfino da Laurence Olivier). Chiusa dopo sette anni l'esperienza di Genova, Lionello tornò a dedicarsi al repertorio che considerava più congeniale alla sua natura d'attore, cioè alla commedia di boulevard, con quelle deviazioni verso il repertorio ottocentesco che, per lui, era alla base del lavoro d'attore. Diceva: «Sono un cultore del vaudeville, di quel delizioso teatro brillante francese, considerato a torto, da certi parrucconi nostrani, di serie B e che, in realtà, è il teatro più sofisticato e difficile da interpretare». E ricordava che, per trovare i due camerieri di «Divorziamo!» di Sardou, fece più di trenta provini.

Spiegò: «Anche le particine, quelle su cui di solito si tira via, qui sono importanti, richiedono mestiere», quel mestiere che gli sembrava sempre più raro. Per questa ragione avrebbe voluto fondare una scuola di recitazione specializzata nella commedia, aperta anche ai professionisti. Voleva che non scomparisse la tecnica ottocentesca, la perfezione del «prodotto fatto a mano». «Amo l'Ottocento per quanto di ottocentesco ha saputo trasmettermi ad esempio Vittorio De Sica, che aveva una strana rassomiglianza fisica con mio padre». La scuola non era l'unico sogno di Lionello. Fra le cose non realizzate c'erano un progetto su «La cognizione del dolore» di Gadda, lo scrittore che amava profondissimamente, e la voglia di rappresentare «Il male oscuro» di Berto che, secondo lui, aveva molte affinità con «La coscienza di Zeno». L'attore leggero di boulevard, quello che non esitava a cantare agitando la paglietta in una lontana «Canzonissima», il seduttore di «Ciao Rudy», era molto attratto dalle possibilità teatrali della letteratura: una sintesi resa possibile soltanto dal lavoro in tv, di cui Lionello fu un pioniere, con sceneggiati famosi quali «Sulla via maestra» di Cecov, «Oblomov» di Gonciarov e, soprattutto, il «Puccini» di Bolchi-Guardamagna, tutti realizzati tra gli Anni 60 e 70. La biografia di Lionello è quasi sempre coincisa con l'attività d'attore. Un fatto fondamentale fu l'unione con Erika Blanc, a cui riconosceva «talento, bellezza, ferma docilità, disciplina, lungimiranza». Erika Blanc è stata la persona che più di ogni altra ha sostenuto Lionello durante la lunga malattia, ò stata lei a infondergli coraggio, a dargli il gusto per la lotta. E Lionello ha lottato con rabbia, fin quasi all'ultimo minuto. Alberto Lionello. A destra la moglie dell'attore, Erica Blanc. Nella foto piccola sotto, Gea Lionello, che ha seguito anche lei la carriera teatrale di famiglia

Osvaldo Guerrieri, 15 luglio 1994


1994 07 15 La Stampa Alberto Lionello morte intro2

ROMA. Il regista Luigi Squarzina ricorda Lionello come l'attore dei grandi successi allo Stabile di Genova nei primi Anni Sessanta, subito dopo la celebrità di «Canzonissima». «Senza esitare mise questa sua enorme capacità comunicativa al seivizio di un teatro d'arte. Era la riprova di un'antica legge del palcoscenico: che un grande attore comico può essere anche un grande attore tragico; mentre il contrario è assai più raro. Era anche il più veneziano degli attori non veneziani: recitava benissimo la lingua settecentesca di Goldoni e quella novecentesca del veronese Renato Simoni». Sandro Bolchi aveva diretto Lionello in una commedia tratta da Feydeau con la Volonghi e Buazzelli, ma soprattutto avevano lavorato insieme nel 1973 nello sceneggiato «Puccini». Bolchi ricorda la grande passione con cui Lionello preparò il suo personaggio.

«La Stampa», 15 luglio 1994


1994 07 15 La Stampa Alberto Lionello morte intro3

Personaggi pubblici, gli attori dividono con noi che li guardiamo i loro trionfi, ma anche le loro amarezze; e ad Alberto Lionello, il più brillante, il più leggero dei nostri grandi interpreti di prosa, un destino beffardo ha assegnato nella vita il più tragico dei copioni, quello di una malattia lunga e spossante, consumata per di più sotto le luci della ribalta. Lionello lo ha recitato con grande classe, portando in giro personaggi di pochade e rallegrando spettatori ignari di come la tournée fosse organizzata in funzione dei centri di dialisi disponibili. Alla lunga fu costretto ad arrendersi a una routine troppo spossante, ma poi un'operazione gli concesse una proroga, e la parte che scelse per il suo rientro, quella di Shylock, non avrebbe potuto essere più congeniale alla circostanza, consentendogli di ritrarre un uomo intimamente irriducibile anche se una forza superiore lo costringe, ingiustamente, a piegare il capo.

Il manifestarsi di un nuovo male ancora più terribile di quello che aveva sconfitto lo ha trovato dunque in piena attività, com'è giusto che sia per un attore, in un testo di Sacha Guitry forse invecchiato, ma dove l'antico brio si arricchiva di una punta di amarezza. Lionello aveva un ampio tirocinio dietro di sé quando diventò celebre quasi da un giorno all'altro in seguito a una Canzonissima televisiva (1960) dove faceva lo scanzonato «chansonnier parigino: il successo gli valse la scrittura allo Stabile di Genova, e una serie di memorabili spettacoli diretti da Luigi Squarzina, fra cui «Il diavolo e il buon Dio» di Sartre e «I due gemelli veneziani» di Goldoni, portato quest'ultimo in tutto il mondo durante anni di fortunatissime tournées. Agli esordi aveva fatto farse francesi come «La pulce nell'orecchio» di Feydeau, ed era stato anche in rivista con Wanda Osiris, aveva avuto insomma le esperienze ideali dell'attore postromantico, che i Beckett, i Pinter, i Brecht vogliono ironico e distaccato come un comico da music-hall; e infatti il particolare dono di Lionello, una verve piena di umorismo ma anche di energia, lo rese ideale porgitore anche di ruoli drammatici; accanto alla valorizzazione della lucidità dialettica degli Shaw e degli Anouilh, proprio questa sua gradevolezza rese possibili operazioni meno prevedibili, come il recupero di polverosi testi borghesi (Bertolazzi, Renato Simoni) che in bocca sua miracolosamente si decantavano, e riprendevano vita.

Approfittando di tempi oggi tramontati in cui la tv sembrava amica del teatro, Lionello alternò sul piccolo schermo agli sceneggiati («Oblomov», «Puccini») accettabilissimi adattamenti di lavori popolari nati per il palcoscenico («La coscienza di Zeno» nella riduzione di Kezich, «La presidentessa», «Knock ovvero il trionfo della medicina»): prestò anche la sua maschera intelligente al cinema, dove fu efficace senza mai veramente sfondare («Signori e signore» di Germi, «Mio Dio come sono caduta in basso» di Comencini). Ma naturalmente era un attore di teatro se mai ve ne furono, uno degli ultimi ad aver fatto in tempo a imparare qualcosa dai monumenti del passato (non per nulla aveva debuttato con Gandusio), e al tempo stesso estremamente moderno per il suo distacco dal personaggio, del quale dava una lettura critica, di solito scintillante e irresistibile. A 64 anni si è ancora giovani come uomini, ma Lionello era ancora più giovane come attore; e malgrado il ricordo di una carriera fitta come poche altre, l'elenco delle parti che ancora lo aspettavano è doloroso.

Masolino d'Amico, 15 luglio 1994


Foto: Getty Images


Teatro

Tre topi grigi (1953), di Agatha Christie, diretto da C. Fino con Fanny Marchiò
Made in Italy (1953), rivista di Garinei e Giovannini, con Wanda Osiris, Erminio Macario, Dorian Gray
La sensale di matrimoni (1956), di Thornton Wilder, con Laura Adani, Luigi Cimara e Lina Volonghi
Come si dovrebbero amare le donne (1956), di Cesare Giulio Viola, con Laura Adani, Luigi Cimara e Lina Volonghi
Il lieto fine - 31-12-1959 - di Luciano Salce - con la Compagnia Masiero-Volonghi-Lionello - musica di Ennio Morricone
Ciascuno a suo modo (1961), di Luigi Pirandello, diretto da Luigi Squarzina
Don Giovanni involontario (1962), di Vitaliano Brancati, diretto da Luigi Squarzina
Il diavolo e il buon Dio (1962), di Jean Paul Sartre, diretto da Luigi Squarzina, con Lucilla Morlacchi, Olga Villi e Camillo Milli
I due gemelli veneziani (1963), di Carlo Goldoni, diretto da Luigi Squarzina
La coscienza di Zeno (1964), di Italo Svevo, con Lucilla Morlacchi, Olga Villi e Camillo Milli, nel ruolo di Zeno Cosini
Joe Egg (1969-70), di Peter Nichols, diretto da Mario Missiroli, con Carla Gravina
Ciao Rudy (1972), commedia musicale di Garinei e Giovannini, con Mita Medici, nel ruolo di Rodolfo Valentino
L'anitra all'arancia (1973), di Marc Gilbert Sauvajon, con Valeria Valeri (poi Fioretta Mari)
Gran Bollito (1977), di Mauro Bolognini
Il piacere dell'onestà (1978), di Luigi Pirandello, con Erika Blanc
Divorçons (1984-85), di Victorien Sardou, regia di Mario Ferrero, con Erika Blanc, Rossella Monaco
Il giuoco delle parti (1986), di Luigi Pirandello, regia di Egisto Marcucci, con Erika Blanc
Il mercante di Venezia (1990), di William Shakespeare, diretto da Luigi Squarzina, con Erika Blanc e Giuseppe Antignati.
Mogli, mariti, amanti (1992-93), di Sacha Guitry, diretto da Alberto Lionello, con Erika Blanc

Filmografia

Attore

Cinema

Questa è la vita (1954), episodio "Il ventaglino", regia di Mario Soldati
Ricordati di Napoli (1958), regia di Pino Mercanti
Mia nonna poliziotto (1958), regia di Steno
Chi si ferma è perduto (1960), regia di Sergio Corbucci
Mariti a congresso, regia di Luigi Filippo D'Amico (1961)
Cacciatori di dote (1961), regia di Mario Amendola
Operazione Gold Ingot (1962), regia di Georges Lautner
Amore in quattro dimensioni (1964), episodio "Amore e morte", regia di Mino Guerrini
I soldi (1965), regia di Gianni Puccini e Giorgio Cavedon
Signore & signori (1965), regia di Pietro Germi
Una voglia da morire (1965), regia di Duccio Tessari
Che notte ragazzi! (1966), regia di Giorgio Capitani
Colpo di sole (1968), regia di Mino Guerrini
Togli le gambe dal parabrezza (1969), regia di Massimo Franciosa
Porcile (1969), regia di Pier Paolo Pasolini
Certo, certissimo, anzi... probabile (1969), regia di Marcello Fondato
Sessomatto (1973), regia di Dino Risi
La poliziotta (1974), regia di Steno
Mio Dio, come sono caduta in basso! (1974), regia di Luigi Comencini
L'età della pace (1974), regia di Fabio Carpi
Spogliamoci così, senza pudor (1976), regia di Sergio Martino
L'Italia s'è rotta (1976), regia di Steno
Bruciati da cocente passione (1976), regia di Giorgio Capitani, (voce narrante, non accreditato)
Al piacere di rivederla (1976), regia di Marco Leto
40 gradi all'ombra del lenzuolo (1976), regia di Sergio Martino
La vergine, il toro e il capricorno (1977), regia di Luciano Martino
Gran bollito (1977), regia di Mauro Bolognini
Riavanti... Marsch! (1979), regia di Luciano Salce
Sogno di una notte d'estate (1983), regia di Gabriele Salvatores

Televisione

Mi sono sposato, di Guglielmo Zorzi, regia di Silverio Blasi, venerdì 21 giugno 1954
Valentina, regia di Vito Molinari, sceneggiato in 4 puntate dal 7 settembre al 28 settembre 1958, programma nazionale
Canzonissima, varietà, RAI, (1960-61), regia di Mario Landi
Sulla strada maestra, sceneggiato, RAI, (1964)
Oblomov, sceneggiato, RAI (1966), dal romanzo di Goncarov, regia di Claudio Fino
Knock ovvero Il trionfo della medicina (1966), regia di Vittorio Cottafavi
La coscienza di Zeno, sceneggiato televisivo, RAI, (1966)
Racconti italiani, serie, RAI, (1969), regia di Dino Buzzati, episodio "La giacca stregata"
Orfeo in Paradiso, sceneggiato, RAI, (1971), regia di Leandro Castellani
Puccini, sceneggiato, RAI, (1973), regia di Sandro Bolchi
Castigo, sceneggiato, Rete 1, (1977), regia di Anton Giulio Majano
Sarto per signora, film per la TV, RAIUNO, (1980), regia di Paolo Cavara
George Sand, sceneggiato, RAIUNO, (1981), regia di Giorgio Albertazzi
Il piacere dell'onestà, sceneggiato, RAIUNO, (1982), regia di Lamberto Puggelli

Doppiatore

Peter Finch in Quinto potere
Alec Guinness in Invito a cena con delitto
Henry Fonda in La battaglia di Midway, La famiglia Smith
Patrick Magee in Barry Lyndon
Claude Rich in A cena col diavolo
Maurice Chevalier in Amami stanotte (ridoppiaggio)
Franco Fabrizi in Ginger e Fred
Riccardo Salvino in Forza "G"
Max von Sydow in Cristoforo Colombo
Laurence Olivier in Amore tra le rovine
David Hemmings in Tenente Colombo
Oskar Werner in Tenente Colombo
Presidente SIS in Le avventure di Bianca e Bernie
Fernando Rey in Il deserto dei Tartari

Discografia parziale

Singoli

1960 - È vero/La donna che vale (RCA Camden, CP 68, 7")
1960 - La la la la/Se ritornerai (RCA Camden, CP 117, 7")

Note

^ Alberto Lionello - Treccani.
^ È morto Lionello, antidivo con humor La Repubblica, 15/07/1994.
^ [1] La Stampa, 15/07/1994.