Marziano II di Bisanzio denunciato all'A.G. dall'araldista di Totò, conte Luciano Pelliccioni di Poli

Nobilta

Rassegna stampa da varie testate - Periodo ottobre 1952


1952 10 14 Il Giornale dellEmilia Nobilta L

Roma, 13 ottobre.

L’araldista Conte Luciano Pelliccioni Di Poli ha presentato alla Procura della Repubblica una denuncia a carico di Marziano Lavarello, più noto come «Marziano II di Bisanzio». Secondo l'accusa il Lavarello avrebbe falsificato il proprio atto di battesimo. In un certificato, da lui presentato durante una polemica sui titoli nobiliari spettantigli, risultava che Marziano era figlio di Gottardo «despota di Nizza, granduca di Bisanzio, principe Lascaris, Marchese di Lavarello, nobile signore di Turgoville, altezza Serenissima». Il conte Pelliccioni Di Poli avrebbe viceversa accertato che alla parrocchia di San Camillo, in via Piemonte, dove il Lavarello fu battezzato, l'atto relativo sarebbe stato successivamente alterato con grafia diversa dall'originale e con l'aggiunta dei titoli sopraelencati.

«Il Giornale dell'Emilia», 14 ottobre 1952


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«Il Giornale dell'Emilia», 14 ottobre 1952

1952 10 14 Il Messaggero Marziano Lavarello Nobilta L

Marziano Lavarello, meglio noto come «Marziano II di Bisanzio», «Marziano Lascaris» ovvero, il «Basileus di Costantinopoli», è stato denunziato ieri mattina all'Autorltà Giudiziaria, sotto l'accusa di aver falsificato il proprio atto di battesimo.

La denuncia è stata sporta dal Conte Luciano Pelliccioni Di Poli, noto araldista ed esperto in questioni bizantine.

Secondo l'accusa il Lavarello avrebbe falsificato il proprio atto di battesimo. In un certificato, da lui presentato, durante una polemica sui titoli nobiliari spettanti gli risultava che Marziano era figlio di Gottardo, «Despota di Nizza, Granduca di Bisanzio, Principe Lascaris, Marchese di Lavarello, Nobile Signore di Tourgoville, Altezza Serenissima ».

Il Conte Pelliccioni Di Poli, avrebbe accertato che allo stato civile del Comune di Roma, dove Marziano Lavarello è nato il 17 marzo 1921, da Prospero Gottardo e da Nella Cassanello, non vi era traccia di nessuno dei detti titoli, e avrebbe constatato, altresì, che l'atto di battesimo, trascritto nel registri del Vicariato di Roma, non conteneva annotazione alcuna.

L’araldista, recatosi allora alla Parrocchia di S. Camillo, in via Piemonte, dove il Lavarello era stato battezzato, avrebbe rilevato che l'atto relativo era stato alterato in epoca posteriore alla sua formazione e con grafia diversa dall’originale, con l'aggiunta dei titoli sopra elencati.

Di qui la denuncia alla Procura della Repubblica, denuncia che non mancherà certo di produrre grande scalpore e i cui sviluppi si preannunciano assai interessanti, soprattutto dopo la recente sentenza della Cassazione in materia di titoli nobiliari.

Della cosa è stata anche Informata l'Autorità Ecclesiastica Diocesana per i provvedimenti di sua competenza.

«Il Messaggero», 14 ottobre 1952


Messaggero
«Il Messaggero», 14 ottobre 1952

1952 10 14 L Unita Marziano Lavarello intro

Da qualche giorno c'è al Palazzaccio un'atmosfera di eccitazione alquanto insolita. Austeri magistrati, carichi di anni e di esperienza giuridica, si consultano un l'altro in lunghi conciliaboli. Le loro fronti corrugate esprimono preoccupazione ed imbarazzo.

I magistrati sono stati investiti di una faccenda quanto mai bizzarra, che somiglia stranamente a una storia da operetta. Si tratta, per farla breve, di questo: il conte Luciano Pelliccioni Di Poli, che esercita la brillante professione di araldista, ha presentato una regolare denuncia in carta bollata, redatta nei termini prescritti dalla legge, contro il signor Marziano Lavarello, noto negli ambienti mondani come Marziano II, erede della corona di Bisanzio.

Secondo la denuncia, il Lavarello avrebbe falsificato il proprio atto di battesimo. In un certificato, esibito dall'illustre personaggio durante una polemica sui titoli nobiliari spettantigli, il Lavarello risultava «figlio di Gottardo, despota di Nizza, granduca di Bisanzio, principe Lascaris, Marchese di Lavarello, nobile signore di Turgoville, altezza Serenissima».

Il conte Pelliccioni, invece, afferma che negli uffici della parrocchia di San Camillo in via Piemonte, dove il Lavarello fu battezzato, l'atto relativo sarebbe stato alterato in epoca successiva con aggiunta dei titoli nobiliari, scritti con calligrafia diversa dall'originale. Stando così le cose l'imbarazzo dei magistrati è perfettamente giustificato. Condannare o assolvere un sì potente signore, che, fra l'altro si proclama addirittura "despota di Nizza"? Ecco l'angoscioso dilemma!

«L'Unità», 14 ottobre 1952


L-Unita
«L'Unità», 14 ottobre 1952

Note

Nell'ottobre 1952 la vicenda della disputa della dinastia di Bisanzio si arricchì di un altro fatto di cronaca: Marziano di Lavarello, meglio noto come «Marziano II di Bisanzio», «Marziano Lascaris» ovvero, il «Basileus di Costantinopoli», fu denunziato all'Autorltà Giudiziaria, con l'accusa di aver falsificato il proprio atto di battesimo. La denuncia fu sporta dal Conte Luciano Pelliccioni Di Poli, noto araldista esperto in questioni bizantine, amico e consulente araldico di Antonio de Curtis.