Il manichino

👻 Totò Fantasma, o dell'Arte Spettrale Applicata al Ridicolo
Totò. Nome d’arte, marchio comico, apparizione mistica della risata. Ma che accade quando il principe della risata decide di farsi anche spirito burlone, fantasma del varietà, ectoplasma con doppiopetto e monocolo? Succede che nasce uno sketch – e che sketch! – di quelli che sfuggono alle definizioni canoniche. Non solo farsa, non solo mimo, non solo teatro del corpo: ma Totò nella sua forma ectoplasmatica, ecto-comica.
Lo sketch di cui qui si parla – e di cui, lasciamelo dire, bisognerebbe parlare più spesso nei corsi di ontologia dello spirito comico – fece la sua prima apparizione nel 1938 in una rivista dal titolo già programmatico: Se fossi un Dongiovanni. Titolo che è tutto un desiderio, una velleità amorosa, una vocazione mai del tutto consumata. Ed è proprio in questo contesto, tra piume di struzzo, paillettes stanche e orchestrine swinganti, che Totò comincia a giocare con la figura del seduttore postumo, colui che non è mai arrivato al dunque e quindi ritorna… dall’aldilà.
Ma il bello è che questo sketch non si ferma lì, oh no. Come uno spettro shakespeariano con contratto SIAE, torna più volte. Lo ritroviamo, riveduto, corretto, e probabilmente rinfoderato, anche nella rivista C’era una volta il mondo firmata da Galdieri, che già nel titolo dichiarava ambizioni cosmologiche. In quella versione, Totò lo agghinda con nuove invenzioni, nuove pause mimiche, nuovi tic spettrali, mantenendo sempre quel tono tra l’iperbole e l’incredulità, tra lo sbuffo e l’aria soffiata.
Ma sarà nel 1948, anno cruciale della rinascita post-bellica, che il nostro sketch defunto riceverà l’estrema unzione della celluloide: approda infatti nel film antologico I pompieri di Viggiù, prodotto da uno spirito affine (Carlo Ludovico Bragaglia, regista dell’assurdo normalizzato), affiancato dalla squillante Isa Barzizza, diva della leggerezza, e dal solido Mario Castellani, spalla di marmo e carne. E lì, nel buio della sala cinematografica, succede qualcosa di mistico: lo sketch muto diventa parola.
🎭 Mimo, mummie e mutande dell’UNRRA
Fino a quel momento, infatti, si trattava di uno sketch prevalentemente muto e mimico. Totò, in forma di spettro, si manifestava a un mondo che non aveva chiesto il suo ritorno ma che, una volta ricevutolo, non voleva più lasciarlo andare. Un fantasma che sbuca, guarda, annusa, si scandalizza, inciampa. Un mimo dell’inquietudine casareccia.
Ma nel 1948, con l’Italia ancora intenta a ricucire le sue calze rotte e a dividere i pacchi dono dell’America, Totò aggiorna il testo: inserisce battute nuove di zecca, cucite col filo dell’attualità postbellica. Le sue battute, ora, odorano di magazzino ONU, di sacchi governativi, di satiretta sociale travestita da barzelletta. L’apparizione spiritica chiede: "Ma è stoffa buona? È roba UNRRA? O è quella roba che si scuce mentre la guardi?"
Chi era l’UNRRA, per chi ha perso la lezione di storia? L’United Nations Relief and Rehabilitation Administration, agenzia per la distribuzione di aiuti umanitari: cibo, medicinali, vestiti... e stoffe, appunto. Un ente benefico che divenne, nell’immaginario comico di Totò, l’equivalente di un magazzino dell’assurdo, da cui proveniva ogni cosa improbabile. E allora il fantasma – pur morto – non può esimersi dal giudicare la qualità dei tessuti: "Questo lenzuolo... non sarà mica americano? Mi prude già l’eternità."
👑 La commedia dell’aldilà... e dell’industria culturale
Lo sketch, in tutte le sue reincarnazioni, è in realtà un piccolo gioiello meta-teatrale: il comico che finge di essere morto per farsi ricordare, per tornare, per vendicarsi con la risata. Un Amleto in giacca a quadri che non ha mai pronunciato “essere o non essere” ma piuttosto: “Sta pezza è pura lana o un misto con cotone morto?”
In fondo, in questo piccolo capolavoro Totò fa quello che ha sempre fatto: prende la realtà, la schiaccia in una pallina da ping-pong, la lancia contro il muro dell’assurdo e poi ci gioca sopra col naso da clown. La guerra è finita? Bene, allora ridiamoci sopra. Ci sono le pezze dell’UNRRA? E allora diventano battute, sudari, tappeti volanti del comico. Il mondo si lecca le ferite? Totò ci tampona con un sorriso, e magari anche con una pezza (di quelle buone, eh, mica quelle che pizzicano).
🕯️ Conclusione con ectoplasma e applausi
Insomma, lo sketch non è solo uno dei tanti numeri del repertorio del Principe, ma un piccolo trattato sull’arte di tornare. Tornare in scena, tornare dal nulla, tornare anche quando tutto sembra finito. È il teatro del ritorno: di un uomo che non ha paura di ridere anche dopo la morte, che si permette battute anche da spettro, che ride con la stoffa del presente e la cucitura del passato.
Perché, in fondo, Totò l’aveva capito prima di tutti: la vera immortalità non è nei monumenti, ma nelle pezze dell’UNRRA trasformate in sketch. E, magari, anche in una risata che parte da lontano, fa un giro nell’aldilà e ritorna nel nostro petto, con tanto di codino, monocolo, e un inchino finale che dice: "A prescindere!"
Lo sketch del manichino, dal film "I pompieri di Viggiù"
(Ambientazione: la scena rappresenta un laboratorio di confezioni. La comune a sinistra. Una cucina economica con apparecchio del gas. Dei manichini in scena)
MOGLIE: (legge una lettera) E questa la terza lettera che mi manda! Questo imbecille vuole per forza compromettermi... Sentiamo che cosa dice... (legge) “Signora, sappiate ancora una volta che io non mi dò per vinto. Voi mi sfuggite, ma io vi perseguiterò finché non avrete cambiato idea. Vi amo, e sono deciso a tutto. Vostro marito è geloso, è cattivo, è sanguinario, lo so. Non m’importa. Anche se mi ammazza volentieri morirò ammazzato ai piedi vostri. Firmato Gelsomino Fiordalisi”. Quest’uomo è pazzo... Come glielo devo far capire che io non posso, non voglio...
MARITO: (entra, la moglie nasconde la lettera)
MOGLIE: Hai combinato niente?
MARITO: (nervosissimo) Niente! Cosa aspetti per chiudere il negozio? E ora no?
MOGLIE: Non vedi che ho già ritirato i manichini...
MARITO: E allora chiudi la porta... (prende un tavolino a tre gambe per fare dello spiritismo)
MOGLIE: Rieccolo con lo spiritismo...
MARITO: (seduto al tavolino) Anima di mio padre, se ci sei batti un colpo...
MOGLIE: (che nel frattempo avrà preso una giacca del marito da spazzolare, lascia cadere a terra con un colpo secco la spazzola che aveva nella mano)
MARITO: C’è! C’è! Papà... Papà... io sono rovinato. Domani devo pagare una cambiale di diecimila lire... Se non la pago vado in galera... Papà... mi senti? Io avevo pensato di chiederli a quel mio amico Sarchiaponi Eugenio... Che dici? Me li presta? Se sì, batti un colpo... se no... battine due...
MOGLIE: Io non capisco come alla tua età si possa credere a certe sciocchezze... Cosa vuoi che ne sappia il tavolino. Chi vuoi che ti risponda...
MARITO: Taci ignorante... Lo spiritismo è una scienza riconosciuta da tutta l’intellettualità del mondo... Non hai inteso che prima ha risposto?
MOGLIE: Quando?
MARITO: Quando ho domandato: “Se ci sei batti un colpo”...
MOGLIE: Ma se è stata la mia spazzola che è caduta per terra... Senti... “Papà... se ci sei batti un colpo...” (lascia cadere nuovamente la spazzola)
MARITO: (arrabbiato dà un colpo al tavolino che cade per terra) Papà... scusa papà... Ti prego di non scherzare con queste cose... Lo spirito non risponde perché ci sei tu che sei incredula...
MOGLIE: Senti Achille, tu avevi pensato di recarti dal tuo amico Sarchiapone per farti prestare diecimila lire? E non perdere tempo: va, vai a tentare... Che cosa aspetti? Che ci sequestrino anche questi quattro mobili che ci sono rimasti? Non vedi come siamo ridotti? In questo vano a pianterreno, che ci serve da alloggio, cucina e negozio... noi che eravamo i primi negozianti sarti della città...
MARITO: Sì, sì. Hai ragione... Ma cosa vuoi... Sono tre giorni che tento ogni cosa pur di salvarmi. Ne ho tentate di tutte... Ho perfino messo un avviso sul giornale... “Disposto ringraziare chi mi presta diecimila lire”. Non ha risposto nessuno... (via)
MOGLIE: Speriamo che tutto riesca bene! (riassetta i manichini in modo che non vede Totò che entra)
TOTÒ: Cucu, cucu!
MOGLIE: Voi? Voi qua? Avete una bella faccia tosta. Come debbo dirvi che io non posso, non sento di amarvi? Vi prego lasciatemi in pace. Se mio marito sapesse vi farebbe a pezzi!
TOTÒ: Non m’importa. Pezzo più pezzo meno. Io ti amo. Sono pazzo... e se è per te, bella ragazza, anche se mi fanno a pezzi non m’importa un fico secco... Hai capito che ci ho il riscaldamento... Cosa ci vuole?
MOGLIE: Un rinfrescante...
TOTÒ: No. Mi ci vuoi tu...
MARITO: (da dentro) Maria... perché hai chiuso la porta...
MOGLIE: Oh Dio! Mio marito... Siamo rovinati. Crederà che io sia la vostra amante... ci ammazzerà tutti e due... Già vedo la scena... La testa qua... le gambe la...
TOTÒ: Nascondetemi...
MARITO: Maria... apri... che cosa aspetti?...
MOGLIE: Aspetta, sono a letto... Un’idea... (mette Totò al posto di un manichino) (va ad aprire)
MARITO: Perché non mi hai aperto subito?...
MOGLIE: Ebbene?
MARITO: Non era in casa... (va a mettersi a sedere dove era il tavolino) Dammi una sigaretta.
MOGLIE: (a Totò) Avete una sigaretta?
TOTÒ: (gliela dà, la moglie la passa al marito)
MARITO: Ma no... Questa è Macedonia... Io fumo Giubek...
MOGLIE: (a Totò) Avete una Giubek?
TOTÒ: Che faccio il tabaccaio? (durante questo tempo Totò continuerà a muoversi ed il marito avrà l’accortezza di voltarsi a tempo per giustificare poi la- scena susseguente)
MARITO: Dio, come mi gira la testa... vedo tutto girare... (come a pensiero improvviso) Sì... non c’è altro da fare... (alla moglie) Ho bisogno di restare solo... Vattene via un momento...
MOGLIE: (non vuole andare sapendo dell’altro) No... non voglio lasciarti solo in un momento come questo...
MARITO: Ho detto: vattene! Capisci ho bisogno di rimanere solo... solo... via.. .via... (la spinge verso la porta mentre la moglie con lo sguardo non abbandona il manichino dove è nascosto Totò) Ah... finalmente...! (si volta e vede Totò che si muove) Oh Dio! Come gira tutto... Già vedo tutta la casa popolarsi di fantasmi... vedo tutto muoversi... Eccoli... guardateli questi manichini... come vi odio... Questi manichini che mi lasciò mio padre e che dovevano essere la mia fortuna... dovevano fare la mia felicità... ora li odio... sì... perché per loro sono ridotto cosi... io che con amore tutti i giorni li ho vestiti, ed accomodati... come fossero figli miei... con la speranza che qualcuno comperasse uno di questi abiti... ed invece... Vi odio... vi odio... (li schiaffeggia avvicinandosi a Totò...) E questo... sembra vivo... guardate... Cosa diresti se ti facessi a pezzi...? eh? Ma no che colpa ne hanno loro...! Sì... non c’è che un mezzo... la morte... sì... finirla... con questa esistenza... (estrae la rivoltella) Sì... un colpo di rivoltella ed è finita... Però ho paura... paura di non colpirmi bene... e se mi dovessi sfigurare... dover stare cinque o sei mesi all’ospedale... no... questo no... bisognerebbe che provassi... se mi trema il polso... la mia paura è questa... sì su un manichino... (si volta e punta la rivoltella su Totò — anione) Ma no... sono un vigliacco... la rivoltella non va... Oh Dio, tutto mi balla,... tutto si muove... E se provassi col gas? Sì... dicono che sia una morte dolce... no... no... è troppo lenta... (si esaspera) (grida) Voglio morire... voglio finire questa esistenza...
MOGLIE: (batte alla porta) Apri... apri...
MARITO: Basta... non ne posso più... non ne posso più... Anima di mio padre... se ci sei batti un colpo...
TOTÒ: (batte un colpo)
MARITO: (si volta di scatto e vede il manichino che si muove) Maria, Maria! L’anima di papà nel manichino... Papà... papà... rispondi sei tu?
TOTÒ: Sì... sono io...
MARITO: Papà... senti... salvami... cosa dici... io sono rovinato... vorrei andare da Sarchiapone a farmi prestare diecimila lire... me le presterà?...
TOTÒ: Sì...
MARITO: Hai sentito... Maria... ha detto di sì... Papà... dimmi...
TOTÒ: Ora figlio mio... me ne devo andare... la mia anima non può fermarsi oltre fra i mortali... ne soffrirebbe troppo... e già ho sofferto abbastanza...
MARITO: Papà... già te ne vuoi andare.. Dimmi almeno che cosa debbo fare per te.
TOTÒ: Apri quella porta... (il marito va ad aprire — Totò alla moglie) Non me vedi più eh!
MOGLIE: Speriamo!
TOTÒ: Ma prima di andarmene vorrei un bacio figlio mio...
MARITO: Sì papà...
TOTÒ: Ed anche a lei...
MARITO: Dai un bacio a papà... (soggetto)
TOTÒ: Ed ora me ne vado...
MARITO: Ciao papà...
(via Totò a soggetto)
Siparietto
Riferimenti e bibliografie:
"Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976