Totò e la televisione
Totò e il piccolo schermo: una guerra fredda a colpi di sketch
Una tragicommedia in più atti, dove il protagonista è sempre lui, il Principe della risata, e la Rai è l’antagonista impacciata con l’aria da madre severa che non sa ridere.
📺 Totò vs Televisione: un amore mai nato, un’epica censurata
Quando Totò incrociò per la prima volta lo sguardo gelido dell’occhio catodico, non fu amore a prima vista. Né alla seconda. Né alla settima. La televisione pubblica italiana, quella in bianco e nero e col colletto abbottonato, vide in Totò un pericolo: troppo spontaneo, troppo imprevedibile, troppo... vivo. E questo, per un mezzo che preferiva le inquadrature immobili e le pause piene di nulla, era quasi una minaccia esistenziale.
Il loro primo litigio ufficiale risale a febbraio 1958, data in cui il nostro amato Totò viene invitato da Mario Riva a Il Musichiere. Tutto va bene finché, nel bel mezzo della diretta, Totò esclama ingenuamente "Viva Lauro". Panico. Confusione. Sguardi tra i tecnici. Sudori freddi. E Mario Riva, tremante come un fuscello:
— "Scusi, principe, ma che ci azzecca?"
— "Niente, ma a me piace Lauro..."
Apriti cielo. Il risultato? Sette anni di esilio televisivo, senza appello. Altro che libertà di parola. Era l’Italia del moralismo in doppiopetto, dove un comico che diceva ciò che pensava faceva più paura di un comizio comunista.
🌟 Studio Uno e il Risorgimento Totòesco (1965–1966)
Nel 1965, però, qualcosa cambia. Forse per il vento pasoliniano che aveva ripulito Totò dal cliché del “buffone populista”, forse per l’effetto nostalgia nei salotti borghesi, fatto sta che Totò torna in Rai, affiancando nientemeno che Mina a Studio Uno. È la riconquista. È la controffensiva del Principe.
Nel 1966 ritorna nella stessa trasmissione con uno dei suoi pezzi più amati, lo sketch “Pasquale”, recitato con l’ormai inseparabile Mario Castellani. La Rai trema. Il pubblico ride. I dirigenti sudano freddo ma stavolta non hanno il coraggio di bandirlo: troppo tardi, il mito ha preso piede.
Eppure, ogni volta che Totò entrava in uno studio televisivo, sembrava che qualcuno in cabina regia tenesse un estintore a portata di mano: bastava una sua parola fuori copione e giù censura, tagli, panico e riunioni straordinarie del consiglio di amministrazione. La tv italiana di allora voleva comici con le mollette, non con l'anarchia nelle vene.
🎞️ Tutto Totò: quando la tv sbaglia… ma resta agli atti
Alla fine, però, la televisione italiana si decise a “prendere il pacco regalo”: Totò registrò una serie di telefilm teatrali, vere e proprie trasposizioni del suo repertorio da palcoscenico. Nasce così “Tutto Totò”, progetto ambizioso ma realizzato con la stessa cura di una pizza surgelata lasciata al sole.
Su dieci puntate, una viene persa — forse per misericordia, forse per distrazione, o forse mangiata da un magnetoscopio vendicativo. Le altre nove sono un disastro tecnico: inquadrature storte, montaggi fatti col machete, primi piani degni di un filmino di matrimonio ubriaco. A peggiorare la situazione, l’intervento della censura, che riduce i copioni a polpettone di sketch tagliati e rattoppati, privati del loro filo logico.
Eppure, nonostante tutto, Totò regge. Regge sempre. Anche quando lo impacchettano malamente, anche quando lo smontano scena per scena, lui continua a brillare, a fare ridere, a far riflettere. Le sue smorfie, le sue pause, le sue improvvisazioni diventano oro puro nel mezzo più grigio e ingessato dell’epoca. Il flop artistico diventa documento storico.
📼 La Totò-mania delle TV private: da resurrezione a reincarnazione
A questo punto sembrava che il sipario si fosse chiuso per sempre sul legame tra Totò e la televisione. E invece, sorprendendo tutti ancora una volta, la sua vera conquista arriva… dopo la morte.
Negli anni ’70, con la comparsa delle tv libere, i distributori cinematografici scoprono che il pubblico non si è affatto stancato di Totò. Anzi, ne vuole di più. I palinsesti delle tv private si riempiono di suoi film, anche quelli ridotti a coriandoli, con tagli improvvisi e bobine mangiate dai topi. Le vecchie pellicole, spesso inguardabili, diventano la gallina dalle uova d’oro. Si fruga nei magazzini, si rimonta a caso, si inserisce una pubblicità nel mezzo di una battuta, eppure il miracolo accade: la gente guarda, ride, ama.
La Totò-mania esplode.
📡 Totò nell’era del tubo catodico: arte pop e resurrezione estiva
Col passare degli anni, anche i grandi network si arrendono al fenomeno: migliorano le copie, restaurano le pellicole (almeno un po'), e senza neanche sforzarsi troppo riempiono i palinsesti estivi con maratone totòesche. E d’estate, si sa, c’è meno concorrenza: nessuna fiction sulla mafia, pochi talent show, zero talk politici. E chi troneggia? Totò, naturalmente. In tutte le versioni, da Guardie e ladri a Totò Diabolicus, da Totò e le donne a Totò all’inferno.
Ma attenzione: i network lo trasmettono, lo sfruttano, ma non lo studiano. Non c’è un solo programma televisivo moderno che ne analizzi davvero l’opera, nessun documentario approfondito, nessuna fiction degna di nota. Totò continua ad affascinare senza alcun aiuto critico, solo con la forza della sua maschera eterna.
🏁 Epilogo: Totò, il fantasma benefico della TV italiana
In fondo, il rapporto tra Totò e la televisione è quello di un amore non corrisposto: lui ci ha provato, con generosità e genialità. Lei, la TV, ha risposto con sospetto, censura, sciatteria. Ma alla fine, è stato il pubblico a decidere. E ha deciso bene: Totò è diventato un totem televisivo intergenerazionale, un classico estivo e un cult perpetuo, l’unico attore che può competere con il meteo in quanto a presenza fissa sullo schermo.
📺 Un amore mai sbocciato
Totò e la televisione: un rapporto complesso tra inviti celebri, scivoloni di censura e omaggi postumi. In questa pagina raccogliamo contesto, rassegne e programmi per capire come il Principe della risata è diventato un classico televisivo oltre ogni epoca, nonostante la diffidenza gli provocasse il mezzo.
Non ho alcuna intenzione di bruciare la mia carriera in poche ore di trasmissione televisiva. Il video è una buona cosa soltanto per i giovani che devono farsi conoscere.
Perché poi la televisione? Perché mi sono arreso a un genere di spettacolo che ho sempre guardato con sospetto e che mi ha visto sempre di passaggio? Ogni volta dicevo di no perché quel rettangolino luminoso che ci fa entrare nelle case di tutti è un coltello a doppio taglio: può dare, quando va bene, un'immediata popolarità, ma può anche tagliare le gambe. E a me, scusatemi, chi me lo fa fare di correre questo rischio? Avessi ancora venti o trent’anni, e dovessi cercarmi un mio pubblico sarebbe un’altra cosa.
Totò, «La Settimana Incom Illustrata», a.XIX, n. 18, 1 maggio 1966
Per me la televisione non esiste, è una diavoleria, come l'aereo: non mi fido.