Tuttototò - Premio Nobel
Soggetto, Critica & Curiosità
E' la storia di un fantasioso inventore depositario di brevetti improbabili come quello delle campane sbatocchiate e altre amenità del genere. Nel film è riproposto il famoso sketch de Il vagone letto con Mario Castellani, la più famosa spalla di Totò, e Sandra Milo, nel personaggio della bella guepière che induce in tentazione i due ingenui viaggiatori. Premio Nobel fu trasmesso dalla televisione il 6 luglio del 1967 dal Programma Nazionale della RAI.
Video e stampa dell'epoca
Stasera, alle 21, rivedremo Totò in «Premio Nobel» di De Curtis, Galdieri, Corbucci. E' il famoso, anzi famosissimo sketch del vagone letto che ha mandto in visibilio le platee per molti anni. Naturalmente lo sketch è ampliato e aggiornato, e il pretesto per presentarlo è quello di un viaggio che Totò compie verso la Svezia per andare a ritirare il Premio Nobel che egli crede di strameritare quale inventore di una pipa con combustibile, calibro 18 millimetri. Si tratta di una pipa a due piani con superattico: nel primo piano si mette il tabacco e nel secondo il fornello a spirito con lo stoppino che ha la funzione di tenere sempre accesa la pipa. Partecipano alle scene Sandra Milo, Mario Castellani, Corrado ed Enzo Turco. La regia è di Daniele D'Anza.
«Il Messaggero», 6 luglio 1967
Severino l'inventore
«Permettete che mi presenti? Sono il professor Severino Bolletta, coniugato, vaccinato, incensurato. Faccio l'inventore, faccio tutto. Chi ha inventato le uova sode? Io. Chi il filo per tagliare il burro? Io. Chi lo stecchino infilato all'oliva? lo, io, io. Adesso vado in Svezia perché Gustavo deve darmi il Premio Nobel. E' la mia ultima invenzione, la P.C.C.P. 18, la pipa con combustibile proprio calibro 18 millimetri, che è la misura media internazionale del dito indice. Una pipa a due piani con superattico: al primo piano si mette il tabacco e al secondo il fornello a spirito con lo stoppino. Così la pipa non si spegne mai, e volendo ci si può anche cuocere due uova. Diciotto millimetri la pipa, diciassette pollici o poco più il video: perchè il professor Bolletta (figlio di tre padri. Michele Galdieri, Bruno Corbucci e Antonio De Curtis, che sono poi io è nato per la televisione...».
Cosi Totò aveva descritto di suo pugno il personaggio che vedremo stasera in Premio Nobel della serie «Tutto Totò», lo show in nove puntate che riassume quasi mezzo secolo della sua carriera, e non soltanto della sua carriera ma della sua vita. Totò ha lasciato scritto anche «Per voi questi telefilm costituiranno, spero, un motivo di divertimento e magari il ricordo di qualche allegra serata ormai lontana. Per me sono brani di vita. Come sfogliare un lungo diario e ad ogni pagina vedere quel che c'era dietro...». E difatti, anche durante la lavorazione, il ritornare a certi personaggi, a certe gags, a certi tic mimici, e a certe frasi come «A prescindere», «Pinzellacchere», «Siamo uomini o caporali», divenute proverbiali come il «Ti é piaciato?» di Petrolini e come tali raccolte persino dai dizionari, significava per Totò ritrovare e rievocare quel che c'era dietro quando nacquero. Allora, a luci semispente, le pause di lavorazione diventavano spettacolo nello spettacolo per tutti, dal regista D’Anza all'ultimo macchinista, che apprendevano dalla sua voce particolari taciuti anche dalle sue biografie. Muoveva ad esempio quel suo mento «che slittava a destra», e gli era pretesto per svelarne il segreto.
Fu un precettore del Convitto Cimino di Napoli a procurargli quell'asimmetria, con un pugno che gli provocò la rottura del setto nasale, sfociata poi in un'atrofia ghiandolare: ma non era il caso di denunciarlo — spiegava Totò — perche fare e subire scherzi maneschi era lo strano patto che avevamo stipulato con quel precettore. Altrettanto «sofferta» la genesi del suo più famoso intercalare: «Siamo uomini o caporali?». «Voi ridete quando lo sentite — diceva Totò — io invece me ne guardo bene. Rivedo la grinta odiosa di quel caporale per antonomasia che da ragazzo, al 22° Fanteria a Livorno, mi fece detestare la naja, malgrado ci fossi andato volontario. Fu in odio a lui che coniai in teatro questa frase, che mi è servita da allora anche nella vita per distinguere l'umanità in due categorie appunto gli uomini, ossia le persone rispettabili che rispettano il prossimo, e i caporali, ossia i piccoli tiranni, i presuntuosi, i moralisti, gli scocciatori, i sopraffattori che abusano della loro autorità presunta o immeritata». In quanto allo sketch del vagone letto — dal quale deriva, ampliato e aggiornato per il video, il telefilm di stasera — è del 1947, e di Totò nel '47 si sapeva già troppo per dar luogo ora a rievocazioni inedite. Era il suo ritorno trionfale sui palcoscenici del dopoguerra, un abbandonarsi al gusto della pura farsa, senza le implicazioni politiche che negli anni immediatamente precedenti, durante la guerra e l'occupazione nazista, avevano provocato al comico qualche fastidio e soprattutto molte trepidazioni per via di alcune battute non proprio innocenti. Inizialmente, in teatro, durava dieci minuti: poi, tra gags aggiunte e le pause per aspettare via via che ai esaurissero le risate del pubblico, toccò i cinquanta minuti. Pressappoco quanto ne dura adesso in TV, con qualche variante a cominciare dalla partner femminile (allora Isa Barzizza, oggi Sandra Milo) e dal titolo: Premio Nobel. Un premio Nobel a Totò, perché no? Almeno quello per la pace, in odio ai caporali.
f. r., «Radiocorriere TV», 6 luglio 1967
I programmi della serata: sul Primo Canale proseguono con «Tutto Totò». La settimana scorsa la farsa Totò yé-yé venne rinviata per lasciare posto all'attualità. E' quindi probabile che vada in onda stasera. Ecco di che cosa si tratta. La scenetta minaccia di dare il colpo di grazia allo scomparso comico che vedremo al «Piper» con parrucca da capellone ed abbigliamento «beat». E' il penultimo dei nove telefilm realizzati poco prima della morte di Totò e che paiono volerne ad gni costo demolire la fama.
Difficilmente, crediamo, la riedizione, in coppia con la spalla Mario Castellani, del celebre numero del contrabbasso basterà a salvare lo spettacolo. Ed è con molta pena che si avanza questa previsione, ma Daniele D'Anza, Corbucci, Amendola e tutti gli altri ci hanno costretti a vedere cose tali che il pessimismo è più che giustificato. Intorno a Totò s'avvicenderanno complessi, comptessini c personaggi della capclloneria romana che ha la sua Sorbona in via Tagliamento. Al cantato-recitato partecipa poi un gruppo di attori e cantanti autentici, tra i quali Gianni Agus, Didi Perego, Mina, Tony Renis, Gianni Bonagura. Ricky Shanes ed Irene Gaber.
d.g., «Stampa Sera», 6 luglio 1967
Stasera ancora una puntata della serie «Tutto Totò»,una serie che ultimamente ha dato grossi dispiaceri agli ammiratori — e sono sempre molti — del celebre comico napoletano. In programma è la farsa «Premio Nobel» tratta dallo sketch del vagone letto, che vent'anni fa, incluso in una rivista di Galdieri, ebbe un successo enorme e divenne rapidamente famoso, tanto da essere considerato un pezzo classico del teatro leggero. Vent'anni fa, accanto a Totò, si esibiva in un applauditissimo spogliarello Isa Barzizza: in tv la parte della Barzizza sarà sostenuta da Sandra Milo che però assai difficilmente potrà spogliarsi con altrettanta libertà. Tuttavia c'è la possibilità che al posto del «Premio Nobel» venga trasmesso «Toto yé yé » che l'altro giovedì, 29 giugno, è stato abbastanza misteriosamente messo in coda al canale nazionale e poi soppresso: un numero in cui si assisteva al contatto di Totò col mondo beat.
u.bz., «La Stampa», 6 luglio 1967
Saltata la settimana scorsa la puntata Totò yè yè, l'antologia del grande comico napoletano, curata da Bruno Corbucci, presentava ieri sera sul nazionale il capitolo successivo: Premio Nobel. La fiera delusione indotta da questo programma in quanti ricordano lo straordinario Totò delle scene, ha fatto perdere di vista la contabilità delle puntate: probabilmente quella del Premio Nobel doveva chiudere la serie. Come che sia, prolungamenti o meno, nessuno potrà negare che il tentativo è fallito, è stato addirittura controproducente. Già se ne accennarono le ragioni e sarebbe inutile ripeterle. Purtroppo la TV ha l'ostinazione anche dei suoi errori e vi persevera diabolicamente: carità avrebbe suggerito di sospendere la serie. Diciamo solo che Totò era ben altro.
Nel caso specifico, Premio Nobel è risultato uno dei capitoli meno disgraziati. Era il capitolo del famosissimo sketch del vagone-letto e qui qualche traccia del felice originale traspariva, evidentemente perchè, buttate all’aria le zeppe, le attenuazioni, i limiti, anche dal punto di vista visivo Totò occupava tutto il campo, faceva tutto lui (ma la porzione di pepe affidata in teatro a Isa Barzizza e qui a Sandra Milo è stata rudemente depotenziata dalla verecondia televisiva). Comunque facciamo conto che sia finita e limitiamoci a visitare con il ricordo lo strabiliante show delle interpretazioni di Totò.
G, «Corriere della Sera», 7 luglio 1967
Il difetto forse maggiore di queste gags interpretate da Totò sta secondo noi nel fatto che, artificiosamente, in esse si è voluta inserire tutta la mimica del grande comico napoletano, collocando in ciascuno di questi sketches e pinzellacchere », «uomini o caporali?», gesti, ammiccamenti sberleffi, insomma tutto il repertorio della difficile arte di Totò, buona parte della quale era invece scaturita naturalmente dalle sue capacità interpretative, magari all’improvviso durante ripresa di un film.
Era logico, insomma, che nelle artefatte e non sempre azzeccate situazioni della serie televisiva, si notassero stonature e qualche risata restasse a fior di labbra, strozzata proprio mentre stava per scaturire repentina e irrefrenabile. «Premio Nobel» però costituisce un eccezione. Sarà stato per la freschezza del racconto «Vagone letto», arcinoto ma sempre valido, o per la miglior vena dell'attore, dei partners e dello staff di tecnici che con lui hanno realizzato la storia, fatto sta che la vicenda del professor Bolletta, inventore da quattro soldi che va in Svezia per ricevere da re Gustavo l'ambito riconoscimento, quale ideatore di una buffa pipa dai mille usi, è il più riuscito fra i brevi film di Corbucci e del regista D'Anza. Sfrondata, essenziale, con ogni frase messa lì apposta per un Totò scatenato, con una sempre svampita e prosperosa Sandra Milo, la farsa raggiunge momenti di una comicità pura e compendia stupendamente quanto di meglio Totò ha saputo dare al pubblico, nei lunghi anni della sua purtroppo conclusa attività.
«Il Messaggero», 7 luglio 1967
Totò melanconico
Piuttosto malinconica la serata di ieri. Per i tanti ammiratori che ebbe il povero Totò l’aggettivo «malinconico» suonerà certamente amaro, ma esatto. Nemmeno il più incallito dei suoi «fans» può sottrarsi a un’aura di mestizia assistendo al ciclo che La TV dedica da molte settimane al grande comico napoletano. Ieri lo show postumo è proseguito con l’episodio intitolato «Premio Nobel», sui demeriti del quale non indagheremo oltre, trattenuti dal caritatevole riserbo che lo scempio, perpetrato contro il buon ricordo dell’attore scomparso, impone [...]
«Il Piccolo di Trieste», 7 luglio 1967
Due risate con Totò
Benché tagliato e rimanipolato il celebre sketch del vagone-letto ha funzionato anche sul video
Ieri sera, finalmente, si sono fatte due risate con Totò. Merito di Totò, si capisce, ma merito anche della celeberrima scena del vagone letto che ancora una volta ha funzionato. Questo sketch, nato da una collaborazione fra l'attore e Michele Galdieri, fu inserito in una rivista che circolò in Italia nell'immediato dopoguerra. Il successo fu strepitoso. Lo sketch inizialmente era di dieci minuti si e no: vi furono aggiunti soggetti e soggettini e s'arrivò alla mezz'ora. Più tardi la durata esatta della scena sfiorò i cinquanta minuti. La gente, andando allo spettacolo, non attendeva che il «vagone letto»: e quando il velarietto si apriva sullo spaccato dello scompartimento scoppiava un applauso fragoroso e già serpeggiavano le risate.
In tv lo sketch è stato rimanipolato e in parte purgato. Lo spogliarello, com'era troppo facile prevedere, non c'era più e non c'erano più parecchie battute pepate: Inoltre esisteva un lungo prologo abbastanza scipito che non si saldava per nulla con il nucleo originale della farsa.
Comunque, anche censurato e moralizzato, anche incastrato di brutto nel telaio di un'altra storiella (il viaggio a Stoccolma del premio Nobel prof. Bolletta, inventore di una pipa a due piani), il «vagone letto» è riuscito ancora una volta, incredibilmente, a spremere dallo spremutissimo copione alcuni guizzi di ilarità. Lo stesso Totò, alle prese con un suo cavallo di battaglia, è apparso più simile a quel Totò che per anni ha dominato il palcoscenico: scatenato nell'avvolgere l'antagonista, l'on. Trombetta (Mario Castellani), in una girandola di gesti improvvisi e strampalati e di frasi assurde.
Sandra Milo era al posto della non dimenticata Isa Barzizza: era in grado di sostituirla più che degnamente ma non ha potuto svestirsi. Perciò su quali basi stabilire un confronto? Non certo sulla recitazione: quella della Barzizza francamente non la ricordiamo perché — vent'anni fa — eravamo distratti da altre doti dell'attrice. e questa della Milo era ingiudicabile perché non si afferrava una parola.
Se il ciclo di Totò fosse terminato qui, si dovrebbe dire che è terminato in bellezza. Ma c'è ancora la puntata di «Totò yé-yé » che ci tiene molto in apprensione.
Ugo Buzzolan, «La Stampa», 7 luglio 1967
Cinque scenette con Totò (ma valgono di più le sue poesie)
Nelle liriche affiora la vena più autentica del comico napoletano.
Questo recentissimo Totò (Cetra LPP 99), che del resto raccoglie cinque sketch di evidente origine radiofonica o televisiva, conferma, ma anche spiega, la cocente delusione che hanno subito gli ammiratori del comico napoletano rivedendolo sul piccolo schermo nell'infelice serie «Tutto Totò» (proprio ieri sera il Primo Canale ha trasmesso «Premio Nobel» che ampliava una scenetta di questo disco). Ma come, hanno detto molti, questo è il nostro Totò? E infatti non lo era. Totò, si vuol dire, era fatto per il palcoscenico e, almeno cosi come lo abbiamo conosciuto, soltanto per il palcoscenico. Portato tale e quale davanti alle telecamere o ai microfoni non era più Totò come non lo era sullo schermo, nonostante i suoi cento e più film.
Tranne quando, ma avveniva rara mente, il regista cercava di «costruire» un Totò cinematografìco, cioè un altro Totò. Forse avrebbero dovuto fare lo stesso i registi televisivi. E non si getti troppo la croce addosso agli autori di questi testi. In fondo, essi sono zeppi degli stessi doppisensi e nonsensi, battute e giochi di parole con cui per anni Totò ha fatto ridere sino alle lacrime tutte le platee. Ma, fuori del palcoscenico, il loro sapore svanisce. Per questo, ascoltando questo disco, se ne può cavare qualche divertimento soltanto immaginandosi di starsene a teatro. Altrimenti, assai meglio le poesie, dello stesso Totò, poste all'inizio. Tenui, delicate e tristi: non è un modo di dire che in ogni grande comico si nasconde una vena di profonda malinconia.
a. bl., «Stampa Sera», 7 luglio 1967
Seduttori si nasce e Totò modestamente... lo nacque, ma non tutte le donne subirono il suo fascino. Sandra Milo, per esempio, conoscendolo sul set del film Totò nella luna rimase profondamente delusa. “Gli andai incontro con entusiasmo, gridando il suo nome, ma lui mi gelò con un saluto formale che chiudeva la porta a ogni confidenza: ‘Buongiorno, signorina, lieto di conoscerla’, racconta. “Quasi non ci credevo, ma il comico straordinario che mi faceva ridere più di Charlot, era un gentiluomo distaccato, chiuso in una specie di torre d’avorio. Che peccato! Conoscevo la sua fama di sciupafemmene, ma non ne fui in alcun modo coinvolta perché io ero innamorata pazza di Totò, mentre ero indifferente al principe Antonio de Curtis.”
Totò e Sandra lavorarono insieme in altri due film, Le belle famiglie di Ugo Gregoretti e Premio Nobel, per la televisione, in cui la Milo aveva il ruolo della signora che si spoglia nello sketch del vagone letto. Nemmeno la vista della sua bellezza ammansì l’attore, il quale, ricorda Sandra, la criticò per un cappello, secondo lui, tanto grande da intralciare i movimenti suoi e dei compagni di lavoro. Insomma, il comportamento di Totò nei confronti della biondissima Milo testimonia ancora una volta la sua predilezione per le brune. Tra loro non ci fu alcun feeling, eppure a Sandra è rimasta impressa l’eleganza di Totò che indossava calze lunghe di seta nera di fabbricazione inglese, simili a quelle del duca di Windsor.
Durante la lavorazione di Premio Nobel l’attrice provò una stretta al cuore nell’accorgersi che Totò, ormai completamente cieco, lavorava con grande fatica. E un giorno, mentre giravano una scena in un boschetto, per evitare che inciampasse, insieme a un macchinista, gli spianò la via strappando le erbacce e togliendo i rami secchi dal suo percorso, irritata dall’indifferenza degli altri componenti della troupe. Per strano che possa sembrare, in quel momento avvertì un forte trasporto verso Totò. Perché, spiega, in quell’uomo anziano che viveva con tanta dignità il suo dramma, ritrovò il “suo” Totò, quello con la faccia da ladro onesto, tanto ammirato in Guardie e ladri. Se lui non fosse stato sempre così freddo, certo lo avrebbe abbracciato, confessa, ma gliene mancò il coraggio. Eppure, se il principe fosse stato al corrente del suo gesto gentile per evitargli uno scivolone, le sarebbe stato grato per sempre, ma questo Sandra non poteva saperlo.
Liliana de Curtis
Riferimenti e bibliografie:
- Raiplay.it
- "Totò, femmene e malafemmene", Liliana de Curtis e Matilde Amorosi, RCS Libri, Milano, 2003
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- La Stampa
- La Nuova Stampa
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- Nuova Stampa Sera
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- Corriere della Sera
- Corriere d'Informazione
- Il Piccolo di Trieste
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