TUTTOTOTÓ
(1967)
Ah, se la TV italiana avesse avuto anche solo un’oncia della lungimiranza che Totò meritava, oggi potremmo guardare su RaiPlay o su altre piattaforme un monumento audiovisivo in dieci puntate chiamato “Il Genio di Totò racconta la Storia del Teatro Comico”. Invece, abbiamo “Tutto Totò”: una specie di salasso culturale, un’occasione sprecata che si presenta vestita da omaggio ma finisce per sembrare una caricatura sfatta, con l’odore di naftalina e la tristezza del sabato sera passato a stirare camicie.
Cominciamo dall’inizio, quando nel 1965 Totò – uomo, maschera, leggenda e, in quel caso, anche un po’ visionario – viene intervistato dal giornalista Luigi Vaccari e lascia cadere sul tavolo un’idea da standing ovation: un’antologia a puntate che racconti cinquant’anni di teatro comico italiano, dai tempi del grammofono al boom economico, con inserti di commedia dell’arte, varietà, rivista, avanspettacolo, prosa dialettale, e persino una discussione fra attore, autore, critico e impresario. Insomma, roba da far tremare le aule di Accademia e commuovere pure Aristofane, se solo fosse stato sintonizzato.
Ecco il piano: Totò entra in un vero teatro, davanti a un vero pubblico – mica pupazzi gonfiati da risate finte – e presenta uno sketch del passato, lo storicizza, lo recita, poi lo confronta con una versione moderna. Una sorta di “Superquark della risata”, con Totò in funzione Piero Angela, ma molto più mobile, molto più brillante, e con tight sformato, bombetta stretta e stringa per cravatta. Un progetto di culto prima ancora di nascere, un sogno comico-didattico che avrebbe potuto scolpire il volto autentico di Totò nella pietra dei circuiti televisivi.
Totò, convintissimo, ci crede. Scrive articoli. Ne parla con passione. Racconta che vuole mostrarsi com’era davvero: non il Totò cinematografico a tratti ingabbiato, ma quello del teatro, dell’istinto puro, del palcoscenico nudo e crudo, dove la maschera vive e respira. Vuole tornare alle origini e, con gesto quasi pirandelliano, afferrare la sua stessa maschera e porgerla al pubblico dicendo: “Ecco, questo sono io. O meglio, quello che ero. Ma anche quello che sarò.”
Ed ecco che entrano in scena Bruno Corbucci e Gianni Grimaldi, probabilmente armati di buone intenzioni e cattivissime competenze televisive. Si prendono il progetto, lo leggono, lo scuotono, ci tossiscono sopra, poi lo accartocciano con nonchalance. Nasce Tutto Totò, che in teoria avrebbe dovuto essere una festa, ma nella pratica diventa una di quelle sagre tristi con le luci al neon che sfarfallano.
La serie diventa un ibrido zoppicante: dieci episodi autoconclusivi, sei dei quali ambientati in scenari più di cartone che di teatro, con inserti di sketch vecchi messi lì un po’ a casaccio, come canditi in una focaccia che nessuno voleva davvero. I restanti quattro episodi sono un’accozzaglia di poesie, numeri musicali e quel che passa il convento della produzione veloce e del montaggio pigro.
A guardarlo oggi, “Tutto Totò” sembra uno di quegli album postumi pieni di b-side e registrazioni fatte col microfono del frigorifero. Solo che qui non si parla di canzoni: si parla di un uomo, di un attore, che ha scritto a mano pezzi di storia e che meritava un’enciclopedia animata in technicolor, non uno svogliato riassuntino fotocopiato.
Mario Castellani – storico sodale di Totò e testimone di questo disastro travestito da tributo – ricostruisce pazientemente gli sketch, lavora sodo, spera. Ma poi assiste alla solita tragedia farsesca che accompagnava spesso Totò nei progetti cinematografici: produttori frettolosi, idee stravolte, qualità lasciata al guardaroba. Totò, stanco e malandato, accetta: lavorare meno è meglio, d’accordo. Ma il prezzo è alto. Ne viene fuori, come dirà Castellani con un’amarezza degna di Euripide, “soltanto dei brutti filmetti.”
A completare il quadro c’è la regia di Daniele D’Anza, che quando può fugge su altri set – e lo capiamo: anche lui, probabilmente, si sentiva prigioniero del nulla. Gli ambienti sono di una povertà quasi mistica, i movimenti di macchina imprecisi come l’ubriaco al gioco del cerchio, e la sceneggiatura... ah, la sceneggiatura! Probabilmente scritta su un tovagliolo durante una pausa caffè.
E quando tutto sembra già una stonatura sinfonica, entra anche la censura. Eh sì, perché pure i gesti più innocenti diventano “scandali” televisivi. Totò protesta: «Non si può dir niente nel teleschermo», e ha pure ragione. Il pubblico da casa, intanto, si prepara a ricevere qualcosa che nessuno ha chiesto: un Totò ridotto all’osso, con le ali tarpate, inserito a forza in una scatola che non lo conteneva né lo capiva.
Alla fine, la programmazione slitta. Alcuni episodi vengono rimaneggiati, uno intero viene rigirato. Il tempo passa, l'entusiasmo evapora. Totò firma, forse con la stessa malinconia con cui si firma un testamento. Dice: “Male che vada, sono soldi che entrano in cassa.” Ecco il punto più amaro: Totò che si piega a un sistema televisivo che non lo onora, che non lo capisce, che lo usa senza nemmeno divertirsi.
E quando tutto si trascina come una commedia stanca, ecco il colpo di scena finale, degno della più perfida ironia: Totò muore prima di vedere il risultato. Forse un colpo di fortuna, paradossale quanto basta, che gli ha risparmiato la visione di quello che doveva essere un trionfo e si è rivelato invece un atto mancato.
In conclusione, Tutto Totò non è solo una trasmissione, ma una cartolina sbiadita da un futuro che non fu. È la storia, tragica e comica insieme, di un artista gigantesco costretto a scendere a patti con un mezzo (la TV) ancora troppo piccolo per contenerlo. E allora, sì, il titolo è perfetto: non “Il vero Totò”, non “Totò e il Teatro Comico”, ma Tutto Totò. Come dire: vi diamo tutto, ma non davvero. Vi diamo tutto, ma male. Vi diamo tutto, ma troppo tardi.
La prima puntata viene annunciata per il 4 maggio 1967 sul primo canale nazionale. La trasmissione dei nove episodi fu replicata nell'estate del 1978 in seconda serata dal canale RAI 1.
Ecco un approfondimento delle trame degli episodi della serie TV Tutto Totò, trasmessa nel 1967. La serie, composta da nove episodi (più un decimo mai trasmesso), presenta Totò in una serie di sketch che riprendono il suo repertorio teatrale e cinematografico. Di seguito, una panoramica degli episodi:
🎭 1. Il latitante
Totò interpreta Gennaro Lapezza, un piccolo truffatore appena uscito di prigione. Nonostante le promesse di redenzione, torna subito a ingannare il prossimo, fingendosi un vecchio amico di un uomo per ottenere ospitalità. La trama si sviluppa tra equivoci e situazioni comiche, culminando in un confronto con un commissario di polizia interpretato da Gino Cervi.
🧰 2. Il tuttofare
In questo episodio, Totò si cimenta in vari mestieri, tra cui il parrucchiere per signora, riprendendo uno dei suoi sketch più celebri. La narrazione si snoda attraverso una serie di gag che evidenziano l'abilità comica dell'attore nel trasformarsi in diversi personaggi.
🎼 3. Il grande maestro
Totò è Marduccheo Stonatini, un maestro di musica squattrinato e sognatore. Dopo litigi con la moglie, parte per dirigere la banda di un paesino. A causa di un equivoco, si ritrova a condividere un letto con un avvocato e un anziano malato, in una situazione che richiama lo sketch del "vagone letto".
💘 4. Don Giovannino
In questo episodio, Totò interpreta un seduttore incallito che, a causa di una maledizione, si trasforma in un manichino ogni volta che tenta di conquistare una donna. La trama si sviluppa tra situazioni surreali e comiche, mettendo in luce la versatilità dell'attore.
🎲 5. La scommessa
Totò scommette con un amico di riuscire a vivere per un giorno intero senza dire una bugia. La sfida si rivela ardua, portando a una serie di situazioni esilaranti che mettono alla prova la sua capacità di essere sincero.
🎬 6. Totò ciak!
In questo episodio, Totò si ritrova coinvolto in una serie di situazioni cinematografiche, interpretando vari ruoli in parodie di generi diversi, dal western al film di spionaggio. La puntata è un omaggio al mondo del cinema e alla capacità camaleontica dell'attore.
🏙️ 7. Totò a Napoli
Totò torna nella sua città natale, Napoli, e si confronta con i cambiamenti della società e della città stessa. Attraverso incontri con personaggi pittoreschi, l'episodio offre uno spaccato della Napoli dell'epoca, tra tradizione e modernità.
🏆 8. Premio Nobel
Totò interpreta un improbabile scienziato che, per una serie di equivoci, viene scambiato per un candidato al Premio Nobel. La trama si sviluppa tra situazioni assurde e gag che mettono in luce l'ironia dell'attore.
🎶 9. Totò yé yé
In questo episodio, Totò si confronta con la cultura giovanile degli anni '60, entrando in un locale alla moda e cercando di adattarsi ai nuovi costumi. L'episodio, girato poco prima della sua morte, è stato trasmesso postumo nel 1986.
🎄 10. Totò a Natale (mai trasmesso)
Questo episodio, previsto come parte della serie, non è mai stato trasmesso e si presume sia andato perduto. Le informazioni disponibili sono scarse, e l'episodio rimane avvolto nel mistero.
Sulla piattaforma RaiPlay sono visibili tutti gli episodi
Totò era piuttosto scettico nei confronti della televisione, tuttavia ne seguiva abitualmente i programmi, sforzando gli occhi malati. Sa com'è, nella vita si finisce con l'amare anche l'orrido. Dopo lunghe incertezze, si arrese di buon grado alle nostre pressioni. All'inizio del lavoro mal sopportava i vincoli inevitabili della televisione. «Non si può dir niente nel teleschermo», protestava, «il gesto più innocente è temuto come uno scandalo». Non erano tutti, sa, gesti innocenti. Poi Totò si rese conto delle profonde differenze esistenti fra la TV, che va in tutte le case, e il cinema o l'avanspettacolo; la polemica si esaurì. Devo dire che la censura era orientata a largheggiare con lui, considerando la sua statura. Abbiamo perfino potuto includere lo spogliarello, o quasi, di Sandra Milo nello sketch del vagone-letto. S'è dovuto rifare un solo episodio, quello del parrucchiere effeminato, in cui però la parte incriminata non era di Totò ma della sua «spalla».
Daniele D'Anza, 11 maggio 1967
Fui io ad avere l'idea di quel programma, e mi dispiace parlarne male… L'unica cosa buona di quella trasmissione è stata che Totò non fece in tempo a vedersi sul piccolo schermo, altrimenti si sarebbe guastato il sangue dalla rabbia. Ma ancora una volta avrebbe dovuto incolpare soltanto se stesso, la sua apatia, la sua mancanza di fiducia negli uomini. Era convinto che della sua arte non sarebbe rimasto niente, perché questo è il destino degli attori, e ritenne inutile affaticarsi per smentire il suo fondamentale pessimismo. Del resto, lo interessava solo il teatro vero, quello che lui inventava sera per sera davanti al suo pubblico: nel cinema e nella televisione vedeva unicamente delle macchine per far soldi, per pagarsi i suoi vizi e la sua dorata tristezza di principe venuto al mondo in un secolo sbagliato.
Mario Castellani
In occasione del lancio della serie televisiva "Tutto Totò", il 4 maggio 1967, Sandro Bolchi presenta il primo episodio rievocando la figura del grande attore (scomparso da meno di un mese) insieme agli scrittori Cesare Zavattini e Achille Campanile, nonché con il regista Daniele D'Anza, autore delle nove puntate. - RAIPLAY
I documenti
La serie televisiva Tutto Totò, trasmessa nel 1967, ha avuto diverse edizioni home video nel corso degli anni, sia in formato VHS che DVD. Di seguito, un elenco dettagliato delle principali uscite, con informazioni su anni di pubblicazione, contenuti e caratteristiche tecniche.
📼 Edizioni in VHS
1. Collana "Il Grande Cinema di Totò" – Fabbri Editori (anni '90)
- Formato: VHS
- Contenuti: Episodi selezionati della serie Tutto Totò
- Note: Distribuita in edicola, questa collana presentava una selezione di episodi della serie, spesso accompagnati da fascicoli informativi.
2. Raccolte private e collezioni varie
- Esempi: Alcune collezioni private includono VHS come "Totò, Peppino e... (ho detto tutto)", "Totò si nasce", "Totò contro Totò" e altri titoli.
- Note: Queste edizioni, spesso distribuite da Rai Trade o Video 80, presentavano compilation di sketch e filmati di Totò, inclusi alcuni episodi della serie.
💿 Edizioni in DVD
1. Cofanetto "Tutto Totò – Box 1" – Rai Trade (2007)
- Formato: DVD
- Numero di dischi: 6
- Contenuti: Episodi della serie Tutto Totò
- Lingua: Italiano (Dolby Digital 1.0)
- Note: Questa edizione rappresenta una delle raccolte più complete della serie, offrendo una selezione significativa degli episodi trasmessi nel 1967.
2. "Tutto Totò – Vol. 2" – Rai Trade
- Formato: DVD
- Numero di dischi: 3
- Contenuti: Episodi "Totò Ciak", "Totò Ye Ye" e "Totò a Napoli"
- Lingua: Italiano (Dolby Digital 2.0)
- Note: Questa edizione si concentra su tre episodi specifici della serie, offrendo una visione approfondita di alcune delle performance più iconiche di Totò.
3. Edizioni internazionali
- Esempi: Alcuni episodi della serie sono stati distribuiti singolarmente in DVD, come "Il grande maestro", disponibile su piattaforme internazionali.
- Note: Queste edizioni, spesso importate, offrono la possibilità di accedere a singoli episodi della serie, sebbene possano presentare differenze nei contenuti e nelle caratteristiche tecniche rispetto alle edizioni italiane.
🧾 Considerazioni finali
Le edizioni home video di Tutto Totò hanno permesso di preservare e diffondere la serie televisiva, rendendola accessibile a nuove generazioni di spettatori. Sebbene alcune edizioni siano ormai fuori catalogo, è ancora possibile reperire copie attraverso collezionisti, mercatini dell'usato e piattaforme di vendita online.
Partitura originale “Non c'è più niente da fare”, cantata da Bobby Solo nella sigla finale della serie televisiva Tuttototò, 1966
D.: Lei ha registrato per la TV una serie di dieci trasmissioni, ma da tempo non le mandano in onda: non potrebbe essere un ritardo causato dalla censura?
R.: «La censura televisiva è terribile: abbiamo tolto qualche cosa, qualche battuta un po’ forte; abbiamo aggiunto qualche altra... potabile...»
D.: Lei pensa che tutto quello che censurano sia censurabile?
R.: «No. Ma lì vi sono dodici funzionari; ognuno trova qualcosa da ridire e allora vengono censurate anche dieci o dodici cose per volta».
D.: Ma che cosa viene censurato?
R.: «Alla televisione censurano delle cose che non c’entrano affatto con la censura! Io, per esempio, facevo uno starnuto in mano alla mia «spalla»; questo ha disturbato uno dei funzionari. Questo non dovrebbe essere censurabile perché poi vediamo alla televisione stessa, in un altro sketch con altri attori, che c’è uno che sputa nell’occhio ad un altro. Beh? Lo starnuto era finto mentre lo sputo è vero!... C’è il liquido!».
Così la stampa dell'epoca
La serie televisiva Tutto Totò, trasmessa nel 1967, rappresenta un capitolo complesso nella carriera del grande comico napoletano. Concepita come un omaggio alla sua vasta produzione teatrale e cinematografica, la serie si è scontrata con le sfide della produzione televisiva dell'epoca, ricevendo reazioni contrastanti da critica e pubblico.
📺 Accoglienza del Pubblico
Nonostante le difficoltà produttive, Tutto Totò fu accolta calorosamente dal pubblico italiano. La serie registrò un ascolto medio di circa 15 milioni di spettatori, un risultato notevole per l'epoca . Questo successo evidenzia l'affetto e l'ammirazione che gli italiani nutrivano per Totò, riconoscendo nella serie un'opportunità per rivedere le sue performance, anche se in un formato diverso dal consueto.
📝 Reazioni della Critica
La critica, al contrario, espresse riserve sulla serie. Molti recensori sottolinearono la qualità approssimativa della produzione, con scenografie modeste e una regia poco incisiva. Inoltre, alcuni critici notarono che la comicità di Totò non appariva al meglio, attribuendo ciò alla realizzazione frettolosa e alla mancanza di un contesto teatrale che valorizzasse appieno il suo talento .
🎭 Performance di Totò
Nonostante le limitazioni, Totò dimostrò ancora una volta la sua maestria comica. Anche se affaticato e con problemi di salute, riuscì a infondere vitalità ai suoi personaggi, spesso improvvisando e adattando i suoi sketch classici al nuovo formato televisivo. La sua capacità di coinvolgere il pubblico rimase intatta, confermando il suo status di icona della comicità italiana.
🎬 Conclusioni
Tutto Totò rappresenta un tentativo ambizioso di trasporre l'arte di Totò sul piccolo schermo. Sebbene la serie abbia incontrato ostacoli produttivi e critiche, il calore del pubblico e la dedizione dell'attore confermano l'importanza di questo progetto nella storia della televisione italiana. Resta un documento prezioso che testimonia l'influenza duratura di Totò nel panorama culturale del paese.
«Tuttototò», l'ultima fatica per la televisione
Totò e il complesso dei fratelli siamesi: la comicità ispirata dalla gente comune
Tuttototò: in dieci personaggi il meglio di Totò
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Tuttototò: la mia vita in dieci serate
«Tutto Totò»: vietato ai maggiori di 90 anni
Totò, l'arte di far ridere
Facciamo visita a Totò
Tutti aspettano Totò
Totò: «Torno al teatro ma non sarà un addio»
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Daniele D'Anza: Totò sfiorò la morte in palcoscenico
Tuttototò, la sua ultima parte fu quella del capellone
Tuttototò (ma censurato)
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Totò ritorna sul video per regalarci qualche ora di serenità
Totò, che piacere rivederti
Silvana Pampanini: «Totò, il mio mancato marito»
Totò si è arreso alla TV: 10 puntate
La trasmissione sarà filmata a Cinecittà a partire dalla metà di aprile
Roma, 29 marzo.
Totò ha detto «sì» al video, dopo anni di ostinata allergia televisiva. Convinto da Gennarini e Beretta, il popolare comico si è arreso proprio nell'anno in cui festeggia i suoi cinquant'anni di teatro e dì cinema: un momento, quindi, di particolare significato. Totò stesso ha collaborato — una volta buttatosi con entusiasmo nell'mpresa — alla preparazione dei testi, insieme con Bruno Corbucci e Daniele D'Anza, al quale sarà affidata la regia delle dieci puntate della trasmissione, che saranno filmate a Cinecittà a partire dalla metà di aprile.
La trasmissione si intitola Tutto Totò, ma le dieci puntate saranno indipendenti l'una dall’altra e suddivise In due gruppi con caratteristiche differenti. Le prime sei puntate, infatti, costituiranno una rievocazione di alcune fra le più gustose scene create dall’attore per il teatro, con raggiunta di novità: due scene per ogni puntata, scelte con il criterio di analogia o accostamento del tema e collegate fra loro con un filo di tessitura. Cosi, il «Vagone letto» e il «Bigliettaio» saranno l’argomento della prima puntata; la «Camera affittata a tre persone» e «Guendalina», nella seconda; «Manichini» e «Pazzo per amore», della terza; mentre Totò sarà, nella quarta, in cerca di lavoro, prima quale parrucchiere e poi come allievo bandito, e nella quinta unirà due sketches legati al periodo bellico, «La censura» e «Lo sberleffo».
Un cenno particolare merita la sesta puntata che comprenderà due lavori nuovi. Corbucci è autore de «Il latitante» che vedrà Totò campare astutamente a scrocco di famiglie sconosciute dove si presenta come un vecchio amico dimenticato, ora nei guai, chiedendo asilo per 48 ore, con la scusa di doversi celare, ricercato com’è per avere investito con la sua potente (quanto fantasiosa) automobile un vecchio che versa in pericolo di morte. Esaurite le risorse di convenienti rifugi, riuscirà ancora, affermando che il vecchio è morto, a ricavare centomila lire per affidarsi alla difesa di un luminare del Foro.
L’altro lavoro, «La scommessa» è invece opera dello stesso Totò. Commesso alle dipendenze di un professionista, gelosamente risparmia ogni lira dello scarso guadagno, respingendo qualsiasi insidia al suo gruzzolo, dagli svaghi alle donne. Per la scommessa fatta con alcuni conoscenti che sarà capace di fargli spendere in una sera sola tutti i risparmi, tuttavia, la formosa moglie del suo dirigente si fa condurre in un ristorante di lusso, ordina cibi prelibati, champagne e fiori, gettando il meschino nella costernazione e nel brivido. Come finirà la strana avventura, è ancora «top secret».
Le altre quattro puntate di Tutto Totò avranno invece il carattere di veri e propri shows, due dei quali dedicati al ragazzi, da trasmettere per Natale e per la Epifania (e vedremo l’attore trasformarsi nella Befana, in Pinocchio, nella Fatina Azzurra); un terzo porrà in contatto Totò, compositore melodlco, con il mondo nuovo e scatenato della gioventù yé-yé; l’ultimo infine riguarderà i rapporti fra Totò e il cinema.
In questi specials che comprenderanno vedettes, numeri spettacolari di varietà, ospiti — fra i quali Bolchi e Lanfranchi hanno invitato molti attori che a Totò furono vicini, da Peppino De Filippo ad Aldo Fabrizi, da Gino Cervi a Walter Chiari, da Nino Taranto a Macario ed a Vittorio De Sica, nonché voci d’oro della canzone come Mina, Rita Pavone, Miranda Martino, Milva, Gigliola Cinquettl, le quali canteranno fra l’altro alcune delle canzoni composte da Totò — il protagonista sarà sempre circondato da donne altissime e bellissime che i produttori stanno proprio ora scegliendo.
Al. Cer., «Corriere della Sera», 30 marzo 1966
L'attore ha ricevuto una medaglia d'oro
Totò festeggia in TV 50 anni di spettacolo
Il comico registrerà in aprile episodi e scenette della sua attività di cinema e di teatro - Il primo "ciak" a Cinecittà
ROMA, mercoledì sera.
Totò festeggia in questi giorni i cinquant'anni di attività nel mondo dello spettacolo. Quale simbolico riconoscimento gli è stata offerta una medaglia d'oro nel corso di un ricevimento, al quale hanno partecipato numerosi divi, esponenti della cultura e del teatro. Tra gli altri si notavano Moravia, Aldo Fabrizi, Camillo Mastrocinque, Milly, Carla Gravina, Giorgia Moll, Paola Borboni, Olga Villi, Valentina Cortese. Al termine della serata il cantante Ugo Calise ha dedicato a Totò le sue nuove composizioni. Il comico napoletano, dopo numerose trattative, ha ceduto alla tv.
La trasmissione che animerà è intitolata «Tutto Totò». L'attore stesso ha collaborato ai testi. Le prime sei puntate dello spettacolo riguarderanno la sua attività teatrale. La prima riproporrà «Vagone letto » e « Il bigliettaio ». In questi « special» Totò sarà affiancato da noti attori, Fabrizi, Walter Chiari, Taranto, Macario, Mina, la Pavone, Vittorio De Sica e così via. La trasmissione sarà filmata a Cinecittà a partire dalla metà di aprile.
«Stampa Sera», 30 marzo 1966
Totò debutta alla TV
Dopo aver respìnto per molti anni i reiterati inviti della TV, Totò si è finalmente lasciato convincere e apparirà nei prossimi mesi sul video in una trasmissione che si articolerà in dieci puntate e che avrà per titolo « Tutto Totò ». Lo stesso attore ha già collaborato alla stesura dei testi insieme a Bruno Corbucci e al regista del ciclo Daniele D'Anza. Le dieci puntate del «Tutto Totò» saranno filmate negli studi di Cinecittà e l'inizio della realizzazione è previsto per la metà di aprile. La trasmissione sarà divisa in due parti. Nella prima troveranno posto alcune fra le più spiritose scenette create da Totò nella sua lunga carriera. Rivedremo cosi alcuni famosi sketches come quello del «Vagone letto», del «Bigliettaio», dei «Manichini », della « Cesura », dello «Sberleffo» ecc.
Le ultime quattro puntate avranno il carattere di veri e propri «show» e Totò ne approfitterà per inserirsi nella trasmissione oltre che nelle vesti di comico, anche in quelle di compositore. Negli «show» il popolare Totò sarà affiancato di volta in volta da notissimi attori tra cui Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Gino Cervi, Walter Chiari, e da uno scelto gruppo di cantanti.
«Il Messaggero», 30 marzo 1966
E' allo studio un filmato che raccoglierà le interpretazioni più divertenti e più significative in teatro e in cinema di Totò. La trasmissione si intitolerà Tutto Totò e, su testi di Corbucci e dello stesso attore, sarà diretta da Daniele D'Anza. Dovrebbe essere in dieci puntate e accanto a Totó dovrebbero figurare molti altri attori comici, da Peppino De Filippo a Aldo Fabrizi e Walter Chiari. La lavorazione sarebbe effettuata entro l'estate e l’esordio avverrebbe tra ottobre e novembre
u. bz. (Ugo Buzzolan), «La Stampa», 15 aprile 1966
Dopo il successo ottenuto con il film Uccellacci e Uccellini e la menzione al festival di Cannes, Totò ha ceduto alle offerte della televisione. Lo vedremo infatti nei prossimi mesi protagonista di cinque telefilm in corso di realizzazione a Milano. Con Alberto Sordi e Sofia Loren Totò era uno dei pochi divi che avevano risposto sempre negativamente alla lusinga della popolarità televisiva.
«L'Unità», 30 giugno 1966
Tutto Totò sul video (a rate)
Negli studi della RAI TV è terminata la preparazione di «Tuttototó»: un'antologia televisiva del grande comico napoletano. Lo spettacolo è imperniato su dieci personaggi alcuni dei quali scelti tra i più significativi di quelli che il «comico-principe» ha creato. «Tuttototò» si articolerà in una prima serie di trasmissioni di sei puntate di un‘ora ciascuna. Si intitolano «Don Giovannino», « Il tuttofare », «Il premio Nobel», «Il grande maestro », «Il lottatore» e «La scommessa». Le prime quattro prendono le mosse da storie famose del grande comico: i classici del suo teatro.
«Premio Nobel», per esempio, non è altro che la scenetta del «Vagone letto», opportunamente riveduta e corretta: le esperienze, le avventure di un professore italiano che va ad Oslo in vagone letto, per ritirare l’ambito riconoscimento internazionale. Gli ultimi due atti unici sono «originali» scritti per l'occasione da Mario Corbucci. Seguiranno, poi, altri quattro «Numeri unici». I titoli ne suggeriscono il contenuto: «Totò a Natale»; «Totò a Napoli»; «Totò ciak»; « Totò ye-ye».
«Paese Sera», 3 ottobre 1966
E' terminata la registrazione di Tuttototò, un'antologia di interpretazioni di Totò articolata in dieci puntate. La programmazione è prevista per l'inverno
«La Stampa», 5 ottobre 1966
La trasmissione Tutto Totò di cui la lavorazione è terminata nei giorni scorsi e che sarà programmata nell'inverno, si compone di dieci puntate: quattro («Don Giovannino», «Il Premio Nobel» «Il tutto fare» «Il grande maestro») prenderanno spunto da personaggi e scenette delle sue riviste più popolari: due («Il lottatore» e «La scommessa») sono atti unici di Mario Corbucci; e gli ultimi quattro («Totò a Natale», «Totò a Napoli», «Totò-Ciak» e «Totò yé-yé») saranno delle fantasie comico-musicali con la partecipazione di attori di cinema e di teatro, di cantanti e di complessi.
«La Stampa», 11 ottobre 1966
Prossimamente alla TV
«Tototuttò» si intitola la serie antologica che la TV ha dedicato al popolare attore Totò. Ecco il comico in uno degli sketches che saranno, programmati prossimamente
«Il Messaggero», 14 ottobre 1966
TUTTOTOTO' - Il comico napoletano rappresenta la grande attrazione della stagione televisiva. Dopo quattordici anni di rifiuti a comparire sul video, Totò sarà protagonista di un lungo show di dieci puntate: "Tuttototò”. Sei puntate raccoglieranno un’antologia dei migliori numeri della sua carriera. Le altre quattro puntate sono numeri unici ispirati alla vita odierna, scritti appositamente per il debutto televisivo dell’attore. La foto mostra il comico in go-kart in uno show dedicato ai giovani di oggi, capelloni e no: ’Totò yé-yé”. Il regista della trasmissione è Daniele D’Anza.
«Tempo», 2 novembre 1966
Dopo il cinema e la TV, l'attore formerà compagnia
Totò: «tornerò al teatro ma non sarà un addio»
Il principe De Curtis intende allestire una commedia ambientata ai nostri giorni - Dai film di cassetta a quelli «impegnati»
Roma, martedì sera.
«lo sono un attore educato — dice Totò. — Educato a non dire porcherie e a non giocare coi doppi sensi. Ma la televisione di ciò non tiene conto: fa lavorare con la camicia di forza, impone una censura che è davvero eccessiva. E poi oi sono troppi funzionari responsabili di una trasmissione. Ciascuno trova la mossa o la battuta che gli dà fastidio. E ciascuno richièda il suo bravo taglio, coi risultati che si possono immaginare».
Il comico napoletano ha lavorato tre mesi negli studi televisivi di Milano e Roma. Per la regìa di Daniele D'Anza ha registrato dieci puntate di uno show che andrà in onda a partire dal mese prossimo, Tuttototò: sei numeri che costituiscono una antologia del suo repertorio teatrale e cinematografico, dal '37 al '50 circa; ed altri quattro che, in una curiosa mescolanza di canzoni e poesia spesso inedite firmate da Curtis, sono una satira di costume del mondo moderno scritta per l'occasione da Mario Corbucci. Per l'attore quasi settantenne questo è praticamente il suo debutto televisivo, «ho rimandato l'appuntamento con il piccolo schermo per dodici anni — egli dice. — Poi ho capitolato. Era quasi doveroso per me che ho fatto di tutto: la commedia dell'arte e il varietà, la prosa e la rivista, il cinema e l'operetta».
Minuto, il viso pallido e scarno, il principe Antonio De Curtis è un signore cortese, con un fondo di malinconia che la timidezza dei gesti tradisce. Abita in una casa che nulla vieta di definire regale, ai piedi dei Parioli. Amministra le sue energie e le ore della giornata con oculata parsimonia. Dispone di uno stuolo solerte di camerieri, segretari ed autisti. E lavora. Quarantacinque anni di carriera e centocinquanta film all'attivo. Fino a poco tempo addietro ne «girava» cinque-sei all'anno. Oggi il ritmo è meno sostenuto, ma non per volontà sua.
«Con l'allenamento che ho — spiega — un film non è certo una fatica». In questo periodo, ad esempio, di giorno è impegnato nelle riprese di un episodio, di sera nel doppiaggio di quello precedente e nei ritagli di tempo presiede riunioni d'affari, scrive poesie, canzoni e persino una commedia. Ma le sue cure, maggiori continuano ad andare a Totò. Questa è la sua invenzione-capolavoro. Una maschera che da quarant'anni fabbrica ilarità e milioni.
Recentemente un cinema più sofisticato, meno popolare, è venuto a lui. Gli ha fatto interpretare personaggi letterari, moderni, amari e satirici, con registi come Lattuada e Pasolini. Ma il principe De Curtis non ne è colpito. «Io sono un artista — dice con meritata immodestia, — Artista al cento per cento. So fare il comico e il drammatico, il patetico e il brillante. Posso fare tutto: è il mio mestiere». Per la prossima stagione spera di presentarsi al pubblico con una sua compagnia di prosa ed un suo testo, una commedia di costume ambientata ai giorni nostri. Ma non sarà un addio. Anzi. Con un guizzo di sfida nella voce, dichiara divertito: «Mi ritirerò quando non ne potrò più. Ma ciò non succede subito. Ho ancora tanto spirito in corpo, come diciamo a Napoli».
L. Madeo, «Stampa Sera», 6 dicembre 1966
Nel luglio scorso, dopo quindici anni di rifiuti, Totò accettò di debuttare in TV con un'antologia in dieci puntate dei suoi sketch più famosi. Oggi, alla vigilia dell'esordio, fissato per i primi di gennaio, se ne dichiara amaramente pentito. I catoni di via Teulada hanno il taglio facile, ma stavolta, a sentire Totò, hanno passato il segno. [...] Hanno decimato le battute, mutilato le gag, soppresso i sottintesi, anche i più castigati, anzi solo quelli perché a eliminare dal testo ogni allusione, che non fosse più che innocente, ci avevano già pensato gli autori [...].
Gli sketch hanno perduto il 50% della loro comicità. Confezionati con tutte le spezie, gli aromi e le salse per far ridere gli spettatori, minacciano ora di farli sbadigliare. Totò li aveva scelti dal suo repertorio e adattati per la televisione tenendo conto del pubblico al quale essa si rivolge. S'illudeva di esserci riuscito e invece ecco che i censori li hanno ridotti a polpettoni scuciti e inanimati [...]. Nei giorni scorsi Totò e il regista Daniele D'Anza si sono incontrati, anzi scontrati, con i dirigenti della televisione per indurli a limitare le amputazioni e a ridiscutere i testi. Ma, almeno fino a questo momento, senza risultati, mentre continua l'opera di «bonifica» dei censori.
Delle dieci puntate [...] quasi tutte, quale più, quale meno, sono passate sotto la mannaia dei revisori. In una, intitolata Attilio il parrucchiere e imperniata su candidi giochi di parole, il nome Attilio è stato soppresso per timore di offendere i barbieri che portano quel nome.
Roberto Gervaso, "Totò è pentito d'aver ceduto alla TV", «La Domenica del Corriere», n. 51, 18 dicembre 1966
Il ricordo di Totò sul video
Commemorato Totò con brani di film e testimonianze di attori e di registi
Ieri sera la tv ha ricordato Totò con un servizio speciale di «Prima pagina». Era d'altronde logico e doveroso. Il servizio aveva soprattutto il pregio dell'immediatezza e dell'attualità e alternava ad interviste e testimonianze (Tognazzi, Castellani, la «spalla» di Totò, Nino Taranto, il regista Blasetti, la Magnani ecc. ecc.) brani di film, da «Guardie e ladri» — una sequenza vista più di una volta in tv — a «Uccellacci e uccellini», una scena bellissima, ed esempi di quella che era la comicità propriamente teatrale del grande mimo. Si sarebbe voluto che i frammenti fossero più estesi (anche perché dichiarazioni, memorie personali, elogi e .via dicendo hanno sempre, loro malgrado, fatalmente, una sfumata di retorica funebre, un sospetto di commemorazione ufficiale). Ma il punto non è questo. Ci pare che la televisione abbia sbagliato nel trasmettere l'omaggio a Totò in seconda posizione dopo la rivista e quindi ad ora tarda. L'importanza dell'avvenimento — la scomparsa di un attore celebre e caro alla gente, cui, come ha osservato Blasetti, egli aveva alleviato per qualche ora, con il suo irresistibile umorismo, la pena di vivere — era fuori dubbio: importanza che la tv ha sentito in quanto ha collocato l'omaggio al posto di un'inchiesta sulla situazione ospedaliera che è, si può dire, l'argomento del giorno. E allora perché non aprire con il servizio di «Prima pagina» il canale nazionale?
Totò, appunto per le risate che ci ha fatto fare, non meritava bene questo piccolo tributo di rispetto e di affetto? «Sabato sera» poteva attendere: era poi un varietà, non la ripresa diretta di una partita di calcio o della partenza di un missile. Diremmo che tra l'altro su i Sabato sera» ha pesato l'avvertimento dato dall'annunciatrice che, dopo, ci sarebbe stata la rievocazione di Totò. Si desiderava in fondo che finisse alla svelta. La puntata è parsa di normale amministrazione, abbastanza gradevole, con Rascel alla ribalta quasi costantemente, aiutato da Walter Chiari; Mina cantava, la Falana ballava, la Valeri faceva le sue telefonate; ma di lì a tre minuti si era dimenticato tutto. Dell'intera serata è rimasta una sola immagine, quella con cui si concludeva il reportage di «Prima pagina»: l'immagine, tratta da un film, di Totò che s'allontanava tra la folla napoletana con le mani in tasca, la camminata ora lenta e un po' incerta e ora veloce, il cappelluccio storto e s'inoltrava nei vicoli sino a dileguarsi nell'ombra della sera.
«La Stampa», 16 aprile 1967
Andrà in scena per nove settimane sul canale nazionale
L'ultimo spettacolo di Totò da questa sera alla televisione
«Tutto Totò» è il programma che il polare comico aveva finito di registrare pochi giorni prima della morte - La puntata iniziale è «Il latitante»: con Lia Zoppelli, Gino Cervi e la "spalla” dell’attore, Mario Castellani - In uno dei prossimi numeri il famoso sketch del vagone letto
Quando Totò morì, aveva appena finito di girare una trasmissione televisiva in cui era stato occupato per mesi. S'era sempre tenuto lontano dalla tv che pure seguiva dalla poltrona di casa sua quasi ogni sera. Diffidava, nicchiava, aveva un fondo di paura: temeva probabilmente di bruciarsi o di essere troppo vecchio per un mezzo ancora giovane e nuovo. Alla fine si arrese. Fu ospite d’onore a «Studio Uno», comparve in quella passerella obbligata che è «Carosello» dove prima o poi tutti gli attori si cimentano, e accettò di essere protagonista, animatore e mattatore di un programma Imponente. In nove puntate, destinato ad essere la sua antologia, la rassegna delle sue macchietto e delle sue interpretazioni più famose.
Il programma ha preso un titolo forse un po' presuntuoso ma esplicito e indicativo. «Tutto Totò», che vedremo a partire da questa sera sul primo canale alle 21. Doveva andare in onda nell'inverno, per le feste: è stato anticipato, giustamente: e quindi — come ha osservato Daniele D'Anza, il regista — viene ad assumere un sapore di spettacolo e di cronaca insieme, così trasmesso a caldo appena realizzato, mentre ancora al parla della scomparsa dell'attore.
Saranno nove puntate, suddivise in due cicli. Il primo ciclo comprenderà sei farse scritto o elaborate da Bruno Corbucci con la collaborazione dello sceneggiatore Giovanni Grimaldi: Il latitante, tratto dal copione del film «Le belve», ideato per Totò e rimasto allo stato di progetto (e sarà questa la farsa di debutto, in cui reciteranno, oltre all’immancabile «spalla» Mario Castellani, Gino Cervi e Lia Zoppelli); Il premio Nobel che ospiterà il celebre sketch del vagone-letto di Michele Galdieri (ma quanto rimanipolato e «purgato»?); Il grande maestro, rifacimento moderno del canovaccio napoletano «La camera affittata a tre»; La scommessa, un testo dello stesso Totò che Corbucci ha soltanto adattato al video («spalla» sarà Walter Chiari); Don Giovannino con l'inclusione di due scenette di Galdieri e ancora di Totò; e Il tuttofare, altro rifacimento, stavolta dello sketch «Parrucchiere per signora» ritagliato dalla vecchia rivista «Bada che ti mangio».
Il secondo ciclo sarà formato da tre show con musiche, canzoni e parodie originali: Totò ciack, caricatura dei film polizieschi alla 007 e del western italiani; Totò a Napoli che si svolge interamente sullo sfondo delia città partenopea: e Totò yè-yé con l’attore che si veste da «capellone» (sequenza girata quarantott’ore prima della morte).
Lo spettacolo è molto atteso. Riuscirà a restituirci la forza irresistibile di improvvisazione che caratterizzava le prestazioni teatrali di Totò? O si atterrà maggiormente alle dimensioni di Totò interprete cinematografico? O ci darà un «terzo» Totò a sorpresa, di calibro prettamente televisivo? Si capisce che i pericoli non mancano: abbiamo registrato più volte il caso di comici che nel passaggio alla tv hanno perso mordente, sono risultali scoloriti, quasi impacciati, vuol per un certo disagio al mezzo, vuoi (soprattutto) perché le battute e le barzellette che dicevano allo ribalta o sullo schermo erano ben diverse da quelle, smorzate e innocue, che potevano dirlo sul video. Ma in ogni caso questa ampia antologia dì Totò avrà un valore notevole di documento e di ricordo, e proprio per la sua ampiezza — circa nove oro di trasmissione — pensiamo che sarà in grado di offrire brani di sicuro successo.
Ugo Buzzolan, «La Stampa», 4 maggio 1967
Tutto Totò per il Primo Canale
Si inizia la serie degli spettacoli dedicati all’attore comico scomparso
Alle 21 prende il via sul Nazionale Tutto Totò, un'antologia televisiva curata nei mesi scorsi dal regista Daniele D'Anza e che raccoglie le più note e riuscite macchiette dall'attore napoletano ed Insieme alcune interpretazioni del tutto inedite. Si articola in due serie, la prima di sei farse (una delle quali «La scommessa» su copione dello stesso Totò, arguto autore e sceneggiatore) e la seconda di tre spettacoli musicali.
Il latitante, l'originale televisivo che apre stasera il ciclo, appartiene al primo gruppo ed è tratto da un soggetto cinematografico di Corbucci e Grimaldi già sceneggiato per un film «Le belve» che non venne poi girato per difficoltà sopravvenute nella produzione. A fianco di Totò, insieme con Mario Castellani, che fu la sua « spalla » di sempre, lo interpretano Gino Cervi e Lia Zoppelli. La storia ha un inizio che ricorda vagamente Quello del film di .Rossellini «Dov'è la libertà», recentemente trasmesso e che di Totò non era certo tra le caratterizzazioni più riuscite nonostante ne stimolasse la vena malinconica e crepuscolare.
Anche qui il protagonista è un neo-liberato dal carcere, ma la sua vicenda non ha nulla di patetico. Ascoltate con compunzione le esortazioni a cambiar vita, viatico con il quale è congedato dal direttore della casa di pena, egli si lancia infatti in una serie concatenata di raggiri. Fingendosi proprietario di una « Jaguar » sinistrata ed ex compagno di scuola di un ricco industriale (Cervi) spilla a costui un mucchio di quattrini per la causa conseguente al falso incidente stradale. Naturalmente finirà ben presto per tornare diedro le sbarre.
«Stampa Sera», 4 maggio 1967
TV: «Tutto Totò»
Alla televisione, fra i pochi grandi uomini del mondo dello spettacolo, era sempre sfuggito Totò: una irrimediabile lacuna per tutti coloro che ricordavano l’estro tempestoso, le straordinarie invenzioni comiche di questo attore d’eccezione. Ma anche Totò fini per capitolare: e ieri sera sul nazionale abbiamo visto il primo capitolo di «Tutto Totò», una sorta di antologia del grande comico napoletano, a cura di Bruno Corbucci. Il programma ha avuto un destino un po’ complicato, cosi da arrivare al pubblico solo ora. cioè dopo la scomparsa di Totò.
Nel presentare lo spettacolo con Zavattini, Campanile e il regista D'Anza, Sandro Bolchi ha voluto precisare che l'ideale antologia (comprendente sketches teatrali famosi e scenette inedite, ideate secondo lo stile del Totò cinematografico) non andava avvicinata dal pubblico come una commemorazione ma come un mezzo per continuare a partecipare a quella suggestione puntuale e frenetica, grottesca e amara, che l’attore scaricava, per co6l dire, da se stesso come una pila scarica corrente elettrica.
Dalla trasmissione di ieri sera, intitolata Il latitante, una sceneggiatura di Corbucci e Grimaldi non mai realizzata (con un tipico personaggio di truffatore protervo) che cosa si può intanto dedurre? Che Totò aveva una personalità troppo forte, un ingegno comico troppo marcato per poter servire la televisione, la quale, per sua natura, preferisce creare le dimensioni a un testo, a un interprete piuttosto che adattarsi a qualcosa che già esiste. Ma Totò, nello splendore della sua forma, serviva solo Totò e neppure Totò, riuscendo spesso a superare in una successione irresistibile di trovate gli stessi miti, le figure caratteristiche che aveva creato.
La verità è che Totò, come ogni vero attore, scriveva a se stesso sull’acqua, che le sue interpretazioni di una stessa scena erano irripetibili, variavano da sera a sera; e che a completarle entrava quella specie di ubriacatura che in teatro si stabiliva fra lui e il pubblico. Questa immediatezza, questa creazione nell'attimo, davanti alla telecamera un po' si raggela, e non certo per colpa dell’attore. Certo bisognerà vedere le prossime puntate, i notissimi sketches che ancora il pubblico ricorda. Ma già questa prima serata (cui partecipavano anche Mario Castellani, Lia Zoppelll, Gino Cervi, Giuseppe Porelli) con la possibilità di rivedere il grande attore era un invito irresistibile.
G., «Corriere della Sera», 5 maggio 1967
Totò grande ma in gabbia
Lo spettacolo iniziato ieri sera non può evidentemente darci il famoso attore nella sua piena autenticità • Ma l'estro comico resiste anche dentro le ferree regole del video
Per dodici anni il principe Antonio de Curtis, in arte Totò, respinse con costante fermezza i reiterati assalti della televisione italiana che. «bruciando» di anno in anno i suoi idoli, andava cercando affannosamente alternative ai moduli di spettacolo e, soprattutto, al nomi di cartellone. Anzi, l'esperienza di pochi minuti capitatagli tanto tempo fa quando comparve, come ospite, tra i bambini a un «musicharetto» del povero Mario Riva, gli confermò a lungo la diffidenza per quella gelida lanterna magica che è il «video» casalingo.
Quella volta, dunque, non fu neanche in scena che combinò un pasticcio. Gli saltò — non si sa come — un ticchio e tutto ilare, gridò in piena trasmissione «allora si usava ancora la ripresa diretta»: «Evviva il comandante Lauro!». Tutti intorno gli si fecero di ghiaccio mentre da un capo all'altro della Penisola correva un sussurro: scandalo! La RAI-TV restò allibita, non sapeva chi punire nè come punire. Poi saltò fuori la singolare idea di far pagare al comico la sua strampalata sortita come un annuncio pubblicitario, a tariffa corrente. Si fecero anche i calcoli: se non sbaglio, risultò che la fattura doveva essere di 200 mila lire.
Non so se fu recapitata, nè se fu saldata. Fatto sta che Totò ebbe a toccare con mano che una cosa è il teatro, un'altra il cinema, una altra ancora la televisione. E, per lui, la televisione risultava la cosa più scomoda di tutte. «Non è che io non sia adatto alia televisione — soleva dire — è la televisione che non è adatta a me».
Resta, dunque, quasi inspiegabile come l’altr'anno lui abbia d'improvviso ceduto. O forse si può spiegare con l'infermità che lo aveva colpito, e che non gli impediva certo di vedere ciò che aveva intuito fin da principio, ma in realtà gli sbarrava la strada al teatro, presentandogli come accettabile il surrogato dello «studio» televisivo.
Così nacque il ciclo «Tutto Totò», una specie di antologia a puntate dei successi teatrali e cinematografici del grande comico, riveduti, corretti e ampliati per il «video». Sarebbe ipocrita dire — adesso che lui se n'è andato — che il lavoro fu tranquillo ed entusiasmante. La TV arricciò il naso, il protagonista se ne diede non poca pena. Scoppiò una polemichetta, alcune parti si dovettero rifare, le puntate (se non erro) vennero ridotte, alcune furono rimpastate.
Al regista D’Anza «impegnato» subentrò nella fase finale della revisione, Sandro Bolchi. Le ultime scene furono girate proprio pochi giorni prima che Totò ci lasciasse per sempre. Di tutto ciò conviene tener conto, non tanto nel giudicare, quanto nel guardare questi «ricordi vivi» che da ieri sera la TV ha cominciato a trasmettere. Non è il miglior Totò, d’accordo, cioè non è il Totò autentico. Per forza: lo sapeva anche lui. Aveva esitato sempre a cacciarsi in quella «gabbia di vetro» in cui temeva di veder imprigionato il suo formidabile estro, le sue irripetibili invenzioni.
E, semmai, un Totò pedinato con cura e diligenza lungo un sentiero ferreamente tracciato, come in certi suoi film commerciali. Senza lo scoppio della sorpresa. senza la magica felicità di un incontro diretto con il pubblico. Si poteva far diversamente? Si poteva sbrigliare il comico su un palcoscenico vero c lasciargli libertà di creare o rievocare, su un canovaccio da commedia dell'arte? Chi lo ricorda con maggior vivezza in teatro — dall'avanspettacolo alla rivista — dice di sì. Chi ha presenti certe rigide regole della TV (e certi tabù, anche: via, non ricordiamo le «donnine» di Totò?) pensa di no. E si accontenta.
Il lungo sketch di ieri sera — Il latitante — con la comparsa finale di Cervi - Maigret sapeva tanto di routine televisiva, con il solito vezzo di «un programma che morde la coda a un , altro». Però, «lui», che eccezionale stoffa d'attore! Achille Campanile che, con Bolchi e Zavattini ha presentato il ciclo, ha sparato il paragone con Charlot. Non so se l’affermazione debba far scandalo.
Gino Fantin, «Corriere d'Informazione», 6 maggio 1967
In nove trasmissioni vengono presentate le più famose scenette che costituirono per tanti anni in teatro i «cavalli di battaglia» di Totò. Diverse battute però sono cadute sotto le forbici della censura televisiva.
Carlo Galimberti, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967
Il tramonto del varietà televisivo
Anche Tutto Totò ha deluso: le scenette inventate dal comico hanno vitalità solo le inserite nell'ambiente in cui scaturirono
Si attendeva, con fiducia, una novità che avrebbe potuto risollevare gli spiriti depressi, riaccendere ; sorrisi, ed era «Tutto Totò». Ma le prime, puntate hanno deluso e rinvelenito gli umori del pubblico. Anzitutto vi è stata una iperbolica campagna di stampa, che non ha conosciuto limiti e decenza e che ha colto l’occasione della morte di Antonio De Curtis per elevarne il a mito il ricordo. I superlativi sì sono sprecati; si è presentato Totò come «il più grande comico del mondo», «superiore a Charlot». Così si è illuso il pubblico che qualcosa di eccezionale gli sarebbe stato presentato: una rievocazione di scenette d’avanspettacolo, inventate da Totò nella sua lunga carriera di comico di rivista, ma che avevano una loro vitalità solo se inserite nell’ambiente in cui erano scaturite.
Perché si reggevano su chiari motivi erotici, su piccanti doppisensi, su invenzioni godereccie, tipiche un certo teatro e di un particolare momento storico tra una sfilata e l'altra di belle ballerine. Riproporle in televisione ha significato, appunto, svirilizzarle, addomesticarle, purgarle, per non incorrere in reati punibili dal codice penale. In tale modo si è imbrigliato Totò, gli si è messa la museruola, facendone un manichino snodato non un mimo ed un attore
Non si poteva fare altrimenti, con simili testi. E questo è appunto l'errore dei produttori, esterni alla Tv, che hanno realizzato «Tutto Totò» e non hanno capito che pur essendo meno facile e più rischioso Totò era da utilizzare come attore, in testi appositamente sceneggiati, come è stato fatto da Pasolini.
L’esperimento meritava di essere tentato. Basti pensare a «Guardie e ladri» per esserne convinti. Così si è inferto un duro colpo alla memoria del principe Antonio De Curtis.
Giorgio Benini, 4 giugno 1967
Totò "nascosto" in sei telefilm
Un luogo comune che è circolato in questi ultimi tempi riguarda il disprezzo critico di cui sarebbe stato oggetto Totò quando era in vita. Non è vero. Totò era acclamato come attore di rivista e ampiamente valutato come attore cinematografico; solo che si diceva, magari in qualche caso con eccessiva asprezza polemica, che troppi del suoi film non valevano niente. E questo è vero, inutile fare un elenco o mettere sotto accusa produttori avidi di quattrini, registi dalla manovella facile e lo stesso Totò reo di prestarsi per convenienza: ma si sa che molte delle sue cento e più pellicole sono delle brutte cose, scipite, abborracciate, girate alla svelta in quattro o cinque giorni, basate esclusivamente sul suo nome sfruttato con accanita insistenza.
Ma che Totò rosse un grande comico, un grande mimo, una maschera straordinaria nessuno l’ha mai messo in dubbio. Oggi c'è un risveglio di interesse che mi pare appena giusto. Ma non si parli di riscoperta perchè avrebbe un sapore ridicolo. Totò non ha mai avuto bisogno di essere riscoperto e tanto meno rivalutato. L’operazione — che si attua continuamente attraverso convegni, studi, libri, rassegne — ha un suo preciso e utile senso quando recupera dallo sterminato materiale di Totò tutto quello, ed è moltissimo, che testimonia a conferma le eccezionali qualità dell'attore il quale, come dico Flaiano in uno scritto pubblicato da «Tuttolibri» di questa settimana, rappresentava della commedia italiana non tanto i caratteri quanto la zona metafisico, l'imponderabile, il grottesco, l'inverosimile. E allora, certo, sono da rivedere non solo i film migliori, ma anche le brutte coso a cui si accennava prima: dentro, tra gli scivoloni di una realizzazione frettolosa e in balordaggine del copione. E' sempre possibile cogliere almeno una sequenza in cui Totò si abbandonava all'invenzione felice.
A questa operazione, che tende a ricostruire un ritratto critico completo e approfondita di Totò, dà il suo contributo anche la tv con la replica del ciclo Tutto Totò prevista per le 21 e 35 di stasera sulla rete 1. E' una serie di sei telefilm interpretati dall'attore nel 1967 poco prima della morte, e diretti da Daniele D'Anza. Fu la sua unica esperienza tv, e non risultò soddisfacente. Lo stesso D'Anza, con onestò, parla di «Occasione mancata», precisando che «Totò doveva seguire un testo prefissato e questo lo impacciava soprattutto quando doveva ripetere te scenette di sempre, quelle che in teatro inventava ogni sera in modo diverso», Effettivamente i sei telefilm sono alquanto deboli. Ma vale la pena riesaminarli perché, al solito, non si potranno non riconoscere qua e là i segni inconfondibili di un grande Totò, che in questo caso è anche, purtroppo, l'ultimo Totò.
Ugo Buzzolan, «La Stampa», 9 giugno 1978
Totò fatto a pezzi
Ieri una sconclusionata rassegna di canzonette napoletane dove il celebre comico era, melanconicamente, l’ombra di se stesso
E’ un fatto triste, quasi imbarazzante, ma bisogna pure registrarlo: la serie « Tutto Totò » si sta sfasciando in modo miserevole. L'inizio era sembrato accettabile i copioni erano modesti ma in ogni caso davano la possibilità al grande comico di esibire, benché a sprazzi, i suoi numeri più popolari. Nell'insulsaggine delle trovate e del dialoghi ci si consolava constatando che Totò era sempre Totò e pensando che comunque queste trasmissioni sarebbero rimaste come estreme testimonianze dell'attività dell'attore.
Ma le consolazioni di tipo sentimentale sono regolarmente inutili e fallaci. Via via abbiamo dovuto ricrederci. Le storielle erano troppo stolide. Totò finiva col farci cattiva figura, e quanto alla testimonianza, al documento, meglio lasciar perdere: era in fin del conti un deplorevole servizio alla memoria di un interprete pressoché favoloso. La settimana scorsa «Totò ciak» ha segnato il crollo. Ma c'è sempre un peggio; e il peggio è arrivato ieri sera sotto forma di «Totò a Napoli »: uno show terz’ordine, una sfilala di canzonette spesso banali e cacciate dentro nello spettacolo a forza, diremmo a sproposito, con un legame tenue fra motivo e motivo, una scorribanda per Napoli a bordo di un autobus pieno di turisti, cicerone Totò.
Napoli illustrata da Totò poteva essere un'idea. Ma non c'erano battute, non c'era spirito, non c'era niente. Non c'erano nemmeno, ad essere sinceri, immagini particolarmente suggestive di Napoli. Un programmino canoro realizzato in economia come se ne sono visti cento in televisione, una povera cosa in cui Totò, melanconicamente, era l’ombra di se stesso. C'è da chiedersi: visto il basso livello della puntata, era proprio indispensabile trasmetterla?
«La Stampa», 16 giugno 1967
IL CICLO RIEVOCATIVO SUL PICCOLO SCHERMO
Due ricordi di Totò: Bongiorno e D’Anza
Da diverse esperienze, il presentatore e il regista esaltano la grande umanità dell'attore scomparso
Roma, 27
«Ho un grande rammarico: quello di averlo conosciuto troppo tardi»: chi dice queste parole, riferendosi, a Totò, è Daniele D’Anza, il regista che fino all’ultimo ha lavorato con il grande comico. Totò infatti è morto mentre stava portando a termine il suo unico spettacolo televisivo «Tutto Totò», una serie che si articolava in dieci puntate indipendenti luna dall’altra; le prime erano una rievocazione di alcune fra le più gustose scene create dall’attore per il teatro. Le parole di D’Anza hanno un significato ancor più dolente alla vigilia della messa in onda del ciclo «Totò principe clown»: «Naturalmente — dice il regista — voglio dire di averlo conosciuto troppo tardi come regista: avevo naturalmente già visto i suoi film ed ammiravo questo grande attore. Ma la cosa più importante — ricorda D’Anza — è che ero diventato suo amico: e anche su questo piano umano il rammarico di aver perduto un grande amico è infinito. I comici, per loro stortura, professionale sono persone chiuse ed egoiste ed il fatto che tra noi (comico Totò e il regista D'Anza) sia nata una sincera amicizia, è un fatto raro nel mondo dello spettacolo».
«Negli ultimi tempi — dice ancora D’Anza — Totò lavorava solo due o tre ore al giorno, e solo nel pomeriggio, anche se non si vedeva, era già un uomo stanco e il suo fisico non lo reggeva più. Andava avanti a forza di volontà, una volontà di ferro che lo faceva recitare come ai suoi tempi migliori. Totò era un’animale di teatro, che non è mai stato sfruttato come si doveva dal cinema, tranne che da Pasolini per ”Uc-cellacci e uccellini». Infatti il cinema di Totò — conclude D’Anza — non era cinema nel senso stretto della parola, ma teatro nel cinema».
«Anch’io ho fatto un film insieme con Totò e quella esperienza eccezionale, rievocandola oggi, mi commuove». Il film è «Totò lascia o raddoppia?» ed è del 1956. Dice Mike Bongiorno: «Può sembrare un paradosso, ma a quell’epoca io ero alla ribalta da due anni ed ero più popolare di Totò; godevo di quel divismo tipo follia collettiva che ha costituito un fenomeno e di cui si è tanto parlato. Conoscevo già Totò e andavo spesso a trovarlo prima ancora di girare il film con lui: siamo stati insieme oltre un mese, ma io in realtà non recitavo perché interpretavo solo me stesso».
A Mike Bongiorno era stato chiesto soltanto un ricordo dell’attore napoletano alla vigilia del ciclo televisivo dei suoi film, che comincia domani, ma l’argomento lo affascina e potrebbe dare materia per un lungo saggio. «Totò mi ha dato un insegnamento — dice Mike — che ho sempre tenuto a mente ma che non ho applicato. Chi è chiamato a fare il divo nel mondo dello spettacolo, spiegava Totò, deve stare il meno possibile in mezzo alla gente, quasi non farsi mai vedere, perché ogni spettatore deve, e vuole, immaginarsi questo attore come desidera». I tempi sono poi cambiati e oggi, anzi, un personaggio popolare delia TV, come Bongiorno, non può più isolarsi. «Totò era un tipo alla buona — dice Mike — ma questo principio lo attuava: era il classico divo del suo tempo, cioè un divo all’antica, che viveva in un’atmosfera particolare ma era affabile, cordiale, generoso, anche se sembrava che mantenesse una certa distanza. Quando arrivava sul "set” del nostro film c’era un clima di generale eccitazione perché incontrare Totò, anche se soltanto per lavoro, era sempre un avvenimento. Io, poi, ho avuto per lui una venerazione fin da bambino e quando sono arrivato in Italia dagli Stati Uniti di lui sapevo già tutto. Iti seguito ho visto tutti i suoi film e sono stato un suo estimatore anche quando, con atteggiamenti da intellettuale, qualcuno diceva che la comicità di Totò era di tipo paesano, cioè troppo facile: invece oggi che è stato riscoperto si è capito che la sua comicità era moderna, rivolta non solo alla gran massa del pubblico; certo, era destinata soprattutto a questa, ma per un artista magico come Totò non si fanno distinzioni».
Mike Bongiorno sarà fra i pochi che non rivedranno Totò in TV: i film vengono trasmessi la sera del mercoledì proprio nell'ora in cui Mike è impegnato nella registrazione del suo «Rischiatutto»: «Ma il mio ricordo di Totò — dice il presentatore — è così vivo e così presente che posso rinunciare, anche se malvolentieri, a rinnovarlo attraverso la TV».
A.A., «Il Piccolo di Trieste», 28 marzo 1973
Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani:
- Al. Cer., «Corriere della Sera», 30 marzo 1966
- «Stampa Sera», 30 marzo 1966
- «Il Messaggero», 30 marzo 1966
- u. bz. (Ugo Buzzolan), «La Stampa», 15 aprile 1966
- «L'Unità», 30 giugno 1966
- «Paese Sera», 3 ottobre 1966
- «La Stampa», 5 ottobre 1966
- «La Stampa», 11 ottobre 1966
- «Il Messaggero», 14 ottobre 1966
- «Tempo», 2 novembre 1966
- L. Madeo, «Stampa Sera», 6 dicembre 1966
- Roberto Gervaso, "Totò è pentito d'aver ceduto alla TV", «La Domenica del Corriere», n. 51, 18 dicembre 1966
- «La Stampa», 16 aprile 1967
- Ugo Buzzolan, «La Stampa», 4 maggio 1967
- «Stampa Sera», 4 maggio 1967
- G., «Corriere della Sera», 5 maggio 1967
- Gino Fantin, «Corriere d'Informazione», 6 maggio 1967
- Carlo Galimberti, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967
- Giorgio Benini, 4 giugno 1967
- «La Stampa», 16 giugno 1967
- A.A., «Il Piccolo di Trieste», 28 marzo 1973
- Ugo Buzzolan, «La Stampa», 9 giugno 1978