FERMO CON LE MANI
La mia faccia non mi è nuova, ce l'ho da quando sono nato.
Conte Totò di Torretota
Inizio riprese: agosto 1936, Stabilimenti SAFA Palatino Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 26 gennaio 1937
Soggetto
Totò di Torretota è un povero diavolo che tenta in ogni modo di sbarcare il lunario. Dopo essere stato cacciato di casa (una abitazione in via di demolizione in cui si è insediato abusivamente), nel cercare una nuova sistemazione riesce a liberare una povera orfanella dalle grinfie di un bieco sfruttatore, che la obbligava a elemosinare per la strada, e decide di prendersene cura, nonostante l'indigenza.
Per racimolare qualche soldo, Totò accetta di fare da factotum in un salone di bellezza e, per conquistare una buona mancia, si traveste da donna e si fa passare per massaggiatrice spagnola dalla bella Eva, un'assidua cliente del salone, nonché soubrette di rivista protetta dall'inetto Cavalier Girolamo Battaglia, il quale non si avvede del fatto che Eva amoreggia sotto i suoi occhi col direttore d'orchestra dello spettacolo. Alla vista delle grazie di Eva, Totò perde il controllo e si fa smascherare. Eva, infuriata, chiede a Girolamo di catturare l'uomo e schiaffeggiarlo, ma il passo lesto di Totò e l'incapacità del Cavaliere impediscono che ciò avvenga. Eva allora intima a Girolamo di ritrovare Totò e schiaffeggiarlo pubblicamente per dimostrare di essere un vero uomo.
Licenziato dal salone di bellezza per la sua bravata, Totò si ritrova a trattare con Girolamo che, a suon di denaro, convince il poveraccio a combinare un incontro in un locale elegante dove sarà convenzionalmente schiaffeggiato davanti a tutti. Sennonché la sera in questione Totò riesce a conquistare la simpatia di Eva così il gesto di Girolamo la indispettisce ancor di più.
Istigato da un amico altrettanto in miseria, Totò decide di tornare dall'uomo per ricattarlo ed estorcergli altro danaro, fingendosi un nobile decaduto che intende imporre un duello per lavare l'onta subita. Poco dopo Totò riesce a trovare lavoro proprio nel teatro dove lavora Eva e, per una serie di equivoci, finisce col sedurre la ballerina, mandando su tutte le furie il suo amante, che rifiuta di dirigere l'orchestra per lo spettacolo serale. A quel punto Totò si offre lui stesso come direttore d'orchestra, ottenendo un incredibile trionfo nonostante non fosse un vero musicista. La cosa fa imbestialire ulteriormente l'amante di Eva che, sconfitto in amore e sul lavoro, aggredisce fisicamente Totò, così che si rende necessario l'intervento della polizia. In commissariato, Totò scopre di essere veramente un conte e unico erede di parecchi milioni. L'inaspettata eredità gli consente di crearsi una famiglia con Eva e la piccola orfana.
Come ultimo gesto, l'ormai ricco e stimato Totò si reca nel locale in cui era stato umiliato da Girolamo e gli si avvicina con la scusa di ringraziarlo per quanto ha fatto in suo favore, restituendogli il denaro avuto per gli schiaffi e rifilandogli due sonori ceffoni, liberandosi dalla frustrazione del precedente episodio.
Critica e curiosità
Film che rappresenta il debutto di Totò (all'epoca 39enne) nel cinema, dopo una lunghissima gavetta come attore teatrale in spettacoli di "rivista". La produzione non è particolarmente curata: si va al risparmio; la maggior parte del finanziamento viene segretamente dall’amante della Paal, un professionista che lavora per Lombardo. Il film verrà fuori incerto, lento, slegato, spezzettato come una rivistina d’avanspettacolo. Zambuto e Giannini paiono indecisi se preferire un Totò candidamente stupido o perfidamente perspicace, e su come piegare i suoi surreali cachinni e le sue mortuarie movenze da burattino in una trama coerente.
"I film di Totò, 1930-1945: l'estro funambolo e l'ameno spettro" (Alberto Anile), Le Mani-Microart'S, 1997
Così la stampa dell'epoca
Fermo con le mani! (1937) - Rassegna stampa
«Fermo con le mani!» Erzsi Paal intervista Totò
Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1937
Con Macario e Totò i fascisti ridevano verde
Gustavo Lombardo, la Titanus e Totò
Il complesso dei fratelli siamesi
Il grande Totò muore ignorato dalla critica - «Il principe straccione»
La riscoperta di Totò: ma mi faccia il piacere...
Totò, serio discorso di un attore comico
Non abbiamo neanche finito di lamentare la mancanza di filmi comici italiani [...] che già viene la notizia del film di Totò. Totò (il partenopeo), quello di ‘biricchino, biricchino!’ e d’altre facezie assai note. S’era detto sempre che Totò ha delle qualità e delle attitudini per il cinema. S’era anche parlato d’un film Pinocchio che sarebbe stato interpretato da lui. Ora eccolo finalmente alla prova... dell’obbiettivo.
Anonimo, 1937
Totò interpreta Totò, conte di Torretota. Il titolo del film allude all'abitudine dei vari personaggi di scambiarsi sonori ceffoni che colpiscono di prevalenza un vagabondo, costretto a studiare mille marchingegni per sopravvivere. Soprattutto quando si accolla la responsabilità di occuparsi di una trovatella, molto simile al monello adottato da Charlie Chaplin nell'omonimo film. [...]
Matilde Amorosi
Un film interpretato da Totò non può essere che un film di Totò sia pieno dal primo all'ultimo fotogramma. Questo è infatti il caso di "Fermo con le mani!" che l'irresistibile attore non soltanto riempie di sè dall'inizio alla fine, ma anche indirizza, guida, conduce. Chi legge conosce certo Totò, e non soltanto di fama. Lo conosce per averlo visto in una di quelle sue amabili riviste in cui lo sfondo e il filo conduttore - quando ve n'è uno - non servono che a dare un maggiore risalto alla figura del protagonista. O forse è il protagonista stesso che, magari senza volerlo, si sovrappone, grazie alla sua personalità, a quelli che dovrebbero essere gli elementi conduttori dello spettacolo e che divengono invece docili e pazienti strumenti della sua comicità prestigiosa. Non più scopi ma mezzi. Lo scopo viene ad essere così lui, Totò, senza di cui lo spettacolo, per quanto elaborato e completo, diverrebbe cosa morta, sempre che dall'idea della sua partecipazione si prescinda. In "Fermo con le mani!" accade precisamente questo: che l'attore, fulcro di uno spettacolo necessariamente ordinato e tale da vivere di per sè quale in ogni modo deve essere un film, soverchia una vicenda, una cornice scenica ed un complesso artistico, tutti e tre di primissimo ordine.
Cominciamo dalla vicenda. Organica e sviluppata secondo la più rispettosa ortodossia cinematografica, ricca, oltre che d'un intreccio pieno di fantasia, di situazioni irresistibili e di trovate esilarantissime, essa, tuttavia, più che come un vero e proprio intreccio, più che come un'azione scenica da svolgere, fissata in termini rigidi e immutabili, si presenta come una serie di circostanze che sembrano scaturire dalla figura e dalla personalità stesse del protagonista. In altre parole il film che segue, come tutti i film e tutte le commedie, una precisa linea d'azione e di svolgimento, appare un po' come se si venisse creando man mano, secondo l'estro degli attori e lo spunto delle situazioni via via sorgenti e allacciantesi, come, in sostanza, se fosse recitato a soggetto. Ha in parte la fisionomia della Commedia dell'Arte, questo film, come giustamente la hanno tutte le creazioni sceniche di Totò, e par quasi sorprendere che alla fine questa nuova maschera comica non si presenti allo schermo a chiedere venia ai signori spettatori per non averli abbastanza divertiti e a spronarli benevolmente all'applauso. Invece il film termina come un bel racconto di fate. Totò ha deposto la sua fantastica mise e con essa la sua maschera. E' ormai un signore ed ha l'automobile. Al suo fianco non c'è la donna del suo cuore, chè Totò non avendone avuto una quando era povero dovrebbe, giustamente, essersela ora comprata. No, al suo fianco c'è Mirandina, la piccina strappata al vagabondo che la brutalizzava, e che darà uno scopo alla sua vita ed ai suoi milioni.
Ebbene, anche in questo finale che, apparentemente, sembra allontanarsi da quella che potrebbe sembrare la strada obbligata della vicenda, si afferma invece quella che ne è la precipua e superiore caratteristica: maschera e non clown, quanto è a dire carattere e non automa. Totò rimane coerente al disegno spirituale che ne informa azioni, parole, sentimenti. Un'improvvisa avventura d'amore a lieto fine si sarebbe come tutto il resto, perfettamente, inserita nel quadro del racconto, ma ne avrebbe indubbiamente deviato le linee fondamentali e - è il caso di dirlo - psicologiche. Anche qui, capovolgendo i postulati della tradizione cinematografica, il film ha seguito l'attore. E questa delicata e discreta comprensione della sua fisionomia - tanto più apprezzabile trattandosi di una fisionomia mutevole e corazzata contro... le indiscrezioni quale quella di Totò - non è, tra le sue molte qualità, una di quelle che si possono passare sotto silenzio.
Di qualità, abbiamo detto, il film è ricco. E più di una della stessa preziosa vena. Certo, non tutte sono così sottili e raffinate. Non dimentichiamo che siamo in presenza di una commedia e - bisogna aggiungere - di una commedia comica. Come tale, il film ha un'immediatezza di effetti, una spigliatezza di movimento, una freschezza d'invenzione che lo accomuna alle migliori realizzazioni del genere. E se Totò vi domina da signore, superando vittoriosamente ogni distacco tra attore e spettacolo questo - bisogna riconoscerlo - non ne ha proprio nessuna colpa, chè di rado si è visto, intorno ad un grande attore, un complesso di tanta notorietà e di tanta bravura. Erzi Paal è non soltanto bella, elegante, affascinante come il ruolo richiedeva e come non da oggi siamo abituati ad ammirarla sulle scene della rivista.
Il film le consente di essere qualche cosa di più di una bella donna e di una spigliata soubrette. Nelle vesti della protagonista ella ha campo di dimostrarsi attrice in tutto il significato della parola e di sfoggiare una recitazione intelligente e sottile, deliziosamente venata d'umorismo. Sono con lei Franco Coop, troppo noto ed affermato perchè sia il caso di farne ancora una volta l'elogio. Oreste Bilancia, pieno d'efficacia e di composta comicità nelle vesti dell'amante tradito. Tina Pica, l'applauditissima caratterista della Compagnia De Filippo che fa un debutto cinematografico pieno di promesse e infine Miranda Bonansea Garavaglia, il novenne "asso" della scena dello schermo e della sincronizzazione che ha finalmente un ruolo dove le sue triplici doti di attrice, cantante e danzatrice in miniatura hanno tutto il campo di rifulgere.
Il film - incorniciato da una leggiadra scenografia - è rallegrato da numerose, orecchiabili canzoni, alcune delle quali deliziosamente cantate da Erzi Paal e che, destinate ad una immediata popolarità, saranno un numero di successo di più per questo film che parte piazzato e vincente come pochissimi altri.
«Cinemundus», 20 febbraio 1937
Al S.Lucia di Napoli ha avuto luogo la prima visione del nuovo film Fermo con le mani, che ha ufficialmente confermato le previsioni intorno alle possibilità cinematografiche del comico Totò. Il film ha infatti riportato un grandissimo successo di ilarità ed è stato molto apprezzato anche per le trovate del soggetto, l'abile realizzazione e per il complesso degli altri interpreti [...]
Il "Roma" giudica così Fermo con le mani:
«In questo film troviamo un Totò che, pur dando alla fisionomia i movimenti suoi caratteristici, nei quali sembra che il suo animo - non il suo viso - rientri ogni volta in sè stesso, diventa un uomo come tutti gli altri, nel senso che finisce di essere la maschera, il grottesco, la caricatura.
E' merito del cinematografo, ma è merito soprattutto di chi, scegliendo Totò ha capito che un artista sa trasformarsi quando occorre, può conservare inalterate le sue caratteristiche migliori, pur sdoppiandosi, pur umanizzando la sua figura.
In alcune situazioni Totò è veramente grande a differenza di Buster Keaton, che resta impassibile sempre, egli sorride sempre, ora mentre sorride piange, mentre ride urla, mentre ride - anche mentre ride - sa sorridere, perchè è difficile sorridere sempre nella vita».
E "Il Mattino":
«Una lunga comica alla Mack Sennett che, senza esplosione d'espedienti, punta dritta alla risata. Raramente non coglie nel segno. Ma quando coglie fa sganasciare: le sequenze del dialogo in corsa fra Totò e Coop e l'episodio di Totò «masseuse» e quello di Totò «direttore d'orchestra» sono per esempio, tre cose imbroccate a meraviglia».
«Strettamente imparentato con il Turzillo sancarliniano e con il Cretinetti del vecchio cinema italiano, ma non insensibile al fascino d'uno Chaplin e d'un Keaton, Totò riesce invariabilmente a sollazzare le platee».
«Cinemundus», 27 febbraio 1937
Vi prego di credere che un'intervista con Totò non è la cosa più facile di questo mondo: con tutto che tre lingue (la mia, l'ungherese; il tedesco e l'italiano) le conosco posso dir bene, Totò ha una mimica che è assai più espressiva di ogni lingua parlata.
E sarebbe questa per il pubblico, la più interessante a riferire, ma come si fa?
Inoltre, abituata ormai a lavorare con lui per lo schermo (abbiamo testè finito di fare insieme Fermo con le mani) egli mi ispira una così sincera ammirazione che vorrei parlargli con... un certo rispetto.
Viceversa Totò cerca di mancarmi subito del medesimo, affermandomi che non ama parlare troppo di sè stesso ma ama moltissimo le belle donne, specie giovani, specie Gaia, specie del tipo «soubrette». Lo richiamo all'ordine ma egli prosegue imperterrito:
- E allora che volete che vi dica di interessante? Che preferisco il caffè e latte alla camomilla, i colletti flosci a quelli duri, il mezzo di trasporto ad andare a piedi...
- Tuttavia...
- Tuttavia, capisco il vostro pensiero. Si può sempre dire - anzi, si può sempre inventare - qualche dramma e qualche commedia che abbia stretta attinenza con gli inizi di una vita d'artista: «un giorno ero quasi per morire di fame», oppure «un giorno sorridevo distrattamente quando capitò un impresario nordamericano...». Neanche in questo vi posso servire. Credo che poca gente abbia seguito in maniera più normale la propria inclinazione. Fin dalla più tenera età - la frase è di rigore - ho nutrito una straordinaria passione per l'arte, che è sempre la stessa, in tutte le sue più svariate manifestazioni nel teatro. E appena mi è stato possibile, senza nessuna preventiva e straordinaria avventura, ho cominciato ad affrontare il pubblico...
- ...con successo...
- Già, è inutile negarlo, con successo. Eppure neanche la sera del mio esordio allo Jovinelli di Roma, qualcosa come una quindicina di anni fa , è accaduto il finimondo, come è accaduto a tanti altri artisti, almeno stando alle autobiografie. Sono piaciuto subito, questo va detto. Tanto vero, che soltanto pochi giorni dopo il debutto fui riconfermato per tre anni, con un contratto di esclusività, nello stesso teatro in cui Petrolini iniziò la sua gloriosa carriera.
- E dallo Jovinelli in poi?
- Sempre in varietà, in quelli che, allora, erano i grandi teatri d'arte varia, ancora nel pieno e fervoroso favore del pubblico: la sala Umberto di Roma, il Maffei di Torino, il Trianon di Milano, l'Apollo di Bologna. Ma già la rivista, questa odierna, beniamina del pubblico, si avanzava vittoriosa sulle ribalte. Ero a riposo sull'incantevole Riviera di Rapallo quando Maresca mi convinse di accettare una scrittura con lui. E così debuttai in grande stile al Lirico di Milano con “Madama follia”, avendo a compagni Orsini ed Isa Bluette, con i quali iniziai un lungo giro dei più grandi locali d'italia.
- E se parlassimo un po' dei vostri primi passi sulla via dello schermo?
- Già...Ma gli inizi miei del cinema a differenza di quelli del teatro furono leggermente scabrosi. Fui chiamato alla Cines di Pittaluga ed esegui il regolare «provino». Soltanto, un regista ebbe la brillante idea di dirmi che sarebbe stato bene che, con la faccia che Iddio mi aveva data, facessi tutto il possibile per imitare... Buster Keaton. Presi cappello in senso proprio ed in senso figurato, dichiarando che mi sentivo soltanto di fare... il Totò. Così ripresi il mio fardello di Pellegrino e tornai al mio varietà, formando la compagnia di riviste che agisce ormai da cinque anni.
-Totò, a questo punto, dimostra chiaramente ed aver finito. Inutile chiedergli quello che farà se sarà ancora nel cinematografo.
- Aspettiamo il giudizio del pubblico - conclude - anche per questo... e permettetemi di riprendere un mio tema ha favorito - aggiunge - che avete cercato di troncare in principio: le belle donne, giovani, spigliate, le «soubrette», insomma, che sono la mia vera passione.
«Cinema Illustrazione», 3 febbraio 1937
A Napoli è stato presentato il fiìm «Fermo con le mani», realizzato dalla Titanus e interpretato da Totò, il gustoso originale comico che in questi giorni ottiene vivi successi alla Fenice. Che il film comico sia molto più arduo e laborioso del film normale è cosa provata dal fatto che Charlie Chaplin per realizzarne uno impiega degli anni, che la Metro Goldwyn Mayer con la sua speciale e perfetta organizzazione - tecnico-artistica incontra essa pure non lievi difficolta. Ora noi dobbiamo essere grati alla Titanus se è riuscita ad ottenere da Totò una comica alla Mack Sennett, che senza esclusione d'espedienti, punta diritto alla risata — come dice il critico del «Mattino» — il quale chiude : Strettamente imparentato con il Turzillo sancarliniano e con il Cretinetti del vecchio cinema italiano, ma non insensibile al fascino di un Chaplin e di un Keaton, Totò riesce invariabilmente a sollazzare le platee».
[...] «Il Roma» di Napoli così commenta il film: «In questo film troviamo un Totò che, pur dando alla fisionomia i movimenti suoi caratteristici, nei quali sembra che il suo animo — non il suo viso — rientri ogni volta in sè stesso, diventa un uomo come tutti gli altri, nel senso che finisce di essere ia maschera, il grottesco, la caricatura. E' merito del cinematografo, ma è merito soprattutto di chi, scegliendo Totò, ha capito che un artista che sa trasformarsi quando occorre, può conservare inalterate le sue caratteristiche migliori, pur sdoppiandosi, pur umanizzando la sua figura. In alcune situazioni Totò è veramente grande: a differenza di Buster Keaton, che resta impassibile sempre, ma mentre sorride piange, mentre sorride urla, mentre ride — anche mentre ride — sa sorridere, perchè è difficile sorridere sempre nella vita.
Degli altri interpreti del film, Erszi Paal è più che mai a posto, incisiva, suadente, indiavolata. A posto e bene Tina Pica, Francesco Coop, Bilancia, Maldacea». Ciò ci incoraggia alla realizzazione del film comico che noi italiani possiamo in questo campo raggiungere le mète attinte da altre Nazioni ed anche superarle.
«Il Piccolo delle ore diciotto», 5 marzo 1937
"Fermo con le mani", presentato dalla Titanus Film, è il film che farà ridere e divertire tutti per l'ininterrotta serie di trovate esilaranti, spassosamente rese da «Totò». nuovo astro comico dello schermo. Erzsl Paal, Franco Coop e Oreste Bilancia hanno contribuito al successo del primo film di «Totò» con una interpretazione di complesso viva, armonica, colorita. Il soggetto umoristico è di Guglielmo Giannini. [...]
«Corriere della Sera», 6 marzo 1937
Fermo con le mani è il debutto cinematografico di Totò. [...] Nel complesso il filo non era mal trovato e qualche scenetta imbroccata per il personaggio, come quella trivialetta del massaggio, o quella in cui Totò dirige l'orchestra. Però bisognava che sceneggiatura e regìa stringessero più i tempi. Totò fa ridere: c'è senza dubbio una forza mimica in questo suo burattino. Erszi Paal fotografata e adoperata così non rende molto. Franco Coop c’è per sbaglio: la sua parte è inesistente. Una macchietta appropriata è il buon Bilancia. La piccina, se vi interessa. è Mirandina Garavaglia, quella che doppia Shirley Temple.
Filippo Sacchi, «Corriere della Sera», 7 marzo 1937
E' uno dei nostri primi tentativi di film intieramente comici, basati sull'estro umoristico di un attore-maschera. L’attore prescelto è Totò, uno del nostri più caratteristici e spassosi artisti di varietà. Senonchè la sua trasposizione sullo schermo non mi è parsa per questa volta particolarmente felice. Forse perché non è tanto la sua figuretta sbilenca che ci desta il riso dalla ribalta, quanto una sua vena improvvisatrice, tra pulcinellesca e petroliniana. Orbene — come d’altronde accadde per il povero e grande Petrolini - per questi improvvisatori il cinema si rivela inesorabilmente un sistema di riproduzione meccanica e tarpa così le smaglianti ali dell’imprevisto e della labilità ad ogni loro lazzo e ad ogni loro facezia.
Tuttavia qualche risata Fermo con le mani riesce a strapparla e alla fin fine, una certa facile allegria è diffusa per il fllm, anche se, talvolta, una successiva lentezza di ritmo appesantisce le possibilità esilaranti.
Tutto sommato, però, mi sembra che a questo genere la nostra produzione debba ancora «farsi la mano». Accanto a Totò, vedrete Ezri Paul, un’altra buona conoscenza dei teatri d’Arte Varia. Franco Coop e l'ineffabile Tina Pica non sono forse sfruttati convenientemente, ma fanno del loro meglio per divertire ugualmente.
d. f. (Dino Falconi), «Il Popolo d’Italia», 7 marzo 1937
Il titolo della pellicola è noto, la trama no, e il giornalista prova a chiederla all’attore: “Totò, raggiante, usciva dagli stabilimenti S.A.F.A. [...] ieri sera e alle nostre dieci domande a fuoco di fila ha risposto: ‘Se ve lo dico prima finisce la sorpresa - e a bassa voce: - C’è lui che mi guarda brutto e mi rimprovera (alludeva a Zambuto che era in sua compagnia). E poi, con una delle sue mosse più celebri, a Zambuto stesso, come per ingraziarselo: ‘O'giucatolo, o’giucatolo'. [...] ...ma invece non mancate a Fermo con le mani, dove riappare Erszi Paal e dove si rivela Totò. Pare a me che la ballerina di Budapest non manchi, oltre che di vaghezza e di estro, di fotogenia; ma, soprattutto, subisce l'attrazione di Totò nella magrezza fantomatica e nella snodatura marionettistica di certi suoi passi di danza, dove il pallore e l'automatismo concorrono, insieme con la bravura, a una specie di pauroso incantamento, di allucinazione irresistibile!
Marco Ramperti, «L’Illustrazione Italiana» LXIV, 11, Milano, 14 marzo 1937
Un film con Totò era inevitabile. Comunque si possa giudicare la comicità di questo attore popolare, è indubbio che le sue qualità si prestano all'utilizzazione cinematografica assai meglio di quelle di qualsiasi altro comico. Contorsionista della scemenza la quale, enunciata volgare piatta e grossolana dalla sua voce incolore, prende gusto e novità dalla inopinata incongruenza delle movenze con cui dimena il suo corpo flettile e fantoccesco, scattante e gommoso. Totò è soprattutto un mimo: e non ha bisogno di troppe parole per esprimersi. Se lo scavato pallore del suo volto, la mobilità retrattile del suo collo, la snodata serpentilità delle sue braccia, delle sue spalle, delle sue gambe, gli danno a momenti un aspetto disumano e fantomatico, bisogna riconoscere che i suoi gesti, i suoi scatti, i suoi involgimenti partecipano sovente della danza, del ritmo e della simmetria che ad essa sono connaturati: e ottengono cosi non soltanto effetti sorprendenti e discreti di comicità, ma raggiungono anche risultati di una fantasiosa armonicità.
Da questa bizzarra, personale e ricca materia mimica c‘è da tirar fuori qualche buon film comico — non troppi però, che il repertorio delle trovate e delle risorse di Totò è limitato — ben diverso, per fortuna, dalle solite stucchevoli commediole costruite su la standardizzazione di una lepida cifra internazionale. Ma per ottenere tale risultato occorrerà seguire criteri ben diversi da quelli seguiti dai produttori di questo film i quali si sono limitati a fotografare il Totò del palcoscenico alle prese con un soggetto e con una sceneggiatura che non tengono affatto conto delle sue possibilità. Detto questo non ci resta che tacere, per questo film. [...]
Vice, «Il Messaggero», 23 aprile 1937
Antonio De Curtis, in arte Totò, è un fantasista ricco di vivacità e di schietta comicità. Con le sue “macchiette” e con le sue battute a finta improvvisazione e soprattutto con la sua originale maschera di sicuro attor comico ha fatte la fortuna di tutte le riviste nelle quali ha preso parte. Eccolo, con questo filmetto, al suo debutto nello schermo. Purtroppo le sue qualità non hanno potuto troppo brillare perché i pretesti comici e le trovate in questo raccontino cinematografico sono più vicini alla ribalta che allo schermo. Tuttavia il bravo Totò ha dato prova di saper affrontare con sicura spigliatezza la macchina da presa e chissà che un giorno non possa farci un’improvvisata degna della buona volontà che stavolta gli abbiamo indovinato in un film nel quale la “vis comica” è più nelle intenzioni che negli effetti.
Fabrizio Sarazani, «Il Giornale d’Italia», Roma, 24 aprile 1937
Fermo con le mani è un nostro modesto film comico, con Totò. Soggetto e sceneggiatura sono triti e corrivi, pur avendo qua e là qualche trovata azzeccata e un egli volle divertirsi in un locale i brano (Totò direttore d'orchestra) allegro e pagò, alla fine, per sé ! notevole. Se la fattura del film è banaluccia, Totò dimostra di possedere doti non comuni d'attor comico: perchè queste doti abbiano però a felicemente rivelarsi occorrerà che s'incontrino con un regista che sappia dapprima comprenderle, e pòi riplasmarle. Qui, ora si petrolineggia, poi ci si ricorda di Chaplin, poi magari di Keaton: con toni intermedi da farsa più o meno clownesca che potranno anche strappare facili risate. [...]
m.g., «La Stampa», 6 maggio 1937
Questo film non è americano e, ciò nonostante, è bruttissimo. Ne prendano atto coloro che ci accusano di faziosità. Noi siamo irrimediabilmente faziosi verso tutti i film che rappresentano un attentato alla società artistica e morale del cinematografo. Fermo con le mani ha un solo pregio: di aver mostrato le possibilità di Totò che, certo, non sono poche se egli è riuscito ad avere qualche spunto buono anche in questo lavoro assolutamente negativo sotto tutti gli aspetti. Credo che si possa essere dispensati dal dare la ragione critica di questo severo giudizio su un lavoro che mostra in modo così lampante il miscuglio di affarismo e dilettantismo dei quali è il prodotto, e che non è degno di essere preso in considerazione nemmeno per dimostrare che è tutto uno Sbaglio, dalla sceneggiatura, alla recitazione, al montaggio. Fermo con le mani è un film che fa venire voglia di menare le mani.
«Bianco e Nero», anno I, n.5, Roma, 31 maggio 1937
Cronaca televisiva - Un Totò esordiente contro il Festival
”Fermo con le mani” un film del 1937. Questa sera l'ultima puntata di "Esp”
[...] Ieri per esempio è stato recuperato un film eccezionale: Fermo con le mani, il primo film interpretato da Totò. [...] Vittorio Caprioli, amabile e simpatico attore, ci ha letto delle poesie scritte da Totò e ne ha esaltato genericamente la bravura rispolverando il solito « gustoso » aneddoto: ma non ci ha detto una parola, una sola, su chi era e cosa faceva l'attore in quel periodo (1937)... Perciò il pubblico non è stato minimamente informato dell'attività di palcoscenico di Totò, della sua importanza nel teatro di rivista di allora, del trasferimento delle sue doti di attore « teatrale » sullo schermo. Cosi come non è stata detta una parola di come era stato accolto Fermo con le mani dalla critica e dalla gente. Le introduzioni devono servire a qualcosa, cioè a spiegare, a inquadrare, a chiarire... non devono servire, in quanto assurdo, all’esibizione, sia pure garbata, di un attore che non c’entra niente con la pellicola che sta per andare in onda.
Ma torniamo a Fermo con le mani. Il film vale poco più di niente, lo firma Gero Zambuto, un caratterista che di quando in quando, molto raramente, si metteva anche dietro la macchina da presa, agli ordini della produzione. Quel che è straordinario è vedere Totò all’esordio in cinema.
Nel 1937 Totò ha trentanove anni e ha dietro di sé, come si diceva, un’esperienza di scena intensa e avventurosa. Ma di cinema non sa nulla. Eppure davanti all'operatore si muove con la stessa burattinesca disinvoltura con cui recitava quindici o vent’anni più tardi. Sembra un giovane, è smilzo, col naso affilato, i capelli lucidi di brillantina. All’inizio, quando si sveglia nella casa in demolizione e viene fuori da sotto il materasso ha atteggiamenti — profilo tagliente, bazza, mimica tra l'assorto e il faceto — che rammenta Petrolini.
Più avanti, nelle sue corse per i vicoli — calzoni corti agli stinchi, braccia a mo’ di ali quasi fosse un uccellaccio spaventato — riprende mosse tipiche del comici del muto. In altre scene (famoso allora, per la sua audacia, il massaggio alla cocotte d’alto bordo che si suppone completamente nuda) sfodera le risorse di smorfie, strabuzzamene d’occhi, frasi monche e gorgoglii che lo accompagneranno poi — più o meno — lungo i suoi cento film.
Un recupero prezioso, tanto più che è appena terminato il ciclo su Totò... Spettacolo che ha permesso di rivedere altre singolari figure dell'epoca, il noto caratterista Franco Coop, e Tina Pica non ancora baritonale, e la bimba Miranda Bonansea che dava la voce a Shlrley Temple e che da Shlrley Tempie compare puntualmente truccata, con la vesticciola, le mielate moine e la testa adorna di boccoli e di riccioli.
«La Stampa», 17 giugno 1973
La censura
Il film viene sottoposto a revisione e approvato per la prima volta nel 1937. Nuovamente sottoposto a revisione nel dopoguerra, al film viene rinnovato il visto di censura nel 1947.
Il Centro Cattolico Cinematografico bolla il film con la E di Escluso, la classificazione peggiore dal punto di vista morale.
I dialoghi surreali
Bambina: Che cosa essere "funzionario"?
Totò: Il funzionario civico municipale è un aggettivo qualificativo di genere funzionatorio. Il funzionario fisiologicamente funziona con la metamorfosi estiva della metempsicosi. La metamorfosi del funzionamento muove la leva idraulica delle cellule che agendo sull'arteriosclerosi del soggetto patologico lo fa funzionare nell'esercizio delle proprie funzioni.
Direttore d'orchestra: Mi pare di avervi già visto in qualche luogo.
Totò: A me? È impossibile, non ci sono mai stato.
Direttore d'orchestra: Eppure la vostra faccia non è nuova per me.
Totò: O neanche a me, ce l'ho da che son nato.
Direttore d'orchestra: Cretino.
Totò: Signore, scherza o dice sul serio?
Direttore d'orchestra: Dico sul serio.
Totò: Ambè, perché a me certi scherzi non piacciono.
I documenti
In un ristorante due signori e una signora, poco lontano, mi guardavano ridendo fra loro. Stavo per alzarmi e litigare quando seppi che uno di quei signori era Gustavo Lombardo. Mi stava studiando per portarmi nel cinema.
Antonio de Curtis, 1958
Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III". Proprietà Lucchesi-Palli, Napoli. Esposto nel 2017 alla mostra "Totò Genio"

Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Il filo conduttore è quello di un vagabondo (Totò) alla disperata ricerca di un lavoro e di una fissa dimora. Ogni tentativo di concretizzare queste banali necessità, si risolve, per il protagonista, in una serie di (dis)avventure ridicole e tragiche al tempo stesso. Dopo il successo riscontrato nella "rivista", con spettacoli acclamati da sale ricolme di pubblico, Totò fa il grande salto: interpreta il primo film, fortemente debitore dello stile à la Charlie Chaplin per via di una struttura narrativa che predilige tempistiche comiche del muto.Il filo conduttore è quello di un vagabondo (Totò) alla disperata ricerca di un lavoro e di una fissa dimora. Ogni tentativo di concretizzare queste banali necessità, si risolve, per il protagonista, in una serie di (dis)avventure ridicole e tragiche al tempo stesso. Dopo il successo riscontrato nella "rivista", con spettacoli acclamati da sale ricolme di pubblico, Totò fa il grande salto: interpreta il primo film, fortemente debitore dello stile à la Charlie Chaplin per via di una struttura narrativa che predilige tempistiche comiche del muto.
I gusti di Undying (Horror - Poliziesco - Thriller) - Splendido esordio per Totò che, come in un catalogo, sciorina un ricco e sorprendente repertorio mimico, gestuale e verbale, puntando subito ai vertici della comicità cinematografica. Peccato per il ritmo sdilinquito che non valorizza l’attore, e per la storia non bellissima, comprensiva di curiosi rimandi chapliniani (il vagabondo con la bambina “adottata”, a sua volta allusiva di Shirley Temple). Ma i momenti migliori sono quelli più legati al cinema muto alla Ridolini, davvero spassosi, con alcune scene da antologia. Da vedere comunque.
I gusti di Pigro (Drammatico - Fantascienza - Musicale) - L'opera, che segna il debutto di Totò sul grande schermo, è alquanto modesta e ingenua sia nella realizzazione sia nella costruzione narrativa, la quale si poggia su una storia che già alla fine dei trenta era vecchia. La matrice chapliniana è innegabile, ma nonostante ciò il grande attore napoletano riesce a far sua l'interpretazione, regalando un paio di momenti molto riusciti (su tutti la direzione dell'orchestra). Peccato per il ritmo compassato non all'altezza delle potenzialità del comico. Sprazzi di luce in un grigiore avvilente.
I gusti di Didda23 (Commedia - Drammatico - Thriller) - Un esordio gradevole per Totò che si cimenta in un copione non brillante, ma nel complesso costruito discretamente prendendo qualche spunto dal cinema americano. Lascia gli spazi giusti ai sipari comici che strappano qualche sorriso, sebbene ogni tanto il ritmo scenda inesorabilmente. La regia non ha un grosso mordente, ma quantomeno è ordinata e permette a Totò di mostrare il suo repertorio senza strafare. È uno dei primi esempi in Italia di cinema incentrato interamente su di un attore che impersona una maschera.
I gusti di Minitina80 (Comico - Fantastico - Thriller) - Tratto da una commedia teatrale di Guglielmo Giannini, l'esordio cinematografico di Totò si pone a metà tra l'atmosfera incantata del cinema americano e la parodia dei film dei "telefoni bianchi". Lontano dall'arte recitativa di Charlot, al quale lontanamente si ispira, Totò prorompe nella storia del cinema con la sua inimitabile forza comica partenopea da "commedia dell'arte" perfezionata nella recitazione teatrale ma completamente aderente ai tempi e alle cifre dell'arte cinematografica. Riuscito.
- MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena della direzione d'orchestra, uno dei topoi recitativi di Totò, dove può dar fondo al suo talento comico di marionetta astratta senza tempo.I gusti di Graf (Commedia - Poliziesco - Thriller)
- Totò si presenta! E con un film abbastanza velleitario, solita miscellanea di spunti da vari "filoni" dell' epoca, nel 1939, Chaplin e Semon (Ridolini). Non difficile intravedere in questo attore di rivista un immenso talento. E' incredibile come si appropri del mezzo già dall'esordio. Curioso il ricorso a una comicità surreale.
I gusti di Enricottta (Erotico - Giallo - Musicale) - Totò è qui costretto a fare lo "Charlot" ad una novella "monella" che fa anche il verso alla Temple. Nonostante tutto, il grande talento del Principe si vede chiaramente nella mimica e nelle battute. Riesce anche a proporre due grandi suoi "cavalli di battaglia", ossia il numero della massagiatrice e quello del direttore d'orchestra. Buoni anche i comprimari Coop e la mitica Tina Pica. Sicuramente un esordio positivo, sebbene ingabbiato fin da subito in un copione non alla sua altezza. Da vedere.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò alle prese col massaggio a Erszi Paal; Totò riesce a rendere al Cavaliere tutto quello che gli deve.
I gusti di Smoker85 (Commedia - Drammatico - Fantastico) - Esordio assoluto di Totò su grande schermo. Il film è un insieme di sketch che permettono al principe di farsi notare e dimostra di essere un artista nato. La spontaneità si comincia a vedere già qui. Totò ricorda molto Charlot ma la sua parlata verace fa la differenza. Finale con Totò direttore d'orchestra che verrà ripreso in altri suoi film.
Le incongruenze
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Quando Totò ruba il pollo con la lenza, scappa via con il volatile in mano, ma dalle successive inquadratura corre via e in mano non ha più niente.
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Totò, si guarda allo specchio per farsi la barba, ma gli operai buttano giù il muro, ed egli si ritrova davanti il proprietario dell'immobile che stava assistendo ai lavori. La macchina da presa inquadra Totò che, sbigottito non crede a quello che sta succedendo, e la sua faccia è, per metà, ricoperta dalla schiuma da barba. Ma la schiuma da barba sparisce nelle scene subito successive quando egli parla col padrone di casa.
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TOTÒ E VINCENZINO A SPASSO... Totò ha appena "pescato" un pollo da una tavola imbandita di un ristorante in riva al mare. In fuga dopo essere stato scoperto dai camerieri svolta l'angolo e... si ritrova ai Parioli! Qui incontra un suo vecchio amico, Vincenzino (Franco Coop) col quale farà un giro lungo via Giuseppe Mangili. Eccoli in un tratto del percorso...
...e qui in un altro suggestivo scorcio del 1937, dove i due contemplano una delle ville (a sinistra). Sulla destra, invece, la bella villa S. Francesco, visibile all'epoca con il piazzale Don Giovanni Minzoni sgombro...
La chiesa che fa da sfondo alla scena in cui Totò riesce a togliere una bimba dalle grinfie di un bruto sfruttatore che la costringeva all'elemosina è quella di Santa Maria Immacolata a Grottarossa (Roma). Fresca di costruzione in questo film (è del 1935), più di 40 anni dopo sarà la chiesa dove si sposerà Jerry Calà nel finale dei Fichissimi...
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Bonansea Miranda
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Cocco Adelmo
Con Macario e Totò i fascisti ridevano verde
Coop Franco
D'Olivo Luigi Erminio
De Antoni Alfredo (De Antonio Alfredo)
Gustavo Lombardo, la Titanus e Totò
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Maldacea Nicola (Nicolino)
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Pica Tina (Concetta Annunziata)
Sinaz Guglielmo (Zanasi Guglielmo)
Totò, Charlot per amore - Ancora e... ancora (1930)
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Totò, une anthologie (1978)
Zambuto Gero (Zambuto Calogero Lucrezio)
Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "I film di Totò, 1930-1945: l'estro funambolo e l'ameno spettro" (Alberto Anile), Le Mani-Microart'S, 1997
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- Documenti censura Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - www.cinecensura.com
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Anonimo, 1937
- «Cinemundus», 20 febbraio 1937
- «Cinemundus», 27 febbraio 1937
- «Cinema Illustrazione», 3 febbraio 1937
- «Il Piccolo delle ore diciotto», 5 marzo 1937
- «Corriere della Sera», 6 marzo 1937
- Filippo Sacchi, «Corriere della Sera», 7 marzo 1937
- d. f. (Dino Falconi), «Il Popolo d’Italia», 7 marzo 1937
- Marco Ramperti, «L’Illustrazione Italiana» LXIV, 11, Milano, 14 marzo 1937
- Vice, «Il Messaggero», 23 aprile 1937
- Fabrizio Sarazani, «Il Giornale d’Italia», Roma, 24 aprile 1937
- m.g., «La Stampa», 6 maggio 1937
- «Bianco e Nero», anno I, n.5, Roma, 31 maggio 1937
- «La Stampa», 17 giugno 1973