Il grande Totò muore ignorato dalla critica - «Il principe straccione»

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Il principe come Cenerentola. Totò, amatissimo dal pubblico in vita, muore senza avere ottenuto il riconoscimento dei critici che gli spetta e che gli toccherà più avanti, quando anche i giovani e i ragazzini cominceranno ad apprezzarlo come una straordinaria marionetta disarticolata, come comico umano e moderno, come macchietta inventiva e inesauribile.

Totò nasce nel 1898 a Napoli. Si ritrova in un ambiente piccolo-borghese e la sua formazione è sottoproletaria. Insomma, la sua famiglia e lui fanno la fame. Eppure, Totò sa di avere una ascendenza aristocratica e si batterà con accanimento, quando avrà raggranellato un po' di soldi, per ottenere ufficialmente i titoli nobiliari (principe di Costantinopoli) che gli sono dovuti in quanto Antonio De Curtis, semplicemente in arte Totò. Tuttavia, al di là del principato di Costantinopoli, che pare solo il frutto di una immaginazione molto fantasiosa, la storia di Antonio De Curtis, è quella di un attore con molto talento e molte privazioni che comincia praticamente dal nulla.

1964 Antonio De Curtis 007 L

Fa i primi passi nei caffè-concerto e qui inventa la sua tenuta da battaglia, da scena, nel senso che s’infila un frac malandato, un paio di vecchi pantaloni a righe e un cappelluccio. Ricorda Charlot, ma solo alla lontana, poiché siamo agli inizi del secolo e quell'abbigliamento assomiglia troppo alle vesti anonime di barboni dignitosissimi di ambulanti tra le carrozze e le crinoline delle signore eleganti.

Totò è un barone aristocratico che ha nel sangue il teatro. Entra nella compagnia Maresca e Molinari, poi si mette in proprio nell'avanspettacolo, imparando tutti i trucchi del mestiere e affinando quelli che lui stesso inventa. Quindi, il salto nella rivista. Gli scrive i copioni Galdieri, spettacoli che entrano nella storia di questo genere di intrattenimento: Quando meno te la aspetti, Orlando curioso, Che ti sei messo in testa?, Bada che ti mangio. Partner di Totò è spesso Anna Magnani. Il cinema stenta a sfruttare il comico. Gli inizi sono confusi. Pochi film: Fermo con le mani, San Giovanni decollato (questo sceneggiato da Cesare Zavattini). Solo nel ’47, con I due orfanelli, si accende la carriera cinematografica di Totò. Un film dopo l'altro, per un totale di novanta. Pellicole girate alla brava, in fretta e furia, per non concedere un minuto all'attore e spremerlo come un limone.

Bisogna dire che il principe si lascia spremere volentieri poiché i soldi non gli dispiacciono e si toglie così le tante soddisfazioni che non aveva mai avuto in gioventù. Si unisce a Franca Faldini, che poi scriverà una sua tenera e intelligente biografia dalla quale partirà negli anni settanta la definitiva scoperta del geniale Totò. I titoli dei film più noti e più apprezzati sono Fifa e arena, Totò al Giro d'Italia, Totò cerca casa, Totò sceicco, Totò a colori (con la famosissima scena del vagone letto e la litigata con l'onorevole), Un turco napoletano, Napoli milionaria (con Eduardo De Filippo), fino a Uccellacci e uccellini di Pasolini. In tutti, belli o brutti, mediocri o addirittura inconsistenti, Totò si rivela ugualmente fedele a se stesso, alla sua prontezza creativa, alla sua voglia di divertirsi e di far divertire. Totò è il prodotto di una mescolanza a lungo distillata: la tradizione del teatro partenopeo, i sudori dell'avanspettacolo, i falsi lustrini della rivista, i giochi fatui del cosiddetto cinema di serie B. La marionetta vince.

I. M., «Trenta anni della nostra storia», ERI, G.E. Fabbri, 1967 - Foto © Archivio Famiglia Clemente


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I. M., «Trenta anni della nostra storia», ERI, G.E. Fabbri, 1967