QUANDO MENO TE L'ASPETTI
Scheda dell'opera
Titolo originale Quando meno te l'aspetti
(1940)
- Testo: Michele Galdieri, rivista in due tempi
- Regia: Michele Galdieri
- Interpreti: Totò, Anna Magnani, Vera Worth, Paola Orlova, Lia Origoni, Massimo Ungaretti, Giuseppe Mainati, Trude e Elly, Valter Granti, Due Vesmunti, Mario Luciani, Mathea Marryfield, Beatrice Dante, Paola Paola, Minnie Èva, Mario Castellani e Harry Feist, Balletto Viofranc
- Musica: M.o Giuseppe Palomby
- Coreografie: Gisa Geert
- Scenari, bozzetti e costumi: Mario Pompei
- Compagnia: Compagnia Grandi Riviste di Totò
Sketch, quadri e notizie
Spunto narrativo: la Fortuna può cambiare, quando meno te l’aspetti: Buonaventura, perseguitato dalla sventura e con le cambiali in mano al posto del milione consueto, insieme allo Spazzino ottiene dalla Madama di Tebe, dispensatrice di consigli e fortune, alcuni quadrifogli per realizzare i desideri - amori e successi - che forniranno il percorso della rivista. Al termine del quale Buonaventura avrà sprecato i propri quadrifogli che arricchiscono invece lo Spazzino e la Rivista celebra, con l’entrata di Anna Fougez, introdotta da Totò, la fine di una delle sue epoche più felici in una grande coreografia. E con brani da La Vedova Allegra il finale conclude sul mistero che sono le donne.
L’avvenimento più importante dell'attività artistica di Anna Magnani nel 1940, è l’incontro con Totò. L’attore napoletano Antonio De Curtis è già da molti anni sulle scene, dove si è guadagnato una notevole popolarità. Con la bombetta, il vecchio frac, i pantaloni a saltafosso, le scarpe sfondate che indossa sempre come una divisa, ha un enorme successo nel teatro di rivista e poi nell’avanspettacolo prima di approdare al cinema alla fine degli anni trenta. Il 25 dicembre al Teatro Quattro Fontane di Roma va in scena Quando meno te l’aspetti di Michele Galdieri. Il titolo della rivista sembra alludere a un cambiamento che le strofette della canzoncina iniziale si affrettano a confermare:
Quando meno te l'aspetti la sorte muta,
fa più dolce dei confetti la tua cicuta...
La strega arcigna che sogghigna
si trasforma nella fata più benigna...
E quando meno te la sogni
ti sorride, provvedendo ai tuoi bisogni.
La satira pungente di Galdieri prende di mira soprattutto i fatti di costume, aiutata dalla verve irresistibile di due eccezionali attori come Anna e Totò. L’autore napoletano era allora già molto noto nel mondo del teatro dove aveva cominciato giovanissimo. Il suo stile è basato su un’armonica fusione di satira, comicità e coreografia, che cura personalmente insieme alla regia degli spettacoli.
I suoi testi preoccupano spesso Leopoldo Zurlo. Il censore del Ministero della Cultura Popolare ricorda così l’incontro con l’autore: “Si presentò con un viso di adolescente sveglio e non si vedevano né le ali di pelle né la coda. Le grinfie sì, e le arrotondai qua e là. Nel titolo c’era quello che si potrebbe chiamare il colpo classico di Galdieri: non dire nulla e suggerire tutto. Si diceva che io lo trattassi meglio degli altri. Falso. La verità è che cominciai a volergli bene quando m’accorsi che rifuggiva dall’adulazione al Governo.”
La scena più famosa della rivista è quella del Gagà, interpretato da Totò, che in una sgangherata garsonnière cerca di sedurre la Gàgàrèllà Anna, moglie trascurata in cerca di svago.
“Sognavo una gran casa profumata.”
“Di questi tempi, cara, è già un miracolo disporre di una stanza ammobiliata!”
“Sognavo feste e musiche, regali, sbornie, gioia e smarrimento...”
“Lo so, ma sognavate il tram elettrico...”
“Vattene... Don Giovanni novecento... Più passan gli anni e più diventa racchio il dongiovanni... che generoso e gran signore fu.
Mo’... questi qua... t’abboffano di chiacchiere... non c’esce niente più.”
Nel prefinale Anna interpreta la Fioraia del Pincio, un’accorata testimonianza del tempo di guerra, piena di nostalgia per il periodo tranquillo e felice della pace. Sull’aria di Com’è bello fa’ l’amore quanno è sera, Anna inizia con: “Ah che giornata, oh. Nun se rimedia ’na lira pe’ Roma, macché se spendono le lire.” Poi canta:
Quante machine venivano la sera,
quanta gente sta affacciata a 'sta ringhiera,
quanta folla de maschiette e de gagà,
quante radio ne le machine a sonà.
Nun scendevano le coppie innamorate,
se ne stavano abbracciate a pomicià.
Er barista je portava la guantiera
co’ la bira e cor caffè che allora c’era.
Ogni Topolino me pareva ’n separé,
ogni mazzolino arimediavo lire tre.
Ce scajavo sempre specialmente coi taxi
co’ le machine Ciddì
sempre attenta ar pizzardone
che a cavallo era imponente come un re.
La terazza era ’n salotto ed ogni sera
me pareva ’na stellata bomboniera.
Mo’ la gente de la mejo società
resta a casa e gioca ar bridge o ar baccarà.
E quell’omo che puntava er canocchiale
poveraccio, puro lui mo’ sai che fa?
Nun potendo arimedià cor firmamento
resta a casa e s’accarezza lo strumento.
Ma che luna, ma che luna c’è stasera
vedo er monno che s’affaccia a ’sta ringhiera
da San Pietro all’artre cupole, laggiù
fino al mare, più lontano, sempre più.
Che m’importa se quassù non c’è nessuno,
che m’importa si nun trovo da scajà,
mo’ ’sti fiori li regalo a Roma bella
che li porti ad un sordato in sentinella!
Lo spettacolo ha un enorme successo. In giugno, mentre proseguono le repliche della rivista, Anna è impegnata negli stabilimenti della Fert a Torino in La fuggitiva di Piero Ballerini nei panni di una diva del varietà.
("Anna Magnani" (Matilde Hochkofler e Luca Magnani), Bompiani/RCS Libri, 2013)
Alcuni quadri: lo Spazzino (Mario Castellami suggerisce a Buonaventura (Totò) di fondare la Società Anonima Sfruttamento Intensivo delle Peccatrici Internazionali per vendere al Cinema soggetti per film: tra le tinte Peccatrici che si susseguono (e a cui - nella parte sostituita - danno ascolto anche un Novelliere, un Canzoniere e un Poeta futurista) il Regista risulterà attratto solo dalla eterna e richiestissima Margherita Gautier Anna Magnani), introdotta da Buonaventura (Atto I).
In un quadro di “vita quotidiana” invece, troviamo Moglie, Marito, Totò, Commendatore e Pubblica Opinione: sulla scena, un ring vuoto. Il Marito con i guantoni, sale sul ring e combatte con Totò; l’arbitro è la Pubblica Opinione. Mentre i due combattono, sul lato opposto della scena si vedono la Moglie e il Commendatore. L’andamento dell'incontro dipende dall’abilità con cui la moire ottiene promozioni per il Marito dal Commendatore; quando quest’ultimo scopre però la Moglie con il Gagà, retrocede il Marito da direttore a impiegato provvisorio. Totò, che fino ad allora risultava sconfitto, mette k.o. il Marito. La Signora e il Gagà rievocano il loro primo incontro nella giovanottiera (garconniere) (Atto I).
Sul tema del rimpianto verso un passato perduto troviamo in un vecchio teatro un’antica farsa. Burbetti ha un appuntamento galante. La moglie Marianna lo costringe a mettersi a letto e lo avverte che entrerà ogni ora per svegliarlo e controllare che sia lì. Entra Pulcinella/Totò, e Burbetti lo fa vestire coni suoi abiti per la notte e coricare al suo posto raccomandandogli di non parlare alla moglie. Entra la cameriera Gertrude con cui Burbetti ha una tresca, e porta la purga a Pulcinella che è costretto a berla poiché è entrata anche Marianna che si accorge dell’inganno e costringe Pulcinella, con fortissimi dolori di pancia, a farle la corte mentre rientra Burbetti. Quest’ultimo, scoperto Pulcinella con la moglie, lo insegue e lo costringe a scappare dalla finestra (Atto II).
Altri quadri aggiunti: "Rhumba a Villa Hermosa", "Vieni, vieni primavera", "Il mito di Narciso", "Celebri amanti", "Un tango di Chopin", "Campane 900".
Nello sketch "La boxe quotidiana" sul siparietto entra Totò affaccendatissimo. Ha in mano un paio di guanti da boxe. Dalla quinta opposta entra una ragazza. Totò quasi l'investe.
Lo sketch "La danza di Narciso": si apre il siparietto. La scena rappresenta un laghetto. Narciso entra fiero della sua bellezza. Le ninfe lo tentano, ma egli le respinge. Si specchia e struggendosi nell’impossibilità di baciare la propria immagine riflessa, muore. Nascono sul posto i narcisi.
Il siparietto si riapre subito, sulla stessa scena. Entra Totò ed esegue la parodia della precedente danza. Anche egli si specchia, innamorato di sé. Muore. Sul posto dove è morto nasce un carciofo.
La rivista alterna sketch, canzoni, battute e ballerine; coreografie, costumi e scene non sono troppo lussuosi (ricordiamo che dal 10 giugno l’Italia è in guerra ) ma comunque di livello decisamente superiore a quelli dell’avanspettacolo. In platea c’è un pubblico più colto, esigente, danaroso.
Il filo conduttore della rivista è l’imprevedibile mutar del fato: “Quando meno te l’aspetti / la sorte muta, / è più dolce dei confetti / la sua cicuta”. L’allusione è politica, all’orizzonte non più cosi radioso dell’Italia imperiale e mussoliniana; qualche mese dopo il debutto, viene aggiunto un quadro, Il fatto è successo a San Babila, in cui si parla apertamente di povertà, di “stampa nemica”, del clima di paura e delazione in cui vivono le città. Dentro la rivista, secondo lo stile combinatorio tipico di Galdieri, entra comunque un po’ di tutto: Totò fa la parodia di se stesso in San Giovanni decollato, la Magnani inaugura l’invincibile numero della fioraia del Pincio, poi filmato da Visconti in Siamo donne. Totò, nei panni di un impiegato, indossa i guantoni per boxare contro un collega raccomandato, e quando lo spettacolo arriva al Lirico di Milano si trova di fronte l’autentico campione mondiale Primo Camera: le fughe di Totò sulla passerella inseguito da quel gigante, che poi lo prende in braccio mentre lui cerca di dargli cazzotti in faccia, fanno andare in visibilio il pubblico. Non così il quadro con Pulcinella, che Antonio de Curtis fa solo una volta e malvolentieri, guadagnandosi addirittura dei fischi, a dimostrazione che l’antica maschera partenopea non ha troppi punti di contatto con la sua; nelle serate successive quel quadro viene sostituito da un paio di numeri già sfruttati in avanspettacolo, tra cui il noto Pasquale poi rifatto a Studio Uno davanti a Mina.
Nota: viene vistata dalla censura nel dicembre e rappresentata per la prima volta al Quattro Fontane di Roma il giorno di Natale. E la prima rivista che Michele Galdieri scrive per la Compagnia di Totò, il quale incontra adesso una partner formidabile in Anna Magnani e ritrova in Mario Castellani la “spalla” per eccellenza. Al copione originario vengono aggiunte successivamente (marzo 1941) alcune scene, quella sul modo in cui le notizie si diffondono e si alterano - siamo in un’epoca dove la delazione è costume sociale - che diventa «Il fatto è successo a San Babila», la scena di Marcello il bello, che ripropone lo sketch degli «schiaffoni» ambientandolo nell’ambiente cinematografico, le strofette che prendono di mira Gandhi ecc. Il duetto fra la Signora e il Gagà diventa un classico della coppia Totò/Magnani e verrà ripreso quasi identico nel successivo lavoro di Galdieri con Totò, Volumineide (1942).
Anna Magnani, vestita alla Edith Piaf, in «Quando meno te l’aspetti»
La Magnani a Roma recitava e cantava vestita alla Edith Piaf. Non c’era ancora la grande rivista, non c’erano i boys, i quadri spettacolari, le parate, che d’altra parte per lei sarebbero stati ridicoli. La rivista allora era una specie di cabaret e la Magnani era la negazione della vedette. Tuttavia andava bene così, era brava, aveva un filo di voce intonatissimo e quegli occhi importanti: la gente non l’ha mai capita abbastanza.
Wanda Osiris
Era Castellani che si occupava delle prove, Totò veniva poco per la verità. Con Totò io facevo tre cose, e ricordo che alla prova generale prima del debutto mi disse: ‘Caro Cajafa, guardate, in questo primo sketch non imparate la parte, perché tanto è inutile, perché vi farò ridere, e allora il pubblico vede che voi ridete e ride pure lui. Avete capito?’ E io pensai: ‘Ma guarda com’è presuntuoso questo individuo! Io non riderò, qualunque cosa faccia non riderò, voglio vedere che succede’. Ebbene, per tutti i dieci mesi dello spettacolo, tutte le sere, io non è che ridessi, mi rotolavo dal ridere per le cose che faceva. Era una cosa enorme.
Gianni Cajafa
Totò è Buonaventura, che Sergio Tofano aveva reso famoso prima nei fumetti - disegnandone una sagoma essenziale - e in seguito anche sulle scene. Nei panni e nei ritmi del protagonista di San Giovanni decollato, interpretato nello stesso anno e da poco uscito sugli schermi, si lamenta perché non capisce più se è al cinema, nel film di Palermi, o se è a teatro, nella commedia di Martoglio, da cui il film deriva. Da portiere del condominio viene promosso a Portiere del Cielo e duetta con la Magnani, che fa la parodia di Isa Miranda nel film Senza Cielo. È Don Juan e un grottesco Narciso, oltre ad assumere la maschera di Pulcinella, che riprenderà solo nel film Figaro qua, Figaro là, di Carlo Ludovico Bragaglia (1950).
Nel 1940 uscì un film di Alfredo Guarini interpretato da Isa Miranda, appena rientrata dall'America, la quale ostentava pose da diva hollywoodiana. Totò e La Magnani non si fecero scappare l'occasione di parodiare l'attrice: in un cortile con Totò ciabattino, ricostruito sulla traccia di quello del film "San Giovanni decollato" Anna rifà il verso alla Miranda, proiettandogli il film "con la favella":
Men vo per la foresta / ch'è un orto caro a te / con pochi fiori in testa / e nuda come che... / Somiglio all'impudica / compagna di Tarzan...
Censura: ci sono numerosi tagli. Rimane famoso il carteggio tra il censore Leopoldo Zurlo e la Segreteria politica del Partito Nazionale Fascista a proposito dell’episodio della «Cocotte»: ai funzionari sembra infatti scandaloso che la Cocotte venga apprezzata e accettata da una esemplare famigliola borghese in virtù dei vantaggi che può ottenere per il figlio. Zurlo questa volta difende Galdieri e si rifiuta di intervenire.
Totò cantante: discografia e incisioni per la Columbia - Disco BQ 6024
Del disco, reclamizzato nel bollettino Columbia dell’aprile 1942 e ne “Il canzoniere della radio” del maggio 1942, non è noto ad oggi all’autore il reperimento di un esemplare. I numeri di matrice delle due facciate, considerati gli altri due dischi rinvenuti, dovrebbero essere CB 10736 e CB 10737. Contenente il brano in due parti “SERENATA A MARGHERITA” di Michele Galdieri, interpretato con Mario Castellani, accompagnato con chitarra, tratto dalla rivista di M. Galdieri “Quando meno te lo aspetti” del 1941.
Corrado Vitelli
Così la stampa dell'epoca
Settimanale "Tempo", 27 novembre 1940
Arte antica di Totò
Ci ricordavamo di lui quella sera, dopo averlo visto traversare il palcoscenico del Valle quasi per il suggerimento di un’ipnosi, o volteggiare con un'aria estatica e svagata intorno alla figura vampiresca della Magnani, come il simbolo vivente di un’antichissima vocazione comica.
Non si trattava più di Totò e tanto meno del marchese Antonio De Curtis, ci pareva di capire chiaramente mentre affacciati allo scavo dell’Argentina — dove ci aveva portato la nostra passeggiata notturna — lasciavamo che l’occhio vagasse sulle colonne di tufo dei templi repubblicani; quell'omettino magro ed elettrico, perpetuamente animato da un’imperativa cadenza interna, ci appariva assurdo nella sua comune entità di uomo della strada, ma perfettamente reale e giustificabile nella sua entità astratta di continuatore di una tradizione e di uno schema mentale. Era lui a staccarsi dagli affreschi delle tombe del Pulcinella e degli Auguri a Tarquinia, ricreando i lazzi e la mimica di quei singolari personaggi in cappuccio ed abito a toppe, mentre lo guardavamo involarsi come un lemure della scena, in un modo funebre ed aereo; e ancora lui a ripetere ed arricchire il gioco ritmico degli Zanni e degli Arlecchini, la continua invenzione di quelle sagome asessuali e disossate.
E’ che l’arte di Totò scende in linea diretta da quei rami, o meglio fa parte senz’altro di quel tronco; e il suo inserirsi nella tradizione deriva, prima e al di fuori di ogni richiamo della cultura, dal senso tutto mediterraneo di una comicità intesa specialmente come fatto motorio, come inversione istintiva e continua delle leggi della statica e dell’equi-librio, cioè dell’armonia nel movimento. Le sue celebri apparizioni e scomparse a collo teso e ginocchia piegate rappresentano il contrario giusto di quanto si comprende comunemente nel concetto di danza: qualche cosa come una danza classica a rovescio. Può sembrare che si tratti.
in altre parole, di un contrappunto esemplare: dove l’esigenza di stilizzazione e di artificio meccanico che è tanta parte del Comico viene portata senza volere alle sue estreme conseguenze, attraverso un minuto collegamento di proporzioni sbagliate (ma tutte naturalmente nello stesso senso) che l’occhio coglie nella loro risultante di grottesca. Per questo l’obbiettivo del fotografo, che di un simile sovvertimento può fissare solo aspetti par. ziali e quindi necessariamente privi del ritmo capovolto che lo giustifica, è il naturale nemico di Totò; mentre la macchina da presa, utilizzata per lui sinora in modo tanto inadeguato quando non addirittura in contrasto con le sue più vere possibilità potrà precisare e moltiplicare i motivi di un’arte ricca di estri e di suggerimenti.
E, soprattutto, Totò non è un attore che debba ridere necessariamente ed in ogni occasione. Chi l’abbia visto nel suo numero del gagà, ad esempio, sa benissimo che senso di freddo e malinconico sgomento spiri da quella piccola figura in giacca bianca e cappelluccio schiacciato, un senso quasi tragico nell’evidenza rappresentativa con la quale è rilevata la miseria umana del personaggio, la sua fatuità, l'irrimediabile angustia del suo mondo e delle sue ambizioni. Nella rapida serie di gesti e di atteggiamenti coi quali Totò raccoglie di- nascosto il mozzicone di sigaretta buttato via con negligenza un attimo prima di fronte a una donna, c’è odore di cavernose camere ammobiliate, di piccoli affari poco puliti, di pomeriggi oziosi trascorsi al caffè in discorsi vuoti e sciatti, di una moralità generalmente dubbia. Certamente queste cose non hanno niente a che fare con Eschilo e Shakespeare, ma ò altrettanto vero che sono materia sulla quale ridere (o per lo meno ridere con abbandono e giovialità) sarebbe in tutti i sensi fuori luogo.
Aldo Paladini
Alla serata di debutto Zavattini, in quel momento ancora ansioso per le sorti di "Totò il buono", annota che “Totò è apparso in frac. Sono sicuro che ha accettato di entrare in questo lavoro per il frac. Tutta la sera egli è stato brillante e leggero. Non sapeva la parte secondo il solito tuttavia era contento di ritrovarsi sul palcoscenico dopo la lunga cattività del cinema [...] a un tratto si fece dare il copione dal suggeritore per rammentarsi una battuta. Questo straordinario individuo è minato dalla pigrizia”.
Il Quattro Fontane s'è riaperto ieri con uno spettacolo divertente e festoso. Una nuova rivista di Michele Galdieri, nella quale lo spirito è felicemente alternato con motivi musicali e coreografici. Quando meno te l'aspttti appartiene al genere fortunato degli spettacoli di Galdieri. Numerosi quadri sono di natura parodistica e satirica, e da questo punto di vista sono certamente i più gustosi dello spettacolo. Allusioni abbastanza trasparenti ad avvenimenti del mondo cinematografico sono state accolte dal più vivo consenso del numeroso pubblico. Naturalmente anche in questa rivista non mancano i rituali sacrifici alla Signora dalle camelie; cosi come non manca il quadro d’ispirazione letteraria, con toni comico-morale-crepuscolari. Ma il tutto è sapientemente combinato, dosato e agitato prima dell'uso, cosi che il pubblico ha riso largamente s'è riempito gli occhi di luci e muliebri esibizioni e gli orecchi di allietanti musichette. Gaidieri ha il segreto di questo genere di riviste, di cui il motivo dominante è tratto dalla vita di ogni giorno osservata attraverso le lenti di un buon senso allegro e disinteressato Ed ecco perchè i quadri apertamente farseschi e parodistici sono più apprezzati dalla platea di quelli volutamente satirici e moraleggianti.
Totò in uno spettacolo che non si reggeva solo sulle sue spalle, ha avuto modo di mettere in miglior luce la sua personalità di mimo e di comico di gran razza. Il suo apparire è stato sempre salutato da ilarità istintiva, ogni sue mossa, anche le più classiche e stereotipate, è apparsa irresistibile. Anna Magnani, entrata festosamente in scena attraversando la platea, ha dominato numerosi quadri, ha ottenuto il più vivo successo personale. Ella ha recitato e cantato con finezza e brio, soprattutto ha spiegato il suo seducente estro parodistico.
Un ottimo complesso artistico ha fiancheggiato Totò e Anna Magnani. Vera Worth. Paola Orlova, Paola Paola. Minnie Eva, Castefiani. Merryfield Harry Fiest hanno cantato e danzalo a meraviglia. Lia Ongoni, bruna e malinconica s'è fatta applaudire con le sue canzoni. Massimo Ungaretti è apparsa più volte sotto molteplici cesti; e nel finale — un'indovinata rievocazione di antiche operette — fu visto addirittura in tenuta d miliardario. Applausi a non finire agli interpreti all’autore. Da stasera avranno inizio repliche
Vice, «Il Messaggero», Roma , 26 dicembre 1940
Totò, al secolo Marchese Antonio de Curtis Gagliardi, è nato a Napoli meno di 40 anni fa, e, appena terminati gli studi liceali, si votò all'arte teatrale entrando a far parte della popolarissima compagnia dialettale partenopea. Ma non doveva essere quella la sua strada artistica, poiché un istintivo senso della macchietta, nella più tipica e colorita espressione napoletana, lo indirizzò al varietà in cui potè ben presto avere una personalità, che a mano a mano si affermò e si impose. Dal varietà all’operetta, alla rivista questa sua personalità è diventata inconfondibile. anche al cinematografo Totò è l'artista del palcoscenico e, comunque utilizzato, lo schermo ce lo offre quasi isolandolo dal testo del film in cui agisce.
Totò, ovunque si esibisca, è soprattutto un minimo che percepisce il ritmo con estro diabolico: i suoi scatti improvvisi, le sue pause sconcertanti e le sue dinoccolate movenze sono espressioni ritmiche di grande effetto musicale. Marco Ramperti, dedicandogli, or non è molto, un lungo articolo su un giornale milanese, scriveva che Totò viene diritto dalle farse atellane, dai vasi attili della Campania, dai [...] danzanti sugli otri, insomma da tradizioni anticamente, puramente, potentemente mediterranee. Le sue apparizioni fantomatiche ci ricordano degli autori della Sibilla, le sue camminate scattanti è un po' sinistre dal suolo bruciato dalla lava di un vulcano. Il Vesuvio sta nella sangue di questo partenopeo assai più che in tutti gli attori di De Filippo e di Viviani messi insieme. Quel covante fuoco che senti nella sua immobilità, e che un tratto prorompe in quella furia scatenata, ma cadenzatissima, in cui il «pazzerello» dalla mano allo «zompatore», e [...] a Pulcinella, e l'ispirazione alla demenza, e la musica all'epilessia, è l'ultima espressione riassuntiva di dieci maschere meridionali, l’una più storica e più autentica e più significativa dell'altra.
Perciò dico ed affermo che, nonostante le eccentriche apparenze, e gli è infinitamente più italiano di tanti attori italiani che recitano alla francese o dall'inglese, quando pure non sia in «volapuk». Siamo d'accordo con Ramperti: Totò è, insomma, un grande artista e il successo che egli riporta ogni sera ne è la prova, perché difficilmente il pubblico favorisce un commediante, artista o attore che sia, quando questi non lo meriti.
Passano gli anni e Totò e sempre più accetto alle platee, specie, come si verifica nella veramente bella rivista “Quando meno te l'aspetti” di Michele Galdieri, l'eccellente autore di tanti spettacoli, egli può aver modo di valorizzare meglio le sue innumerevoli doti. E’ questa una constatazione che siamo lieti di dare unendo i nostri applausi a quelli della folla anonima che sanziona, senza costrizioni mentali, liberamente, il successo di un grande artista italiano.
ant.barr., «La Stampa», 27 marzo 1941
«Tutto il meglio che c'era sulla piazza è stato preso da Galdieri per la nuova rivista Quando meno te l'aspetti . Perfino troppo, nel senso che i numeri costringono l'autore a ridurre al minimo il testo. E il pubblico vuole dal fortunato Michele la satira, l'intreccio , la trovata base , Totò e la Magnanisono il binomio clamoroso dello spettacolo. Totò è apparso in frac. Sono sicuro che ha accettato di entrare in questo lavoro per il frac. Tutta la sera egli è stato brillante e leggero. Non sapeva la parte secondo il solito tuttavia era contento di ritrovarsi sul palcoscenico dopo la lunga cattività del cinema, come un'anitra nell'acqua, e inventava molte cose curiose: a un tratto si fece dare il copione dal suggeritore per rammentarsi una battuta. Questo straordinario individuo è minato dalla pigrizia. [...]. Mi pare che nel finale Galdieri abbia esposto con avarizia una sicura idea, anche da un punto di vista coreografico: il tempo visto attraverso le operette famosissime poteva permettere qualunque sorpresa scenica. Ma io sono esigente con Galdieri perché egli è in grado di prepararci come nessun altro, nel suo campo, qualche cosa di inedito».
[Cesare Zavattini] , Tempo , Milano , 2 gennaio 1941
Ricostruzione delle rappresentazioni della rivista nelle varie città italiane
TITOLO DELL'OPERA | TAPPE |
---|---|
Quando meno te l'aspetti Rivista in due tempi di Michele Galdieri Compagnia Grandi Riviste di Totò |
Roma, Teatro Quattro Fontane, 25 dicembre 1940 - 2 febbraio 1941 Milano, Teatro Mediolanum, 18 febbraio - 9 marzo 1941 Milano, Teatro Lirico, 10-23 marzo 1941 Torino, Teatro V. Emanuele, 24-30 marzo 1941 Genova, Politeama Genovese, 31 marzo - 8 aprile 1941 Roma, Teatro Valle, 30 aprile - 3 maggio 1941 Roma, Teatro Delle Vittorie, 30 aprile - 13-18 maggio 1941 Torino, Teatro V. Emanuele, 29-30 maggio 1941 |
Riferimenti e bibliografie:
- "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976 - «Il ritto è successo a San Babila», «La boxe quotidiana», «La danza di Narciso», «Il Gazi e la Signora», pp. 115-127.
- "I film di Totò, 1930-1945: l'estro funambolo e l'ameno spettro" (Alberto Anile), Le Mani-Microart'S, 1997
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "I grandi comici", «Totò-Buona-ventura», «Totò-Gagà», «Totò-Pinocchio», pp. 23-39;
- "Totò partenopeo e parte napoletano", (Associazione Antonio de Curtis), Marsilio Editore 1999
- Una 'prima'senza gerarchi, ovvero il doppio gioco di Totò - Mercutio (Vincenzo Talarico) «Star», 12 agosto 1944
- "Anna Magnani" (Matilde Hochkofler e Luca Magnani), Bompiani/RCS Libri, 2013
- Le foto e testi dell'articolo "Totò cantante: discografia e incisioni per la Columbia" sono di proprietà di Corrado Vitelli. © Vietata la riproduzione, anche parziale.
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