Totò Diabolicus

Pasquale Buonocore
Inizio riprese: gennaio 1962, Stabilimenti Titanus Farnesina, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 2 aprile 1962 - Incasso lire 448.809.000 - Spettatori 2.229.553
Titolo originale Totò Diabolicus
Paese Italia - Anno 1962 - Durata 92 min - B/N - Audio sonoro - Genere giallo/comico - Regia Steno - Soggetto Vittorio Metz, Roberto Gianviti - Sceneggiatura Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Marcello Fondato, Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci - Produttore Gianni Buffardi - Fotografia Enzo Barboni - Musiche Piero Piccioni - Scenografia Giorgio Giovannini - Direttori di produzione: Egidio Quarantotto, Giancarlo Sambucini - Aiuto regista: Mario Castellani, Mariano Laurenti - Tecnico del suono: Enzo Silvestri - Segretario di edizione: Renata Clerici - Operatore alla macchina: Stelvio Massi
Totò: Galeazzo di Torrealta/Carlo di Torrealta/Scipione di Torrealta/Monsignor Antonino di Torrealta/Laudomia di Torrealta/Pasquale Bonocore - Nadine Sanders: donna Fiore di Torrealta - Béatrice Altariba: Diana - Raimondo Vianello: Michele detto Lallo - Luigi Pavese: commissario di polizia - Mario Castellani: ispettore Scalarini - Peppino De Martino: notaio Cocozza - Giulio Marchetti: il detective privato - Gianni Baghino: Gigi "lo sfregiato" - Steno: Angelo, il giardiniere - Ubaldo Loria: il maggiordomo di casa Torrealta - Vera Drudi: una domestica - Franco Giacobini: il dottor Pandoro - Pietro De Vico: paziente da operare - Mimmo Poli: il postino- Paolo Ferrara: il direttore del carcere - Veriano Ginesi: Nando "Bellicapelli" - Antonio La Raina: attendente del generale- Franco Ressel: l'anestetista Biagini - Formato negativo (mm/video pollici): 35 mm - Formato stampa film: 35 mm

Soggetto
Il marchese Galeazzo di Torrealta viene trovato assassinato nella sua villa. Sul cadavere, l'assassino lascia un biglietto con la sua firma: "Diabolicus". Le indagini della polizia si concentrano sui fratelli della vittima, sospettati di avere ucciso il marchese per venire in possesso della sua ricca eredità: ma tutti sembrano avere un alibi di ferro. La baronessa Laudomia, pur in preda a fisime e manie, dice di essere andata al cinema, ma le sue dichiarazioni non convincono; il generale Scipione, sansepolcrista rimasto fermo ai tempi del fascismo, non fornisce indicazioni utili ai poliziotti, mentre il chirurgo Carlo (la cui moglie ha una relazione segreta con Lallo, marito di Laudomia) è rimasto tutta la notte in sala operatoria; del mite e casto monsignor Antonino, gli inquirenti non insinuano neanche il minimo sospetto.
Due sere dopo l'assassinio, "Diabolicus" invia 3 lettere anonime: una alla polizia per ostacolarla nelle indagini, le altre due a Carlo e a Scipione per farli andare a casa di Laudomia. E qui scatta la trappola di Diabolicus, che uccide i tre fratelli. Rimasto solo, Antonino decide di lasciare l'intera l'eredità dei suoi poveri cari ad un fratello segreto, frutto di un peccato di gioventù di suo padre. L'uomo, tale Pasquale Buonocore, è sempre stato bistrattato dalla sua famiglia, ed ora si trova in galera per furto. Uscito per aver confessato il fatto e sistematosi in una villa lussuosa, Pasquale riceve un servizio di protezione speciale, in quanto la polizia pensa che ora "Diabolicus" possa colpire proprio lui. Infatti, una notte, l'uomo viene aggredito da una figura misteriosa che indossa la famigerata tuta di "Diabolicus", ma la polizia, appena sopraggiunta, scopre che in realtà si tratta di un ex-"collega" di Pasquale, finito in galera dopo la sua confessione ed evaso nel tentativo di vendicarsi.
Nel frattempo, Diana, l'amante di Galeazzo, viene urgentemente convocata da monsignor Antonino; insospettita dagli strani comportamenti del prelato, la donna scopre che Antonino in realtà è Galeazzo travestito da Antonino: infatti, vedendo assottigliarsi il suo patrimonio, Galeazzo aveva deciso di uccidere tutti i suoi fratelli; la sera del "suo" delitto, aveva convocato Antonino a casa sua e, senza essere visto da nessuno, l'aveva pugnalato e opportunatamente camuffato facendo credere di essere stato ucciso; poi, aveva ucciso gli altri tre fratelli. Ora, la parte finale del piano è uccidere Pasquale, camuffarlo da monsignore e travestirsi a sua volta da Pasquale, facendo ricadere la colpa sull'innocente Lallo.
Galeazzo attua il piano, grazie anche alla collaborazione di Diana, e fa arrestare Lallo; la polizia, però, scopre che la vittima non è Antonino, ma non è nemmeno Pasquale. L'ucciso, infatti, è il capo della compagnia privata che protegge Pasquale e che si è "sacrificato" per il suo cliente, su 'suggerimento' dello stesso Pasquale, al quale era venuto qualche sospetto sul fratello monsignore. Con Galeazzo in galera e con tanti soldi, Pasquale può finalmente star tranquillo. Tasse a parte, ovviamente.
Curiosità
🎭 Totò Diabolicus: Il Giallo che Scivolò su una Buccia di Farsa
Benvenuti nella cripta più allegra del cinema italiano, dove Diabolicus non è un criminale, ma un pretesto per moltiplicare Totò come se fosse un’ostia miracolosa sul set. Il film del 1962, diretto da Steno (con cameo da giardiniere!), non è solo una parodia del giallo e dell’horror, ma anche una satira feroce e spassosa del mondo dei fumetti neri dell’epoca: “Satanik”, “Sadik”, “Kriminal” e, naturalmente, quel certo “Diabolik” che spunterà ufficialmente solo qualche mese dopo l’uscita del film. Coincidenza? Ma va là.
🧬 Una Clonazione Artistica in Celluloide
Il buon Totò qui fa il camaleonte molecolare, interpretando non tre, non quattro, ma sei personaggi distinti, tutti più bizzarri dell’altro e uniti dal vincolo di sangue: sono fratelli, fratellastri, parenti alla lontana ma comunque identici nel volto, se non nel cervello.
Eccoli in ordine di delirio:
- Il marchese Galeazzo del Campo, nobile da cartolina e maschera per adulti.
- Laudòmia, una donna assassina dall’occhio torvo e la voce... no, aspetta, le voci (una è di Carlo Croccolo!).
- Il generale Scipione, fermo al 1943 e in guerra con la realtà.
- Il professor Carlo, chirurgo che usa l’intestino umano come bocconcino per il gatto.
- Monsignor Antonino, ecclesiastico con voce doppiata da Renato Turi e sguardo più unto del confessionale.
- Pasquale Bonocore, il poveraccio buono, destinato a essere Totò fino in fondo.
Totò qui muore quattro volte: sì, il principe della risata entra ufficialmente nel club dei morti viventi, pur mantenendo il diritto alla risata postuma. Una vera antologia del decesso a puntate.
🕵️♂️ Giallo? Forse. Comico? Sicuro.
La trama, se così possiamo chiamarla, è una corda annodata tra sketch e derive rivistaiolo-farsesche, con una spruzzata di Delitto Perfetto e un secchio di Comicità Imperfetta.
A condurre l’indagine: la coppia Luigi Pavese e Mario Castellani, che alternano l’investigazione al tentativo disperato di tenere il ritmo con Totò. Impresa vana.
C'è un notaio tediato, un postino torturato, un giardiniere (Steno!) strafatto di surreale, e una villa gotica che pare uscita da un film della Hammer, se la Hammer avesse girato sketch al Bagaglino.
📚 I Fumetti Neri e la Signorina Mangano
La satira ai fumetti violenti — come si legge nel testo d'origine — non finisce con Diabolicus. Riemerge nel testamento filmico di Totò, Capriccio all’italiana, in cui la teutonica Silvana Mangano traumatizza i bambini a forza di fiabe cruente e voce severa. Ma qui, nel 1962, l'attacco ai giovani lettori di Sadik e compagnia è più morbido, più grottesco, più Totò: si ride delle maschere nere perché si sa che sotto c’è sempre il Principe, che ammicca.
🧪 Totò contro la Logica: Il Re dei Travestimenti
Totò Diabolicus è anche la continuazione di una tradizione tutta sua: quella dei film in cui Totò cambia faccia, sesso, vocazione, moralità e taglio di capelli più rapidamente di un attore di musical a Broadway.
Già visto in:
- Totò terzo uomo
- Il più comico spettacolo del mondo
- Miseria e nobiltà
- Totòtruffa '62
Qui però si aggiunge una dimensione horror-cartoon, una specie di Addams Family con l’accento napoletano, dove il travestimento non serve solo a ridere, ma anche a insospettire.
⚰️ Sketch Cult e Momenti da Tomba
Un paio di scene brillano come una candela in una cripta:
- Il chirurgo sadico che seziona il paziente Pietro De Vico per nutrire il gatto: puro delirio teatrale, da teatro Grand Guignol in salsa di pomodoro.
- Il testamento farsa col notaio Peppino De Martino, reminiscente di I due orfanelli.
- Le mascherate di Galeazzo, che anticipano la comicità nonsense di personaggi come il Conte Mascetti di Amici Miei.
- La voce satanica di Diabolicus, regalata da Vinicio Sofia: sembra un incrocio tra un demone e un assicuratore.
🧳 Una Parata di Voci (Non Solo Nella Testa)
Totò non parla sempre con la sua voce. Qui sfoggia un intero coro di doppiatori:
- Renato Turi per il Monsignore
- Carlo Croccolo per Laudòmia
- Vinicio Sofia per il riso malefico di Diabolicus
Tutti orchestrati per suonare la sinfonia schizofrenica della commedia da manicomio borghese.
🌍 Distribuzione Internazionale e Influenze Criminali
Il film esce il 7 aprile 1962 in Italia. Arriva in Portogallo nel luglio 1963 con il titolo Totó Diabólico. Curioso il fatto che il vero Diabolik dei fumetti uscirà solo nel novembre dello stesso anno… A pensar male, direbbe qualcuno, si fa peccato, ma si azzecca.
Alcuni sostengono che il film si sia ispirato a cronaca nera torinese del 1958 — vero, falso? Forse solo una trovata pubblicitaria. Ma certo è che l’aria da “fumetto che cammina” si respira scena dopo scena.
💰 Chiusura in Ricchezza (Solita Routine)
La scena finale: Totò ricco sfondato, come sempre. Una chiusura che ritroviamo fin dai tempi di Fermo con le mani e L’allegro fantasma, e che qui sa tanto di apoteosi farsesca. Il messaggio implicito: travestiti, muori, uccidi, ma alla fine vincere è un dovere morale. O almeno economico.
📜 Conclusione: Un Piccolo Cult a Sei Voci
Totò Diabolicus non è solo una commedia nera, è una sfilata carnevalesca in una villa gotica, un incrocio tra La Casa Usher e Il varietà di Piedigrotta, un monumento all’arte del moltiplicarsi senza moltiplicarsi davvero.
Un film che ride del giallo, del crimine, del travestimento, dell’autorità religiosa, della chirurgia, della nobiltà, del doppiaggio e persino di sé stesso. Totò, qui più che mai, è l’uomo di tutte le maschere. E quando si toglie l’ultima, sotto c’è ancora un’altra faccia che fa ridere.
Le scene più famose e memorabili di Totò Diabolicus, un film che fa da ponte traballante tra il giallo classico, il fumetto nero e il varietà all’italiana, il tutto filtrato dallo sguardo surreale, anarchico e irresistibilmente teatrale di Totò.
🏰 L’Assassinio nella Villa Gotica: Quando il Delitto è una Questione di Arredamento
La scena iniziale — la morte del primo fratello — è un omaggio/parodia perfetto al cinema gotico inglese e ai fumetti neri. Il delitto avviene in una villa degna dei romanzi di Edgar Allan Poe (con una spruzzata di vernice comica alla napoletana): ombre lunghe, scale scricchiolanti, mani guantate che compaiono all’improvviso, e il cadavere che cade con una teatralità da commedia dell’arte.
Ma il vero spettacolo è l’ambientazione: tappezzerie cupe, mobili inquietanti, lampadari gotici e un’atmosfera da casa infestata... non da fantasmi, ma da parenti isterici e assassini multipli.
🧑⚕️ Il Chirurgo e l’Intestino del Gatto: Splatter e Umorismo Grottesco
Uno dei momenti più cult del film è la scena dell’operazione chirurgica con protagonista Totò nel ruolo del professor Carlo, uno dei fratelli, medico “di fama” ma con la delicatezza di un macellaio bendato. Il malcapitato paziente è Pietro De Vico, che si ritrova sotto i ferri per una banale appendicite e finisce per essere privato — con un sadico sorriso — di un bel pezzo di intestino, che Totò porta poi a casa come bocconcino per il suo gatto.
Una scena che gioca con il grottesco, il teatro dell’assurdo e il black humor inglese, tutto innaffiato da quella comicità surreale tipica del Totò più visionario.
👩🦰 Laudòmia, la Sorella Omicida: Il Delitto con Rossetto
La sorella assassina Laudòmia, interpretata sempre da Totò, è un personaggio memorabile per via del trucco pesante, delle movenze da film muto, e della voce alterata caricaturalmente (doppiata da Carlo Croccolo). Ogni sua apparizione è una caricatura del femminile noir, con abiti scuri, sguardi torvi e una sensualità così artefatta da diventare comica.
Le sue entrate in scena sono sempre teatrali: tende svolazzanti, colonna sonora inquietante e uno sguardo da serial killer con tacco a spillo. Ma sotto sotto, è solo Totò che si diverte come un bambino travestito da strega a Carnevale.
📜 Il Testamento: Notaio, Lacrime e Risa
La scena del notaio — impersonato dall’inossidabile Peppino De Martino — è un classico esempio di come Totò riesca a trasformare un atto notarile in un’esplosione di comicità verbale e mimica. I fratelli riuniti per la lettura del testamento sono un carosello di personalità fuori controllo, e il notaio è l’unico personaggio che tenta di mantenere una parvenza di logica legale.
La scena è costruita come un mini-atto teatrale, con battute fulminanti, equivoci linguistici e una parodia geniale della burocrazia, ridicolizzata e ridotta a circo ambulante. Chi eredità cosa? Poco importa: tanto, alla fine, a vincere sarà il caos totòesco.
💀 Le Morte di Totò (sì, plurale): L’Arte del Morire con Stile (e Risata)
In questo film Totò muore ben quattro volte, e ogni volta lo fa in modo diverso, esagerato, e volutamente teatrale. È una specie di carrellata satirica sulla morte al cinema, in cui l’attore, che fino a quel momento aveva sempre evitato il trapasso sullo schermo, si diverte a morire a ripetizione con cadute plateali, gemiti da melodramma e persino cenni di resurrezione comica.
Ogni decesso è una mini-parodia del genere poliziesco e horror, dove la vittima non è altro che un pretesto per il prossimo travestimento. Come dire: “Io muoio, ma voi ridete — e poi torno”.
🦹♂️ L’Identità Segreta di Diabolicus: Il Riso del Male
Il personaggio del titolo, Diabolicus, è un’ombra onnipresente nel film, una figura mascherata con guanti neri, mantello e risata satanica (voce di Vinicio Sofia) che attraversa la pellicola come un Diabolik da operetta.
Le scene in cui compare sono un mix tra tensione e farsa, con situazioni da thriller che sfociano nel ridicolo: si nasconde dietro a tende troppo corte, compare in momenti assurdi, e la sua risata, più che inquietare, strappa un sorriso per quanto è grottesca e fuori luogo. Una sorta di “cattivo da cartone animato per adulti”, che vuole uccidere, sì, ma con una grande attenzione al timing comico.
📯 L’interrogatorio al Postino: Mimmo Poli e Totò, Duetto di Follia
Il povero Mimmo Poli, nel ruolo del postino, viene sottoposto a un interrogatorio degno della Santa Inquisizione, ma con i baffi finti. Totò, nei panni di uno dei fratelli, lo incalza con domande assurde, minacce surreali e logica invertita.
Una scena costruita sul ritmo dei botta e risposta, sull’accumulo di tensione e sulla gestualità esasperata, che sfocia nel nonsense puro. È una delle scene più citate e ricordate del film, anche perché riassume perfettamente l’essenza della comicità totòesca: partire da una situazione reale e trascinarla nel regno dell’assurdo con passo da maestro.
🕴️ Le Mascherate del Marchese Galeazzo: La Farsa Dentro la Farsa
Galeazzo è forse il più teatrale dei fratelli. Totò lo interpreta come un nobile in disfacimento, che tenta di smascherare l’assassino con travestimenti ridicoli, improvvisazioni infantili e piani così assurdi da sembrare opere d’arte dadaiste. Lo vediamo travestito da cameriere, da prete, da infermiere, da lui stesso in versione “incognito”, sempre con la certezza che l’assassino cadrà nella trappola del ridicolo.
Una sequenza in particolare — quella in cui si nasconde per spiare i fratelli usando una finta pianta — è da antologia: si ride per l’idea, per l’esecuzione e perché Totò non si prende mai sul serio, nemmeno quando gioca al detective.
🧳 Il Finalone: Ricchi, Sconclusionati e Felici
Come spesso accade nei film di Totò, il finale è una celebrazione della confusione risolta con un colpo di fortuna. Il povero fratello Pasquale, inizialmente ignorato, si ritrova erede universale. La scena finale è un trionfo di risate, travestimenti, equivoci e improvvise fortune, con Totò che incassa tutto come fosse la lotteria e ci saluta con un’espressione beata da “Io ve l’avevo detto”.
🎬 In Sintesi…
Le scene memorabili di Totò Diabolicus sono:
- Gotico e parodia nella villa del delitto
- Chirurgia da Grand Guignol (col gatto affamato)
- Travestimenti e omicidi da fumetto nero
- Il notaio, l’eredità e la follia
- Le quattro morti teatrali di Totò
- Il postino inquisito
- Le mascherate del marchese
- Il finale ricco e nonsense
Un film che vive di scenette scollegate, ma potentemente comiche, caratteri esasperati, trame assurde e una libertà recitativa che è tutta di Totò. Ogni scena è un piccolo sketch teatrale, un fumetto vivente, una risata travestita da delitto.
Così la stampa dell'epoca
Come fu accolto Totò Diabolicus nel 1962 da critica, pubblico e censura, i tre giudici supremi dell’epoca: l’intellettuale con la pipa, la platea che mangia le noccioline, e l’omino con il timbro della morale cattolica.
📰 La Critica: Giallo, sì, ma anche un po’ verde oliva (di invidia o di nausea?)
Nel 1962, la critica italiana era in pieno sdoppiamento di personalità: da un lato adorava i capolavori neorealisti, dall’altro detestava (con un certo snobismo) tutto ciò che faceva ridere troppo il pubblico — specie se c’era di mezzo Totò.
L’accoglienza della stampa fu tiepidamente educata, come una zia che finge di apprezzare il tuo regalo fatto all’ultimo minuto. La maggior parte dei critici notò che:
- Il film era ben diretto da Steno, regista abituato a equilibrare comicità e ritmo narrativo.
- Totò era irresistibile nei suoi molteplici ruoli, ma molti recensori si limitarono a lodare la sua mimetica attoriale, liquidando il film come una serie di sketch cuciti insieme.
- Alcuni parlarono di "commedia svagata con venature gialle", altri di "operazione grottesca, ma non riuscita del tutto".
Una parte della critica più illuminata colse però la raffinata satira dei fumetti neri, che in quel periodo spopolavano ma erano considerati robaccia per adolescenti degenerati. Qualcuno scrisse (con tono paternalistico):
“Un film che prende in giro Diabolik e compagnia... ma non è che ci casca un po’ anche lui?”
Insomma, gli intellettuali non lo amarono, ma nemmeno lo crocifissero. Il che, per Totò, era già un trionfo.
🎟️ Il Pubblico: Una Risata Lunga un Delitto
Se la critica inciampava nelle parole, il pubblico si sganasciava tra una morte e un travestimento.
Il film incassò oltre 400 milioni di lire all’uscita, un risultato più che dignitoso per una commedia di quell’anno, anche se non raggiunse i picchi di successi come Totòtruffa ’62 o I due marescialli.
Chi apprezzò maggiormente il film?
- Gli adolescenti: attratti dal titolo misterioso, dalla maschera nera di Diabolicus e dalla promessa di sangue, ma poi trascinati nella giostra farsesca di Totò.
- Gli spettatori affezionati al “vecchio Totò”: quelli che si divertivano con le smorfie, le improvvisazioni, le trovate verbali. La formula multi-Totò fu vista come un bonus comico di prima categoria.
- I fan del varietà: riconobbero in molte scene e sketch rimandi diretti al teatro di rivista, con i suoi tempi comici, le entrate improvvise, e le uscite a sganascione.
Il pubblico usciva dalle sale confuso sulla trama, ma felice nei muscoli facciali. Come se avesse assistito a un giallo risolto non con la logica, ma con le pernacchie.
🧏♂️ La Censura: Occhio al Rossetto, Non al Coltello
Ah, la censura italiana del 1962. Sempre attenta a salvaguardare la purezza dello spettatore medio, purché non ridacchiasse troppo nei momenti sbagliati.
Sorprendentemente, Totò Diabolicus passò il vaglio censorio senza amputazioni gravi, cosa tutt’altro che scontata, considerando:
- Il personaggio di Laudòmia, donna omicida e caricatura grottesca del femminino fatale.
- Le scene di morte reiterate, seppur comiche.
- L’operazione chirurgica grottesca, che un altro tipo di censore avrebbe potuto considerare “scena sadica e diseducativa”.
- Il personaggio del monsignore, doppiato in modo caricaturale, che avrebbe potuto far storcere il naso a qualche prelato.
E invece? Il film venne classificato per tutti, senza nemmeno un “vietato ai minori di 14 anni”. Forse la comicità surreale di Totò proteggeva il contenuto come una cotta medievale: nessuno poteva prenderlo abbastanza sul serio da vietarlo.
Una piccola nota: nei paesi esteri, qualche forbice si mosse. In Portogallo, ad esempio, alcune scene furono tagliate o ridotte, specialmente quelle più “ambigue” come l'operazione o certi atteggiamenti di Laudòmia.
📈 Nel Tempo: Da film minore a cult rivalutato
Per molti anni, Totò Diabolicus venne considerato un film minore nella filmografia di Totò, schiacciato tra il successo di Totòtruffa ’62 e la leggenda de I due marescialli.
Ma col tempo, è accaduto qualcosa di magico (o di diabolico?): la critica postuma ha rivalutato il film, soprattutto per:
- L’intelligenza con cui parodia il linguaggio fumettistico e gotico.
- La bravura mostruosa di Totò nei sei ruoli.
- Le trovate registiche di Steno, che costruisce il film come una giostra tra il noir, il teatro comico e il fumetto.
- La sua unicità stilistica, che lo rende più simile a certe opere teatrali grottesche che a un vero poliziesco.
Oggi, il film è spesso incluso nelle rassegne di cinema comico italiano, viene studiato in corsi di laurea sul cinema e adorato dai fan dei “Totò meno visti”, quelli più oscuri, bizzarri e creativi.
🧾 In Sintesi…
Critica dell’epoca
🟡 Tiepida, educata, con qualche punta di sarcasmo
🟡 Lodato Totò, ignorato il film
🟡 Qualcuno notò la satira dei fumetti, ma con sufficienza
Pubblico
🟢 Reazione molto buona: incassi solidi
🟢 Adorato da giovani e amanti del Totò farsesco
🟢 Alcuni spettatori non capirono nulla... ma risero lo stesso
Censura
🟢 Passato senza tagli significativi
🟡 Solo all’estero si mossero le forbici
🟢 Il travestimento e il grottesco salvarono il film
Oggi
🟢 Rivalutato come piccolo cult
🟢 Apprezzato per la parodia del noir e dei fumetti neri
🟢 Studiato per la performance caleidoscopica di Totò
Strampalata quanto irresistibile commedia comica, uno strepitoso assolo del principe De Curtis che, tenuto sotto controllo dal fido Steno, si moltiplica da par suo, dando vita a sei personaggi, uno più buffo dell'altro. I due più spassosi comunque sono la nobildonna vogliosa e il barone della medicina che perde gli occhiali proprio mentre opera il povero Pietro De Vico. Un film probabilmente sciocco, sicuramente divertentissimo.
Anonimo, 1962
Esiste ancora un pubblico per Totò? Esiste. Basta tenere il conto del numero dei film che, salute permettendo, il più geniale dei nostri comici gira ogni anno. Con qualche eccezione sono film, i suoi per i quali si usa una frase: "E' stupido ma diverte". Una frase in cui l'aggettivo si riferisce ai film, sconsolanti per balordaggine e banalità, e il verbo all'interprete che sa sempre trovare, magari in una sola scena, gli antichi lampi [...].
Morando Morandini, 1962
Totò Diabolicus, che il principe gira nel febbraio del '62, è una parodia, ma assai particolare. Il film preso a modello è Sangue blu, un giallo interpretato nel '49 da un sir Alec Guiness impegnato virtuosisticamente in ben otto ruoli. Antonio de Curtis, che nei suoi film si è già più volte sdoppiato e triplicato, ne interpreta in tutto sei; alcuni si incontrano insieme nella stessa inquadratura e questo obbliga l'interprete a rigirare più volte, con camuffamenti diversi, la medesima scena. L'impegno dunque è più gravoso del solito ma Totò, a sessantaquattro anni appena compiuti, continua stoicamente a lavorare.
Alberto Anile
Totò «Diabolicus» e poi «di notte»
Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, non teme il cambiamento dei tempi o la concorrenza delle nuove leve. Infatti l’attività del popolare comico è intensissima. Ad un amico che in questi giorni lo aveva invitato sulla Costa Azzurra, Totò ha risposto: «Non posso recarmi nemmeno ad Ostia per un’ora. Sono impegnatissimo nei teatri di posa; ora sto girando Diabolicus; appena sarà terminata questa pellicola, incomincerò subito un altro film, Totò di notte N. 1.»
«Corriere dell'Informazione», 7 febbraio 1962

In questi giorni Totò ha iniziato un nuovo film, Diabolicus, in cui interpreta sei personaggi diversi: cinque fratelli e una sorella che, per una serie di disavventure, vengono uccisi da un uomo misterioso. In una di queste trasformazioni l’attore si è messo in gramaglie assumendo l’aspetto di una anziana signora, che rimane vedova d’un funzionario con i baffi: Raimondo Vianello. Già in altri film Totò aveva indossato abiti femminili, mai però impersonando il ruolo d’una vecchia rimasta sola al mondo.

Per assicurare verosimiglianza alla sua interpretazione, il comico napoletano ha scelto un abito prezioso, identico a quello indossato da una autentica nobildonna molti anni fa durante una cerimonia pubblica. La lavorazione del film sarà terminata verso la metà di marzo, poi inizierà il montaggio. Totò si è completamente ristabilito dalla malattia agli occhi che lo aveva colpito quattro anni fa, ma i medici lo hanno invitato a non esporsi troppo a lungo alla luce violenta dei riflettori: perciò l’attore, quando non è in scena, porta occhiali scuri. I suoi film, malgrado sfruttino spesso « macchiette » non molto originali, hanno sempre un buon successo commerciale e sono richiesti anche all’estero: Totò è popolarissimo persino in Russia, in Ungheria e in Polonia.

LA SIGNORA LAUDONIA, (in alto) inginocchiata durante la cerimonia funebre accanto al terzo marito, Raimondo Vianello, pure destinato a lasciarla immaturamente. A sinistra: Totò, deposti gli occhiali scuri, si prepara alla ripresa e con le mani guantate s'accomoda il cappellino.
IL PIANTO SCONSOLATO (foto a destra) della vecchia signora che rimane continuamente vedova è uno dei motivi ricorrenti del film. Totò, che porta gli orecchini e indossa un cappotto nero con pelliccia, singhiozza nella chiesa: anche Vianello l'ha abbandonato. Chi sarà il quarto marito?

«Epoca», anno XIII, n.594, 18 febbraio 1962
Totò al suo ottantesimo film si divide fra sei personaggi
Si girano a Roma gli interni di un "giallo" farsesco. In «Diabolicus» il popolare comico commette i più truci delitti per impadronirsi di un'eredità. Durante le riprese è allegro e comunicativo, quando non lavora è timido e «musone»
Totò ha i suoi anni, ma li porta bene. In questi giorni il popolare comico indaffaratissimo net teatro di posa n. 5 degli stabilimenti alla Farnesina, dove quale protagonista di Diabolicus sta facendo fuori a pugnalate i suoi cinque fratelli. Attraverso un giro di situazioni tra le più impensate e divertenti, Totò non esita un solo istante a commettere i suoi delitti. Qualche volta il regista Steno gli fa ripetere le criminali esibizioni ed egli ai presta di buon grado, magari aggiungendo qualche battuta non contemplata dalla sceneggiatura. L'estro è più forte di lui. Gli viene sempre in mente qualche nuova trovata che sfrutta sul momento. «Sono la vocazione ed il mestiere dell'attore che portano naturalmente a improvvisare scena per scena qualche parola — egli dice. — Sono felice quando posso farlo anche se è un rischio. La comicità è musica poiché il fattore principale è il tempo: in teatro tutto questo risulta più facile, perché il pubblico con la sua reazione immediata suggerisce da sé là misura. Comunque l'esperienza mi insegna che anche nel cinema l'improvvisazione il più delle volte funziona». In questo film — l'ottantesimo della sua carriera — Totò è costretto a dividersi in sei personaggi. Il guaio è che c'è di mezzo un'eredità ed egli non ha la minima intenzione di spartirla con i suoi cinque fratelli: un generale nostalgico, un chirurgo, un monsignore, una sposa, un ex-carcerato. Ce ne sarebbe quanto basta per mettere a dura prova anche Fregoli, il celebre trasformista degli anni venti, ma Totò non si spaventa: «Tutti e sei i personaggi mi piacciono molto. Ho per ognuno di essi cure particolari e spero pertanto di renderli egualmente bene».
A differenza di molti criminali che uccidono facendo scomparire i cadaveri delle vittime, Totò nasconde le salme dei congiunti ma li fa rivivere. E' come se non li avesse ammazzati perché egli stesso di volta in volta si trasforma, camuffandosi tanto abilmente da assumerne le perfette sembianze. Non era mai capitato a Totò di mandare al Creatore tanta gente in un film, ma se la cava egregiamente.
E poi — egli lascia intendere — bisogna anche adeguarsi ai tempi, alle mutevole esigenze del pubblico, ai più fantastici crimini che, la crescente sete di denaro fa commettere talvolta anche alla gente che magari non avrebbe mai ammazzato neppur una mosca. Tanto allegro e comunicativo sul «set», Totò appare invece completamente diverso nella vita privata. Egli stesso riconosce che quando non lavora è un timido e un «musone». A chi gli chiede come spiega questa specie di fenomeno della sua personalità, Totò dice tra l'altro: «La verità è che, secondo me, un attore deve separare nettamente la. sua vita personale da quella artistica. Il pubblico vedendoci sul palcoscenico e sullo schermo, si fa di noi un'immagine che non ha nulla a che vedere con quella privata. L'uno, e l'altra non devono essere confuse.» Avendo cominciato la sua carriera giovanissimo con la Commedia dell'Arte, Totò sente una certa nostalgia del teatro. «Vi tornerei volentieri — egli dice — se trovassi un paio di commedie nuove adatte a me. Per la rivista invece niente da fare: prima una compagnia si tratteneva in una città per molte settimane, ma ora i giri sono massacranti, e poi il pubblico ha perduto il gusto per questo genere di spettacolo anche perché non ci sono scrittori adatti: gli unici, se lo volessero, sarebbero Garinei e Giovannini».
g. b., «Stampa Sera», 23-24 febbraio 1962
Totò sei volte diabolico sul set
Venticinque anni di cinema, ottanta film: questo è Totò, l’intramontabile, l’instancabile Totò che continua imperterrito ad interpretare una pellicola dietro l’altra. In questi giorni il principe attore è impegnato nel suo ottantesimo film: ma è come se fosse impegnato contemporaneamente in ben sei film, in quanto interpreta contemporaneamente non uno ma addirittura sei personaggi.
Il film si intitola Diabolicus ed è diretto da Steno: si gira nei teatri della Farnesina. Totò vi interpreta sei parti: impersona sei fratelli, cioè cinque fratelli (di cui uno naturale) più una sorella. Totò deve quindi anche
vestirsi e truccarsi da donna, per essere «Laudomia»; un giorno poi è Galeazzo, un giorno Carlo, un altro Sebastiano, un altro ancora Antonino, ed infine Pasquale. Per essere Antonino, Totò deve vestirsi da prete, perchè questo fratello e monsignore. La pellicola è un «giallo», il primo cui Totò prende parte.
«Corriere dell'Informazione», 25 febbraio 1962

«Tempo», 3 marzo 1962
E' un «recital» irresistibile di Totò che interpreta contemporaneamente le parti di cinque fratelli di illustre casato: un gaudente, un ex generale della milizia un degno monsignore, un chirurgo miope, una plurivedova sempre a caccia di giovani mariti: e quella di un loro fratellastro malvivente. Tutti questi personaggi e cioè Totò sempre e il cognato (Vianello) sono perseguitati da un misterioso assassino che firma «Diabolicus» i suoi messaggi di morte e quattro di essi e un agente investigativo finiscono uccisi a pugnalate. La vicenda condotta con abile mestiere e ritmo serrato dal regista Steno si colora di giallo e quindi, secondo la regola, non rivelarono il nome dell'irriducibile omicida il quale, naturalmente, agisce per questioni di eredità.
La comicità di Totò raggiunge un «diapason» altissimo quando veste i panni della sorella plurivedova, nella sequenza del chirurgo miope che, mentre sta operando, perde gli occhiali e durante l'interrogatorio cui il fratellastro-malvivente sottopone un malcapitato postino. Ma la «verve» e il brio del popolare e grande comico non vengono mai meno durante tutto il film, che è uno dei migliori che egli ha «girato». Interprete femminile la bella e conturbante Beatrice Altariba.
Vice, «Il Messaggero», 7 aprile 1962
Un «giallo» per ridere con Totò moltiplicato per cinque perchè nei panni di sei personaggi tutti consanguinei, quattro fratelli, una sorella ed un fratellastro: rispettivamente un libertino, un ex generale della milizia, un monsignore, un chirurgo miope, una vedova nera che continua a cercare marito ed un malvivente. Costoro, assieme ad un loro cognato (Raimondo Vinello), a cagione di una eredità cospicua sono perseguitati con messaggi di morte da un tipo misterioso che si firma «Diabolicus» e ne fa fuori quattro più un agente d'investigazione. Siamo nella farsa più smaccata condotta con una regia dinamica da Steno: ma i lazzi di Totò sono pressappoco sempre gli stessi e le battute comiche sono le solite. Il personaggio meglio interpretato dall'attore napoletano è quello del nostalgico generale fascista.
«Momento Sera», 7 aprile 1962
Ricordate Sangue blu quel film inglese in cui ha Alec Guinness nelle vesti di un Patrizio Britannico uccideva una serie di parenti per entrare in possesso dell'eredita di famiglia (interpretando da solo tutti i parenti uomini e donne)? Questo "Totò diabolicus" lo imita passo passo anche se com'è chiaro sostituisce l'humor alla parodia e la commedia alla farsa aggiungendo qualche variante gialla sulla scia di più recenti film del terrore.
I temi naturalmente sono facili, i personaggi sono approssimativi (in bilico sempre tra la caricatura e la macchietta) e il racconto fida più sulla benevolenza dello spettatore che non sulla logica e la verosimiglianza, comunque di divertimento ce n'è abbastanza, l'intrigo poliziesco tien desta l'attenzione quanto serve e Totò cinque o sei volte protagonista, riesce a suscitare in platea la voluta allegria specie nell'imitazione del fascista maniaco ed esaltato e della nobildonna con tanti grilli per la testa. Al suo fianco Vianello, Pavese e Beatrice Altariba. Regia di Steno.
«Il Tempo», 7 aprile 1962
Le cose cambiano e con esse i gusti e le esigenze del pubblico: così oggi anche coloro che prediligono i film «tutti da ridere» si sono abituati a pretendere un umorismo e una comicità più «pensanti», nei quali sia possibile trovare almeno qualche eco della vita e del costume contemporaneo.
Ma Totò resta (o lo fanno restare) sempre Totò, con tutti i suoi limiti, ma anche con il suo innegabile bagaglio di intuito, di classe e di esperienza. In Totò Diabolicus egli dà vita a sei differenti personaggi: si tratta dei membri di una medesima famiglia, via via fatti fuori dal misterioso Diabolicus che vuole cosi restare l'unico padrone di una vistosa eredità.
L'onnipresenza di Totò può giustificare solo in parte l'inconsistenza della regia, che è talmente ovvia da sconfinare nell'anonimato: comunque il film è firmato da Steno. Gli altri interpreti, tra i quali Vianello, sono all'altezza, se non dell'interprete principale, almeno della situazione.
Vice, «L'Unità», 7 aprile 1962
Totò si moltiplica per sei in questo film di Steno: chirurgo, monsignore, conte, generale della milizia, nobildonna e pregiudicato. I primi cinque sono i fratelli Torre Alta, l'ultimo è un loro fratellastro. Diabolicus è invece un misterioso e truce assassino che procede sistematicamente alla loro eliminazione. Il movente: la fortuna dei Torre Alta. Trattandosi di un film comico costruito come un giallo - non licet - diffondersi in dettagli o rivelare il finale: un finale imprevisto, che potrebbe concludere un film di Hitchcock o una commedia di Christie. Totò diabolicus è interamente affidato alle risorse del principe, il quale si prodiga nei sei ruoli riuscendo a far ridere anche più di quanto il copione prevedesse.
«Il Paese», 7 aprile 1962
Per divertire il suo pubblico, Totò si fa in sei: tanti sono i personaggi che egli, ricalcando illustri modelli (il Guinness di Sangue blu, ad esempio), interpreta in Totò Diabolicus diretto da Steno, «Diabolicus» è un misterioso assassino che elimina ad uno ad uno i cinque rampolli di una nobile casata, ma noi) la spunta con un sesto fratella stro al quale, assicurato alla giustizia l'uccisore, resteranno i miliardi che erano appunto il motivo della contesa. Totò indossa la veste talare di un pio prelato, la divisa da generale fascista di un maniaco del passato regime, le gonne di una stravagante nobildonna, il camice di un celebre chirurgo, l'abito di società di un attempato gaudente e infine la giubba da carcerato di un ladruncolo da strapazzo: non fosse altro che per la varietà delle caratterizzazioni, talune in parte azzeccate, il film riesce di quando in quando a rallegrare lo spettatore; e le risate sarebbero anche più frequenti se alcune trovate del copione avessero avuto uno sviluppo meno trito. Questa volta Totò ha rinunciato alla «spalla» appoggiandosi di volta in volta a quelle offertegli, in parti di scarso rilievo, dal Pavese, dal Vianello e dalla bella Beatrice Altariba.
vice, «La Stampa», 13 aprile 1962
Totò si è moltiplicato per sei
Più modesto di Alec Guinnes, che in Sangue blu ha sostenuto otto parti, ma non sempre altrettanto esilarante, Totò si accontenta di sei personaggi per strappare qualche risata al suo pubblico affezionato. Eccolo, in questo giallo comico-grottesco diretto piuttosto frettolosamente da Steno, schizzare le macchiette di un nobile fannullone, di un invasato nostalgico del fascismo, di uno stravagante chirurgo, di un pio monsignore, di una arzilla « tardona » (il travestimento femminile era d'obbligo) e di un pittoresco ladruncolo. Ciascuno di questi personaggi, tutti fratelli e fratellastri tra loro, è di volta in volta minacciato ed ucciso da un misterioso «Diabolicus» (vaga reminiscenza di un clamoroso fattaccio torinese) tranne l'ultimo sul quale, sbrogliata la matassa, pioveranno i miliardi che avevano provocato la catena delle uccisioni.
Nonostante continui a ripetersi sotto diversi travestimenti, Totò riesce ancora a far ridere; e moltiplicandosi impedisce che languisca l'interesse dello spettatore, grazie anche a un paio di efficaci risvolti del copione. Lo schermo straripa di Totò e quasi non vi è posto per le parti, del resto solo di modeste e spalle, affidate a Vianello, Pavese, Giacobini, e ad .altri fra cui una bella Beatrice Altariba, qui alquanto sprecata.
a. bl., «Stampa Sera», 13-14 aprile 1962
Totò moltiplicato per sei nel film Totò diabolicus, col quale il regista Steno mette in burla i luoghi comuni più collaudati dei film polizieschi e «del terrore». Vi si narra come un marchese gaudente decede, pugnalato da mano misteriosa. Poiché c’è una grossa eredità di mezzo la polizia indaga tra i fratelli della vittima, che però a loro volta sono colpiti uno alla volta da un misterioso individuo sulla cui identità Ci toccherà tacere, come se si trattasse d'un «giallo» autentico.
Ciò che conta ai fini dello spettacolo è il fatto che tutti i fratelli del marchese sono interpretati dallo stesso Totò. il quale ha escogitato per ciascuno una serie di gesti, di intonazioni e di invenzioni mimiche ben definite e talvolta felicissime. E se i ritratti del generale fascista nostalgico, dell'alto prelato e dell'ergastolano sono spassosi e godibili, quelli del chirurgo miope e nevrastenico e della baronessa, gran consumatrice di mariti, ci sembrano felicissimi. Vianello, Beatrice Altariba e un gruppetto di disciplinati caratteristi fanno cerchio attorno all’impegnatissimo e infaticabile comico.
«Corriere della Sera», 29 aprile 1962
Totò in questa vicenda, che già forni lo spunto per il gustoso Risate in paradiso interpretato da Alec Gulnness, diabolico lo è veramente: egli è il più lontano pretendente di una cospicua eredità, e per entrarne in possesso deve togliere di mezzo cinque parenti; un marchese, un chirurgo, una baronessa, un generale e un monsignore.
Tutti questi personaggi, e anche quello del serafico assassino, sono interpretati dal comico napoletano, al quale non mancano quindi le occasioni per muovere al riso. Il soggetto, che pure era già stato sapientemente sfruttato dal regista inglese Mario Zampi, non ha però per nulla ispirato il nostro Steno, il quale ne ha cavato piuttosto il canovaccio per una rivistina d'avanspettacolo. Lasciato a se stesso anche Totò si è prodigato nell’elargire quanto di più superficiale e di meno apprezzabile c'é nella sua arte.
Vice, «Corriere dell'Informazione», 30 aprile 1962
I documenti
Le uscite home video di Totò Diabolicus, con VHS e DVD, date, edizioni e contenuti speciali:
📼 VHS
- “I Grandi Classici Univideo” (probabilmente anni ’90–2000)
- Edizione standard, senza extra particolari
- Qualità tipica delle videocassette dell’epoca, trasferimento analogico da pellicola.
- Edizione “Creazioni Home VT4594” (83587) – circa 1987
- Etichettata come “Raimondo Vianello”, probabilmente serie dedicata a Totò.
- Ancora VHS su nastro Hi-Fi, senza extra video o booklets
- Possibile confezione multi-film ("Totò Contro/Diabolicus/Arabia/Colonnelli")
- Serie compilation su VHS da collezione, qualità rimane analogica
➡️ In sintesi VHS: uscite sparse tra anni ’80 e ’90, senza contenuti extra né restauri — perfette per nostalgici, ma con audio/video analogico originale.
💽 DVD
- DVD Medusa Video – data di rilascio: 6 novembre 2004
- Formato DVD singolo, distribuito da Medusa tramite Terminal/Medusa Video
- Video in widescreen, audio Dolby Digital Mono, durata ~92 min
- Nessun restauro significativo: definizione standard, trasferimento corretto ma non di alta qualità
- Nessun extra o booklet inclusi.
- Ristampa “Home Entertainment” / Eagle Pictures – circa 2017
- Disponibile su Feltrinelli e IBS
- Prezzo indicativo tra €10 e €30 secondo il venditore.
- Stesse caratteristiche tecniche: video 1,66:1, audio italiano, nessun extra menzionato .
- Import DVD UK
- Disponibile su Amazon UK come “Italian Import”.
- Medesima edizione DVD, confezione inglese ma film in italiano.
- Nessuna edizione Blu‑ray o in alta definizione (luglio 2025)
- Solo DVD finora, niente restauri recenti o edizioni speciali HD.
🎁 Contenuti Speciali e Extra
- Assenti su tutte le edizioni DVD/VHS: nessun Making‑of, interviste, commenti audio, scene tagliate, trailer originali, o booklet.
- Caratteristiche condivise: nessun restauro video significativo, audio monofonico, nessun contenuto aggiuntivo.
📊 Riepilogo Tabellare
| Supporto | Anno uscita | Editore | Formato video | Audio | Extra | Note |
|---|---|---|---|---|---|---|
| VHS Univideo | anni ’90 | Univideo | Analogico | Mono | — | “Grandi Classici” |
| VHS Creazioni Home | 1987 | Creazioni Home (Vianello) | Analogico | Mono | — | Serie Totò |
| VHS multiplo | anni ’90? | vari | Analogico | Mono | — | Box compilation |
| DVD Medusa | 2004-11-06 | Medusa Video | Widescreen | Dolby Mono | — | No extra |
| DVD Eagle/Home Ent. | 2017 | Eagle Pictures | Widescreen | Dolby Mono | — | Ristampa |
| DVD Import UK | 2004+ | Medusa UK | Widescreen | Italiano | — | Import dal 2004 |
ℹ️ Conclusione
Totò Diabolicus ha avuto una storia home video sobria ma costante. Nessuna edizione di lusso o con extra da da collezione, ma continua a circolare in DVD standard, ideale per chi cerca semplicemente di rivederlo in italiano. Le VHS sono ormai reperti da collezione, mentre il DVD resta accessibile e funzionante su lettori moderni — anche se senza sorprese aggiuntive o restauri in alta definizione.
L'ufficiale nazista e il postino

Da notare una caratteristica di due personaggi, o meglio dei due rispettivi interpreti. I due personaggi sono quelli dell'ufficiale tedesco e del portalettere. Queste due tipologie compaiono anche in altri due film di Totò: l'ufficiale tedesco ne "I due colonnelli" (ricorderete, la sua frase, "ho carta bianca…") e ne "I due marescialli" (l'ufficiale che, durante un discorso, viene ridicolizzato dalla fragorosa pernacchia del finto maresciallo Totò), mentre il portalettere maltrattato nel film "Totò Diabolicus" ed ancora ne "I due marescialli". Ebbene gli attori chiamati a interpretare le due parti sono sempre gli stessi: nel caso dell'ufficiale tedesco, Roland Von Barthrop, nel caso del portalettere, Mimmo Poli
Fotogrammi tratti dai film "I due marescialli", 1961 "I due colonnelli", 1962 "Totò diabolicus", 1962
La censura

Verbale della Commissione Revisione Cinematografica in data 26 settembre 1962
(Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema)
Le incongruenze
- Osservate il cadavere a terra all'arrivo della polizia... magia, mistero... il cadavere si sposta da solo alzando persino una gamba
- Durante il famoso intervento chirurgico sul paziente Pietro De Vico, mentre Totò si esprime in tutta la sua vis comica, la giovane infermiera-assistente, nonostante la mascherina chirurgica che le copre parte del viso, è palesemente in piena crisi di risate! (almeno così mi pare)
- Il Commissario, mentre interroga il Generale Fascista Scipione dice "l'assassinio del 25 Luglio" (riferendosi al 25 luglio 1943, quando Mussolini venne destituito), ma il termine "assassinio" non fu mai coniato per definire la data storica. Che c'azzecca l'assassinio? Veniva solamente chiamato "il tradimento"
- Il generale Scipione dice che il 25 Luglio, dopo il tradimento ha detto a Mussolini "Datemi carta bianca e io vi libero in 4 e quattr'otto di questi traditori". Come è possibile, visto che Scipione dei Torrealta non faceva parte del Gran Consiglio del Fascismo e che l'annuncio della destituzione del Duce venne dato quando Mussolini era già prigioniero?
- All'inizio del film, il Marchese Galeazzo dice "Il Visconte Alibrandi", ma subito dopo, il domestico dice "Telefonò subito al DUCA Alibrandi". Una carriera davvero rapida!
- Quasi alla fine del film Galeazzo (Totò) spiega alla fidanzata come ha concepito e realizzato tutto il piano. Egli sostiene di aver fatto tutto da solo: gli assassini, le lettere ed anche il filmato iniziale che si è poi mandato da solo. Ma, anche se avesse avuto la capacità di operare un fotomontaggio, l'uomo mascherato da Diabolicus sia nel filmato, sia in tutti gli assassini è molto più alto di Galeazzo; è evidente quindi come l'attore che ha interpretato Diabolicus non è Totò, ma qualcunaltro
- Scipione (Totò) è un eroico invalido di guerra, egli ha la mano sinistra congelata, ma la usa normalmente quando si deve slacciare la giacca e far vedere la camicia nera
- Da tutte le pugnalate elargite da Diabolicus non esce un filo di sangue
- Quando il professore sta operando e toglie parte dell'intestino del paziente, si nota come l'intestino non sia per niente sporco di sangue, come invece dovrebbe essere
- Quando viene assassinata la sorella di Totò sul tavolo da biliardo si vede che stringe i pugni, ma un istante dopo nella successiva inquadratura le mani sono aperte
- Nella scena in cui Totò/Pasquale Bonocore è a casa con le guardie del corpo arriva il postino...di sera?
- Durante la scena della partita a biliardo dei fratelli Torrealta, tra cui Laudomia, in alcune inquadrature si può notare che sul tavolo da biliardo già compare la sagoma "sbiadita" di Laudomia, che la polizia traccerà durante le successive indagini sulla morte di Laudomia, appunto sul tavolo da biliardo. Qui la sagoma è invece ben visibile, dopo la morte di Laudomia. La scena della partita a biliardo (Laudomia viva) è stata dunque girata DOPO quella delle indagini (Laudomia morta)?
- Nella scena del biliardo, subito dopo l'omicidio del professore, il generale effettua un tiro. In un'inquadratura la boccia supera i birilli e sta quasi per fermarsi, nella successiva ha improvvisamente una velocità maggiore
- Il commissario dice “assassino che agisce di notte tutto vestito di nero”... ma come fanno a sapere che è vestito di nero Diabolicus?
- Subito dopo l' inizio del film, mentre Totò guarda il film inviatogli dal Marchese Aliprandi si sente Totò che dice " Si spoglia? l' omino si spoglia? ". Si nota benissimo che tale voce è stata inserita dopo in fase di montaggio,poichè cambia completamente l' audio
www.bloopers.it
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| Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo. | |
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| Il palazzo dove si verifica il primo delitto (mentre ancora scorrono i titoli di testa) è la Scuola di lingua italiana Leonardo Da Vinci in Piazza dell'Orologio 7 a Roma | |
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| Qui l'ingresso vero e proprio al palazzo | |
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| Il palazzo nobiliare dove viene finalmente arrestato Diabolicus, dopo un ultimo feroce delitto è in Via dei Funari a Roma | |
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| Di conseguenza la finestra incriminata è certamente una di quelle di questo palazzo, che sta di fronte al gruppo che guarda | |
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| La villa "Il littoriale", dove abita e si esercita il Generale nostalgico Scipione di Torrealta (Totò) è Villa Zingone in via del Casaletto 348 a Roma. Oggi piuttosto risistemata, conserva però il cancello di allora (è stata aggiunta solo una lamiera di chiusura alla base) | |
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| La villa sullo sfondo non è facilmente riconoscibile | |
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| ma lo sono il muro (A) e il cancello di ingresso della villa di fronte | |
Totò Diabolicus (1962) - Biografie e articoli correlati
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Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1962
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Baghino Gianni (Giovanni Nedo)
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Totò e la parodia nel cinema italiano: elenco ragionato e riferimenti (1937–1967)
Totò e... Bruno Corbucci
Totò e... Luigi Pavese
Totò e... Mario Castellani
Totò e... Raimondo Vianello
Totò e... Steno
Totò, une anthologie (1978)
Un sorriso, uno schiaffo, un bacio in bocca (1975)
Vianello Raimondo
Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Totò: principe clown", Ennio Bìspuri - Guida Editori, 1997
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- Verbale censura Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- «Corriere dell'Informazione», 7 febbraio 1962
- «Epoca», anno XIII, n.594, 18 febbraio 1962
- g. b., «Stampa Sera», 23-24 febbraio 1962
- «Corriere dell'Informazione», 25 febbraio 1962
- «Tempo», 3 marzo 1962
- Vice, «Il Messaggero», 7 aprile 1962
- «Momento Sera», 7 aprile 1962
- «Il Tempo», 7 aprile 1962
- Vice, «L'Unità», 7 aprile 1962
- «Il Paese», 7 aprile 1962
- vice, «La Stampa», 13 aprile 1962
- a. bl., «Stampa Sera», 13-14 aprile 1962
- «Corriere della Sera», 29 aprile 1962
- Vice, «Corriere dell'Informazione», 30 aprile 1962








