CHE TI SEI MESSO IN TESTA?

(1944)

Scheda dell'opera

Titolo originale Che ti sei messo in testa? (1944)

  • Testo e regia: Michele Galdieri, rivista in due atti
  • Interpreti: Totò, Anna Magnani, Clara Auteri, Mario Castellani, Oreste Bilancia, Harry Feist, Gianni Agus, Giulietta Cociancich, Maria Giorgi, Livia Giorgi, Olga Knezevich, Frizzi Leoni, Olga Gentili, Mario Riva, Miranda Giuntini, Adriana Serra, Elena Giusti, Diana Dei, Lidia Floret, Nico Pepe, Marisa Merlini, Liana Rovis, Mario Merlini, Zola Lunghetti, Lina Maraviglia, Nella Merizzi, Liana Raimondi, Olga Scarlata
  • Coreografie: Harry Fiest
  • Scene e costumi: bozzeti di Elio Costanzi, realizzati da S.A.F.A.S., Moschini, Botti, Lola, Valiani, scene di Boschetti, Radicotti e Reni
  • Musica: Dan Caslar, diretta da M.o Ugo Filippini
  • Compagnia: Compagnia Grandi Riviste Totò-Magnani
  • Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 5 febbraio 1944

Sketch, quadri e notizie

Spunto narrativo: il filo conduttore, che Galdieri peraltro non ha mai amato, è complesso da reperire ed è affidato a una chiave metatestuale secondo una cifra cara all’autore. In tempi sempre più difficili, attraverso la figura dell’Amministratore teatrale, ci si interroga, fra l’altro, sulla Rivista, sulle sue figure caratteristiche, su come metterla in scena: con due grandi nomi, Totò e la Magnani - che qui interpretano se stessi - o con attori non professionisti, come oggi il pubblico sembra apprezzare. Eliminati gli attori, si susseguono diversi personaggi famosi, Mila e Aligi de La figlia di Iorio, Romeo e Giulietta, Otello, Pascal «fu Mattia», Carmen che duetta con Aligi ecc. Falliti attori e personaggi che non soddisfano più neanche loro il pubblico, l’Amministratore si consola col sorriso della fidanzata, migliore di uno spettacolo che si rivela impossibile.

Che ti sei messo in testa L


QUADRI DELLA RIVISTA
Alla fiera della rivista Le donne di Boldini
Divi... nità in vacanza Tragedie superate
Perchè no? Mercato nero
Il buco Va tutto bene...
Un negozio e 5 generazioni ...malgrado "tutto"
Danza del teatro  
Comprate un ombrello  
La figlia di Jorio  
...e il pastore Aligi  
Che ti sei messo in testa?  
Dietro il ventaglio  
Danza del Re Sole  

Il figlio di Jorio

La lupa... lettera al Governatore

Cappuccetto Rosso

il Gagà e la Gagarella

la Fioraia del Pincio

Pinocchio e Malombra

Che ti sei messo in testa? è la rivista più aggressiva nei confronti dell’ex alleato che Totò e la Magnani abbiano mai interpretato.

Nel quadro della cantante spagnola, la Magnani sfida apertamente la censura urlando «Vogliamo la libertà». Finge due volte di dimenticare che si tratta di una battuta proibita, ma un giorno le viene perentoriamente imposto di tagliarla o di sostituirla con un’altra. Arrivato il momento, mentre Galdieri segue lo spettacolo col cuore in gola, Anna urla «Vogliamo aria, aria pura!», ottenendo la stessa cascata di applausi delle altre repliche.

Totò porta in scena il pastore Aligi, in una parodia della Figlia di Jorio di D’Annunzio: ha dormito per tanto tempo, settecento anni addirittura, e si risveglia in un mondo di cui non riesce a capacitarsi. Per sopravvivere si definisce «ignaro» ma, una battuta sì e una no, si diverte a pizzicare il sedere al regime: tira in ballo le difficoltà che si incontrano nella ricerca di lavoro («Ma come? Prima mi si mette in condizione di non poter lavorare e poi si vuole che io lavori?»), i rastrellamenti («Ho fatto un nascondiglio dietro lo scaldabagno... ma dice che hanno i cani poliziotto!?»), la follia dei potenti attuali («Forse è meglio fare il pazzo... entrare in manicomio... Ma come fai a distinguere?»).

Tra il pubblico oltre ai soliti gerarchi ci sono diversi ufficiali tedeschi. Anna, quando ne vede qualcuno in platea comincia un’irresistibile gag con Totò: «Guarda, qualcosa galleggia sull’acqua, stasera». E dopo diversi giri di parole i due concludono che si tratta di stronzi.

A volte i tedeschi, che un po’ di italiano devono masticarlo, capiscono l’allusione e si slanciano sul palco a interrompere lo spettacolo. Mentre Elena Giusti e le altre ballerine ridono dietro le quinte, Galdieri e l’impresario Paone escono a tentare di placare gli animi. In compagnia c’è anche Marisa Merlini, che Totò ritroverà più volte accanto a sé nel cinema degli anni ’50. (1)


Anna Magnani nel film del 1953 «Siamo donne», diretto da Luchino Visconti interpreta lo sketch «La fioraia del Pincio», cantando il famoso stornello romano "Com'è bello fa' l'amore quann'è sera".

l’Amministratore rimpiange i successi che una volta riscuotevano gli spettacoli di rivista, soprattutto quelli con la coppia Totò/Magnani. Essi entrano in scena e rievocano cantando alcuni dei loro celebri personaggi: il Gagà e la Gagarella, la Fioraia del Pincio, Pinocchio e Malombra. Tra autocitazioni e battute sulla politica contemporanea Totò e la Magnani escono di scena (Atto I).

Aligi si sveglia da un sonno di settecento anni in una camera d’affitto in cui lo ha messo Mila, affidandolo a un’affittacamere che ora s’incarica di spiegare ad Aligi “ignaro” i tempi a cui si è destato. Il Portiere poi gli spiega che dovrebbe quantomeno presentarsi al servizio di leva, dato il suo anno di nascita non molto recente.

L’Amministratore nota come anche la prosa non abbia più successo e suggerisce così ai personaggi di drammi famosi come Otello, Amleto, La figlia di Iorio, di andare a lavorare al mercato nero. Tra i banchi del mercato troviamo Turiddu (protagonista della Cavalleria rusticana di Verga, che nella seconda versione della commedia diventa Pascal dal personaggio del romanzo di Pirandello II fu Mattia Pascal), che accompagna e aiuta un ingenuo Aligi, incalzato dalle attenzioni erotico-amorose di Carmen, venditrice di «sigarillos» (Atto II).

Venuto a sapere della presenza di Vienda come manicure nel negozio di un barbiere, Aligi ne difende l’onore cacciando un cliente che l’aveva pizzicata; poi si prende giuoco della moglie-padrona del barbiere e finisce col fare lui stesso la barba al padrone della bottega (Atto II).

Totò è se stesso, e ripercorre le sue interpretazioni più famose, la propria memoria di attore. Quindi interpreta Aligi.



Censura: la rivista fu pesantemente tagliata e modificata dalla censura nazifascista di guerra: il titolo, che doveva essere "Che si sono messi in testa?" dovette essere modificato perché vi si ravvisava un riferimento alla politica tedesca del periodo; moltissime battute furono tagliate o modificate anche dopo l'inizio delle rappresentazioni sebbene la critica (o meglio, lo "sberleffo") al regime fosse spesso solo "sussurrato" (come la famosa "io penso che le pecore sono stufe di belar" ed altre che Totò diceva nei panni del pastore Aligi). Impossibile rendere conto di tutti i tagli e le modifiche apportate. Segnaliamo che quasi tutto il primo atto del primo copione presenta accanto alle battute la dicitura: «Non compreso nel copione definitivo». Citiamo per tutti quelli relativi alla canzone che riprende il titolo:

«Che si sono messi in testa / i governanti affé? ! / Se poi li si spodesta, / si lamentano perché?», che diventa «Che ti sei messo in testa / ma che lo dici a far / non ci guastiam la festa / rimettiamoci a danzar!» Quando il pastore Aligi dice «Io penso alle mie pecore che han smesso di belar» la Censura sostituisce con «che vanno al casolari».

Totò e Anna debuttarono con Che ti sei messo in testa? al Teatro Valle di Roma il 5 febbraio 1944, ed ebbero al solito un gran successo. Il giorno successivo, il critico del «Messaggero» sottolineava l’abilità di Galdieri nel «mettersi sui binari del favore popolare e della voga. Qui sta il problema della rivista: non essere né in ritardo né in anticipo sugli avvenimenti più noti. Il pubblico ride e si esalta a misura che lo spirito proveniente dal palcoscenico si assottiglia nelle allusioni: la gente sente il sale sulle sue piaghe e, cedendo al conformismo di “quando tutto manca ... non ci riman che farci una risata”, sghignazza». E, proseguiva il critico con evidente allusione alle battute antifasciste e antitedesche, la gente rideva «volentieri soprattutto di colui che ci passa accanto o sopra i piedi e ha la faccia feroce e magari picchia sodo e alla cieca secondo come garba al suo chiuso umore: perché qualcosa di ridicolo nel violento passante si può sempre trovarla. E questa sarebbe la morale meglio apprezzata della garbata e “adeguata” rivista di Galdieri».

La rivista era ancora in scena col tutto esaurito quando il 23 marzo avvenne l’attentato di via Rasella, seguito il giorno dopo dalla strage nelle Fosse Ardeatine di 355 vittime catturate e trucidate per rappresaglia. Fra il pubblico del Valle vi erano ufficiali tedeschi che comprendevano l’italiano e non apprezzarono le allusioni satiriche dei due attori nei loro confronti.

Antonio e Anna subirono richiami dal questore e minacce dai militi fascisti, ma coraggiosamente non cedettero. «Sarà stata incoscienza», disse il principe ricordando quei giorni all’inizio del 1966: «No. No. Scherzi a parte: come si poteva rimanere estranei a quanto combinavano quelli? ... I fastidi non mancarono, tanto che io stavo per essere trasportato al Nord dai tedeschi». «Una sera - raccontò ancora il principe de Curtis nel 1965 in una intervista televisiva - c’è stato uno che dal palco mi ha detto: “Vai al frontee!” e un signore da giù gli ha risposto: “Ci vada lei, buffone!”. Io con gli occhi bassi, così... Mo’ qui succede l’ecatombe... Questi poi sono usciti fuori e hanno tirato una bomba all’ingresso del Valle».

Il 3 maggio, avvertito da un amico della Questura di essere stato denunciato insieme a Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, con l’ordine di catturarli e trasportarli al Nord, Antonio attese nascosto in casa - dopo aver avvertito gli amici De Filippo - l’arrivo degli Alleati. E il 5 giugno, il giorno dopo la liberazione della capitale, era in piazza San Pietro ad acclamare il papa. Qui incontrò per caso l’amico Zavattini, che lo salutò chiamandolo «Principe». E Antonio, serio: «La prego, Zavattini, ormai siamo in democrazia, mi chiami pure Altezza». E di rimando, Zavattini: «D’accordo, ma lei mi chiami Cesare, anzi, compagno Cesare».

Emilio Gentile


Anche la vita dello spettacolo è turbata da incursioni “repubblichine”. La rigida regolamentazione voluta dal regime fascista per gli spettacoli di satira, procurava ad attori e autori non pochi problemi. Gli interventi della censura non si contavano. Totò fu addirittura costretto a fuggire per scampare a un ordine di cattura emesso nei confronti sui e di Peppino ed Eduardo De Filippo. Uno dei primi problemi cli venne dalla rivista "Che ti sei messo in testa?". Il lavoro andò in scena al teatro Valle di Roma nel 1944. Il titolo originale doveva essere "Che cosa si sono messi in testa?" ma la censura lo fece modificare perchè ci vedeva allusioni alla pretesa di Hitler di dominare il mondo. La sera in cui si ebbe notizia dell'attentato ad Hitler, Totò, che adattava sempre i copioni all'attualità, si presentò in scena con baffetti e ciuffo, tutto incerottato e zoppicante, attraversando la scena durante l'esecuzione di un altro numero, suscitando l'ilarità generale. Quella sera stessa un colonnello delle SS, suo amico, gli confidò che stava per essere emesso un mandato di arresto per lui e per i fratelli De Filippo che avevano preso in giro in una loro commedia i nazisti. Dopo aver avvertito Peppino, Totò dovette scappare, rifugiandosi per qualche tempo a Valmontone.

Curiosità: il leitmotiv della rivista s'incentrava sul fatto che la Ragione fosse andata in ferie allontanandosi da Roma, come tutti i divi, impedendo ai teatri di organizzare delle buone riviste: l'intento profondamente e sottilmente critico nei confronti del nazifascismo era evidente. Si susseguivano in scena alcuni dei più celebri pezzi di repertorio dei maggiori interpreti: la Magnani nella fioraia del Pincio, Totò in quelli di Pinocchio, insieme nella gag de "Il gagà", già cavallo di battaglia di Ettore Petrolini e, successivamente, di Enrico Montesano.

La prima si ebbe al Teatro Valle di Roma, il 5 febbraio 1944, per passare in poco più di un mese al Teatro Sala Umberto e poi, successivamente al Teatro Brancaccio, ma gli spettacoli furono interrotti dopo pochi mesi a causa del susseguirsi degli eventi bellici.

L'avanzata alleata è lenta, l'Italia attende di essere liberata ma ci vuole tempo. E' così che Totò esce da solo sul palcoscenico, in silenzio, consulta impaziente l’orologio, si guarda scocciato d'intorno, senza mai dire una parola: la platea capisce e fa cadere il teatro dagli applausi. Le repliche vanno avanti tra eroismo e incoscienza.

Le rappresentazioni s'interruppero bruscamente poco prima della liberazione di Roma: Totò fu avvertito (pare proprio da un ufficiale tedesco) che sarebbe stato di lì a poco arrestato dai Tedeschi, insieme a Peppino De Filippo (che pure aveva "sbeffeggiato" il regime). Avvertito Peppino, Totò scappò quindi a Valmontone, per ripresentarsi nella capitale solo dopo la venuta degli Alleati e quindi proporre, con la stessa compagnia, una nuova rivista ("Con un palmo di naso") con un chiaro riferimento alla mutata condizione politica.

Considerando anche il periodo e la localizzazione particolarissima in cui venne rappresentata (in regime di occupazione, con il fronte di guerra - la linea Gustav - a pochi chilometri dalla città), questa rivista viene sovente vista come uno dei periodi "più alti" della capacità comica e di spettacolo della coppia Totò-Magnani.


La rivista fu presentata a Roma nella prima metà del 1944, nel periodo di occupazione nazista della capitale. Rappresentò il terzo capitolo della felice collaborazione della coppia artistica Totò - Anna Magnani, che in seguito si produssero anche in altre riviste dello stesso regista con una compagnia propria ed è stata autorizzata una prima volta a Venezia il 17 gennaio. L’Ufficio Censure, alla cui direzione non c’è più Leopoldo Zurlo, che nel frattempo si è dimesso, riceve un esposto che denuncia il fatto che gli attori non si attengono al copione vistato. La compagnia viene diffidata e il copione torna a essere autorizzato una seconda volta il 12 aprile dello stesso anno, previa abolizione delle allusioni politiche. La prima viene data a Roma, al Teatro Valle, il 5 febbraio. Segnaliamo come esempio delle variazioni apportate nel primo atto la canzone Ma che ti sei messo in testa?, che nel primo copione fa riferimento ad avvenimenti bellici e politici e, nel secondo, parla solo di scoperte scientifiche e teorie filosofiche. Tornano tra i personaggi, gli immancabili Gagà e Gagarella e lo stesso Pinocchio, rievocati dagli interpreti come cifra del loro rimpianto sodalizio artistico.


«La Magnani»

La sua collaborazione con Totò era continuata, fervida e felice. Il 18 febbraio del ’44 aveva debuttato al Valle con un nuovo spettacolo di Galdieri, Che ti sei messo in testa. Anna spopolava in una serie di quadri eccezionali: «La lupa... scrive al governatore» oppure « la dama in blu ». Galdieri aveva avuto il suo da fare con la censura: ora non aveva più di fronte un gentiluomo come Leopoldo Zurlo ma i tedeschi. Questo rappresentava un vantaggio e uno svantaggio, perché se da un lato i margini di satira s’erano fatti sempre più ristretti, dall’altra i tedeschi non erano sempre in grado di afferrare tutte le allusioni del testo. Il titolo fu comunque modificato, perché in origine era Che si sono messi in testa con un chiaro riferimento alle truppe che occupavano Roma. Le repliche continuarono per molti mesi: Anna andava in teatro alle due del pomeriggio, perché lo spettacolo cominciava alle due e mezzo per permettere agli spettatori di rientrare prima delle sei, l’ora in cui era stato fissato il coprifuoco, dopo lo sbarco di Anzio.

A fine spettacolo rimaneva, assieme a tutta la compagnia, barricata in palcoscenico. La scusa ufficiale era che bisognava mettere a posto ancora qualche numero e rimpolpare il finale. In realtà Galdieri aveva già scritto un’altra rivista da mandare in scena dopo l’arrivo degli alleati a Roma e aveva cominciato a provare clandestinamente. Anna si divertiva, sfogava in quel modo il suo scontento per tutte le censure subite, per i soldati che presidiavano le quinte durante lo spettacolo, per la minaccia di vedersi tagliare una battuta ogni sera. Qualche volta era riuscita a beffarli, ma non era facile. Ricordava ancora certi salti mortali: « Facevo la parte di una cantante spagnola. A un certo punto dovevo gridare: "Vogliamo la libertà”. Ogni volta che gridavo quella frase mi sembrava che dovesse crollare il teatro per gli applausi. Senonché arrivò l’ordine di sopprimerla. La prima sera feci finta di dimenticarmi, la seconda pure ma la terza mi fu imposto di tagliarla o per lo meno di sostituirla... Galdieri era preoccupatissimo, non sapeva come me la sarei cavata. Ma al momento giusto gridai: "Vogliamo aria, aria pura!”.

La frase ebbe lo stesso effetto, tutti capirono il senso nascosto e gli applausi non cessavano mai». La gente non rinunciava al teatro, presa da un forsennato e un po’ folle desiderio d’allegria. Anche il giorno dopo l’attentato a via Rasella, mentre Roma era sotto il giogo d’u na colossale retata Che ti sei messo in testa registrò il tut to esaurito. Per tutta risposta un pomeriggio era stata tre vata una bomba vicino al corridoio dei camerini e Anna era mezzo morta di paura all’idea di saltare in aria con un petardo.

Le repliche terminarono alla fine di maggio.

Patrizia Carrano

Che ti sei messo in testa?

Versi di M. Galdieri - Musica di O. Caslar

Portavo da tre anni un bel cappello...
Ma che peccato... mi si era assai sciupato!
Io non l'avrei cambiato, ma un monello
ineducato... per via mi ha canticchiato...

Che ti sei messo in testa?
Che ti sei messo in testa?
Un mestolo? Un fornello?
È tondo come una ricotta...
È grasso grasso come una caciotta...
Che ti sei messo in testa?
Che cosa? Non lo so...
Se accendi uno zolfanello
ne facciamo un bel falò!

Io corro allor da un gran negoziante...
- un buon cappello! Ma guardi che gioiello!

Distinto... resistente... ed elegante
E detto fatto... Lo compro, soddisfatto.

Che ti sei messo in testa?
Che ti sei messo in testa?
Con quel cappello a lobbia
sei più buffo di Totò...


In quei momenti io ce l’avevo un po’ con i tedeschi, e nelle battute della rivista ci mettevo un po’ di malignità. Vedevo per strada i rastrellamenti, fucilazioni... certo ne abbiamo passate...

Giacomo Gambetti


Anna Magnani, quando vedeva in sala soldati tedeschi, diceva a Totò: ‘Guarda, qualcosa galleggia sull’acqua, staserà, iniziando così una gag irresistibile, e alla fine convenivano che erano stronzi [ispirata a un romanzo ungherese dallo stesso titolo, Qualcosa galleggia sull’acqua è una delle canzoni che la Compagnia sta nel frattempo provando in vista di un nuovo lavoro, n.d.a.] A questo punto i nazisti, che tuttavia qualcosa capivano, s’offendevano, arrivavano sul palco, interrompevano lo show. E si ripeteva lo stesso copione: correvano a calmarli il direttore e l’autore, cercando di mettere le cose a posto. Io, defilata, ridevo come una matta.

Maurizio Porro


Totò dietro le quinte faceva delle grandi litigate con la Magnani. Poi prima d’entrare in scena avevano paura l’uno dell’altra, e allora grandi baci de corsa. Se ne dicevano... Erano due grandi, pieni di lazzi, di battute, e i grandi insieme hanno sempre fatto scintille.

Marisa Merlini (intervista di Alberto Anile, 1995)


Anna diceva una battuta, nei panni di Mila di Codro, che suonava pressappoco così:
«Del tuo re la volontà / e alfin, la cosa più importante, / la libertà!».
Il pubblico alla parola "libertà" esplodeva in un applauso frenetico. Una sera ci ritrovammo il teatro pieno di repubblichini, tutti neri, sembravano tanti bacarozzi elegantissimi. Roma viveva nella paura, nelle nostre case tenevamo nascosti i nostri amici antifascisti (in casa di Anna c'era Luchino Visconti). Alla fine dello spettacolo salirono sul palcoscenico ed entrarono nel camerino di Anna."Cosa volete da me, prego, io non vi conosco", disse Anna con aria molto seccata. "Signora, lei ci conosce benissimo. Lei questa sera ha gridato: libertà!" rispose il capo dei bacarozzi ed Anna di rimando: "Non capisco... cosa vuol dire... aiutatemi, ditemi in quale occasione". "Lei non deve più dire quella parola, sennò domani sera noi buttiamo una bomba nel Teatro Valle. Intesi?" concluse il repubblichino. Noi eravamo tutti morti di paura, ma lei riuscì a mettere la cosa sullo scherzo ed andò via dopo averci ripetuto più volte: "Ve cacate sotto, eh?". La sera dopo, il teatro era ancora più nero. Noi spiavamo dalle quinte e già ci sentivamo eroi e martiri. Anna entrò in scena accompagnata dalle raccomandazioni di Totò: "Mi raccomando, signora Magnani, siamo nelle sue mani!". Quando lo spettacolo arrivò al dunque, Anna si piazzò al centro del palcoscenico e cominciò a dire la battuta incriminata:
"Del tuo re la volontà / e, alfin, la cosa più importante!...", fece una pausa carica di suspense, si rivolse a noi sottovoce, guardandoci con aria ironica, "ve cacate sotto, eh?", quindi riprese: "aria, aria pura per respirare", gridò forte e con violenza all'indirizzo dei bacarozzi. Arrivò un applauso più forte delle altre sere.

Marisa Merlini


«Altro che fronda! Al Valle, con i tedeschi in casa e i fascisti di Salò in platea, Totò, nei panni di Aligi, gli tirava certe stoccate! Poi, appena l’ovazione che aveva suscitato tendeva a scemare, arrivava la Magnani nelle vesti di Mila di Codro con la battuta-, “Per tuo re la volontà, e infin la cosa più importante: la libertà!”. E su questa ultima parola, la libertà, esplodeva in un grido che le faceva gonfiare le corde del collo mentre il pubblico si levava in piedi e si spellava le mani per quanto applaudiva. Dai e dai, i repubblichini non gradirono la scena. Così piombarono dietro le quinte con ’sti teschi sul cappello, ci fecero uscire dai camerini e, mentre tutti noi della compagnia ci eravamo adunati a debita distanza, gridarono: “Da domani dovete astenervi dal ripetere ciò che avete detto. Altrimenti vi farà tacere una bomba sul palcoscenico!”».

Marisa Merlini


Io, Mario Riva e gli altri eravamo tutti tremebondi mentre Anna, invece, faceva la spiritosa: “Ma perché, che ho detto?!”. L’avremmo menata volentieri! La sera successiva cominciammo a scongiurarla: “Signora, per carità, dia retta, ed eviti 'sta battuta". E lei, sfottente: “Mo’ la dico, mo’ la dico!”. Difatti entrò in scena e sparò: “La volontà, e infin la cosa più importante: l’aria, aria pura per respirare!”. Dietro le quinte ci fu un fuggi fuggi generale. Per la fifa di 'sta bomba a me e a Riva, rintanati nel camerino più distante, lo scroscio d’applausi che l'accolse ci sembrò una deflagrazione».

Marisa Merlini


E' nel 1944, durante la tournée teatrale della rivista 'Che ti sei messo in testa?', che Totò e la sua famiglia rischiano la vita. Ha sbeffeggiato gli occupanti nazifascisti e adesso vogliono catturarlo per deportarlo al Nord. Un "anonimo" gli salva la vita, consigliandolo di fuggire o nascondersi. Senza perdere tempo avvisa gli amici di sempre, Peppino e Eduardo De Filippo i quali corrono lo stesso rischio; prende Diana e la piccola Liliana e va a nascondersi dalla fidata famiglia De Santis, una coppia di ammiratori sfegatati che è sempre presente ai suoi spettacoli e occasionalmente invia cibo e leccornie prelibate, nei pressi dell'Aurelia


Telegramma inviato dalle Forze di Polizia alla Questura di Roma per "presunte" offese alle Forze Armate germaniche
ed al Regime contenute nella rappresentazione della rivista 'Che ti sei messo in testa' (© Archivio Famiglia Clemente)


Il 5 febbraio del '44 Totò debutta al Valle di Roma, con la Compagnia Grandi Riviste Totò-Magnani, insieme ad Anna Magnani, in "Che ti sei messo in testa?", il cui titolo originale, fatto cambiare dalla questura, era, con chiara allusione agli occupanti tedeschi, "Che si son messi in testa?". Il critico del «Messaggero» concludeva il suo pezzo sullo spettacolo con queste parole: «Al simpaticissimo Totò dedichiamo soltanto la nostra adesione sentimentale e il nostro entusiasmo di spettatori. Il quale vada anche ad Anna Magnani, unica attrice comica, ci sembra, degna di far coppia con Totò».

Dietro le quinte del teatro, Totò e Anna Magnani litigano in continuazione e la loro voce spesso arriva fino in platea. Però ogni volta che devono entrare in scena, si scambiano puntualmente il bacio della pace e si scatenano in una recitazione di coppia che è sempre perfetta e produce valanghe di applausi.

Con un coraggio che rasenta l'incoscienza, Totò non perde occasione, ad ogni replica, di strizzare l’occhio al pubblico con allusioni e battute a doppio senso, che si riferiscono alla situazione politica, al fascismo che è caduto e ai tedeschi che occupano Roma.

Rappresentando il pastore Aligi ne "II figlio di Jorio", una parodia del testo dannunziano, scritta da Eduardo Scarpetta e rappresentata già a Napoli nel 1904, Totò si scatena letteralmente ripetendo in tono implorante alla soubrette «Vieni avanti! Vieni avanti! E vieni avanti!», riferendosi chiaramente agli Americani sbarcati ad Anzio, che non si decidevano ad avanzare verso Roma. Il pubblico capisce e applaude, ma i rischi non mancano, perché molti ufficiali tedeschi conoscono bene l'italiano e afferrano senza farseli tradurre i doppi sensi di Totò.

Per esempio, interpretando il pastore Aligi, che si risveglia dopo settecento anni di letargo, ammicca agli spettatori con battute del tipo:

Io penso alle mie pecore che tirano a campar!
Io penso alle mie pecore che fanno tutte... mhè...
Io penso alle mie pecore che han smesso di belar!
Io penso alle mie pecore che son stanche di belar!

E a volte, sull'onda di queste battute allusive, incitava il pubblico a belare, per cui tutti gli spettatori, con somma provocazione, si mettevano insieme a Totò a fare il verso delle pecore e a ridere.

Alla fine di gennaio viene trovata una bomba al Valle, fortunatamente inesplosa.

Il 24 marzo, quando alcuni membri della resistenza romana mettono in atto l’attentato di via Rasella, Totò e Anna Magnani vanno in scena al Valle con il tutto esaurito.[...]

Il 21 aprile, a quasi un mese di distanza dall’attentato di via Rasella e dall’eccidio delle Fosse Ardeatine che ne era seguito, viene fatta una segnalazione al Comando tedesco nei confronti di Totò e della sua compagnia per frasi offensive contenute nel suo spettacolo Che ti sei messo in testa?, che andava in scena tutti i pomeriggi al teatro Valle. Due settimane dopo, il 3 maggio, Totò viene denunciato dalla polizia, insieme a Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, con un telegramma indirizzato al teatro Principe di Roma, partito alle ore 12,20 dal Comando Tedesco. Quel telegramma però Totò non lo lesse mai.


La sera del 2 maggio, infatti, appena rientrato a casa con la bicicletta, una voce anonima al telefono gli comunica che è in partenza a suo nome un telegramma di convocazione al comando di polizia e che è stato già firmato un mandato di cattura da eseguirsi il giorno dopo per lui, Eduardo e Peppino De Filippo. Totò abbassa il ricevitore ed esce subito di casa, inforca di nuovo la bicicletta e di corsa si reca al teatro Eliseo, dove i tre fratelli De Filippo stanno recitando nel "Berretto a sonagli" di Pirandello, per avvertirli che i fascisti hanno preparato una lista di persone da deportare, nella quale ci sono anche i loro nomi. Poi, riferendosi a se stesso, riflettendo a voce alta, commenta: «Come sarebbe? Un Principe deportato come un malvivente? Ma io so già dove andarmi a


A maggio, con le divise angloamericane quasi in vista, i nazisti continuano a uccidere e torturare; lo faranno anche ad alleati entrati in città, portandosi dietro alcuni prigionieri da fucilare strada facendo. Un paio di settimane prima della liberazione di Roma, Antonio de Curtis, che durante la guerra è comunque riuscito a crearsi una serie di contatti, riceve una telefonata dalla Questura: una voce anonima gli suggerisce di scappare. In pericolo sono anche i fratelli De Filippo, che Totò si precipita ad avvertire al teatro Eliseo; in seguito alla soffiata dell’antico compagno di gavetta, Eduardo e Peppino si nascondono in casa di amici.

Peppino De Filippo


Il questore Caruso aveva dato ordine di catturarmi per portarmi al Nord”, racconterà Totò: “alla Storta mi avrebbero ammazzato senz’altro”. Il seguito dell’avventura, ingentilito dal passar del tempo e dalla tentazione di far nascere un sorriso anche dalle situazioni più drammatiche, è da farsa napoletana: “Sono scappato da un amico che aveva una casa verso il Gelsomino, da quelle parti lì. E questo qui dopo mezz’ora viene e dice ‘C’è una signorina che vuol conoscerla. Dico: ‘Sor Lui’, io qui sto nascosto...’ ‘No, ma è una parente’. Dopo una mezz’ora: ‘C’è il mio compare...’ Insomma, lo sapevano tutti quanti. A un certo momento me ne sono andato...

Totò (intervista di Luigi Silori nel programma Rai "L'approdo", 1965)


[...] Un’altra cosa: era corretto, un po’ severo, non socializzava molto, aveva il temperamento triste tipico dei comici, ed era tutto concentrato su se stesso. Ci faceva fare la passerella alla bersagliera, correndo, per sei o sette volte a recita: erano gran sudate ogni sera. Il massimo fu la rivista ”Che ti sei messo in testa?” di Galdieri, durante la guerra. Anna Magnani, quando vedeva in sala soldati tedeschi, diceva a Totò: "Guarda, qualcosa galleggia sull’acqua, stasera”, iniziando cosi una gag irresistibile, e alla fine convenivano che erano stronzi. A questo punto i nazisti, che tuttavia qualcosa capivano, s’offendevano, arrivavano sul palco, interrompevano lo show. E si ripeteva lo stesso copione: correvano a calmarli il direttore e l’autore, cercando di mettere le cose a posto, io, defilata, ridevo come una matta.

Elena Giusti (Maurizio Porro, «Corriere della Sera», 4 agosto 1993)


L’inopportuno assalto di fan gli fa però venire in mente un tiro da giocare ai De Filippo. Scoperto il loro nascondiglio, vi manda una ragazza con un biglietto: “Caro Peppino, questa bella ragazza desidera un tuo autografo, il mio gliel’ho già dato, le ho detto il tuo indirizzo, accontentala”, firmato Antonio. La ragazza ottiene l’autografo e se ne va ridacchiando, mentre Peppino, impazzito dalla paura, comincia a sospettare che il pericolo della deportazione sia uno scherzo. “Uno scherzo? Fossi matto”, gli dirà Totò a guerra finita. “Tutti gli artisti dovevano essere portati in alt’Italia. Io pure. Ringrazia Dio che venni a saperlo da persona sicura”. “E la ragazza, quella dell’autografo?” “Quello sì, quello fu uno scherzo!”

Peppino De Filippo


«Che vuole che le dica di Totò? Era un uomo straordinario. Grandi registi attuali si schifavano quando offrivano loro i film di Totò perché dicevano che era guitto. Mi piacerebbe tanto denunciare i nomi ma non lo faccio perché non sono così cattiva. ‘Sti svergognati che non so altro! Mi piacerebbe tanto portarli per mano davanti alle telecamere questi grandi intellettuali che non volevano lavorare con Totò. Imbecilli, non hanno capito l’arte infinita e grande di questo comico! Mi chiedo sempre che cosa avrebbe fatto Totò se fosse nato in America, dove sarebbe mai arrivato: avrebbe avuto come rivale Charlot.

Totò aveva soltanto un difetto, era pigro, e un menefreghista. Aveva la mania della nobiltà, faceva dei grandi processi per avere i titoli e così da marchese diventò principe. Io mi feci ’na risata una sera, che dovetti scappar via dal camerino. Eravamo al Valle, facevamo un finale goldoniano — avevamo tutti delle parrucche enormi — e io gli portai in camerino una foto mia e sua. Lui fece un salto indietro. Gli ho detto: “Principe”, era principe da poco, io l’avevo conosciuto che era ancora marchese, “che è successo?” “Ah”, dice, “Gesù Gesù, come somiglia a un mio antenato!”. E io scappai via. Perché — insomma dico — era proprio fissato.

Al teatro Valle, con Roma occupata dai tedeschi, facevamo Che ti sei messo in testa?, Mussolini era già andato al nord. Galdieri era un grande. Soltanto Garinei e Giovannini si sono avvicinati a lui. Era un grande poeta, un grande scrittore, un grande intellettuale, faceva delle parodie, degli sketch dannunziani da morire dalle risate, era stupendo Galdieri. Totò dietro le quinte faceva delle grandi litigate con la Magnani. Poi prima d’entrare in scena avevano paura l’uno dell’altra, e allora grandi baci de corsa. Se ne dicevano... Erano due grandi, pieni di lazzi, di battute, e i grandi insieme hanno sempre fatto scintille.

Lo scriva che un giorno coi tedeschi a Roma — stavamo al Valle a provare — venne uno a dirci che i tedeschi stavano rastrellando a ponte Garibaldi. Erano andati a prendere gli ebrei coi camion, que’ schifosi. Stavano a rastrellà queste povere famiglie e lui scappò dentro al Verano, se nascose dentro 'na tomba, e lo raggiunse pure Eduardo. Scapparono dentro una tomba al Verano a nascondersi, a fa’ gli eroi. Ma nessuno l’aveva mai cercato Totò. E la Magnani gli disse: “Ma che, sei matto? Ma chi ’tte vole a ’tte?!"».

Marisa Merlini



Così la stampa dell'epoca

  • Grande animazione dai primi giorni di novembre nei locali di pubblici spettacoli. Tutta Roma è pavesata di manifesti. Niente di nuovo, ma sono a decine di migliaia le persone che si accavalcano nelle sale per le varie manifestazioni teatrali. Quasi tutti i locali sono stati riaperti.
  • La notizia di una probabile formazione, veramente eccezionale, con i De Filippo, Anna Magnani, Totò, ecc., che tutto lasciava supporre potesse confermarsi, alla prova del fuoco è sfumata. Peccato! perché era troppo bella.
  • Avremo invece i De Filippo con l’Orchestra Semprini dal 14 dicembre al 4 Fontane, e la Totò-Magnani dal 23 dicembre alla Sala Umberto (La Compagnia Grandi Riviste Totò-Magnani debutterà il 5 febbraio 1944 al Teatro Valle di Roma con la rivista Che te sei messo in testa? di Michele Galdieri.).
  • Potrà sembrare strano — forse — che proprio da queste colonne sulle quali tanti si è battagliato al solo scopo di ottenere la ripresa integrale degli spettacoli di Varietà e di far quindi ritornare il sereno in una vasta categoria di lavoratori, venga oggi un grido d’allarme.
  • Stiamo avviandoci con disinvolto passo scozzese verso l’inflazione del Varietà. Infatti, la mancanza di film, dovuta alle conseguenze dell’attuale stato di guerra, ha indotto gli esercenti a riprendere lo spettacolo misto un po’ dovunque. E fin qui poco male. La faccenda si complica invece quando i locali, che fino ad ora hanno agito a solo cinema, iniziano il solo Varietà. Il genere prescelto è naturalmente lo zibaldone al quale partecipano artisti non solo di rivista e numeri di attrazione, ma anche elementi di cinema trasvolati — in periodo di magra — dallo schermo alle ribalte del tanto (una volta) disprezzato Varietà: elementi che costituiscono il « fuori programma » di chiamata. (O dovrebbero costituire?…)
  • Valle, Galleria, Quattro Fontane, Bernini e — fra breve — anche quella Sala Umberto I il cui nome è legato — con il Salone Margherita — al periodo aureo del Café Concert internazionale, presentano contemporaneamente un programma di Varietà, ed in almeno quattro di questi locali c’è lo stesso tipo di spettacolo. Abbiamo citato soltanto i teatri centralissimi, escludendo di proposito gli altri che, pur non essendo periferici, possono essere considerati alquanto centrali, quali ad esempio il Savoia ed il Brancaccio che oramai con notevole frequenza ospitano a « teatrale » compagnie primarissime. Quanto durerà questa pacchia!.. Certamente poco ed il danno sarà generale. La concorrenza è forte, poiché si va a caccia dei «fuori programma» di maggiore attrattiva. C’è l’accaparramento dell’attore cinematografico, mentre la diva dello schermo sta salendo a quotazioni di borsa nera.

Così la stampa e l'opinione pubblica del periodo, Roma, novembre 1943


AL VALLE, alle 14, domani, nuova rivista di Michele Galdieri: «Che ti sei messo in testa?» con il debutto della nuova Compagnia Totò-Magnani.

«Il Messaggero», 3 febbraio 1944


IL QUARTETTO CETRA. - Non so come si chiamino. Li distinguo dalle caratteristiche: quello con gli occhiali, quello più piccolo, eccetera. I nomi, trattandosi di un complesso, non interessano. Come non interesserebbero, forse, loro, presi uno per uno. Così, in quattro sono bravi. E divertentissimi. Non, tuttavia, nel loro abituale numero, di carattere radiofonico, chè, in fondo, a parte il perfetto accordo, nulla ha di originale, essendo palesemente ispirato ad altri complessi del genere. Che volete?, i rifacimenti fanno sempre l'effetto di minestre riscaldate. Non importa se si tratta di minestre ili pasta bianca... Vi chiederete, ora, dopo que-sto... chiarimento, in che cosa consista la bravura del Quartetto Cetra. a mio avviso. Mi spiego, e con un esempio. Tempo fa, in una fantasia musicale che si rappresentava al Puccini di Milano, c'erano anche i quattro della «Cetra».

Si esibivano nel loro consueto repertorio di canzoni a quattro voci, e fin qui nulla di particolarmente notevole. Ma la loro esibizione non si limitava a quei coretti: avevano in programma, i quattro, anche una scena mimica: la presentazione della Bohème, alla maniera dei film americani. Un piccolo capolavoro, un gioiellino di gusto e di umorismo. Avevo già visto, anni fa, qualche cosa del genere. ma posso rendermi garante, senza nulla voler togliere ai predecessori. che questa esecuzione del Quartetto Cetra era. per la freschezza delle trovate e per il ritmo martellante detrazione, infinitamente più accurata e spiritosa. I n vero fuoco d'artificio, un ilare scoppiettio di comicità di buona lega.

Mi augurai che la fertile iniziativa fosse seguita da altre di pari valore. Ma. nella seconda parte, li vidi raggrupparsi intorno al microfono, per far dono al pubblico di una trasposizione ritmica di quella celebra canzone alpina. che ha nome La Montanara. Una cosetta graziosa, piacevole ad ascoltarsi. come del resto tutte le canzoni del Quartetto Cetra.

[...] Totò s’è impancato a Roma e non si muove anche se, a quanto si dice, non riesce a far più gli incassi di poco tempo fa.[...]

Microfono, Palcoscenico minore - Varietà, «Film», n. 13, 22 aprile 1944


Ci dicevano che Galdieri è lentissimo nella elaborazione delle sue « gags ». Ma, poiché ci « azzecca » sempre, la lentezza dimostra la serietà dei propositi. Comunque vuoi col Quando ti dico va, tranquillo vai, vuoi col Disse una volta un biglietto da mille, vuoi con quest’ultima nuovissima, egli ha puntualmente saputo mettersi sul binari del favore popolare e della voga.

Qui sta il problema della rivista: non essere nè in ritardo nè in anticipo sugli avvenimenti più noti. Il pubblico ride e si esalta a misura che lo spirito proveniente dal palcoscenico si assottiglia nelle allusioni; la gente sente il sale nelle sue piaghe e, cedendo al conformismo di « quando tutto manca... non ci riman che farci una risata », sghignazza, Inoltre si ride volentieri soprattutto di colui che ci passa accanto o sopra i piedi e ha la faccia feroce e magari picchia sodo e alla cieca secondo come garba al suo chiuso umore: perchè qualcosa di ridicolo nel violento, passante sì può sempre trovarla. E questa sarebbe la morale meglio apprezzata della garbata e «adeguata » rivista di Galdieri.

Sulla comicità di Totò, se nel programma dello spettacolo non fossero riportati i giudizi di critici come Franci, De Feo, Sarazani e Patta, ci sarebbe piaciuto scrivere le nostre dieci righe. Ma che figura, poi, buoni ultimi? Perciò al bravissimo. al simpaticissimo Totò dedichiamo soltanto la nostra adesione sentimentale e il nostro entusiasmo di spettatori. Il quale vada anche ad Anna Magnani, unica attrice comica, ci sembra, degna di far coppia con Totò. Tutti gli altri hanno variamente contribuito al successo. Nominiamo a memoria: Harry Feist, Gianni Agus, Olga Gentilli, Miranda Giuntini, Adriana Serra, il Castellani, la Giusti, la Dei, ccc. Musiche di Caslar dirette con buona mano da Ugo Filippini.

«Il Messaggero», 6 febbraio 1944


AL VALLE, accorre tutta Roma per applaudire Totò, Anna Magnani e gli altri bravi interpreti della trionfante rivista satirica di Michele Galdieri: «Che ti sei messo in testa?». Oggi alle 14,30 replica.

«Il Messaggero», 18 febbraio 1944


La serata della Magnani al Valle

Oggi Anna Magnani darà lo spettacolo in suo onore con la rivista a gran successo «Che ti sei messo in testa?» ed un nuovo quadro «La Lupa... lettera al Governatore».

«Il Messaggero», 7 marzo 1944


Al Valle la serata in onore di Totò

Con una sala gremita ha avuto luogo ieri lo spettacolo in onore di Totò. Cosa abbia fatto, cosa abbia detto Totò non è possibile dire come pure è impossibile trovare altro aggettivo che non sia stato già speso per questo comico personalissimo. Oggi altra replica e domani quella d'addio della fortunata stagione di «Che ti sei messo in testa?», la rivista satirica di M. Galdieri.

«Il Messaggero», 11 marzo 1944


«Il Messaggero», 27 marzo 1944


«Il Messaggero», 26 aprile 1944


«Il Messaggero», 12 maggio 1944


Galleria fotografica


Ricostruzione delle rappresentazioni della rivista nelle varie città italiane


TITOLO DELL'OPERATAPPE

Che ti sei messo in testa?

Rivista di Michele Galdieri

Compagnia Grandi Riviste di Totò - Anna Magnani

Roma, Teatro Valle, 5 febbraio - 9 marzo 1944

Venezia, Marzo 1944

Roma, Teatro Umberto I, 20 marzo 1944

Roma, Teatro Delle Vittorie - 27-30 marzo 1944

Roma, Teatro Brancaccio, 8-15 aprile 1944

Roma, Teatro Principe, 19 aprile 1944

Roma, Teatro Astoria, 26-27 aprile 1944

Roma, Teatro Excelsior, 2 maggio 1944

Roma, Teatro Giulio Cesare, - 5 maggio 1944

Roma, Teatro Manzoni, 13 maggio 1944


Riferimenti e bibliografie:

  • (1) "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita", Alberto Anile - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976 - «Il figlio di Iorio» e «Il barbiere», pp. 180-199;
  • Marisa Merlini in "I film di Totò, 1930-1945: l'estro funambolo e l'ameno spettro", Alberto Anile, Le Mani-Microart'S, 1997, pp 152-153
  • "Caporali tanti, uomini pochissimi: la storia secondo Totò", Emilio Gentile, Editori Laterza, 2020
  • "Una famiglia difficile", Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1976, pp. 367-368.
  • Peppino De Filippo, Strette di mano, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974, pp. 98-99.
  • "Tutto Totò" (Ruggero Guarini) - Gremese, 1991 - «Il figlio di Iorio», pp. 289-297.
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "I grandi comici", «Mila e Aligi sfollati a Roma», pp. 51-68;
  • Giacomo Gambetti in "Intervista con Totò, uomo di due secoli", - Pier Paolo Pasolini, Uccellacci e uccellini, Garzanti, Milano 1966, p. 238.
  • Marisa Merlini in "Nannarella" (Giancarlo Governi), Bompiani, Milano 1981
  • "Vita di Totò" - Ennio Bispuri - Gremese Editore
  • "Totò partenopeo e parte napoletano", (Associazione Antonio de Curtis), Marsilio Editore 1999
  • Maurizio Porro, Elena Giusti: l’eleganza fatta soubrette, “Corriere della Sera”, 4 agosto 1993
  • "La Magnani", Patrizia Carrano, BUR, 1986
  • Documenti © Archivio Famiglia Clemente
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Il Messaggero», 3 febbraio - 12 maggio 1944
  • Microfono, Palcoscenico minore - Varietà, «Film», n. 13, 22 aprile 1944