Lady Angelina
Londra ha quasi perso la testa per Anna Magnani.
Londra, aprile
Anna Magnani fu accolta a Londra come una regina. Era stata invitata, formalmente, per presenziare alla prima di Angelina, che sostituisce, dopo più di sei mesi di ininterrotto successo, Paisà all'Academy Theatre in Oxford Street. Ma da tempo Londra aspettava di poterla conoscere e applaudirla di persona. Lo si vide il giorno dopo l’arrivo, ad un tè-cocktail offerto in onore suo e di Zampa al Brown Hotel. Vi parteciparono tutti i coitici londinesi, moltissimi registi, attori, produttori e distributori di cinema. I cronisti, abituati a gettarsi sui divi del cinema inglesi ed americani con quella voracità che tutti conoscete dai film, sembravano intimiditi. Chiedevano timidamente qualche informazione ai colleghi italiani e infine, temendo di disturbare, le si avvicinarono pregandola di rispondere a qualche domanda. Giunsero fra i primi anche Sir Laurence e Lady Olivier.
Il duca Gallarati Scotti, la duchessa e le figlie giunsero pochi minuti dopo. Poi il sergente a riposo che fa da maggiordomo annunciò la moglie del primo ministro, la signora Attlee. Anna Magnani, Luigi Zampa e Fabrizio Sarazani erano alloggiati al Dorchester, V immenso albergo di grande lusso che guarda su Hyde Park. Le loro giornate erano piene di impegni di ogni genere. Colazioni d'onore all’una, inviti nel pomeriggio, inviti per il cocktail, inviti a cena, inviti dopocena.
ANNA E ALIDA
Il lunedi, all’ambasciata italiana, al numero 4 di Grosvenor Square, l'ambasciatore e l'ambasciatrice d'Italia offrirono un grande ricevimento nel corso del quale sarebbero stati consegnati agli artisti inglesi i premi da essi vinti al Festival di Venezia. I saloni, ornati di capolavori italiani, erano splendenti di luci e pieni di fiori. Erano invitate le più alte personalità della cultura e dell'arte inglese. V’era una imponente rappresentanza diplomatica. Era presente anche il principe ereditario di Danimarca. Il ricevimento, tuttavia, cominciò con una nota di dispiacere.
Sir Laurence Olivier, che avrebbe dovuto ricevere dall' ambasciatore il premio di Venezia, era a letto con l'influenza. (L’epidemia di influenza venuta dall’Italia). Anna Magnani giunse verso le nove e quaranta. Portava un abito da sera di raso nero, con sulle spalle ima stola di martora. Vivien Leigh giunse pochi minuti dopo: abito di taffetà chiarissimo, con sulle spalle un mantello di visone scuro. Il ricevimento si aprì nel più classico dei modi con una eccellente esecuzione delle 14 Variazioni di Beethoven da parte del Trio Trieste. Poi gli ospiti passarono nel salone accanto, dove erano sistemate anche due macchine da ripresa cinematografica. Su un tavolo seicentesco erano stati disposti i premi e un piccolo segmento del salone era stato chiuso con un cordone.
L’ ambasciatore italiano, Duca Gallarati Scotti» accompagnò a quel tavolo Anna Magnani e Vivien Leigh. Pronunciò un breve discorso e offrì a Vivien Leigh la pergamena destinata al marito. Zampa era alla destra di Anna Magnani e, guardando contro la luce dei riflettori puntati verso il tavolo, riuscì a individuare, dietro il cordone, una vecchia compagna di scuola al Centro sperimentale : Alida Valli, che si trova a Londra per le ultime scene del Third Man, diretto da Carol Reed. Toccò leggermente il gomito di Anna Magnani e le fece un cenno col capo. Anna riconobbe Alida e le regalò un grande sorriso. Zampa si avvicinò al cordone e disse : «Dobbiamo vederci dopo, non scappare». Alida Valli non aveva alcuna intenzione di scappare. Non appena la breve cerimonia fu compiuta si avvicinò ad Anna Magnani e la abbracciò. Poi, quando tutti gli ospiti si avviarono nel salone al piano terreno, dove era stata imbandita una cena fredda, andò a sedersi con lei su un piccolo divano sotto il grande scalone e lì le due attrici si misero a parlare di mille cose dimenticandosi di mangiare, di bere e degli ammiratori.
Ivan Matteo Lombardo, che si trovava in quei giorni a Londra, era contornato dai giornalisti che l’avevano subito riconosciuto e speravano di sorprenderlo in un momento debole. Erano i giorni che precedevano immediatamente la partenza di Bevin e si sapeva che prima di partire per l’America il ministro degli Esteri britannico avrebbe dovuto prendere un atteggiamento definitivo verso le colonie italiane.
L’OSPITE PIÙ ELEGANTE VIVIEN LEIGH
Ma Ivan Matteo Lombardo seppe interrogarli con tanta abilità sulle condizioni attuali della Gran Bretagna che essi alla tuie si trovarono con la bocca piena di pasticcini e il taccuino pulito. Vivien Leigh fece agli ospiti un'impressione straordinaria. La sua bellezza, il suo garbo, la sua eleganza e il suo portamento erano oggetto di ammirazione. Gii ambasciatori volevano conoscerla, le ambasciatrici ammiravano il suo abito grigio perla, i critici parlavano dei suoi occhi, gli autori ammiravano il suo accento, i produttori cinematografici parlavano del suo fascino sul mondo intero. Poco prima di mezzanotte Lady Olivier prese commiato e (dopo aver posato brevemente per i fotografi con la pergamena distesa fra le mani) ripartì verso il cottage di Chelsea, dove Laurence Olivier combatteva i microbi con pasticche e vitamine. L’ambasciatrice di Svezia, che è di origine italiana, era la sola signora con accento spiccatamente romano.
Quando gli ospiti cominciarono ad avviarsi verso le macchine, Filippo Del Giudice, il produttore italiano dei più importanti film inglesi, fra cui appunto l'Amleto e l'Enrico V di Laurence Olivier, disse : «Ora venite da me, vero?». Riunì nel suo appartamento di Dorchester House Anna Magnani, Alida Valli, Anna Canitano, il signore e la signora Chiovenda, Fabrizio Sarazani, Luigi Zampa. Ordinò lo champagne; e s’iniziò, poco dopo mezzanotte, una conversazione di soggetto italiano.
Alida Valli e Luigi Zampa passarono in rassegna tutti i vecchi compagni, le vecchie amicizie. Poi qualcuno chiese a Zampa come fosse andata la prima di Anni difficili. Era partito in aereo il sabato pomeriggio per Parigi, per assistere alla prima, ed era tornato in aereo a Londra poco dopo mezzogiorno di lunedì. «Non c’è stata», rispose Zampa. Raccontò, fra le risate generali, d’essere andato a Parigi e d’essersi recato direttamente al cinematografo dove avrebbe dovuto esser proiettato il suo ultimo film. Al botteghino non ne sapevano niente. «Ma lo so io», raccontava Zampa, «m’ hanno invitato. Il film l'ho fatto io». Intorno c'erano cartelloni di un’altra pellicola. Mai sentita nominare. Finalmente, dopo lunghe ricerche, gli fu detto che il suo film era stato rinviato.
RICEVIMENTO AL BAGATELLE
Poi venne la prima di Angelina all’Academy. Anna Magnani e Luigi Zampa erano attesi alla porta da una piccola folla di ammiratori. Non si trattava dei soliti «film-fans» che qui si contano a milioni. Erano ammiratori dei film d’arte. I film italiani godono in Inghilterra (e per la verità in ogni parte del mondo, eccetto forse l’Italia) dello stesso prestigio di cui godevano prima della guerra in Italia i film di Duvivier e di Renoir.
Quando si aprì lo sportello della macchina essi gridarono: «Anna». Il film fu salutato da un applauso durato quattro minuti interi. Poi Anna Magnani fu accompagnata in palcoscenico. Disse poche parole, fra cui soprattutto «grazie». Poi fu applaudito Zampa, il quale, un po' con la conoscenza dell’inglese e un po’ con le mani, e soprattutto con l'urgenza di chi a veramente qualche cosa da dire, riassunse in poche frasi quel credo cinematografico che i critici faticosamente scoprirono in lui nei film che egli ha diretto. Parlò della sincerità, della franchezza di espressione, della necessità di cercare l'ispirazione nei personaggi più vivi, dell'affratellamento dei popoli attraverso la comprensione artistica. I cacciatori di autografi non gli diedero pace. Anna Magnani, Luigi Zampa e Fabrizio Sarazani erano invitati al Bagatelle, un elegante locale notturno dove il marchese di Milford Haven, il miglior amico del duca di Edimburgo, era a cena con attori, per mangiare la «torta della prima».
I critici dei giornali londinesi furono d'accordo nel dire che Angelina non è all'altezza dei «grandi capolavori» Roma città aperta, Vivere in pace, Pai-sà. Tuttavia furono usati per Anna Magnani complimenti che forse neppure Laurence Olivier aveva ricevuto per le sue interpretazioni. Scrisse il Sunday Express: «Abbiamo avuto a Londra la settimana scorsa una delle poche grandi donne dello schermo. In Roma città aperta Anna Magnani era una rivelazione. In Angelina essa conferma le prime impressioni e mostra la sua grandezza. Non era difficile esprimerle in italiano il proprio giudizio: bastava dirle "Magnifico"».
Il Sunday Times disse : «Siamo grati soprattutto per l’interpretazione di Anna Magnani». Il Sunday Dispatch : «Essa fu applaudita come la migliore attrice dell’anno. Non è difficile capire perchè: è stupenda» L'Observer, il più importante fra i giornali inglesi della domenica, che vanta come critico cinematografico la più importante personalità londinese del genere, la signora Lejeune, aveva un articolo intitolato : «Finalmente un'attrice» che diceva : «Anna Magnani è forse la più completa attrice che il cinema di qualsiasi paese possa offrile oggi».
La visita a Londra di Anna Magnani durò due giorni oltre il previsto. Ella andò a passare il week-end nella villa di Filippo Del Giudice, chiamata Sheepcot. Era giunta una copia di Amore e non v’era personalità del cinema inglese che non avesse chiesto in gran confidenza a «Del» di poterla vedere. Così Del dichiarò «corte bandita» nella sua villa di campagna. Il suo teatro di proiezione è un fienile antico, con le travature scoperte, e le pareti di muro bianco a calce. Sopra lo schermo da proiezione sta il modello del castello francese che Olivier usò nell’ Enrico V, sotto lo schermo la nave che Noel Coward usò per In which we serve. Lungo le pareti, tavoli e sedie antiche. E quattro file di poltroncine di pelle color crema. Vi si riunirono Laurence Olivier, con Vivien Leigh e alcuni amici, il produttore di Amleto, l'operatore, lo scenografo e un collega impresario, Alida Valli, Patricia Hitchock, la figlia del regista inglese che sta ad Hollywood, venuta a Londra per studiare alla Accademia d’Arte drammatica, Jean Renoir, il regista, giunto dall'India assieme a due produttori di Hollywood, Peter Ustinov, appena tornato dall'Italia. Anna Magnani non assistè alla proiezione del suo film. Attese in un salottino-bar che Del Giudice ha aggiunto alla sala di proiezione. (Fra l'altro la perfezione acustica della sala è assicurata da trofei di caccia e pelli di leopardo attaccati alle pareti).
Dinanzi ad un pubblico simile, di gente abituata a vedere, produrre, scrivere, dirigere e interpretare film del più alto livello mondiale, il film di Anna Magnani e di Renzo Rossellini ebbe forse il più grande successo possibile. Laurence Olivier era entusiasta, Jean Renoir piangeva. Peter Ustinov era ammutolito. Anna Magnani, con quel ciuffo arruffato di capelli neri che Londra ha tanto ammirato, pareva una tigre che avesse vinto il suo più grande combattimento. Ma non potè sentire tutto il bene che fu detto di lei. Dovette ritirarsi perchè non si sentiva bene.
Riccardo Aragno, «L'Europeo», anno V, n.15, 10 aprile 1949
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Riccardo Aragno, «L'Europeo», anno V, n.15, 10 aprile 1949 |