Anna Magnani si è fatta suora ma è rimasta mamma
Una Magnani senza amanti e senza parolacce
Ecco dunque la nuova Magnani: una suora dal volto drammatico, esangue e dolcissimo. La bianca cuffia col soggolo le incornicia la faccia disadorna, dagli immensi occhi cerchiati, il naso imperiose, la gran bocca che sa essere gaia o arrogante. Sulle spalle le dondola il velo. Indossa un ampio saio grigio e ci cammina dentro con aria dimessa, le mani congiunte sul petto. Chi avrebbe mai sospettato una Magnani vestita da monaca? Questa creatura umile e quieta che prega e si aggira in convento non ha nulla in comune con la popolana di Roma, città aperta, né con la donna innamorata di Vulcano, né con la vedova ansiosa della Rosa tatuata. Non ha i capelli scompigliati, non agita il corpo attraente, non bacia avidamente nessuno. È la monaca più composta e più vera che sia apparsa sullo schermo. E la interpreta proprio la selvaggia Annarella, l’attrice più ombrosa che il cinema abbia mal avuto, la signora violenta che intimidisce chiunque e di cui gli americani hanno detto: «Ha lo sguardo che brucia come la punta accesa di un sigaro».
Anna Magnani nel personaggio principale di Suor Letizia. Questo film è stato scelto per rappresentare l’Italia al Festival cinematografico di Venezia. È diretto da Mario Camerini e prodotto da Rizzoli e Pallavicini.
Ogni giorno un mazzo di rose per suor Letizia
Del resto non c’è da stupirsene troppo. «Annarella è come un cavallo di razza», ha detto di lei un regista. «Basta lasciarla andare a briglia sciolta. Vince sempre». «É come un fanciullo», dice di lei Daniel Mann. «Può amare e odiare con la stessa intensità. Può essere tenera e aggressiva nella stessa misura. Non capite mai chi è: un angelo o un demonio». «La Magnani può fare di tutto», disse un giorno Bragaglia, «la dama e la serva, l’Intellettuale e la ragazzina». «Eccome», rispose lei con quel sorriso pungente ed amaro,» quest’anno voglio fare Cavour». Invece si preparava a Interpretare Suor Letizia, il film forse più difficile della sua lunga carriera.
Quando Rizzoli e Pallavicini decisero di produrre Suor Letizia erano quasi tre anni che l’attrice non girava un film in Italia. Aveva lavorato in America nella Rosa tatuata ma in Italia non aveva fatto più nulla dal tempo di Bellissima. Non è facile infatti indovinare una parte che si addica alla Magnani e lei è troppo intelligente per accettare film sbagliati o personaggi che non le si addicono. Se legge un soggetto, o ne rimane entusiasta o si indigna. Nel primo caso può darsi che voglia interpretarlo. Nel secondo, nessuno può indurla a cambiare opinione. I soggetti che le avevano presentato in quei tre anni di esilio non le piacevano affatto e cosi era rimasta nel suo appartamento di palazzo Altieri a Roma ad oziare insieme al gatto birmano, alla cagnetta Lillina e alla tartaruga gigante. D’estate emigrava al Circeo dove ha una villa cintata a picco sul mare e lì viveva col figlio Luca, i suoi cani, i gatti e le galline. Ad avvicinarla si provavano in pochi. La «tigre» (come la chiama Tennessee Williams) ama star sola e non voleva nessuno.
Al momento in cui le proposero Suor Letizia era appena tornata da Hollywood e si preparava a ricevere l’Oscar. Suor Letizia era un personaggio particolare, apparentemente lontano dal suo carattere. Ma lei disse subito di sì, che le calzava a pennello e le piaceva. «È una monaca con l’istinto di una madre. E anch’io sono una madre, lo sapete», disse. E gli occhi torvi ebbero all’improvviso una espressione tenerissima. («Ama suo figlio», hanno scritto gli americani, «di una passione violenta»). Uta mese dopo cominciavano a girare e non s’era mai visto una Magnani più docile e disciplinata. «Che le è successo?» si chiedevano quelli della troupe. «Sembra una monaca pure lei». Arrivava puntuale al lavoro, obbediva senza reagire, non dava mai segno di impazienza. Gli orari speciali che erano stati organizzati in vista delle sue stravaganze si rivelarono addirittura superflui. Il copione lo sapeva a memoria. Quando Mario Camerini, il regista, le spiegava le scene, ascoltava in silenzio e poi rispondeva: «Caro Mario, tu mi tratti come una ragazzina del Centro Sperimentale. Fidati di me. Ce la faccio da sola». E tra le molte scene che di solito girano per il medesimo pezzo, ce n era sempre una voluta da lei, regista di se stessa. Spesso era anche la migliore.
Gli esterni si riprendevano a Ischia e chi la Incontrava in quei giorni di primavera restava sbalordito dalla sua metamorfosi. Non era mai ombrosa. Aveva rinunciato a quegli scatti improvvisi che la fanno sembrare una leonessa ferita. Tutti i giorni chiedeva un mazzo di rose e passava le ore libere andando in cerca di una tenuta da regalare a Luca, che chiama «Cellino, il padrone». Camerini, che credeva di conoscerla, la osservava sorpreso. «Resta suor Letizia anche quando s’è tolta il salo», diceva. «Non le ho mal visto assimilare la parte con tanta completezza». In quella occasione si scopri anche un lato insospettato del suo carattere: è timida.
Una mattina, mentre da Napoli si imbarcava per Ischia dopo un riposo di ventiquattr’ore, fu riconosciuta dalla folla e circondata dai cacciatori di autografi. Aveva in braccio Lillina, una cagnetta così piccola che potrebbe entrare dentro una bomboniera. Mentre lei firmava, un tale si mise a gridare che la cagnetta lo aveva morso a una mano. Non era vero. Si trattava di un «morsicato professionista», altre volte è successo. Si avvicinano all'attrlce, accarezzano il cane, e poi fingono d’essere stati almeno graffiati. Così possono chiedere i danni. Per un incidente simile la Magnani è già stata due volte in pretura. Ma lei non ebbe né tempo ne voglia per controllare se Lillina aveva morso davvero. Sali sul battello completamente stravolta, quasi piangente, e appena sbarcata a Ischia fu colta da un attacco febbrile. Il medico le ordinò tre giorni di riposo. Solo quando il direttore di produzione, Franco Magli, le ebbe detto che si assumeva tutte le responsabilità civili e penali dell’incidente, riuscì a calmarsi e a tornare al lavoro.
Un film che sembra fatto sulla sua misura
Suor Letizia è una monaca quarantenne che, dopo essere stata vent’anni In AJrica, toma a Roma, la sua città. L’attività missionaria l’ha resa energica. Sa affrontare qualsiasi situazione difficile. È simpatica, buona, cordiale. Le piace ridere e scherzare. Al Roma, spera di godersi una meritata vacanza ma la Madre Generale dell’Ordine le affida subito un incarico di fiducia. Partirà per un’isola del golfo di Napoli dove, tra le mura di un vecchio monastero, un gruppo di suore combatte coi creditori. È necessario chiudere il convento, liquidare il passivo e ricondurre le monache alla Casa Madre. Rassegnata, suor Letizia parte e si accinge al compito. Le monache vivono In condizioni pietose, i creditori le minacciano, il sindaco deciso a comprare il monastero vuole imbrogliarle. Ma lei si destreggia con l’abilità di un uomo di affari, impegnandolo a pagare perfino il viaggio di ritorno.
L’incarico sta per essere assolto quando, una sera, suor Letizia scopre che tre bambini rubano l’unica capretta del convento. Lei accorre e riesce a raggiungerne uno. È il più piccolo, si chiama Salvatore. La sua storia è triste. Il babbo gli è morto. La mamma, Assunta, sta a Napoli e vuole abbandonarlo per recarsi in America con Peppino, un cameriere che spera di sposare. Salvatore vive con uno zio che lo mal tratta e lo fa crescere come una bestiolina selvatica Ruba ed è maleducato. Suor Letizia si commuove Riesce a farci amicizia e poi lo ospita nel convento Gli insegna a lavarsi, a contare sul pallottoliere, gioca a calcio con lui. Cosi accade, poco a poco, qualcosa di straordinario. A contatto con questa creatura che ha bisogno di lei, suor Letizia prova qualcosa che le era sconosciuto: il sentimento materno. Ama Salvatore con tutta la tenerezza di una madre, si accorge con gioia e con terrore che non può fare a meno di lui. E, pur di non rinunciarvi, disubbidisce alla superiora: il convento non sarà chiuso, anzi diventerà il rifugio dei bimbi abbandonati.
Anna Magnani e il piccolo Piero Boccia nella scena finale del film. Suor Letizia comprende che non può tenersi il bambino e, pur essendone straziata, lo riporta alla vera madre. È molto probabile che la Magnani entri nella rosa delle candidate per la migliore interpretazione femminile.
«Suor Letizia» a Venezia: si prevede un premio
LE suore non approvano. Quello è l’affetto di una madre, non di una monaca. E glielo fanno capire, un po’ indignate. Ma a lei non importa. È come cieca di fronte a quel bambino che vorrebbe fosse suo. E quando Assunta (Eleonora Rossi Drago) le va a dire che partirà con Peppino (Antonio Cifariello) senza portare con sé il figlio perché l’amante non vuole, suor Letizia ne assume festosamente ogni responsabilità. Prenderà lei Salvatore, lo porterà a Roma e lo metterà in un bel collegio. L'idea la eccita di gioia. Finge di ignorare che le suore sono più che mai contrarie a questa decisione. Il giorno in cui, scivolandole il velo, i lunghi capelli si sciolgono sulle spalle e Salvatore le dice: «Ma allora... tu sei come le altre donne!» ne rimane turbata e felice. «Si», risponde, «sono una donna come le altre».
La sera, mettendolo a letto, gli parla con entusiasmo di Roma. «Sai», gli spiega, «la tua mamma va in America e tu resti per sempre con me». Salvatore aggrotta le ciglia. «La mia mamma parte? Allora non la vedo più». È un colpo duro per suor Letizia la quale capisce di avere torto. Il bimbo non appartiene a lei. Appartiene a sua madre e amarlo come una madre è peccato. Disfatta, si rifugia a pregare e l’indomani va ad affrontare Peppino: egli porterà il bimbo con sé, dopo aver sposato Assunta. Peppino resiste. E suor Letizia, per convincerlo, gli svela il suo «peccato». «Non bisogna allontanarlo dalla mamma. Anche io ho tentato. Ho ricostruito il convento per stargli vicina. Che Dio mi perdoni». Peppino cede. Partiranno tutti e tre insieme. È la fine. Suor Letizia va a prendere Salvatore, lo conduce davanti alla porta di casa di Assunta, suona il campanello e fugge. Quando Assunta la chiama, suor Letizia non c’è più. Sta correndo lungo il viottolo e piange.
Il film sarà presentato al Festival di Venezia uno dei primi giorni di settembre. Sarà l’unico film italiano, oltre ad un documentario. E qualcuno dice già che la Magnani riceverà il premio per la migliore interpretazione femminile. La parte di suor Letizia, sostengono, sembra tagliata per lei. Qualsiasi altra attrice l’avrebbe resa zuccherosa e banale. Ma con la Magnani diventa una figura soave, viva, indimenticabile. Se il massimo premio verrà consegnato ad Annarella, questo sarà l’ottavo trionfo dell’attrice più stimata d’Italia.
O. F., «L'Europeo», anno XII, n.36, 2 settembre 1956
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O. F., «L'Europeo», anno XII, n.36, 2 settembre 1956 |