Anna Magnani vince l'Oscar: «E' un grande giorno per gli italiani»

1956-Anna-Magnani

Così ha telegrafato Ernest Borgnine, interprete di “Marty'' che non ha dimenticato le sue origini, ad Anna Magnani, accomunata a lui nel trionfo del massimo premio cinematografico americano 

Roma, marzo 

Il 21 marzo, il giorno, cioè, precedente all’ assegnazione del premio Oscar alla migliore attrice dell’anno da parte dell’Accademia d’Arti e di Scienze Cinematografiche, la concorrente Anna Magnani lo ha passato a piantare rose rosse nei vasi della sua terrazza. La neve, a Roma, ha distrutto tutti i gerani e Anna, per fedeltà al personaggio di Serafina, ha sostituito i suoi con centinaia di rose sanguigne, simili a quella che porta tatuata sul braccio nel film che sta facendo parlare il mondo intero.

ANNA MAGNANI ha brindato alla vittoria insieme alla giornalista Egle Monti, alla quale ha continuato a telefonare a brevi intervalli per tutta la notte, scherzando sulle sue possibilità di vittoria nella corsa al massimo premio cinematografico. E’ la sesta volta che uno degli ’’Oscar” principali viene assegnato ad un’attrice (o attore) non americani. Il nome delia Magnani si è cioè aggiunto a quelli del tedesco Emil Jannings (premiato nel 1928). dell’attrice inglese Vivien Leigh (che ha avuto due premi, uno per ”Via col vento” e l’altro per "Un tram che si chiama Desiderio”), di suo marito, Sir Laurence Olivier (’’Oscar” 1948 per "Amleto"), nonché di Ingrìd Bergman (premiata nel 1944 per la sua interpretazione di "Angoscia”). Quella di quest’anno è la ventottesima edizione del premio.

Occuparsi di piccole cose, per lei, era una maniera di sfuggire all’orgasmo collettivo che riusciva a penetrare come un gas anche attraverso le porte ben chiuse della sua casa. Cercava di sottrarsi così al nervosismo dell’attesa e ci sarebbe riuscita se i giornalisti, gli amici e una vera folla di sconosciuti che la fermavano in strada, non avessero messo lo scompiglio nei suoi nervi di donna sensibilissima. Dal facchino il quale alla stazione di Roma le domandò con aria spavalda: «Dica un po’, se lo beccamo st’Oscar?» ai giornalisti più petulanti agli amici più teneri tutta la città aveva finito per partecipare attivamente all’attesa del premio, considerato, ormai, un fatto nazionale.

«Mi sembra di dover vincere il Giro d’Italia» mi diceva Anna, annoiata dall’atmosfera di ’’Lascia o raddoppia” che le si veniva creando intorno. Noi amici, ci esortava: «Non vi fate illusioni. Generalmente il premio che ho già avuto dalla Critica americana e l’altro della Stampa estera in America escludono l’Oscar. Non esiste un’attrice tanto premiata in una sola volta. Inoltre dimenticate la forza delle mie concorrenti: Katherine Hepburn in Tempo d’estate, Jennifer Jones in L’amore è una cosa meravigliosa, Eleonor Parker in Oltre il destino e Susan Hayward in Piangerò domani sono formidabili artiste e carissime al pubblico americano. Io sono italiana e rappresenterei un caso straordinario se fossi premiata a Hollywood». Era sempre lei che tentava di tenerci calmi. Tuttavia il pomeriggio del 21 marzo ci chiese aiuto: voleva essere lasciata in pace. I giornalisti, che a Roma sono tutti amici suoi, l’assediavano chiedendole dichiarazioni anticipate "per un caso o per l’altro”, esasperandola nel vano tentativo di spiegare che per lei non esiste sensazione, non esiste giudizio se non di fronte a un fatto compiuto. Intanto, in attesa delle notizie da Hollywood, nelle redazioni erano pronti lunghi articoli che riguardavano la nostra più grande attrice, poiché nessuno, in Italia, dubitava della sua vittoria.

A Roma serpeggiava il nervosismo solito delle grandi competizioni internazionali. In ogni ambiente "il tifo” dettava frasi diverse. «Signó, jela famo?», domandava il popolo ad Anna Magnani. Dal canto suo, Fattrice scommetteva dollari sulla sua caduta. 

La sera del 21 Anna mi telefonò: «Sono calmissima» mi disse prendendo in giro la mia evidente agitazione «e non voglio entrare nella sfera di nervosismo che mi state creando intorno tutti, te compresa. Perciò me ne vado. Parto adesso tornerò soltanto quando dovrò iniziare la lavorazione del mio film italiano Quando gli angeli non volano. Ciao!». Lo scatto secco del microfono riagganciato significò la mancanza di notizie, per molte ore. Non sapevo dove Anna sarebbe andata. Seppi più tardi quello che aveva fatto, quando, di ritorno da una lunga passeggiata sotto la pioggia con i suoi cani, si è fatta viva per incominciare a scherzare. La solitudine, il pensiero che tutti la credessero assente, la certezza dell’impossibilità che qualcuno potesse raggiungerla le avevano restituito la pace e la "ruzza”, come lei chiama la voglia di giocare. La "ruzza” si è esplicata in scherzi che sono diventati famosi. A intervalli regolari, ogni volta che Anna Magnani supponeva che mi fossi riaddormentata, mi chiamava al telefono, «L’ho preso, l’ho preso!» e io mi rallegravo con le lacrime agli occhi, irritandomi di colpo quando, soffocata dalle risate, mi denunciava lo scherzo. Più tardi, con voce profonda e incolore di donna delusa, Anna mi dava un’altra notizia: «Non l’ho preso» e io, resa sempre più cretina dagli improvvisi risvegli, mi lamentavo dell’ingiustizia che l’aveva privata del premio, fino a che lei mi interrompeva per dirmi; «Non l’ho preso perchè il dottore non vuole. Dice che i sonniferi mi fanno male». Quando alle sei del mattino mi ha annunciato la sua vittoria, ha dovuto fare alcuni giuramenti perchè io le credessi.

Fra i primi telegrammi recapitati alla vincitrice c’era quello di Renato Rascel, che diceva: «Ieri sera, davanti alla televisione, il mio cuore ha palpitato di gioia per il tuo trionfo».

Un quarto d’ora più tardi, in casa sua, si lottava per raggiungerla nel salone affollato di giornalisti americani, italiani e di tutti i Paesi del mondo, di fotografi, operatori della TV italiana e americana, presentatori delle Radio di vari Paesi. Dopo le sette del mattino si saliva fino da lei insieme a fattorini carichi di pacchi di telegrammi e di ceste di fiori. Il telefono portava continua-mente la voce degli amici americani e di tanti altri sparsi nelle varie città d’Italia. Anna Magnani era veramente divenuta la "nostra Anna nazionale”. La notte insonne, divisa tra lo scherzo e l'assistenza alla sua gattina persiana che aveva dato alla luce un bastardelle subito accettato in casa e chiamato "Oscar”, non aveva lasciato tracce sul volto di Anna che raccoglieva tutta la prima luce del mattino. 

«Happy?», le domandavano i giornalisti americani. E lei rispondeva a loro e agli altri: «Sono terribilmente felice e tanto emozionata. Confesso che ieri sera non ho mangiato. Sono fierissima di aver guadagnato questo insostituibile premio, per me e per il mio pubblico che mi è stato tanto vicino». 

Le domande le piovevano sulla testa, la colpivano in pieno petto e, a volte, la lasciavano silenziosa un istante, prima che potesse rispondere corrucciata che la sua vita privata le apparteneva esclusivamente. A tratti usciva a guardare le cupole delle chiese decapitate dal parapetto della sua terrazza o si occupava della tribù dei gatti e dei cani i quali, visibilmente irritati e disturbati, venivano a cercarla in mezzo alla folla. Tuttavia ogni domanda riceveva una giusta risposta: inizierà subito a girare Quando gli angeli non volano, in seguito andrà negli Stati Uniti per recitare in un film dello stesso produttore di La rosa tatuata, Hai Wallis, con lo stesso regista, Danny Mann. Il soggetto, naturalmente, sarà dì Tennessee Williams, che Anna adora e dal quale aveva appena ricevuto un telegramma «Carissima Anna sto scoppiando dalla fierezza e dalla gioia per il tuo grande successo».

Solo più tardi ci siamo attardate a leggere i telegrammi che, per lei, fanno parte della sua vita privata e ho chiesto un forte sacrificio alla mia memoria per ricordarne esattamente qualcuno. Frank Capra, italiano, ha telegrafato «Congratulazioni. Evviva noi!» e Burt Lancaster «Cara Anna sono eccitatissimo dalla tua conquista dell’Oscar. Ho sempre saputo che l’avresti vinto per la tua meravigliosa interpretazione di Serafìna. Affetto e baci». 

In assenza di Anna Magnani, la simbolica statuetta dell’Oscar è stata consegnata da Marion Brando a Marisa Pavan, italiana e compagna di lavoro della grande attrice nel film La rosa tatuata. Il telegramma della Pavan, lunghissimo, parla «dell’onore che ha avuto di accettare per lei l’Oscar dell’anno per la sua magnifica interpretazione».

La vittoria di Ernest Borgnine, italiano, al quale è stato assegnato l’altro Oscar per il miglior attore dell’anno, suggerì a Bette Davis un divertente telegramma che Anna Magnani ricevette prima ancora dell’assegnazione del premio «Anna carissima, io lavoro con uno italiano Ernest Borgnine. Lui vencutto. Io competo con una italiana, Anna Magnani. Lei vince. Voi italiani meglio se state a casa seriamente. Ernest e io mandiamo tutta la nostra amore e nostri congratulazioni. Bette Davis». Borgnine, che ha lottato per ben trentasei ore prima di riuscire a parlare telefonicamente con Anna, aveva già inviato il suo saluto «Congratulazioni. E’ un grande giorno per gli italiani. Ernest».

DELBERT MANN, che ha diretto "Marty”, ha avuto l”’Oscar" destinato al miglior regista. A Paddy Chayefsky, autore del soggetto di "Marty”, è stato assegnato l’ "Oscar" destinato al miglior soggettista. Con ciò, il film ha raccolto quattro premi principali: quelli destinati al miglior film, al migliore attore protagonista, al miglior regista e al miglior soggettista.

L’on. Giuseppe Saragat ha inviato «felicitazioni vivissime per conferma ambito riconoscimento sue alte doti artistiche» e, in un telegramma senza economia, all’americana, Luchino Visconti che fu il regista di Anna Magnani in Bellissima, ha gridato con entusiasmo «Anna cara, ti sono teneramente vicino prendendo parte alla tua grande, meritatissima gioia che premia ancora una volta e nel modo più clamoroso la tua vita di grande artista e il tuo generoso, autentico talento. Tutti i tuoi veri amici si stringono oggi attorno a te commossi e soddisfatti per ripeterti il loro caldo compiacimento. Brava, brava, brava. Ti abbraccio. Luchino».

Direzioni di teatri americani hanno telegrafato congratulazioni e offerte, attori italiani di prosa, grandi e piccoli hanno voluto dire la loro parola. Anna era stanca e distrutta dalle emozioni. Il capo ufficio stampa della "Paramount”, per proteggerla, decise infine d’indire una conferenza - stampa nel pomeriggio dello stesso giorno alla quale parteciparono oltre duecento giornalisti e fotografi. 

Quando Anna rimase sola ebbe un istante di stordimento come il corridore che si arresti improvvisamente durante la corsa. Lillina, la musina, il parigino, la bastardina e tutti gli altri animali che sono soliti radunarsi intorno a lei, lentamente e con circospezione prendevano il loro posto abituale sulle sue ginocchia o ai suoi piedi mentre lei chiedeva alla telefonista una comunicazione urgente con Losanna. Nell’attesa i suoi discorsi, sempre semplici e umani, ridiventavano intimi e commossi. E insieme a lei rivedevo la strada lunga e faticosa sulla quale aveva camminato prima di arrivare a conseguire il premio massimo della cinematografia e a essere proclamata la più grande attrice del mondo. Nessuna amicizia speciale con un produttore, nessuna fotografia in costume discinto, nessun lancio pubblicitario l’avevano aiutata nel suo cammino. Contro di lei Anna ha sempre avuto l’estrema sincerità del suo carattere, il disdegno della cortigianeria, l’insofferenza di fronte agli imbecilli, l’impossibilità di sopportare la malafede. Ogni gioia della sua vita ha avuto il suo rovescio e dolori spaventosi l'hanno spesso schiantata perchè la sua capacità di soffrire non ha limite e il dolore, per lei, è una cosa seria che va vissuta fino in fondo. Il desiderio di solitudine e l’ombra di malinconia che l’accompagnano nel suo destino hanno radici profondissime. 

SUSAN HAYWARD è stata battuta sul traguardo da Anna Magnani. L’attrice americana era, nella rosa delle cinque candidate all’ ’’Oscar” destinato alla migliore protagonista, l’avversaria più temibile di ’’Nannarella”, in considerazione della sua*superba interpretazione di ’’Piangerò domani".

Mentre parlavamo di cose liete e di cose tristi, mentre mi ripeteva la sua ammirazione per gli americani, per il loro modo di lavorare e per la loro lealtà, suo figlio è arrivato ancora una volta a inserirsi nella sua vita. Il suono del telefono, dopo tante comunicazioni ricevute dall’America e da molte città italiane, le ha fatto dire: «Speriamo che sia lui» e mentre attendeva che il ragazzo fosse in linea, Anna mi diceva divertita: «Io glielo dico adesso perchè noi ci raccontiamo sempre tutto, ma lui non sa niente dell’Oscar...». 

«Cellino, amore, lo sai che la mamma ha vinto l'Oscar?».

«Nooo».

«Come no? Sì, ti dico».

«Mamma, bravissima. Sei contenta?».

«Molto e anche perchè mi hai detto brava, finalmente. Lo sai che è la prima volta che me lo dici? A te non piacciono i miei film...».

«Beh, che c’entra, non parliamo di questo. Guarda che arrivo a Roma martedì».

«Ti aspetto, Cellino, amore mio».

«Arrivooo». 

GRACE KELLY, comparsa probabilmente per l'ultima volta ad una manifestazione pubblica di Hollywood, ha consegnato a Ernest Borgnine l' "Oscar” a lui assegnato come miglior attore protagonista, per la sua interpretazione di "Marty”. Borgnine, che è di discendenza italiana, è nato a Hamden (nel Connecticut) il 24 gennaio 1918; è sposato e ha una figlia. "Marty”, premiato come miglior film della stagione, è costato relativamente poco; 343 mila dollari. Per la pubblicità, i produttori hanno speso 350 mila dollari. Insieme alla Kelly e a Borgnine, nella foto sono Jack Lemmon e Jo Van Fleet, che hanno avuto i premi destinati al miglior attore e alla migliore attrice non protagonisti per le loro interpretazioni in "Mister Roberts” e "La Valle dell'Eden".

Ogni volta che Anna riattacca il ricevitore dopo aver parlato con suo figlio tace un istante, quasi le pesasse rientrare in un mondo dal quale lui sia assente. Ai telegrammi dei registi straveri si stavano aggiungendo ora le felicitazioni di quelli italiani: Castellani, Camerini, Rossellini e molti altri inviavano felicitazioni e quelli tra loro che l’hanno diretta, parlavano del loro orgoglio. Da Madrid ha telegrafato esultante Goffredo Alessandrini. I fiori che continuavano ad arrivare e che ormai invadevano anche ogni più impensato angolo della casa ci stordivano con un profumo denso come gas. «Tra le rose e le viole - anche l'Oscar ci sta bene» cantava Anna, parodiando la canzone di una sua antica rivista. 

Era felice come non l’avevo mai veduta. Era felice semplicemente senza ostentazione. Per lei non esiste che il suo lavoro e l’alto riconoscimento che gliene aveva dato l’America placava quel mare di amarezza senza fine nel quale naviga, in Italia, un’artista che al di là delle sue possibilità fisiche vede orizzonti sterminati, quasi sempre noti a lei sola. 

E’ la prima volta che l'Oscar viene assegnato a un’attrice italiana. E ci conforta il pensiero che sia stato assegnato a una artista che ha portato sullo schermo il disdegno dei mezzi fisici, la serietà del lavoro, la possibilità di tradurre, per la commozione di molti, la disperazione, la gioia, l’estasi, la paura, la tenerezza e la divina follia di tutte le donne del mondo. In Anna Magnani è stata premiata la verità nell’arte. 

Egle Monti, «Tempo», anno XVIII, n.14, 5 aprile 1956


Egle Monti, «Tempo», anno XVIII, n.14, 5 aprile 1956