Anna Magnani: brindisi alla carrozza

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Il regista Jean Renoir ha iniziato a Roma il film “La carrozza d’oro" tratto da una commedia di Merimée. La protagonista è Anna Magnani.

Eravamo al teatro numero tredici di Cinecittà, per assistere al «primo giro di manovella» di Jean Renoir, regista del film «La carrozza d’oro». Di solito, in queste piacevoli cerimonie mondane, si capisce perfettamente che il regista non «gira» sul serio : non si può, francamente, lavorare in pace sotto gli sguardi esageratamente compiaciuti delle ambasciatrici o delle ragazze di buona famiglia.

Il solo preciso obiettivo, in queste così frequenti cerimonie, è l’assalto alle montagne di bignè, ai piattini di olive, di patatine fritte e di mandorle salate. La sola seria aspirazione degli «intervenuti» è di ammirare Isa Miranda o Fabrizi, sorridere del francese di Peppino De Filippo; e nello stesso tempo bere molti cocktails.

Il vero spirito del «primo giro di manovella» non poteva sfuggire a Renoir. È interessante il racconto del «primo giro», così come Renoir l’ha inventato. La «troupe» degli artisti aspetta davanti alla macchina da presa il «ciak» rituale. Riflettori potenti sciolgono il cerone sui visi di Odoardo Spadaro, di Anna Magnani, di Nada Fiorelli. Ed ecco, qualcuno intima di fare silenzio; l’uomo del «ciak» sforbicia l’aria, gli attori si assestano bene le spalle, fanno piccoli movimenti nervosi.

1952 03 15 Settimana Incom Illustrata Anna Magnani f3Ne « La carrozza d’oro » Anna Magnani interpreta la parte di Camilla, un’attrice della Commedia dell'Arte che porta lo scompiglio in una colonia spagnola col personaggio di Colombina: tutti spasimano per lei.

Il vocione di Odoardo Spadaro tuona: «Vieni, vieni a vedere! Arrivano!». E Anna Magnani, con una decina di riflettori puntati sui suoi splendidi denti, dice: «Non posso! Scusate, ma non posso dire quello che debbo dire davanti a tanta gente per bene... Resterebbe male... Forse è meglio che lo dica domani, quando non ci sarà nessuno...».

«E che cosa doveva dire, di così grave?» domanda un fotografo. «Mah, me pare : Eccoli qua, ’sti...» risponde scherzando l’attrice. E Renoir, finalmente liberato dagli impegni ufficiali, dalla curiosità delle ambasciatrici, degli onorevoli, delle ragazze di buona famiglia (che non sono mai state «scoperte» da un regista solo perché non vogliono), tira un sospirone: «Andiamo a mangiarci queste pizzette» dice.

Prima di passare alla sala del «ricevimento», il produttore Francesco Albata - della «Panaria Film» - spiegò in soli settanta secondi quali fossero le speranze e le ambizioni della Casa produttrice italiana, che si appresta a realizzare il primo technicolor in Italia. Anna Magnani, che pregarono di dire le sue impressioni, se la cavò anche con meno. Disse : «Per me è certamente un giorno importante questo. Lavorare con un maestro come Renoir mi dà una seria emozione e un’autentica gioia. Non so dire altro. Spero di dare anch’io, a questo film, un apporto valido».

Anna Magnani, quasi sempre, riesce a conquistare anche il pubblico occasionale e disincantato delle «anteprime». Si ebbe, anche per questo, affettuosi applausi. Si passò, poi, in un cortiletto oscuro e fresco, dove risplendeva la carrozza d’oro che sarà, nel film, il simbolo della vanità mondana. È una carrozza enorme, solenne, ricca e fantastica come la può sognare un mendicante con le scarpe rotte. Renoir e Anna Magnani hanno aperto lo sportello, per dar modo agli operatori e ai fotografi di ritrarli insieme, mentre iniziano il faticoso e affascinante «viaggio artistico»; Un fotografo costrinse Anna Magnani a togliersi la pelliccia e a posare in «décolleté». Soffiava un’arietta fresca di tramontana. Le spalle della Magnani, lentamente, si incresparono. Per darsi un tono e vincere i brividi, la nostra attrice fece un po’ di boccacce.

Finalmente, alle 19 precise, gli invitati espugnarono gioiosamente la sala del «buffet». Se fossero stati in costume si sarebbe potuto riprendere una divertente «Presa della Bastiglia». Più tardi, i cronisti si avvicinarono a Renoir che stava chiacchierando con Vittorio De Sica. Renoir è un ammiratore del nostro regista. «Miracolo a Milano» spiegò «m’ha completamente bouleversé.» Renoir parlò poi del suo film, ed ecco la sua opinione quasi stenografata: «Malgrado la mia grande ammirazione per Prospero Merimée, ho pensato che la sua commedia non si potesse portare tale e quale sullo schermo, ma che bisognava accontentarsi del magnifico spunto. Siccome il film si gira in Italia, ho cominciato col dimenticare il Perù. Non c’è più una Perichole. Se ci fosse una Perichole, io non girerei il film in Italia, ma al Perù con una giovane meticcia. Sono in Italia, il mio film si svolgerà quindi in Italia e l'interprete sarà una grande attrice italiana. In Merimée la Perichole è un'attrice; nel mio film Camilla è l’attrice».

Mentre le pizze e le patatine si scioglievano nelle bocche sorrìdenti degli ospiti, l’obiettivo dei fotografi «centrava» i famosi intervenuti. C’erano Anna Maria Pierangeli, con la madre; la giovane attrice italiana, che ha sconvolto il cuore dei collegiali statunitensi, fu il «clou» della serata. Giovani «publicity-men» le stavano alle calcagna, facendole una corte spietata. E lei, a tutti, sorrìdeva con molta amabilità, e lo stesso Renoir, a un certo punto, ne fu impressionato.

1952 03 15 Settimana Incom Illustrata Anna Magnani f1Jean Renoir e Anna Magnani festeggiano il primo giro di manovella de «La carrozza d’oro» Per l’occasione il barman ha creato il cocktail «Camilla», dal nome della protagonista del film

1952 03 15 Settimana Incom Illustrata Anna Magnani f2Renoir aiuta la Magnani a scendere dalla carrozza rinvenuta nelle scuderie d'una nobile e antica famiglia siciliana.

E non vanno dimenticati Carla Del Poggio e Aldo Fabrizi, più ottimista che mai. Il regista Renoir aveva intanto inventato uno dopo l’altro una serie di gustosi paradossi. L’ultimo era: «Chi non è scienziato, non può essere sicuro che la terra è rotonda. Potrebbe anche essere, perché no?, un largo lenzuolo che quattro angeli tengono su nel cielo. li nostro secolo è troppo sicuro delle proprie cognizioni. Io sarei più propenso a cercare gli angeli».

I nostri lettori, probabilmente, vorranno conoscere la trama dei film. Eccola, in poche righe: Una troupe di commedianti porta lo scompiglio nel vicereame di una colonia spagnola: è una troupe della «Commedia dell’Arte» con Arlecchino, Pulcinella, Capitan Fracassa, Tartaglia, Colombina è l’amorosa; l’amoroso è Pantalone, che è poi il capocomico, don Antonio.

Colombina, il cui vero nome è Camilla, è fidanzata a Felipe, il paziente giovinotto che la segue di paese in paese e desidera solo che lasci il teatro e diventi semplicemente una buona moglie. Una sera, Ramon si invaghisce di Colombina, e lancia sulla scena, verso di lei, il suo cappello. Colombina glie lo rigetta, stizzita. Naturalmente questo gesto superbo rende più testardo l’amore di Ramon, celebre torero, bello e ben fornito di quattrini.

Ma due soli innamorati non bastano: lo stesso viceré, al quale giunge l’eco dei successi di Colombina (Anna Magnani), la manda a chiamare e ne fa la sua favorita, soppiantando la irritante e altera marchesa di Altamirano. Quale pegno del proprio amore il viceré off re a Camilla una splendida carrozza d’oro. I baroni del vicereame intrigano per far cacciare la commediante e l'atmosfera delia corte diventa insopportabile: il partito avverso al viceré sta per trionfare e si parla ormai con insistenza della sua destituzione. Camilla, che aveva schernito il viceré per la sua debolezza - in quanto aveva firmato il decreto che ordinava l’estradizione dell'attrice e della sua troupe - vedendolo quasi annientato si impietosisce e se ne va. Ma ecco intervenire Felipe, che supplica Camilla di seguirlo. Anche Ramon le offre un matrimonio felice, una vita tutta colorì e senza problemi ; e infine lo stesso viceré le chiede di sposarlo.

Camilla, in fondo, è innamorata di tutti e tre. E per salvare tutti e tre sacrifica il solo bene materiale che la vita le abbia dato: la carrozza d'oro. E la regala, infatti, al vescovo, perché serva al trasporto del Santissimo Sacramento e nessuno più muoia senza l’estremo viatico. Questo gesto di carità conquista l’anima del prelato che, chiamato a corte per determinare la sorte dell’attrice e del viceré, addita invece Camilla come esempio di umanità e di generosità.

E Camilla, fra i tre amori, ne sceglie un quarto, l'amore per il teatro. E don Antonio (Odoardo Spadaro), le spiega perché è giusto che gli amori finiscano: gli altri mentono, uccidono, distruggono per motivi meschini. Gli artisti no, senza distruggere, senza uccidere continuano a morire, a rinascere, davanti alla platea buia e incantata, ogni sera. I commedianti, gli artisti, gli acrobati, i clowns aono| più veri dei veri uomini. Questo è il senso del film di Renoir che in tre mesi di lavorazione dovrebbe essere finito. E Renoir ha l'aria di voler fare davvero un bel film.

N. S., «La Settimana Incom Illustrata», 15 marzo 1952


La Settimana Incom Illustrata
N. S., «La Settimana Incom Illustrata», 15 marzo 1952