Il Gagà e la Gagarella

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Il Gagà e la Gagarella: Moda, Misfatti e Marameo

Siamo nel 1942, in piena "Volumineide", ovvero una di quelle riviste teatrali che già dal titolo promettevano uno spettacolo di parole, piume, sberleffi e satira a volontà. A firmare il tutto, il solito Michele Galdieri, artigiano del verso leggero e della stoccata culturale, accompagnato da due complici non da poco: Antonio de Curtis, meglio noto come Totò, e Anna Magnani, ancora alle prime folgorazioni ma già regina della scena.

Lo sketch “Il gagà e la gagarella” altro non è che la reprise satirica, aggiornamento bellico (ma non bellicoso) di un precedente successo del trio, “Il Gagà e la signora”, andato in scena nella rivista “Quando meno te l’aspetti” (1938-39). In pratica, un sequel teatrale — senza Netflix ma con molto cipiglio.

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🕴️ Il Gagà: ovvero l’ornitologia dell’eleganza fasulla

Chi è il gagà? È l’uccello piumato della Via Veneto, una creatura notturna, impomatata, dalle piume umane, con la erre moscia e l’etichetta sartoriale ben visibile. È l’archetipo del narcisista urbano ante litteram, figura mitologica del dopolavoro borghese, partorito da un’Italia tra lo svenimento del ventennio e il martellamento degli stivaletti lucidi.

Il gagà vive nel suo habitat naturale: i caffè di Via Veneto, prima ancora che diventassero territorio di conquista per paparazzi e vip alla “Dolce Vita”. Era lì, seduto con la gamba accavallata, ad accarezzare il nodo della cravatta con la stessa voluttà con cui uno stilista liscia il velluto della giacca.

Parlava un gergo misterioso, una lingua aliena fatta di diminutivi infiniti, anglismi sterilizzati e interiezioni in falsetto. Cosa diceva? “Tesoruccio, m’hai fatto proprio ‘na chiccheria di impressione!” — Frasi che oggi troveremmo in una caption su Instagram sotto a un selfie al barbiere.

👒 La Gagarella: la parodia della parodia

E la gagarella? Un derivato stilistico del gagà, una sorta di eco femminile del vuoto cosmico, un concentrato di cipria, mollette e linguaggio da manicure. Spesso interpretata da una Magnani corrosiva e bellissima, che sotto il vezzo metteva la lama: la gagarella è colei che aspira all’eleganza ma inciampa sul bidè della caricatura, la creatura che discetta di sciocchezze con la sicurezza di un’enciclopedia... errata.

Nel duo con Totò, la gagarella è specchio e complice, ma anche nemesi. Quando i due si incontrano sul palco, non è amore, è antologia di stupidità sociale. Si sfiorano, si beccano, si elogiano in un gergo da salone di parrucchiere dell’apocalisse, e nel frattempo si sbeffeggiano l’un l’altro con quella grazia tipica di chi sa di stare prendendo in giro, sì, il personaggio... ma soprattutto chi lo ha reso possibile.

🎭 La Vendetta della Satira

Quello che Galdieri, Magnani e Totò mettono in scena non è una semplice parodia di moda e linguaggio. No. È un attacco chirurgico al vacuo mondo del conformismo sociale, travestito da sketch leggero.

Immaginiamolo oggi: due influencer seduti in un rooftop milanese, che fanno dirette Instagram dove discutono se sia più green un aperitivo all’orzata o alla curcuma. Totò li avrebbe messi sul palco, li avrebbe fatti parlare per dieci minuti, e alla fine li avrebbe fatti scomparire dietro una tenda con scritto “Ridere, per non piangere”.

Il gagà e la gagarella non sono solo personaggi: sono icone del nulla, rappresentazioni semoventi dell’ozio travestito da stile, dell’opinione travestita da verità, del gesto futile elevato a cerimonia.

🧨 Totò e Magnani: Duetto al Napalm

Che dire, poi, del duo? Anna Magnani e Totò, in questo sketch, sembrano due funamboli su una fune fatta di risate e colpi bassi. Non si fanno sconti: lei lo aggredisce con la voce, lui la svicola col corpo. È un duello alla sciabola di battute, una danza dell’assurdo che si fa critica sociale travestita da varietà.

Lui, Totò, si muove come una caricatura dadaista del bellimbusto; lei, Magnani, è la belle dame sans merci della mondanità da caffè, ma con la voce di chi avrebbe potuto guidare un esercito partigiano solo a forza di urli.

📍Conclusione: Parliamoci chiaro, con paillettes

"Il gagà e la gagarella" è uno spettacolo travestito da sketch, un'opera di demolizione con piume di struzzo, una critica feroce e brillantata all’idiozia modaiola. È una messa in scena del nulla sociale, con due giganti della scena che lo riducono in coriandoli.

Chi oggi considera le sfilate televisive del vuoto culturale come novità, dovrebbe sapere che Totò e Magnani, nel 1942, avevano già previsto tutto. Avevano già messo alla berlina la superficialità con un’arma segreta: il ridicolo ben calibrato.

In fondo, “Il gagà e la gagarella” ci insegna una grande verità: chi non sa cosa dire, spesso è anche vestito benissimo.



GAGÀ (Totò): Oh, Marfa!...
MARFA (Magnani): Oh, Foffo!...
GAGÀ: Strano eh?... Quando meno te l’aspetti... ritrovi Marfa.
MARFA: ... ritrovi Foffo!...
GAGÀ: Bambina!... E un anno che non ci vediamo, bambina!...
MARFA: Un anno preciso. Cosa avete fatto in tutto questo tempo?
GAGÀ: Tante cose nuove, bambina... prima, l’anno scorso andavo tutte le mattine da Rosati...
MARFA: E adesso?
GAGÀ: Vado da Venchi!...
MARFA: Anch’io l’anno scorso andavo da Venchi...
GAGÀ: E adesso?
MARFA: ...da Rosati!
GAGÀ: Ogni tanto fa bene cambiare un po’.
MARFA: E poi? Che altro c’è di nuovo?
GAGÀ: L’anno scorso fumavo le cicche di Xantia...
MARFA: E adesso?
GAGÀ: Cicche di Moresca... bambina!
MARFA: Ci fu del tenero fra noi... allora dicevo il tele... la bici...
GAGÀ: Che?...
MARFA: Parlavo a metà... no?...
GAGÀ: Già... a metano... Ma adesso non c'è nemmeno più quello!...
MARFA: Mi facevate la corte...
GAGÀ: Non vi ho mai dimenticato, bambina...
MARFA: Anch’io vi ho ricordato qualche volta, Foffo... così... nei crepuscoli arancioni...
GAGÀ: Posso, dunque, ancora sperare?...
MARFA: Foffo, non mi tentate...
GAGÀ: Eppure, mi avete pensato... nei crepuscoli arancioni...
MARFA: Talvolta anche nelle notti d’inchiostro...
GAGÀ: Vi sono apparso in sogno?
MARFA: Ho avuto paura!... E inutile dire... c’è del tenero fra noi...
GAGÀ: Signora, accontentatemi... venite nella mia giovanottiera...
MARFA: Ma siete pazzo? Foffo! Ricordatevi che delusione per me fu quella sera! Se ci ripenso, vomito! Quello stanzino zozzo e sgangherato!
GAGÀ: Non più! Malgrado i tempi assai difficili, lo scannatoio è tutto rinnovato!

(Si apre il siparietto. Parodia di garsonnière)

MARFA: Ah... che fetente!
GAGÀ: E un nido civettuolo ed accogliente! L’ho profumato all’Ambra di Coty!
MARFA (annusando): I gatti chiusi in casa non si lasciano! (scorgendo qualcosa sotto il divano) Eccolo là... Sta lì!...
GAGÀ: La cosa mi mortifica, però riparo subito al malfatto! Guardate qua... l’aspiratore elettrico si «sorchierà» il malfatto del mio gatto!

(Tira fuori un aspiratore elettrico in parodia)

MARFA: Fa tanto freddo... Ho i brividi... Ma non avete qui un termosifone?...
GAGÀ: Corbezzoli! (tira fuori un bacile con carbonella e legna che brucia. Poi adopera una ventola per ravvivare il fuoco) Riscaldamento autonomo!
MARFA: Non ho mai visto un simile puzzone! Che faccia tosta!
GAGÀ: Signora, non sapete quel che costa questo conforto di modernità! Quest’atmosfera bene, aristocratica...
MARFA: Te possino acciaccà! Potreste offrirmi un «Cocktail»... per dirla in italiano un «Arlecchino» vocabolo che ha scelto l’Accademia così, senza un perché... Però è carino.
GAGÀ: Or vi preparo un cocktail da farvi ricreare il «zezzeniello»! Ho gin e whisky nel mio bar portatile...

(Tira fuori il bar portatile)

MARFA: Passano gli anni... e il bar è sempre quello!...
GAGÀ: Oh no... L’ho tutto messo a nuovo... Chiudete gli occhi... Li riaprirete quando dirò tre... uno... due... tre... Eh?
MARFA: Ebbene? Non è sempre un lurido comodino?
GAGÀ: Ma non vedete? Ci sta la luce... Ci stanno gli specchi... E c’è anche lo «sceccher»... (una scatola da citrato di magnesia o un enteroclisma di latta)
MARFA: Per dirla in italiano: sbattitoio.
GAGÀ: Il fatto di sbattere viene dopo. Ecco il ricettario. Scegliete il cocktail che vi piace di più... Volete l’Arcobaleno... frantumato?... O l’Olezzo dei legumi?
MARFA: E dove li trovi i legumi?
GAGÀ: Volete allora i Tre Moschettieri?
MARFA: Preferisco il Visconte di Bragelonne...
GAGÀ: Ma non è un libro che dovete scegliere! E il nome di un cocktail... Ho capito... Ne preparerò uno a mio gusto... Ecco... (versando gli ingredienti nella scatola) Acqua fresca... due parti... Acqua acetosa... due parti... Niente alcool... La scorza di limone non c’è... Fatto (e comincia a sbattere)
MARFA: E questo come si chiama?
GAGÀ: Vent’anni prima... (versa nel bicchiere la miscela) Eh?... Buono no?
MARFA: Ah, che schifezza!
GAGÀ: Ed ora abbandoniamoci all’ebbrezza... In questo nostro paradiso blu...
MARFA: Parola mia d’onore! M’hann’accidere! Qua, non ci vengo più!...
GAGÀ: Mai più?
MARFA: Giuro! Mai più!...


L’avvenimento più importante dell'attività artistica di Anna Magnani nel 1940, è l’incontro con Totò. L’attore napoletano Antonio De Curtis è già da molti anni sulle scene, dove si è guadagnato una notevole popolarità. Con la bombetta, il vecchio frac, i pantaloni a saltafosso, le scarpe sfondate che indossa sempre come una divisa, ha un enorme successo nel teatro di rivista e poi nell’avanspettacolo prima di approdare al cinema alla fine degli anni trenta. Il 25 dicembre al Teatro Quattro Fontane di Roma va in scena Quando meno te l’aspetti di Michele Galdieri. Il titolo della rivista sembra alludere a un cambiamento che le strofette della canzoncina iniziale si affrettano a confermare:

Quando meno te l'aspetti la sorte muta,
fa più dolce dei confetti la tua cicuta...
La strega arcigna che sogghigna
si trasforma nella fata più benigna...
E quando meno te la sogni
ti sorride, provvedendo ai tuoi bisogni.

La satira pungente di Galdieri prende di mira soprattutto i fatti di costume, aiutata dalla verve irresistibile di due eccezionali attori come Anna e Totò. L’autore napoletano era allora già molto noto nel mondo del teatro dove aveva cominciato giovanissimo. Il suo stile è basato su un’armonica fusione di satira, comicità e coreografia, che cura personalmente insieme alla regia degli spettacoli.

I suoi testi preoccupano spesso Leopoldo Zurlo. Il censore del Ministero della Cultura Popolare ricorda così l’incontro con l’autore: “Si presentò con un viso di adolescente sveglio e non si vedevano né le ali di pelle né la coda. Le grinfie sì, e le arrotondai qua e là. Nel titolo c’era quello che si potrebbe chiamare il colpo classico di Galdieri: non dire nulla e suggerire tutto. Si diceva che io lo trattassi meglio degli altri. Falso. La verità è che cominciai a volergli bene quando m’accorsi che rifuggiva dall’adulazione al Governo.”

La scena più famosa della rivista è quella del Gagà, interpretato da Totò, che in una sgangherata garsonnière cerca di sedurre la Gagarèlla Anna, moglie trascurata in cerca di svago.

“Sognavo una gran casa profumata.”
“Di questi tempi, cara, è già un miracolo disporre di una stanza ammobiliata!”
“Sognavo feste e musiche, regali, sbornie, gioia e smarrimento...”
“Lo so, ma sognavate il tram elettrico...”
“Vattene... Don Giovanni novecento... Più passan gli anni e più diventa racchio il dongiovanni... che generoso e gran signore fu.
Mo’... questi qua... t’abboffano di chiacchiere... non c’esce niente più.”


Anna Magnani nel film del 1953 «Siamo donne», diretto da Luchino Visconti interpreta lo sketch «La fioraia del Pincio», cantando il famoso stornello romano "Com'è bello fa' l'amore quann'è sera".

Nel prefinale Anna interpreta la Fioraia del Pincio, un’accorata testimonianza del tempo di guerra, piena di nostalgia per il periodo tranquillo e felice della pace. Sull’aria di Com’è bello fa’ l’amore quanno è sera, Anna inizia con: “Ah che giornata, oh. Nun se rimedia ’na lira pe’ Roma, macché se spendono le lire.” Poi canta:

Quante machine venivano la sera,
quanta gente sta affacciata a 'sta ringhiera,
quanta folla de maschiette e de gagà,
quante radio ne le machine a sonà.
Nun scendevano le coppie innamorate,
se ne stavano abbracciate a pomicià.
Er barista je portava la guantiera
co’ la bira e cor caffè che allora c’era.
Ogni Topolino me pareva ’n separé,
ogni mazzolino arimediavo lire tre.
Ce scajavo sempre specialmente coi taxi
co’ le machine Ciddì
sempre attenta ar pizzardone
che a cavallo era imponente come un re.
La terazza era ’n salotto ed ogni sera
me pareva ’na stellata bomboniera.
Mo’ la gente de la mejo società
resta a casa e gioca ar bridge o ar baccarà.
E quell’omo che puntava er canocchiale
poveraccio, puro lui mo’ sai che fa?
Nun potendo arimedià cor firmamento
resta a casa e s’accarezza lo strumento.
Ma che luna, ma che luna c’è stasera
vedo er monno che s’affaccia a ’sta ringhiera
da San Pietro all’artre cupole, laggiù
fino al mare, più lontano, sempre più.
Che m’importa se quassù non c’è nessuno,
che m’importa si nun trovo da scajà,
mo’ ’sti fiori li regalo a Roma bella
che li porti ad un sordato in sentinella!

Lo spettacolo ha un enorme successo. In giugno, mentre proseguono le repliche della rivista, Anna è impegnata negli stabilimenti della Fert a Torino in La fuggitiva di Piero Ballerini nei panni di una diva del varietà.

Matilde Hochkofler e Luca Magnani


Riferimenti e bibliografie:

  • "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976
  • "Siamo uomini o caporali?" (Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli) - Ed. Capriotti, 1952
  • "Anna Magnani" (Matilde Hochkofler e Luca Magnani), Bompiani/RCS Libri, 2013