Totò perde i caccia ma vince con i 381

1949 Teatro Bada che ti mangio 001 15 L

La strategia degli spettacoli di rivista va assomigliando a quella della guerra navale. Siamo ancora nell'epoca delle navi — o dei quadri — di grande tonnellaggio. Ogni rivista che si rispetti dispone almeno di sei o di otto quadri da 35.000 tonnellate, con la tendenza di portare il tonnellaggio alle 45.000 e alle 51.000 tonnellate. Sono le coreografie colossali che richiedono un dannatissimo lavoro del macchinisti dietro ai siparietti, per montare scale, per spalancare cupole celesti, per far salire palloni stratosferici al cielo. La manovra di questi colossi è lenta, i palcoscenici sono piccoli: immaginate di dover far entrare in dieci minuti la squadra americana nel porticciolo di Portofino, quando i cannoni da 381 entrano in azione, l'effetto è sicuro; ma la loro azione deve essere preceduta e intercalata, per ragioni tecniche. da quelle di collegamento delle scene minori, dei dialoghi alla ribalta, dei couplets. Per questo l'ammiraglio deve disporre di una massa di manovra di incrociatori da battaglia, di incrociatori leggeri o tascabili, di torpediniere e di sommergibili. Se non trova nulla di meglio, per riempire le pause dell’attesa può anche ricorrere ad un tenorino in abito da passeggio, che percorre lentamente la passerella, gorgheggiando e sospirando, o mandare in platea tre ragazze a collocare cappellini fioriti sulle teste di alcuni spettatori, possibilmente calvi. L’ammiraglio sa in anticipo che una buona parte del naviglio leggero è votata al sacrificio, e rientrerà alla base con un siluro nella pancia o addirittura si inabisserà.

La nuova rivista di Totò, o meglio, la nuova rivista che Michele Galdieri ha ideato per Totò era in prova da quasi un mese e mezzo e la prima rappresentazione ha subito quattro rinvii. Galdieri avrà voluto fare qualcosa di più di ciò che avevano fatto, per Vanda Osiris, Garinei e Giovannini, cosi come Macario aveva voluto, a sua volta, schiacciare anche lui la sua antica compagna di ribalta con l’opulenza del suo spettacolo. E’ una gara a chi spende più - la media dei quaranta o cinquanta milioni è ormai modesta - a chi la lo spettacolo più sontuoso e più lungo, a chi richiede, per frenare il pubblico agli ingressi, i maggiori contingenti della «Celere». Ieri sera, al Nuovo, il controllo dei biglietti, avveniva alle porte della galleria del Toro: un secondo controllo agli ingressi abituali. Il teatro era iperesaurito da una ventina di giorni. Squadre di spettatori appartenenti all’aristocrazia siciliana erano arrivate in i volo da Palermo. Lo spettacolo, iniziato alle 21.12, é finito alle due di notte: e alle 2.10 la sala non era ancora sgombrata dalle squadre dei più accaniti entusiasti. Si é pure superata, come durata dello spettacolo, quella del Lutto si addice ad Elettra: il Parsifal ha, in confronto, quasi la durata di un avanspettacolo.

1951 Toto Bada che ti mangio

Il sogno del «grandi della rivista» è di raggiungere, nella loro gara, le luci dell’alba. Giova, alla rivista, questa tendenza al gigantismo? Giovano, queste proporzioni elefantesche? Si manovrano bilanci da ministero; gli spettacoli, per ammortizzare il capitale, devono essere replicati per un anno. Il varo di ogni rivista assomiglia alla partenza di una flotta che debba scoprire un nuovo continente: è preceduto da lunghe notti di insonnia, da prove tempestose; gli impresari perdono la voce; le attrici diventano afone per l’orgasmo; si richiedono dei records ai vestiaristi e ai sarti; e la nevrastenia, probabilmente, plana per un buon mesetto, con le sue ali sinistre, nel ciclo delle prove. E’ probabile che, immersi nel colossale fino alla gola, gli stessi autori perdano il controllo degli effetti. Uscito dal teatro l'ultimo spettatore, comincia un nuovo lavoro: quello del tagli. Solamente messa a confronto con il pubblico la rivista mostra le sue falle e le infiltrazioni d’acqua.

Si spiegano cosi i malumori che ieri sera, durante il secondo tempo della rivista il pubblico del Nuovo ha fatto sentire con una certa insistenza, seguiti subito appena il «quadro» lo soddisfaceva, addirittura da raffiche di entusiasmo. Capita anche nei grandi pranzi che fra l'una e l’altra grande portata l’invitato debba attendere, e si infastidisca di sgranocchiare i grissini che, appunto per ingannare l’attesa, sono collocati elegantemente in un piattino d'argento: per dimenticare poi il suo malumore appena arriva il tacchino ripieno al tartufi. Ieri sera grissini squisiti, offerti anche da ragazze molto carine, non sono riusciti graditi.

I riempitivi erano, in verità, troppo deboli al confronto con i grandi quadri, alcuni dei quali di un fasto e di un'eleganza d’eccezione. Il pubblico voleva Totò, o la scena di vasto e grandioso effetto: le romanze. I duettini, i terzettini, i couplets lo stancavano subito, qualche volta anche a torto. Poche volte un quadro di rivista è stato applaudito come quello delle fontane, che con i loro zampilli salgono e si aprono a ventaglio e si colorano a suon di musica in un panorama d’acque crosciami. Eppure un momento prima io stesso pubblico zittiva.

«Bada che ti mangio» va sottoposto ad una energica cura dimagrante. Ha tutta la materia e là qualità di uno spettacolo di classe europea. Michele Galdieri, Totò e Remigio Paone avranno certamente capito dove bisogna lavorar di forbici. Se ne gioverà anche la amenissima comicità di Totò, che potrà avere più spicco se gli sketchs saranno piu brevi. Bisogna elogiare senza riserve la parte coreografica, le scene, e i costumi, le ballerine soliste Floria Torrigiani, Leighth Williams, Ginger Stuart, Franchina Cerchiai, la Barzizza per gli schietti accenti da attrice che ha trovato nella scena del tabarin esistenzialista, Adriana Serra per il colore delia recitazione, Elena Giustl per la sottile grazia del canto, della danza, degli abiti.

Il Riva per la sua animosa resistenza, Charlie Beal per le sue virtù di pianista. Snelliti i quadri ed epurati il dialogo e la scena di qualche effetto di umorismo troppo scatologico — i vasi da notte e i W. C., tanto per chiamare le cose con il loro nome, visto che, in un anno di repliche, dovrebbero far la delizia di almeno 400.000 spettatori — lo spettacolo filerà ogni sera al successo.

O.V. (Orio Vergani), «Corriere dell'Informazione», 5 marzo 1949


Corriere dell Informazione
O.V. (Orio Vergani), «Corriere dell'Informazione», 5 marzo 1949