Yvonne la nuit
Io di nome mi chiamo don Ciccio e mi firmo don Ciccio Salciccio; in ovunque m’impaccio e m’impiccio, dove vado vi faccio un pasticcio, e così per un puro capriccio don Ciccio Salciccio mi sento chiamar.
Nino
Inizio riprese: estate 1949, Cinecittà Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 19 novembre 1949 - Incasso Lire 236.400.000 - Spettatori 2.462.500
Titolo originaleYvonne la nuit
Paese Italia - Anno 1949 - Durata 85 min - B/N - Audio sonoro - Genere Drammatico - Regia Giuseppe Amato - Soggetto Fabrizio Sarazani - Sceneggiatura Fabrizio Sarazani, Oreste Biancoli, Giuseppe Amato - Produttore Rizzoli-Amato, Roma - Fotografia Mario Craveri - Montaggio Maria Rosada - Musiche Pasquale Frustaci - Scenografia Gastone Medin - Costumi Mario Vigolo, Lemi e De Luca
Totò: Nino, il fantasista - Olga Villi: Nerina Comi, in arte Yvonne la Nuit - Frank Latimore: il tenete Carlo Rutelli - Giulio Stival: il conte Rutelli, suo padre - Eduardo De Filippo: l'avvocato Rubini - Gino Cervi: il colonnello Baretti - Arnoldo Foà: il senatore - John Strange: il maggiore Tremiti - Ave Ninchi: sora Rudegarda - Paola Veneroni: Rosetta - Mario Riva: il ragazzo delle sigarette - Angela Zanon: Menica, la cameriera - Leopoldo Valentini: il maggiordomo - Aristide Garbini: sor Filippo - Agnese Dubbini: la spettatrice che ride - Giovanni Lovatelli: un ufficiale - Gaio Visconti: un ufficiale - Arturo Dominici: un ufficiale - Franco Tallarico: un ufficiale - Desiderio Nobile: un ufficiale - Cesare Fasulo: un ufficiale - Enzo Cannavale: il cameriere
Soggetto
Il macchiettista Nino, segretamente innamorato della sciantosa Yvonne la Nuit, assiste alla nascita dell'amore tra lei e il conte Carlo Rutelli. L'unione è contrastata dal severo padre di lui, che lo crede irretito da un'avventuriera. Quando l'Italia entra nella Grande Guerra, Carlo deve partire per il fronte proprio mentre Yvonne è in attesa di un figlio: ingenuamente, il giovane affida la sorte dei suoi cari al padre, che rapisce il neonato, facendolo credere morto alla madre. Il destino si accanisce su Yvonne perché Carlo è ucciso in battaglia. Successivamente alla doppia perdita, la donna va incontro a un declino che coinvolge anche la sua carriera artistica. Infatti si riduce a essere un'artista ambulante, al fianco del devoto amico Nino. Un giorno riceve la chiamata di un avvocato (Eduardo De Filippo), che le comunica la morte del suocero e la verità sul figlio avuto da Carlo, figlio che ovviamente è vivo e vegeto. La donna decide di non incontrare e di non fare avere notizie di sé al figlio, perché pensa sia meglio che il ragazzo mantenga in mente l'immagine di lei all'epoca del suo splendore, piuttosto che veda come si sia ridotta.
Critica e curiosità
Questo film costituisce la prima prova da attore drammatico per Totò, e s'inserisce nel filone del melodramma strappalacrime, allora all'apice del successo tra il pubblico italiano. Fu realizzato negli stabilimenti di Cinecittà.
La pellicola non ottenne il riscontro di pubblico sperato: incassò 236.350.000 lire dell'epoca, introito molto deludente a confronto sia con pellicole analoghe uscite nello stesso periodo (Catene di Raffaello Matarazzo, uscito appena un mese prima, fu il campione d'incasso di quell'annata) sia con le altre pellicole di Totò di genere comico-brillante (Fifa e arena e Totò al giro d'Italia erano stati i due maggiori incassi della stagione precedente), segno che il pubblico non apprezzò questa improvvisa svolta seriosa del Principe della risata (che non volle essere pagato anche se in seguito accettò un orologio d'oro da parte di Giuseppe Amato) che infatti, a seguito di questo film, si cimentò in pellicole d'impronta drammatica soltanto in poche altre occasioni.
Così la stampa dell'epoca
L'anno seguente Totò evita di incappare in un filmetto «alimentare» prodotto da Dino De Laurentiis e diretto da Mattoli. Si tratta di Adamo ed Eva, che Totò doveva interpretare accanto all'astro nascente Silvana Mangano. L'attrice però, sul set di Il lupo della Sila, si innamora di De Laurentiis, lo sposa e si scopre in stato interessante. Totò ne approfitta per dire anche lui addio al film, costringendo Mattoli ad affidare i ruoli alla Barzizza e a Macario.
Alberto Anile
In «Yvonne la nuit» di Giuseppe Amato, soggetto di Fabrizio Sarasani, che si svolse negli anni felici precedenti la prima guerra mondiale, rivive quel caratteristico ambiente del teatro di varietà e insieme il piccolo mondo di un reggimento di cavalleria. [...] L’interesse della prima parte è dato dalla rievocazione del tempi, del luoghi, delle fogge: nella seconda dalla decadenza di Yvonne che Olga Villi, com’è stata prima brillante e innamorata, rende con dolorosa e umana verità. L’ufficialetto è Frank Latimore. Il burbero e indulgente colonnello del reggimento Gino Cervi, il padre lontano Giulio Stival in una parte di avvocato figura Eduardo De Filippo. Quanto a Totò, che è il fedele compagno di Yvonne, non compone soltanto un tipo comico; sa essere, pur sempre alla sua maniera, sentimentale e alla fine cerca, nella figura e nell'azione, di raggiungere note di rassegnata e umile bontà.
«Corriere della Sera» 30 novembre 1949
Yvonne la nuit è la biografia di una celeberrima « sciantosa»: bella e trionfante nel 1914, decrepita oggi, povero rottame alla deriva. [...] Tocchi gustosi, particolari azzeccati non mancano; ma non sono molti; e senza proprio voler offendere nessuno degli amici che hanno collaborato al film, mi pare che questa Yvonne sia un po' raccontata (e me lo perdonino) con la tecnica dei racconti a fumetti. Ci si sorprende di dover ascoltare questi dialoghi dagli altoparlanti, e di non vederli sbocciare, a palloncino, dalle labbra, di Olga Villi, o Totò, o degli altri attori. Fra i quali la sola Villi ha qualche istante efficace, soprattutto nell'ultima parte, e quando l'auto-doppiaggio, con le sue manchevolezze, glielo consente...
m.g. (Mario Gromo), «La Stampa» del 30 novembre 1949
[...] Tratto da un indovinato soggetto di Fabrizio Sarazani, il film è diretto con piacevole garbo da G. Amato e ricrea con delizioso sapore l'atmosfera e il clima di quegli anni ormai così lontani. Olga Villi è una protagonista piena di grazia, vivacità e accorata umanità, assecondata brillantemente da Totò più che mai divertente assieme a Gino Cervi, Frank Latimore e E. De Filippo. Insieme a Yvonne la Nuit viene proiettato un cortometraggio sulla vita di un giornale girato interamente nei nostri stabilimenti. Esso illustra in modo molto chiaro, se pur sintetico, come si svolge il lavoro in un grande quotidiana dal momento che le notizie passano In tipografia fino a quello in cui il giornale completo esce ancora umido d’inchiostro dalle grandi rotative.
Vice, «Il Messaggero» 4 dicembre 1949
Il produttore Giuseppe Amato non è nuovo alla regia: l'aveva tentata alcuni anni fa e forse c'è ancora chi ricorda le desolanti realizzazioni del tipo «Ma l'amor mio non muore». Per alcuni, però, le esperienze negative non servono e cosi il ritorno di Amato alla regia con questa Yvonne notturna non segna alcuna novità a suo favore. [...] Data la trama nulla ci sarebbe ancora da aggiungere salvo che una dovuta giustificazione per i poveri interpreti. Olga Villi nulla può contro il personaggio di Yvonne, cosi Frank Latimore nei riguardi di quello di Carlo; Gino Cervi è il maggiore dei lancieri che parla piemontese e dice «cribbio». Eduardo De Filippo è l'avvocato che annuncia a Yvonne l'esistenza ignorata di suo figlio. In ultimo c'è Totò che pur recitando per G. Amato e i suoi collaboratori, non manca di parteggiare amabilmente col pubblico e di sfottere quindi allegramente le idee e i personaggi che gli sono accanto sullo schermo.
Vice, «L'Unità», 6 dicembre 1949
Tutt'altro metro batte Yvonne La Nuit, per quanto anche qui troppi sono gli attori presi in prestito dal teatro. Vi appaiano infatti Eduardo De Filippo, Gino Cervi, Giulio Stival, Totò e Olga Villi, oltre a Frank Latimore. il genere patetico sentimentale di questo film anti verista che fa rimbalzare sullo schermo l'ambiente sempliciotto e piccolo borghese dell'Ottocento, si addice però a costoro. Così, in definitiva, il Cervi se la cava brillantemente nei panni di un colonnello di Cavalleria, Eduardo De Filippo rende da parte di un serio e distinto avvocato con la stessa efficacia con la quale interpreta il filosofo nella commedia di “A che servono questi quattrini”, Totò e lo Stival non sono da meno.
E’ Olga Villi, comunque, a tenere su di corda tutto il complesso. Essa si muove con garbo in un ambiente prima brillante e poi fortemente drammatico e dimostra di valere molto di più di quanto l'abbia fatta rendere la regia di Amato. [...] Romanticismo eroico, ben reso dalla Villi e dal Latimore.
«Cine Sport», 10 dicembre 1949
Nel centro di questa oleografia spicca la figura di Yvonne la nuit fatale «vamp» dell'epoca inesorabile calamita per i commendatori e per i tenenti in servizio permanente effettivo. [...] Vicenda patetica, idilliaca, raccontata con stile elementare ed immediato. Yvonne è Olga villi: elegantissima nel primo tempo: stracciona e sdentata nel secondo. Nel complesso però fresca e gentile L'ufficiale è l’americano Frank Latimore: freddino e compassato, Nino è Totò, amaramente grottesco.
«Il Lavoro», 11 dicembre 1949
E' imminente la programmazione del film «Yvonne La Nuit». Quest’opera, realizzata su soggetto di Fabrizio Sarazani, dalla regia di Giuseppe Amato e dalla interpretazione di Totò, Olga Villi, Frank Latimore, Eduardo de Filippo e Gino Cervi, fa rivivere un particolare periodo della storta e del costume italiani: gli anni felici e crepuscolari immediatamente precedenti la prima guerra mondiale. [...]
«Il Piccolo di Trieste», 20 dicembre 1949
TV: Totò nel varietà
Nel film Yvonne la nuit sono con lui, tra gli altri, Gino Cervi, Eduardo De Filippo e Arnoldo Foà. Il "principe clown" in un personaggio serio
Prosegue questa sera sul secondo il ciclo dedicato a Totò principe clown con Yvonne la nuit, diretto nel 1949 dal produttore-regista napoletano Giuseppe Amato. Il film, destinato a rimanere uno dei vari impegni di Totò in un personaggio serio, in una storia dal connotati realistici, è interessante anche per l’abile ricostruzione dell'atmosfera del caffè-concerto. Assieme a Totò sono Olga Villi, Frank Latimore, Gino Cervi, Eduardo De Filippo e Arnoldo Foà. [...]
«La Stampa», 11 aprile 1973
Ieri, Totò sentimentale in Yvonne la nuit (1949) di Giuseppe Amato. La tv ha fatto bene a includere questo film nella rassegna di Totò quantunque, in sé, valga assai poco. Il nome di Amato è conosciuto quasi esclusivamente come produttore: ha sulla coscienza, è vero, il primo «Don Camillo», ma ha anche dato i quattrini per «Umberto D» di De Sica, opera che vent'anni or sono per la sua amarezza e il suo coraggio risultò estremamente sgradita a certi governanti. Come regista Amato ha del mestiere, ma è corrivo. Questa Yvonne la nuit è una pellicola d'un pateticume insopportabile. La vicenda attinge a piene mani, diremmo sfacciatamente, dal repertorio più logoro del feuilleton [...]
Ma che c'entra Totò con questa storia incredibile'? Appunto. Qui sta l'interesse del film. E' la prima volta che un regista e produttore ha pensato a lui non soltanto come al comico irresistibile per mimica, battutine e lazzi, ma anche all'attore «serio» che sa inserirsi in un contesto non farsesco. Protagonista assoluta di Yvonne la nuit è Olga Villi, allora lanciatissima nella prosa (era reduce da «Il corvo» di Gozzi Strehler e s'apprestava a cimentarsi, con grande successo, in una serie di commedie brillanti, da Shaw a Testoni, e ad affrontare poi, egualmente con ottimo esito, De Musset de «I capricci di Marianna» ed Anderson di «Tè e simpatia»). In cinema la Villi non ebbe la stessa fortuna: in Yvonne la nuit è avvenente ma convenzionale e le sue successive interpretazioni non saranno migliori: bisognerà arrivare al 1966, cioè all'eccellente caratterizzazione della contegnosa (ma non del tutto virtuosa) dama di provincia in «Signore e signori» di Germi. Quindi il film è impostato sulla Villi. Totò ha un ruolo importante, ma di fianco: è il suo compagno d'arte, che naturalmente l'ha sempre adorata in silenzio, e che fedele più di un can barbone la segue in povertà e decadenza. Che dire? In Amato c'è stata l'intuizione che da Totò si poteva cavare ben più che dei lazzi esilaranti: ma non ha saputo sfruttarlo in questa direzione causa la modestia del film e l'inconsistenza del personaggio che non va oltre la macchietta grottesco-lacrimosa.
Totò ce la mette tutta, ma è chiaro, specie nella seconda parte e nel deplorevole finale, che non sa come comportarsi. Dove appare a suo agio è quando il film con una rievocazione abbastanza azzeccata del caffè-concerto gli permette di essere il Totò da rivista e da palcoscenico e di esibirsi nei suoi numeri di straordinario fantasista. Ma il Totò «serio» non era venuto fuori. Sarebbe stato necessario attendere cinque anni: nel 1954 Rossellini l'avrebbe usato molto bene quale «attore» in «Dov'è la libertà». film sottovalutato, poco noto e purtroppo non incluso nella rassegna.
«La Stampa», 12 aprile 1973
I documenti
Il bel Ciccillo, scketch di Gustavo De Marco (sotto). Un'ulteriore conferma che la maschera cinematografica funziona grazie alla maschera teatrale di Totò.
Il personaggio interpretato da Totò, il fantasista Nino, è marginale alla storia del film.
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Ibrido, non riuscito. La pellicola dura un’ora e mezza, ma la vicenda ballonzola in modo irregolare, qua con lungaggini canore, là con scorciatoie brusche. Regìa un po’ statica. Questa vicenda amorosa, poi sfociante nel drammatico, non riesce a conquistare. Totò in secondo piano, grande con “Ciccillo”. La Villi si impegna, ma ci si ricorda di più di Gino Cervi, colonnello un po’ bonario, un po’ severo. Trascurabile.in secondo piano, grande con “Ciccillo”. La Villi si impegna, ma ci si ricorda di più di Gino Cervi, colonnello un po’ bonario, un po’ severo. Trascurabile.
- Totò presenzia "a margine" in una pellicola dai risvolti amorosi a tratti smorzati da languide canzonette. La scenografia teatrale tradisce un ritmo narrativo di tipo "statico", con la M.d.P. sovente inchiodata di fronte ad attori agghindati in maniera retorica. Nulla può un cast discreto (De Filippo, Cervi, Foà, la Ninchi) di fronte alla vacuità di un soggetto strattonato a forza verso i 90 minuti del lungometraggio. Noioso e immobile, come cristallizzato in una dimensione spazio-temporale altamente pendente.
- Il difetto di questo film è il non saper prendere una strada decisa: c'è una prima parte sentimentale (la meno entusiasmante) e la seconda drammatica su un'artista ormai finita e invecchiata (la migliore e più realistica). Nel complesso si fa guardare senza stancare, soprattutto grazie al folto cast con una brava Villi, un Totò che riesce a tratteggiare bene il suo primo personaggio drammatico (e che regala un bel numero comico iniziale) e Cervi e Eduardo di contorno. Un po' di compattezza in più avrebbe raccontato un'epoca. Peccato.
- Sul palco tutta la spensieratezza e l'eleganza dei cappelli piumati della belle époque, nella vita tutto il melodramma di amori incompresi, amori contrastati, divisioni sociali, fino alla grande guerra come spartiacque tra uno stile di vita e l'altro. La maschera più convincente è senz'altro quella di Totò: prima con il suo Bel Ciccillo, pezzo da antologia, poi con la raffinata eleganza del nobile (l'ordinazione al ristorante), fino alla dedizione totale verso la dimenticata Yvonne. Pesante e retorica la storia d'amore della protagonista.
- Sebbene i nomi coinvolti siano altisonanti, Yvonne La Nuit non riesce a rendere come dovrebbe e manca di quella zampata necessaria per compiere il salto definitivo. La regia appare troppo statica e scolastica e non riesce a trasmettere a dovere tutta l’amarezza di una storia assai triste. Il migliore è Totò, anche se lo spazio che gli viene concesso è poco; altri, come Eduardo De Filippo, non hanno il tempo di lasciare il segno. Nel complesso mediocre.
- Il travolgente numero mimico del “Bel Ciccillo” con Totò scatenato burattino e la squisita rappresentazione dell’atmosfera leggera e spensierata della Belle Epoque; queste sono le perle di Yvonne la nuit, film del produttore tutto fare e qui anche regista Giuseppe Amato, una pellicola senza infamia e senza lode, un melodramma deamicisiano alla Matarazzo, pilotato con mano greve ma sicura e senza calcare troppo sul pedale pietismo, verso un finale “aperto”. Un Totò inedito alle prese con un personaggio malinconico e crepuscolare. Reperto archeologico.
- Con un cast che conta Totò, Eduardo e Gino Cervi ci si attenderebbe un film di ben altra qualità. E dire che il Principe ebbe grande riguardo per questa pellicola, la sua prima (ma non ultima) incursione nel cinema drammatico e, oserei dire, in questo caso, melodrammatico. La trama è noiosa, non regala particolari guizzi o momenti memorabili. L'unico motivo per cui vale la pena vedere il lavoro di Amato, è la riproposizione della macchietta del Bel Ciccillo. Ma stavolta nemmeno Totò salva il film dalla mediocrità.MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il bel Ciccillo.
Le incongruenze
- Sorseggiando un bicchiere di Porto il padre del tenente Carlo Rutelli sentezia: "Buono questo Porto, eppure detesto i vini spagnoli". Il Porto è, però, un vino portoghese.
www.bloopers.it
Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo |
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La caserma dove lavorano il colonnello Baretti (Cervi) e il tenente Carlo Rutelli (Latimore), l’ufficiale di cavalleria che si innamorerà della cantante “Yvonne la Nuit” (Villi), è la Caserma Camillo Sabatini, sede del Comando Militare Lancieri di Montebello e situata in Via Flaminia 826 a Roma. | |
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Ecco uno scorcio del cortile |
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Il palazzo dove abita il tenente Carlo Rutelli (Latimore) è Palazzo Zuccari, situato in Via Sistina a Roma | |
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L’ippodromo dove Carlo Rutelli (Latimore) va ad assistere alla corsa di un suo cavallo è l’Ippodromo delle Capannelle, situato in Via Appia Nuova 1255 a Roma. Si riconosce la tribuna da questa foto d'epoca. | |
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La trattoria di Trastevere dove si esibiscono “Yvonne la Nuit” (Villi) e Nino (Totò) e nella quale saranno raggiunti dall’avvocato Rubini (De Filippo) è il Ristorante Galeassi, situato in Piazza di Santa Maria in Trastevere 3 a Roma. Nella visuale laterale verso sinistra si vedono la fontana posta al centro della piazza e la basilica che vi si affaccia. | |
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Il palazzo dove ha l’ufficio l’avvocato Rubini (De Filippo) e dove questi svelerà a “Yvonne la Nuit” (Villi) la verità sulla sorte del figlio è il già visto in altri film Palazzo Clementi di Via Cavalletti, 2 a Roma. | |
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La casa al mare (A) dove il tenente Carlo Rutelli (Latimore) e Nerina Comi (Villi), la cantante conosciuta con il nome d’arte “Yvonne la Nuit”, trascorrono una breve vacanza nella finzione si trova nella località ligure di Bergeggi, nella realtà presso il porticciolo di Marina della Lobra a Massa Lubrense (NA) | |
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Qui un altro scorcio del palazzo come conferma della location. |
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Totò-rivista: nozze d'argento
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998