Tuttototò - Totò yè yè
Scheda del film
Regia: Daniele D'Anza - Soggetto: Bruno Corbucci, Mario Amendola - Sceneggiatura: Bruno Corbucci, Mario Amendola - Fotografia: Marco Scarpelli - Scenografia: Giorgio Aragno - Musica: Gianni Ferrio - Montaggio: Sergio Muzzi - Assistente alla regia: Simone Mattioli - Produzione: Aldo Pace per la BL Vision, Roma Prima trasmissione Rai Programma nazionale,annunciata il 29 giugno 1967 Durata: 50 minuti
Interpreti e personaggi: Totò (Il musicista) - Mario Castellani (il suo socio) - Gianni Agus (il commissario) - Piero Gerlini (il poliziotto) - Marisa Merlini (Monica) - Didi Perego (la ganzina) - Ferruccio Amendola (il proprietario del locale) - Gianni Bonagura (Paolo il poeta) - Corrado Olmi (il proprietario del negozio di abbigliamento) - Altri interpreti : Mina, Patty Pravo, Tony Renis, Ricky Shayne, Irene Gates, I Nomadi, Tony Renis, Leo Chamberlain, Remo Germani, Carla Macelloni, The Renegades, Solidea
Soggetto, Critica & Curiosità
Special televisivo cui partecipano vari cantanti in cui Totò fa la parodia dei capelloni e riprende con Castellani il numero del contrabbasso. Il programma fu annunciato per il 29 giugno del 1967 ma non andò mai in onda, nonostante fosse stato programmato, ed è reperibile oggi in modo frammentario solo in videocassetta con la durata di 16' e 6". Può essere considerato un coacervo di scenette che recuperano precedenti testi teatrali e film, qui mescolati in un frullatore che doveva tenere ben presenti il linguaggio televisivo e il destinatario di riferimento, ormai abituato alla presenza serale delle varie Mina, Tony Renis, Patty Pravo e via enumerando. Sostanzialmente, il filmato si struttura in tre sketch ambientati al Piper, in un supermermarket e in un commissariato. La formula in fondo era semplice: infilare il prototipo Totò con bombetta, frac e pantaloni a zompafossi in un qualunque canovaccio che strizzasse l'occhio alle mode dilaganti, dai capelloni, ai balli scatenati, al Piper club, alle polemiche sui matusa, ai conflitti generazionali, alla rivoluzione dei costumi che sarebbe esplosa più seriamente di lì a qualche mese e che peraltro Totò non ebbe la ventura di conoscere. Gli autori — nella loro smania di ridicolizzare Totò mettendolo a contatto, con bombetta e frac, col mondo moderno — non solo gli fanno crescere i capelli e gli fanno ballare il twist e i cosiddetti balli yè yè, da cui il titolo, ma arrivano perfino a fargli guidare un go-kart. In questo minestrone televisivo freddo e con poco sale, nel quale non si riesce a percepire la presenza di un regista, ma che rimanda vagamente alla formula tanto cara a Mattoli usata ne I pompieri di Viggiù, Totò recita senza sforzo e forse senza convinzione, attingendo al suo vecchio repatorio. Vediamo così riprodotta fino al plagio la scenetta in cui fa accomodare un giovane poeta contestatore-futurista e gli sputa in un occhio, che deriva dalla stessa scena di Totò a colori e L'imperatore di Capri, dove la vittima era un pittore picassiano, evidentemente colpito con spirito vendicativo e in difesa della vera arte. Troviamo poi il duo di musicisti sgangherati che suonano il contrabbasso in chiave squisitamente clownesca, ripreso da Totò di notte n.1 e Totò sexy, e ancora la scenetta in cui il commissari (Gianni Agus) e Totò disquisiscono sul dilagare dei cosiddetti capelloni, con lattore napoletano che ripetutamente, con le forbici in mano, vuole tagliarsi una ciocca di capelli per regalarla al commissario, evidente recupero da Il mostro della domenica. Vediamo anche una situazione che fa riferimento a Rita, la figlia americana: Totò in veste di musicista-capellone. Da ultimo, viene riciclata dallattore la battuta geniale, ripresa da Totò, Peppino e... la malafemmina, «Quando cè la nebbia non si vede». Siamo, insomma, di fronte a un'antologia che riproduce vecchi sketch rielaborati in sintonia con i tempi e con il linguaggio televisivo, dove la recitazione di Totò — sia pure sempre gradevole e ancora capace di suscitare effetti comici — risulta ripiegata sullo stereotipo collaudato e auspicato dal pubblico meno esigente.
Video e rassegna stampa
Alle 21, sul Primo, Totò yé-yé minaccia di dare il colpo di grazia allo scomparso comico che vedremo al « Piper » con parrucca da capellone ed abbigliamento « beat ». Si tratta del penultimo dei nove telefilm realizzati poco prima della morte dell'attore e che paiono volerne ad ogni costo demolire la fama. Difficilmente, crediamo, la riedizione, in coppia con la spalla Mario Castellani, del celebre numero del contrabbasso basterà a salvare lo spettacolo. Ed è con molta pena che si avanza questa previsione, ma Daniele D'Anza, Corbucci, Amendola e tutti gli altri ci hanno costretti a vedere cose tali che il pessimismo è più che giustificato.
Intorno a Totó si avvicenderanno complessi, complessini e personaggi della capelloneria romana che ha la sua Sorbona in via Tagliamento. Al cantato-recitato partecipa poi un gruppo di attori e cantanti autentici, tra i quali Gianni Agus, Didi Perego, Mina, Tony Renis, Gianni Bonagura, Ricky Shaynes ed Irene Gaber.
d.g., «Stampa Sera», 29 giugno 1967
La serata del dì di festa è dedicata alla mimica e alla recitazione inimitabile di Totò, un Totò capellone, che parla il gergo dei sedicenni del «Piper» e balla lo shake, attorniato da complessini beat, in una festa «yè yè» che tanto poco si addice al temperamento e alla figura dell'attore, ma che appunto per questo fa ridere a crepapelle. La serie di show volge al termine. Godiamo ancora qualche immagine inedita del grande comico prima di inserire anche lui. con tanta amarezza, nell'agenda folta dei ricordi.
«Il Messaggero», 29 giugno 1967
«L'Unità», 29 giugno 1967
Stasera sul canale nazionale alle 21 ricompare la serie «Tutto Totò», fonte di gravi e gravissime delusioni: la puntata è intitolata «Totò yé yé» e mostrerà — speriamo vivamente in forma accettabile — il popolare e compianto comico alle prese col mondo della musica e dei balli «beat».
Ugo Buzzolan, «La Stampa», 29 giugno 1967
De Curtis fra i beat
Poco più di un chilometro, e quasi tutto in linea retta, separava a Roma la casa di Totò in via Monte Parioli dal «Piper» in via Tagliamento. Ma Totò non lo percorse mai, non penetrò mai nel Tempio-beat, nemmeno spinto da quella curiosila che induceva a farlo tanti suoi colleghi quasi coetanei. Preferiva trascorrere le sue serate in casa, prima davanti al televisore, poi facendosi leggere la posta del mattino da Franca Faldini, infine, quando lei gli aveva dato la buonanotte, girando per le stanze silenziose fino all'alba. Qualche volta, buttava giù qualche verso di una poesia sul tipo de 'A livella, o per un testo di canzoni, sul tipo di Malafemmena.
Uomo, poeta, paroliere, attore d'altri tempi, Totò entrò al «Piper» solo per dovere professionale, quando doveva girarvi il telefilm che vedremo stasera, Totò yé yé. Portava la bombetta e il tight troppo largo con la dignità consumata del signore napoletano che veste a Londra, e non ci fu piperino, fra i tanti veri e falsi che affollavano il locale, che non rimanesse un tantino intimidito da quella presenza insieme così sciolta e così imperturbabile, come Sganarello dinanzi al Convitato di Pietra. Soltanto uno, accennando a quei pantaloni a saltafosso sulle calze colorate, chiese in giro: «ma cos’é, un bermuda?», e fu subito zittito dai compagni. Ma Totò si volse al regista D'Anza e a Corbucci autore del testo: «Mi pare buona come battuta — disse — io la inserirei nel copione». Poi si ricompose sulla poltrona, e vi rimase immobile fino al momento in cui il regista comandò l'azione. Allora, istantaneamente, si scatenò nello shake.
Colti di sorpresa, i piperini attaccarono un momento dopo. Daniele D'Anza, l'unica «voce» tra i registi italiani in grado di sopraffare il fracasso beat del «Piper», urlò che bisognava cominciare daccapo. Ma la colpa, come s’è visto, non era di Totò. Quest'aneddoto di lavorazione era da raccontare, perché dimostra due cose. Primo, la facoltà di Totò nel trasformarsi di colpo da uomo in personaggio, da prìncipe in clown. Secondo, la chiave comica alla quale si affida, in particolare, l'intero show di stasera. Totò che balla lo shake, Totò che calza la parrucca dei capelloni, Totò che baratta il suo tight con un inverosimile campionario da «Piper market» e il suo tradizionale intercalare con i neologismi-beat, non fa tanto ridere per se stesso, dato che di uomini attempati che danno spettacolo di sé più o meno a questo modo ce ne sono tanti, in una provvisoria e patetica illusione di ringiovanire; ma fa ridere proprio perché è lui, Totò, Antonio de Curtis, l'artista e l'uomo che tutti conoscevano schivo e alieno da questo genere di follie, capitato in un mondo a lui del tutto estraneo.
Con Totò ciak e Totò a Napoli, Totò yé yé è uno dei tre telefilm, fra i nove complessivi della serie che volge si termine, ideati e girati espressamente per il video, e che segnano dunque l'effettivo debutto di Totò-showman. Articolato come una vera e propria rivistina televisiva. Totò yé yé si vale perciò anche della partecipazione degli idoli beat, cantanti e complessi.
f. r., «Radiocorriere TV», 29 giugno 1967
Totò soppresso
Povero Totò, ricorderemo amaramente la sua avventura televisiva. Uno dei più brutti varietà comparsi sul video in questi ultimi tempi è stato «Totò a Napoli», un tale obbrobrio per cui ci meravigliamo che la città partenopea non sia insorta in massa gridando allo scandalo. Ieri lo sfortunato Totò è stato addirittura soppresso. Il suo ciclo ha subito l'onta prima della retrocessione e poi dell'espulsione come se fosse un documentario di scarto o un telefilm americano tappabuchi. E dire che il programma ufficiale lo metteva in testa, alle 21 sul canale nazionale, indicandolo quale pezzo forte della serata
In verità le ragioni e le circostanze della soppressione non sono molto chiare. Dopo il telegiornale e «Carosello» è stata inserita un'intervista rilasciata dal presidente del Consiglio Moro al corrispondente tv di Londra. Terminata l'intervista, l'annunciatrice ha comunicato che avremmo visto subito la rubrica «Vivere insieme» e in coda «Tutto Totò». Ma alla fine di «Vivere insieme» (mancavano circa dieci minuti alle 23), l'annunciatrice avvertiva che causa il protrarsi dei programmi, «Tutto Totò» era eliminato a data da destinarsi.
Francamente, nonostante il modesto livello del ciclo, era assai megli mantenere Totò ed espellere «Vivere insieme». Col caldo e in una sera di festa, era in ogni caso preferibile vedere il comico napoletano anzichè una commedia-dibattito nella quale, in termini fortemente didascalici, si dibatteva il delicato problema dei rapporti tra insegnanti e genitori addiritturadi allievi.
A meno che - ipotesi non da trascurare - la puntata di Totò fosse così scarsa e mal riuscita che alla TV non è sembrato vero poterla togliere di mezzo. Da rilevare che prima del telegiornale della notte è avanzato tanto spazio da rendere necessaria la proiezione di un racconto sceneggiato qualsiasi.
Ugo Buzzolan, «La Stampa», 30 giugno 1967
La serie di telefilm interpretati da Totò, di cui siamo purtroppo quasi al termine, dimostra senza possibilità di valide smentite, quale ottimo strumento possa essere il telefilm «all'italiana» costruito in studio o in particolari tipi di «esterni» e centrato sulle doti mimiche o genericamente interpretative di questo o quell’attore. Certo con le difficoltà si sono ridotte ai minimi termini, poiché la sua è una comicità fatta di piccole cose, di sberleffi, di ammiccamenti, di smorfie, di strani passi e ancheggiamenti. Ma Manfredi, Macario, o forse anche Sordi e Gassman ben potrebbero cimentarsi in storielle brevi, congegnate con arguzia e realizzate con non eccessivo dispendio di danaro e di mezzi tecnici. Daniele Danza è uno dei migliori ma non è il solo regista televisivo in grado di assecondare la mimica di un attore e di modellare sulle sue doti una storia della durata di trenta minuti. E’ un discorso che, a veder nostro, merita di essere approfondito.
Quello di ieri era un Totò tutto particolare: dimostrazione che i grandi comici diventano ancora più grandi quando fanno la caricatura di personaggi che si discostano dalla loro personalità di uomini, perché meglio riescono a metterne in evidenza i tratti ridicoli e a ricavare dalla loro figura motivo di ironia e di satira. Ecco un’altra macchietta che Totò ha lasciato impressa nell’obiettivo e che la sua scomparsa ha trasformato in un prezioso documento d’archivio.
«Il Messaggero», 30 giugno 1967
Riferimenti e bibliografie:
- RaiPlay.it
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- La Stampa
- La Nuova Stampa
- Stampa Sera
- Nuova Stampa Sera
- Il Messaggero
- L'Unità
- Radiocorriere TV