Totò cerca moglie
Vorrei una moglie, possibilmente di prima mano.
Totò
Inizio riprese: gennaio 1950, Stabilimenti Titanus, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 13 marzo 1950 - Incasso lire 296.700.000 - Spettatori 2.852.885
Titolo originale Totò cerca moglie
Paese Italia - Anno 1950 - Durata 76 min- B/N - Audio sonoro - Genere Comico - Regia Carlo Ludovico Bragaglia - Soggetto Vittorio Metz, Age (Agenore Incocci), Furio Scarpelli, Sandro Continenza - Sceneggiatura Vittorio Metz, Age, Furio Scarpelli, Sandro Continenza - Produttore Forum Film, Roma - Fotografia Mario Albertelli - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Amedeo Escobar - Scenografia Alberto Boccianti
Totò: Totò - Mario Castellani: Castelluccio - Aroldo Tieri: Pippo - Ave Ninchi: zia Agata - Elvy Lissiak: Teresa - Anna Maestri: la donna di colore - Luigi Pavese: cavalier Bellavista - Marcella Rovena: la signora Bellavista - Enzo Garinei: Severino Bellavista - Vira Silenti: Matilde Bellavista - Zoe Incrocci: Norina, la cameriera dei Bellavista - Marisa Merlini: Luisa, la modella - Paul Muller: Zeta 15, lo zoppo - Nerio Bernardi: il dentista - Bruno Cantalamessa: cliente del dentista - Giovanna Galletti: l'agente K 8 - Nino Marchesini: l'ambasciatore - Maria Laura Rocca: la moglie dell'ambasciatore - Mario Meniconi: Giuseppe - Annie Sommers: Adelina - Franca Tamantini: l'impiegata dell'agenzia Fido - Vittorio Tosti

Soggetto
1950. La zia Agata, che vive in Australia, ha una pupilla, Adelina, che intende far sposare con suo nipote Totò, per questo in una lettera acclude una fotografia della ragazza. Quando la apre, però, Totò si trova davanti a una sorpresa. La foto è quella di una donna di colore dai capelli crespi. Totò freme e corre a chiedere consiglio all'amico Castelluccio, che gli suggerisce di sposarsi immediatamente, prima dell'arrivo di questa fantomatica Adelina. Totò allora si mette alla ricerca di una moglie.
Critica e curiosità
Totò cerca moglie, ovvero quando il Principe della risata finisce... in cerca di guai, di mogli e – come sempre – di una casa dove poter recitare in pace.
Partiamo subito da un punto fermo (anzi, traballante): Totò cerca moglie nasce come parente stretto, forse addirittura cugino di terzo grado, di quel Totò cerca casa che già aveva deliziato il pubblico con zii ricchi e finti matrimoni. Solo che qui la situazione precipita nell’assurdo, e lo fa con una grazia tutta fumettistica, tra equivoci da operetta e inseguimenti surreali. A dire il vero, le somiglianze tra i due film sono talmente evidenti che Carlo Ponti (produttore del primo) tentò la via legale per proteggere la sua “creatura” da questo “cugino scomodo”. Ma la giustizia, si sa, è cieca… e pure un po’ sorda, e così perse la causa.
In realtà, sotto sotto, dietro la maschera del plagio, si agitava qualcosa di più profondo: l’idea – inquietante e visionaria – di Totò come personaggio da fumetto. Non più solo attore, ma icona disegnata, stile Sor Pampurio o Signor Bonaventura. Un Totò bidimensionale, che entra in scena già caricaturato nei titoli di testa, come accadeva nei giornaletti dell’epoca, dove Totò vestito da frac faceva capriole su vignette da edicola. E da lì in poi, il passo verso una vera e propria Totò-mania era breve, anzi brevissimo: la stampa già fantasticava su improbabili pellicole come Totò sordomuto, Totò e i dischi volanti, o Totò morto di sonno (quest’ultimo forse ispirato da qualche spettatore esausto).
Ed eccoci a Totò cerca moglie, che si distingue per essere uno dei film più frettolosamente girati della storia del cinema italiano: sceneggiatura lampo in dieci giorni, riprese concluse in quattro settimane, e Totò rincorso fra un teatro e l’altro mentre si divideva tra cinema e rivista (Bada che ti mangio, già titolo da Oscar). Il risultato? Una farsa tanto surreale da sembrare un sogno – o forse un incubo – in cui la realtà è optional e l’unica costante è l’assurdo.
Del resto, il film parte in quarta: un prologo in Australia (così, tanto per), uno scultore squattrinato che sbircia la modella dal buco della serratura e corre tra porta e marmo come un ossesso. La battuta è memorabile: «Non basta essere artista. Bisogna anche essere podista». Da lì in poi è un crescendo di nonsense: boomerang animati, ambasciatori azzoppati, agenti segreti con nomi da codice fiscale (Z15, chiaro omaggio/parodia a Documento Z3), e un finale degno di un Escher cinematografico, con Totò che si rifugia… dentro il film stesso. Metacinema, signori, altro che Truffaut!
Lo scheletro narrativo è il solito: scambi d’identità, un’eredità da accalappiare, una zia ricca come la cuoca della mensa vaticana e gelosie da far impallidire Otello. Ma tutto è pretesto, tutto è cornice. Il vero obiettivo è semplice: mostrare Totò, l’Uomo Totò, in una sequenza infinita di sketch teatrali messi in fila come le perle di una collana da rigattiere.
E se le scenografie sembrano uscite da un teatrino di provincia, con interni fissi e movimenti di macchina ridotti al minimo sindacale, ciò che conta è l’energia che sprigiona Totò. È lui il film. Il resto – regia, copione, attori – è solo coreografia di contorno, comparse nel circo del suo genio comico.
Due scene spiccano su tutte. La prima: l’irresistibile incontro-scontro con la famiglia Bellavista, mezzo ciechi e del tutto impazziti, in una danza dell’assurdo tra inchiostro, sigari-salsicce e botte da orbi. La seconda: il duello con il dentista geloso, scena degna di Ridolini, tra salti acrobatici e gag a metà strada tra slapstick e cartone animato. Il tutto condito da una comicità fisica impeccabile, una mimica da chirurgia espressiva, un ritmo comico che sarebbe invidiato anche da Chaplin.
Eppure, sotto la maschera, qualcosa cambia. Totò, che fino a poco tempo prima incarnava il poveraccio, il derelitto, il napoletano archetipico e disperato, qui indossa i panni (polverosi) della piccola borghesia. È scultore, sì, ma sempre squattrinato. È comico, ma si avverte già la tensione verso quel “tipo medio” che prenderà forma piena in Guardie e ladri o Napoli milionaria. Qui Totò è ancora un fumetto vivente, ma a tratti si percepisce il sangue sotto la carta, l’uomo sotto la maschera.
E se la recitazione è teatrale, è anche calibrata, misurata, mai sopra le righe. Totò gioca sul filo del surreale, ma non deraglia mai nel grottesco. Anche nei momenti più assurdi (vedi la scena con il boomerang stregato), riesce a restare credibile. Paradosso vivente, equilibrista del nonsense, Totò non recita: Totò è.
In sintesi, Totò cerca moglie è un film disegnato a mano libera, dove lo stile è assente e l’estetica si nasconde sotto il tappeto. Ma è anche una testimonianza preziosa di un momento cruciale della carriera dell’attore, dove l’uomo si fa maschera e la maschera si fa leggenda. È l’inizio di quella lunga serie di “Totò + qualcosa” che ci avrebbe regalato altri 32 titoli, un campionario infinito di vizi, virtù e vertigini comiche. E se il cinema si ostinava a volerlo trasformare in un fumetto, Totò – con eleganza disarmante – gli rispondeva con l’arma più affilata: la sua irripetibile umanità.
🖼️ 1. La scultura sbafatoria clandestina
Siamo all’inizio del film e già capiamo tutto: Totò è uno scultore dilettante (più dilettante che scultore), squattrinato e ingegnoso, che per non pagare la modella si arrangia spiandola dal buco della serratura. L’alternanza frenetica tra la porta e il blocco di marmo diventa balletto comico, atletico e quasi meccanico: una gag che strizza l’occhio a Buster Keaton, ma che resta assolutamente “totoesca”.
La battuta «La scultura sbafatoria clandestina. Non basta essere artista, bisogna anche essere podista» è già un manifesto poetico: Totò dichiara, con la leggerezza che solo i grandi comici possiedono, il senso della sua arte. Un’arte basata sulla fuga, sullo sforzo fisico, sull’inseguimento continuo di un’idea (o di una modella).
🏛️ 2. Il ricevimento in casa dell’ambasciatore di Papilonia
Qui entriamo in piena farsa diplomatica. Totò è invitato a un ricevimento ufficiale dove riesce a causare un vero e proprio disastro. Il dettaglio dell’“azzoppamento collettivo” è geniale: personaggi che barcollano, inciampano, crollano come birilli in frac. Un caos geometrico, costruito con cura millimetrica, che sembra uscito da un cartone animato di Tex Avery.
Non c’è bisogno di spiegare nulla, perché il corpo di Totò fa tutto da solo: si contorce, si incastra, si lancia in movimenti grotteschi ma fluidi, disegnando nello spazio una danza comica che ha del coreografico. La comicità si fa quasi astratta, ma sempre radicata nel gesto concreto, quotidiano, sbagliato.
🦷 3. Il duello col dentista geloso
Una scena alla Ridolini, puro slapstick con inserti surreali. Totò è costretto a difendersi dagli assalti di un dentista furioso e armato di trapano. Il set si trasforma in un'arena circense: salti all’indietro, sedie che volano, acrobazie da cartoon. La fisicità di Totò raggiunge qui livelli straordinari.
Eppure, ciò che colpisce davvero è l’incredibile controllo comico: Totò non si lascia andare al semplice pasticcio. Ogni gesto ha ritmo, ogni caduta ha direzione. Si ride, ma si resta ammirati: come fa a muoversi così? Non è un attore, è una marionetta senz’anima? No, è il contrario: è un attore che dà un’anima anche alla marionetta.
🎯 4. Il boomerang stregato
La scena del boomerang che si ostina a tornare anche quando è inchiodato al muro è l’apice del nonsense puro. Un oggetto inanimato che si comporta come un personaggio, con testardaggine e intenzione. È una gag surreale che sembra partorita da un autore dadaista in vena di leggerezze.
Il boomerang, assurdo e comico, diventa un po’ il simbolo del film stesso: torna sempre indietro, come Totò, come la trama, come la realtà che cerca invano di scappare dal grottesco. Ogni tentativo di uscire dal ridicolo è destinato a fallire: torna tutto indietro, come un eterno ritorno dell’assurdo.
🎬 5. Il finale metacinematografico
Siamo al culmine del paradosso. Totò e Adelina, inseguiti da mille equivoci e situazioni sempre più improbabili, si rifugiano… in un cinema. E non un cinema qualunque: lì si sta proiettando Totò cerca moglie. Il manifesto del film è esposto nell’atrio. E lei, con la più perfida delle battute finali, dice: «Voglio vedere come va a finire».
Qui il cinema si piega su sé stesso come una pellicola impazzita. Siamo nel metacinema, in un gioco a specchi che avrebbe fatto felice Pirandello, o almeno un Fellini in fase REM. La realtà non esiste più, il film si è divorato da solo. Totò non è più solo un personaggio: è un concetto, un’idea che torna su sé stessa e si osserva.
🕵️♂️ 6. L’intrigo internazionale
Forse il segmento meno riuscito, ma comunque interessante. Totò si ritrova invischiato in un complotto degno di un cinegiornale parodico: c’è una finta moglie inseguita dal fidanzato geloso, una zia ingenua, gente che sviene, un boomerang ribelle… il tutto costruito come un castello di carte pronte a crollare.
Qui Totò sembra cedere un po’ alla macchina farsesca. La sua recitazione, pur impeccabile, risulta meno incisiva: è soffocata dal caos della sceneggiatura. Ma anche questo fa parte della logica del film: la confusione come linguaggio, il grottesco come habitat naturale.
🕶️ 7. La casa dei Bellavista
Una delle sequenze più cult. Totò entra nella casa di una famiglia di quasi ciechi e dà il via a un’escalation di malintesi che culmina con l’inchiostro sul viso dei presenti, scambi di oggetti, risse e caos puro. Il comico napoletano gioca con l’handicap dei personaggi con una leggerezza che oggi definiremmo politicamente scorretta, ma che allora era solo audace intelligenza narrativa.
Eppure, non c’è mai cattiveria: c’è solo l’invenzione continua. Totò confonde i sigari con salsicce, l’oscurità con la cecità, la realtà con la rappresentazione. Una scena che sarebbe potuta essere solo demenziale, e invece diventa quasi poetica nella sua assurdità.
🔍 Considerazioni finali
In Totò cerca moglie il comico non è solo protagonista: è l’intero universo filmico. La sceneggiatura si piega a lui, le scene esistono solo in quanto “contenitori” per i suoi sketch. Eppure, all’interno di questa cornice dichiaratamente artificiale, Totò riesce a scolpire un personaggio credibile, autentico. Un miracolo? No: solo puro talento.
Ogni scena memorabile, anche la più folle, funziona perché c’è lui, Totò, con la sua capacità di trasformare il surreale in quotidiano e viceversa. Si ride, sì, ma si avverte anche una sottile malinconia: quella di un attore intrappolato in un personaggio che rischia di diventare maschera, fumetto, marchio.
E proprio per questo, ogni gesto, ogni battuta, ogni sguardo di Totò in questo film è una piccola rivincita. Un modo per dire: “Io sono ancora vivo. Anche se voi cercate di disegnarmi”.
Così la stampa dell'epoca
🗞️ La critica: fra condiscendenza e puzza sotto il naso
La critica cinematografica italiana del dopoguerra – fresca di neorealismo e ancora ubriaca di Ladri di biciclette – non era affatto tenera con le commedie farsesche, e tantomeno con Totò. Anzi, si può dire che i recensori del tempo considerassero Totò cerca moglie come uno dei tanti film “di consumo”, figli minori e bistrattati dell’industria culturale nazionale.
Le reazioni più comuni? Una miscela di snobismo borghese e fastidio tollerato, come se Totò fosse un parente rumoroso che si invita da solo al pranzo della domenica. Molti critici non sapevano come interpretarlo: lo trovavano irresistibile, sì, ma volgare; intelligente, sì, ma popolare (e per alcuni era già un insulto). Per molti era “l’attore del popolino”, e il popolino, si sa, fa paura alle élite.
Le recensioni dell’epoca usavano formule come:
- “film di puro intrattenimento” (che suonava come “non lo prendete sul serio”),
- “Totò fa il solito Totò” (che oggi sarebbe un complimento, ma allora era un'accusa di monotonia),
- “la trama è inconsistente” (come se la trama fosse mai stata il punto).
Solo pochi – pochissimi – colsero l’intelligenza nascosta dietro la farsa, il controllo comico totale, il gusto per il paradosso. Critici come Gian Luigi Rondi o Guido Aristarco, legati a una visione “impegnata” del cinema, tendevano a ignorare o liquidare il film in poche righe. Un po’ come chi, durante un concerto di jazz, rimane in silenzio imbarazzato perché non capisce dove sta il bello.
🎟️ Il pubblico: entusiasmo, risate e bis di biglietti
Ben diversa la reazione del pubblico, che – a differenza della critica – rideva e capiva benissimo. Totò cerca moglie fu un successo nelle sale di seconda e terza visione, quelle frequentate dai ceti popolari, dai ragazzini in libera uscita e dalle famiglie numerose in cerca di due ore di svago.
I dati precisi d’incasso non sono noti in modo sistematico, ma i numeri dell’epoca parlano chiaro: il film ebbe una distribuzione capillare, soprattutto al Sud e nelle grandi città, e prolungò la sua permanenza nei cinema ben oltre le aspettative dei produttori.
Il pubblico amava Totò nonostante (anzi, proprio per) quella sua capacità di parlare il linguaggio della gente: il corpo che cade, il boomerang testardo, la battuta fulminante, la situazione assurda ma stranamente familiare. L’italiano medio, reduce dalla guerra e impantanato in una ricostruzione ancora incerta, trovava in Totò una boccata d’aria anarchica, una vendetta del povero sul ricco, dell’inetto sull’autorità, del furbo sul sistema.
Non c’era bisogno di spiegazioni sociologiche: Totò faceva ridere, e tanto bastava. La gente usciva dal cinema dicendo “è sempre il solito Totò” con un sorriso complice, opposto al tono acidulo dei critici. Totò non deludeva: confermava. Era una certezza in un mondo che cambiava troppo in fretta.
📽️ I cinema del dopoguerra: la platea come giudice supremo
Nel contesto del 1950, Totò cerca moglie era perfettamente allineato con una fetta del mercato cinematografico che viveva di comicità leggera, sceneggiature agili, produzioni rapide e interpreti amati. Totò era già diventato un brand – anche se nessuno all’epoca usava questa parola.
Il film era pensato proprio per le “terze visioni”: sale economiche, spesso di quartiere, dove il prezzo del biglietto era accessibile e la programmazione popolare. Lì Totò regnava sovrano. E poco importava se i giornali d’élite non lo recensivano con entusiasmo: la vera recensione era fatta di applausi in sala, risate fragorose, battute ripetute all’uscita.
Totò, tra l’altro, sapeva bene a chi si rivolgeva. Aveva scritto lui stesso (con Michele Galdieri) la rivista teatrale Bada che ti mangio, che era una miniera di situazioni comiche poi riutilizzate nei film. E il pubblico teatrale, che era quello popolare e caloroso, si era ormai spostato in massa nelle sale cinematografiche. Lì ritrovava Totò come una vecchia conoscenza, un amico fidato che non ti fa mai mancare la risata.
🎭 Totò e il dilemma della critica: artista o giullare?
Quello che Totò cerca moglie contribuì a cementare fu il grande equivoco culturale che avrebbe accompagnato Totò per decenni: era un artista comico o solo un saltimbanco cinematografico? La risposta era ovvia per chi aveva occhi per vedere, ma la critica ci mise anni a capirlo.
Il problema, in realtà, stava tutto nella confezione: film “leggeri”, trame inconsistenti, registi di seconda fascia, sceneggiature spesso pretestuose. Ma Totò, in mezzo a tutto questo, brillava di una luce propria, come una perla in un calzino. Solo che quella luce – troppo brillante – accecava chi guardava solo con la testa e non con il cuore.
A distanza di tempo, molti critici rivalutarono quei film, riconoscendo l’enorme complessità artistica nascosta sotto la superficie farsesca. Ma nel 1950, purtroppo, il giudizio prevalente era di tipo gerarchico: arte “alta” da una parte, comicità popolare dall’altra. E Totò – come Chaplin, come Keaton, come Fernandel – finì nel limbo degli incompresi.
📚 In conclusione: due pubblici, due mondi
- La critica, legata al neorealismo e alla seriosità postbellica, trattava il film con sufficienza.
- Il pubblico, affamato di risate e di leggerezza, lo accoglieva con entusiasmo.
Totò, intanto, rideva anche di questo. E continuava a fare film con il suo nome nel titolo, incurante delle etichette. Dopo tutto, come disse una volta lui stesso: “Io sono un uomo serio. È il mondo che è comico”.
E per chi volesse spiegato meglio il successo di Totò, diremo subito che i tre film seguenti sono tutti interpretati dal nobile comico: L'imperatore di Capri (117 giorni in Italia), Totò le Moko e Totò cerca moglie. Immediatamente dopo seguono II lupo della Sila, Riso amaro, Adamo ed Eva, Botta e risposta, mentre molto più giù nella graduatoria si trovano È primavera (82 giorni), Le mura di Malapaga (75), Cielo sulla palude (74), Campane a martello (72), Amore (55), Gente così (45). E adesso non fate finta di sorprendervi per il fatto che Totò è costretto a interpretare dieci film l’anno, giacché la colpa è vostra, di voi lettori che andate al cinema.
Italo Dragosei, «Hollywood», 1950
È l’espressione tipica di due aspirazioni diverse e contrastanti. Il pubblico è “Totòmane” perché vuol ridere, divertirsi e non pensare ai guai; i produttori sono “Totòmani” perché vogliono guadagnare tanti denari, per questo, per esempio, molti produttori italiani vanno a vedersi ed a studiarsi Catene [...] Può darsi infatti che dopo la “Totòmania” venga la “Catenomania”.
Roberto Sgroj, «Cine Illustrato», 1950
[...] L'allegra vicenda è piena di spunti farseschi e se non tutti sono stati sfruttati come avrebbero meritato, tutti danno modo a Totò di sfoggiare le sue irresistibili risorse comiche suscitando la più viva ilarità con lazzi verbali e trovate mimiche di gustoso effetto. Carlo Ludovico Bragaglia ha aggrovigliato e sgrovigliato l'ameno intrigo con mano rapida e felice.
Intorno all'inimitabile Totò si muovono con colorita vivacità Marisa Merlini, Ave Ninchl, Vera Silente, Elvy Lissiack, Aroldo Tieri. Luigi Pavese, Mario Castellani.
E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 16 marzo 1950
Abbiamo l'impressione che il fenomeno Totò sia in declino. Tanto è vero che in uno dei cinema in cui ieri è stato proiettato questo film, si trovava largamente posto nella sala. E abbiamo anche ascoltato i commenti di alcuni giovanotti che da principio si sbellicavano dalle risa e poi alla fine, evidentemente delusi, riassumevano le loro impressioni così: Si, lui le trovate le ha, ma gli manca un regista. Negli ultimi quattro film non si tratta che di variazioni attorno alle stese battute.
Siamo dunque ai primi segni di stanchezza del pubblico?
[...] Totò è bravo, ma è sempre Io stesso. Gustosa la Ninchi nella parte della zia a cavallo... in una Australia che sa di dintorni di Roma o giù di lì... Discrete le particine di fianco e, meno male, non abbiamo parolacce e poche frasi a doppio senso.
C. Tr. (Carlo Trabucco) «Il Popolo», 16 marzo 1950
La serie di Totò non è finita. Dopo la casa, il mestiere ed altro ancora, questa volta Totò cerca moglie. In che modo? Con un annuncio sul giornale; naturalmente ne conseguono diecimila equivoci, taluni del quali — nella sua ingenua semplicità — abbastanza gustosi. Siamo sempre sul piano della farsa, della vecchia farsa 1920, per di più, tuttavia qua e là alcune trovate, alcune situazioni paradossali, alcune girandole comiche, rivelano una singolare acutezza e un estro sapido e ridevole molto meno volgare del solito. Fra i molti interpreti primeggia, ovviamente, l'inimitabile Totò, divertenti, però, al suo fianco, anche Ave Ninchi, Marcella Novena, Nerio Bernardi, Tieri e Pavese.
G.L.R. (Gian Luigi Rondi) «Il Tempo», 16 marzo 1950
Un ennesimo «Totò»: e questa volta un «Totò» realizzato quasi per una scommessa per sfruttare, cioè, la scia del successo commerciale ottenuto da un altro film dal titolo molto simile interpretato dai mimo napoletano. Ci dicono che Carlo Ludovico Bragaglia che è l'artefice di questa impresa, abbia girato il tutto in un tempo da record e che sia in piedi una vertenza giudiziaria tra il produttore dell’altro e di questo «Totò».
Comunque stiano le cose dobbiamo riconoscere almeno a giudicare dalle risate che hanno punteggiato la proiezione del film e in qualche momento persino impedito la comprensione delle battute, che la grossa farsa, la quale riporta il cinema comico ai tempi del travolgenti «two reels» di Cretinetti, «funziona». Alcune trovate di sceneggiatura non sono da buttar via e il tutto scorre vertiginosamente fino all' ultima inquadratura per il sollazzo di un pubblico che non guarda troppo per il sottile. Accanto a Totò che mena la danza e ripete i numeri più conosciuti del suo repertorio, sono Marisa Merlini, Elvi Lissiak, Ave Ninchi, Vira Silenti, Aroldo Tieri, Mario Castellani, Luigi Pavese, Paul Muller e molti altri.
Gaetano Carancini, «La Voce Repubblicana», 17 marzo 1950
[...] Questa é la mossa della farsa che ci rappresenta Totò nell'affannosa caccia a un partito e ci narra i suoi sfortunati approcci con questa e con quella, finché la zia arriva che la moglie non é stata ancora trovata e bisogna inventarla il per li togliendo a prestito forzato da un pittore vicino di casa, la sua amante; da cui un iradiddio di imbrogli, una girandola di sorprese e di equivoci nella casa dello scultore ove s'incrociano, s'urtano e si pestano i più strani personaggi: la solita effervescenza di tutte le farse prima di concluderò.
Il film («Totò cerca moglie», di C. L. Bragaglia, che si proietta al Vittoria), con tutte le mende d'un lavoro fatto in furia, tanto per aggiunger voga al fortunato protagonista, è per lunghi tratti assai esilarante e contiene non poche trovate di buona lega, come quella del ricevimento in casa della famiglia Bellavista, dove il folletto della miopia scatena, con logica puntualità, le più amene e feroci complicazioni.
a.r., «La Stampa», 24 marzo 1950
[...] La commedia degenera alla fine in un eccesso farsesco, ma strappa inevitabili frequenti risate. Il gaio congegno, montato da C. L. Bragaglia, ha la sua molla principale in Totò e altre rotelle in Marisa Merlini, Ave Ninchi, Aroldo Tieri, Paul Muller, Mario Castellani.
Arturo Lanocita, «Corriere della Sera», 1 aprile 1950
[...] Le fughe, per i soggettisti, debbono essere ritenute indispensabili per tenere sostenuto il ritmo del film, come mezzo di passaggio da scena a scena (che altrimenti non si saprebbe come farle succedere) e, purtroppo, anche come riempitivo, quando non c'è niente altro da dire. E Totò fugge, poverino, fugge sempre e, fuggendo, si tira dietro, fino al termine —; che per fortuna è fisso — tutta una turba di gente eccitata, insomma, lo spettacolo.
Anche in «Totò cerca moglie» la situazione non è molto cambiata. Solo si nota un certo miglioramento: il rapporto idee buone e originali - riempitivo cresce a favore delle idee e C.L. Bragaglia, che ha diretto, non si può dire che non sia riuscito a divertire il suo pubblico. [...]
«Il Lavoro», 14 aprile 1950
La censura
Duplicato del verbale (datato 13 marzo 1950) della Commissione Revisione Cinematografica datato 27 luglio 1973
(Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema)
I documenti
Ecco un approfondimento dettagliato sulle edizioni home video di Totò cerca moglie, dalla VHS al DVD, con informazioni su anni di uscita, edizioni e contenuti speciali.
📼 Edizioni VHS
1. Fonit Cetra – Anni '80/'90
- Etichetta: Fonit Cetra
- Distribuzione: Italia
- Caratteristiche: Edizione in bianco e nero, audio mono.
- Note: Questa edizione era parte di una collana dedicata ai film di Totò, molto diffusa nelle videoteche italiane negli anni '80 e '90.
💿 Edizioni DVD
1. EBOND / Terminal Video Italia – 7 luglio 2009
- Etichetta: EBOND
- Distribuzione: Terminal Video Italia
- Caratteristiche:
- Formato: Schermo pieno (4:3), PAL
- Audio: Italiano Dolby Digital 5.1 e 1.0
- Sottotitoli: Italiano
- Durata: 1 ora e 14 minuti
- Contenuti speciali: Non specificati.
2. Ripley’s Home Video – 25 settembre 2016
- Etichetta: Ripley’s Home Video
- Distribuzione: Italia
- Caratteristiche:
- Formato: PAL
- Audio: Italiano Dolby Digital 2.0
- Sottotitoli: Italiano
- Contenuti speciali:
- Due brevi filmati della vita privata di Totò, tra cui la presentazione alla stampa della fidanzata Franca Faldini.
3. Ripley’s Home Video – 2023
- Etichetta: Ripley’s Home Video
- Distribuzione: Terminal Video Italia
- Caratteristiche:
- Formato: DVD
- Audio: Italiano
- Sottotitoli: Italiano
- Contenuti speciali:
- Trailer originale
- Cinegiornale: Totò ha pescato una moglie
- Cinegiornale: Totò presenta la fidanzata Franca Faldini
- Biografia di Carlo Ludovico Bragaglia
🧾 Conclusione
Le edizioni home video di Totò cerca moglie hanno permesso di mantenere viva la memoria di questo film nel tempo. Le edizioni DVD, in particolare quelle di Ripley’s Home Video, offrono contenuti speciali che arricchiscono l’esperienza visiva, fornendo approfondimenti sulla vita di Totò e sul contesto storico del film.
Quando con Monicelli abbiamo fatto Totò cerca casa abbiamo trovato la stessa troupe che aveva lavorato ne L'imperatore di Capri di Comencini, entrambi i film erano prodotti da Ponti. Clemente Fracassi, che era il direttore di produzione, ci ha fatto trovare la stessa troupe, e ci ha detto:"A Totò gli dà la spinta, gli dà la carica se dopo ogni inquadrarura c'è l'applauso della troupe che ride". Era ancora legato al fatto teatrale. Erano un pò i primi film di Totò che si facevano, ci siamo trovati di fronte al problema di adattare il mezzo cinematografico a Totò, alla sua comicità. È lì che è nato questo tipo di regia che abbiamo fatto con Monicelli; le facevano già Bragaglia e Mattoli, e poi l'hanno fatta anche altri, più o meno. Quelli che hanno lavorato di più con Totò sapevano che ci si doveva affidare a Totò, si doveva valorizzare Totò, i film erano fatti per Totò. Siamo stati un pò i primi, con Mattoli e Bragaglia, ad adattare il mezzo cinematografico a Totò. Totò cerca casa è nato dai fumetti disegnati da Attalo un noto disegnatore umoristico a cui si è ispirato anche Fellini: La famiglia sfollatini era una famiglia che cercava sempre casa e non riusciva a trovarla scrivemmo il soggetto con vittorio Metz, collaborai anche alla sceneggiatura. Totò cerca casa nacque così da un problema di attualità, ma anche da queste vignette di Attalo. Totò era molto istintivo, conosceva bene il suo personaggio.
Carlo Ludovico Bragaglia
Ho intenzione di offrire al pubblico [...] uno spettacolo allegro, divertente, di una comicità, però, più fine delle precedenti produzioni. [...] C’è sulla piazza gran numero di film che hanno come protagonista Totò; è necessario, a mio modo di vedere, evitare di ripetere i soliti ed ormai vieti motivi comici da troppo tempo sfruttati, che il pubblico ha imparato a riconoscere al primo accenno [...] Totò è attore di grandi risorse, solo in parte valorizzate. Vi è la possibilità di sfruttare nella sua compiutezza l’inesauribile vena del protagonista affidandogli un personaggio che sia più caricatura che macchietta, che tragga sempre l’ispirazione da un fondo umano, vero, piuttosto che dal personaggio stilizzato del comico a tutti i costi.
Carlo Ludovico Bragaglia (“L’Araldo dello Spettacolo”, n. 19, 10 febbraio 1950)
I documenti
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Bruttarello. Serie di scenette disomogeneee, tenuemente incollate l'una all'altra, sul tema dello scambio di persona e dell'equivoco in generale. Ne esce una farsaccia con vari momenti pessimi (il boomerang), taluni carini (l'azzoppamento generale all'Ambasciata di Papillonia) e troppa eccitazione. Sbalorditiva citazione (l’inseguimento del gruppo delle aspiranti mogli) da L'hereu de Ca'n Pruna (1904) del periodo spagnolo di Segundo de Chomón! Citazione o copiatura bella e buona... Non più di *½
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò, accennando alla Ninchi: "Sembra uno zio, ma è una zia!"
- Tra i film di maggior successo del grande artista napoletano, è in realtà tra i più sopravvalutati. La regia di Bragaglia asseconda il comico in una serie di numeri comici (a volte francamente irresistibili) che però mancano di una sceneggiatura "collante", con un impianto generale piuttosto debole. Ottima comunque la prova di tutti i caratteristi coinvolti.
- La zia Adelia, residente in Australia, invia cospicue somme di denaro al nipote Totò che, come scultore, versa sempre in miseria. Una missiva della parente annuncia il rientro in Italia ed una condizione: il nipote dovrà sposarsi con una donna di colore e la foto allegata alla lettera induce Totò in uno stato di angoscia, essendo, la ragazza, dire brutta un eufemismo. Unico tentativo è quello di trovare una moglie prima dell'arrivo della parente: tramite agenzia matrimoniale finisce in casa dei cecati di nome Bellavista. Esilarante e spassoso!
- Esilarante infilata di episodi, tutti basati sull'equivoco, uniti insieme dalla trama pretestuosa della ricerca della moglie da parte di uno scultore squattrinato (astrattista? no, assenteista...). Con alcuni brani di grasso divertimento a cominciare dalla miope famiglia Bellavista per finire con l'omaggio alle mogli di Keaton. Si ride di gusto, anche se l'intera macchina perde colpi qua e là, soprattutto nella sua concezione generale. Da notare l'estrema cura nel ricreare la casa dell'artista, con molte opere da collezione. E un curioso finale metafilmico.
- Tra i più divertenti del grande comico napoletano. Ben scritto e ottimamente diretto da Bragaglia, che lascia campo libero all'improvvisazione del comico il quale, infatti, crea un paio di scene memorabili: quella in casa della famiglia Bellavista e quella nella casa del dentista. Per non parlare di alcune battute altrettanto memorabili. Totò è al massimo della forma affiancato da uno splendido cast di supporto su cui spiccano il socio di sempre Castellani, la Ninchi, Aroldo Tieri, Pavese e Garinei. Cult.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Quale dente le fa male? Il canino?" "No, No, quello vicino... il gattino!"; "Ci vuole una donna adatta alla tua condizione." "Ah, con la condizionale".
- Un Totò scatenato in una delle sue perfomance più divertenti, ben servito da una sceneggiatura che propone equivoci su equivoci senza mai scadere nell'ovvio o nel ripetitivo. Come in altre sue regie, Bragaglia impone un ritmo serrato, sempre fresco, aiutato anche da una buona dose di gag slapstick. Bene il cast di contorno, pieno di caratteristi importanti (tra tutti la Ninchi e Castellani). Notevole.
- Molti dei film a cui ha partecipato Totò possono essere accostati per impostazione alla struttura tipica della commedia dell’arte. "Totò cerca moglie" non è da meno e anche qui tutto ruota attorno a un canovaccio su cui gli attori improvvisano andando avanti a soggetto. Non mancano i caratteristi che lo affiancano con la solita professionalità e i richiami al surreale, parte integrante della comicità del Totò più libero da esigenze di copione. Curioso e simpatico il finale metacinematografico.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La mia arte è assenteista, cioè vale a dire: nelle mie opere manca sempre qualche cosa.
- Farsa piuttosto squinternata con un Totò in ottima forma e una bravissima Ave Ninchi come spalla. Risate assicurate dettate da una trama un po' banale ma tutto sommato gradevole. Film piuttosto breve, ma alla fine è meglio così, altrimenti l'idea tirata per le lunghe avrebbe stancato.
- Il futurista Bragaglia con gli sceneggiatori Marchesi e Metz sono i creatori del Totò marionetta senza tempo e che si muove in uno spazio astratto. Un personaggio privo di spessore realistico e senza un'identità sociale specifica che si aggira dentro la storia con la logica della comica del muto. Totò in questo film di impostazione teatrale ha i tempi comici perfetti e le sue espressioni, le sue pause, le sue movenze, sono quelli ereditati dall'antica commedia dell'arte. Il film é modesto, la storia appiccicata con lo sputo e la regia manca di stile.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Da ricordare la comicissima sequenza in casa della famiglia Bellavista; La scena del dentista geloso è puro distillato nonsense cinematografico.
Le incongruenze
- Nella scena in cui Totò è inseguito per le scale dal boomerang della zia si vede il filo che tira su l'oggetto.
- Quando Totò si trova sull'altissima sedia da barbiere, scende utilizzando la levetta apposita, ma i suoi movimenti non corrispondono a quelli della sedia: all'inizio muove freneticamente la levetta, e la sedia non si muove; poi inizia a muoversi e dopo un po' Totò lascia la levetta, e la sedia continua a scendere; poi ancora muove la levetta e la sedia continua a scendere. In pratica, Totò muove a caso la levetta della discesa, mentre qualcuno della troupe lo faceva scendere realmente.
- Quando Totò inchioda al muro il boomerang dispettoso, i suoni non corrispondono ai colpi di martello: i suoni sono uno in più.
- Nella sequenza dal dentista, Totò tenta di sfuggire al dottore tirando su la poltrona con una leva sulla destra. Ogni tanto, però, smette di muovere la leva per simulare la sua stanchezza, ma la poltrona continua a salire su senza che alcuno apparentemente la tocchi!
- Quando arriva il paziente del dentista, che scambia Totò per il dottore, è evidentissimo il rigonfiamento finto della sua faccia: si vede nettamente lo stacco tra la guancia vera e quella posticcia.
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Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo | |
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Il palazzo dell’Ambasciata di Papillonia dal quale Totò porterà via per sbaglio il prezioso documento ricercato dall’agente segreto Zeta 15 (Muller) è il palazzo di Piazzale delle Belle Arti 5 a Roma. | |
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Il cinema nel quale Totò ed Adelina (Sommers), entrati per fuggire alle giovani ragazze che li stavano inseguendo, assistono alla proiezione del finale di "Totò cerca moglie" e vedono la scena della celebrazione del loro matrimonio è il Teatro Sistina, situato in Via Sistina 129 a Roma. Probabilmente avranno scelto la chiesa apposta per la somiglianza del nome del teatro con quello di uno dei due santi "titolari": la chiesa nella quale si sposano Totò ed Adelina è la chiesa dei Santi Domenico e Sisto, situata in Largo Angelicum a Roma. | |
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Il cinema nel quale Totò ed Adelina (Sommers), entrati per fuggire alle giovani ragazze che li stavano inseguendo, assistono alla proiezione del finale di "Totò cerca moglie" e vedono la scena della celebrazione del loro matrimonio è il Teatro Sistina, situato in Via Sistina 129 a Roma |
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Galletti Giovanna
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Konopleff Cirillo (Kirill Grigor’evič )
Laurenti Giuliano
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Lissiak Elvy (Elvira)
Maestri Anna
Magnanti Elda
Marchesini Nino (Gaetano)
Meniconi Mario
Merlini Marisa (Merlin Marisa)
Metz Vittorio
Müller Paul (Paul Konrad)
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Pavese Luigi
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Totò, une anthologie (1978)
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Totò attore", Ennio Bispuri - Gremese, 2010
- Documenti Censura Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Italo Dragosei, «Hollywood», 1950
- Roberto Sgroj, «Cine Illustrato», 1950
- E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 16 marzo 1950
- C. Tr. (Carlo Trabucco) «Il Popolo», 16 marzo 1950
- G.L.R. (Gian Luigi Rondi) «Il Tempo», 16 marzo 1950
- Gaetano Carancini, «La Voce Repubblicana», 17 marzo 1950
- a.r., «La Stampa», 24 marzo 1950
- Arturo Lanocita, «Corriere della Sera», 1 aprile 1950
- «Il Lavoro», 14 aprile 1950