Collaboratori e autori: Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò e... Sandro Continenza
Totò era un comico tutto di battuta
Sono forse lo sceneggiatore che ne ha firmati di più, ma non posso negare che i film di Totò erano tutti un po' raffazzonati. Spesso si cominciava con delle ideuzze che non andavano molto oltre il titolo, si riprend'evano i vecchi schemi, si contaminavano le solite trame. Ogni tanto intervenivano anche i grossi nomi, allora potevano essere sandro De Feo, Flaiano, Brancati, i quali non possedevano neppure quei meccanismi precisi che occorrono in questi casi, e finivano con il fare peggio di noi, almeno noi avevamo un certo mestiere. Spesso siamo usciti, e poi siamo rientrati perché il film non si poteva girare, non si sapeva come andare avanti. Succedeva che i film restavano fermi, venivamo chiamati all'ultimo momento, anche durante la lavorazione per tentare di rabberciare la storia che faceva acqua da tutte le parti. Siamo nati come sceneggiatori - e penso non solo a me, ma anche a Age e Scarpelli, quelli con cui ho lavorato di più - cominciando con delle piccole collaborazioni, venivamo chiamati come "gagmen" fin da quando scrivevamo per i giornali umoristici. Cominciai a fare delle "gag" per I due orfanelli e per Fifa e arena, chiamato da Metz e Marchesi, che erano nel cinema da molti anni.
Si facevano delle riunioni all'albergo Moderno, vicino al Quirino in via Minghetti, dove Metz aveva una stanza; di giorno faceva il giornalismo e di notte scriveva le sceneggiature. Cominciammo a frequentare questa stanza all'albergo Moderno, eravamo i più giovani, ci pagavano mi pare cinquantamila lire, forse anche meno. Portavamo le "gag", che venivano scelte da Mattoli, il quale alla fine diceva: "Chi ci mettiamo?", non ci metteva mai il nome di tutti gli sceneggiatori, altrimenti veniva un cast più lungo degli attori. Così abbiamo cominciato un po'alla volta a farci un nome, praticamente firmando il film di Totò, con Scarpelli e Metz, come Totò le Mokò, in cui Age non c'era. Subentrammo io e Scarpelli quando Steno e Monicelli uscirono dalla sceneggiatura perché non avevano tempo, erano passati alla regia. Si seguiva un telaio di massima, non ci dimenticavamo mai che i film di Totò erano fatti per Totò. si metteva la macchina fissa, bisognava suggerirgli le battute, insomma avevamo un pò la funzione della spalla. Questa era la nostra abilità, non so come altro si può chiamarla. Conoscendolo, sapendo quali erano le sue risorse, avevamo la funzione di suggerire al comico quelle cosettine, quelle frasette, quelle cose per cui lui poteva andare a soggetto come nella commedia dell'arte, non so, parole difficili, situazioni un po' curiose.
Era un comico tutto di battuta, non era come altri comici, gli americani per esempio, che potevano muoversi; a parte le sue mossette, stava fermo, se gli si diceva di levarsi le scarpe e entrare dentro l'acqua non lo poteva fare, non capiva la "gag" meccanica. Aveva questa maschera particolare, quello poteva fare, non poteva interpretare un personaggio, lui era sempre Totò. Spesso prendeva su e andava in direzioni diverse da quelle previste dalla storia, e allora bisognava recuperare il finale della scena per agganciarla alla successiva, non si poteva fare altro, la trama era quella. Arrivava una telefonata, "Vieni qui, vieni qui", magari la scena era divertente però il regista non sapeva più cosa fare. Bisognava riagganciare, recuperare la scena. I film andavano avanti così, un po' stiracchiati, con una zeppa qui, una pecetta dall'altra parte, questa era la funzione dello sceneggiatore proprio un tecnico che metteva a posto le cose, salvando il più possibile la comicità di Totò. Senza spalla Totò non riusciva a lavorare, aveva bisogno di qualcuno che gli porgesse la battuta, qualcuno che lo conosceva bene e con cui ricostituiva in qualche modo la sintonia che c'era sul palcoscenico i tempi e i meccanismi del palcoscenico. Quando, in Totò cerca casa, Steno e Monicelli volevano inserire lo "sketch" dei timbri che ci aveva fatto ridere da ragazzi non si andava più avanti perché Enzo Biliotti, che doveva fare la scenetta con lui, non riusciva a dare la battuta a Totò, si sentiva ferito nel suo orgoglio di attore.
Si dovette ricorrere a Eduardo Passarelli che in fuori campo dava la battuta a Totò, altrimenti non veniva fuori niente. Totò era soprattutto un attore istintivo, non conosceva le sue chiavi, a freddo non ricordava neppure i suoi "sketches" più famosi. Lo sketch del vagone-letto per Totò a colori lo abbiamo ricostruito con Mario Castellani che se lo ricordava bene, tempi, entrate, meccanismi essenziali.
Spesso erano cose che non si possono nemmeno scrivere in una sceneggiatura, perché come fai a scrivere in sceneggiatura tutto il blocco della mano sul fianco, che è uno dei lazzi più divertenti di Totò, se lo scrivi sul copione chi lo legge non ride, bisogna vederlo realizzato. I copioni erano fatti anche così, ci voleva una spalla che quando occorreva tirava fuori da Totò quei lazzi, ma bisognava saperli, immaginarseli, prevederli, perché molte volte non si potevano scrivere sul copione e se uno non glieli preparava Totò non li realizzava perché era un attore d'istinto, un attore che se non gli si offriva il recipiente in cui fare queste cose non era in grado di dare il meglio di sé. Specialmente negli ultimi tempi, le riunioni con Totò avevano qualcosa di surreale, si svolgevano sempre tardissimo, di notte, ci riceveva in sala da pranzo, mentre in un'altra stanza c'erano la figlia o la Faldini. Non erano riunioni molto costruttive, Totò tirava sempre fuori qualche vecchio lazzo e, alle risate della figlia o della Faldini, ci diceva regolarmente: "Sentite come ridono?", mentre quando proponevamo una cosa noi non rideva nessuno e allora diceva: "Ah, vedete, non funziona!''. Durante la lavorazione poi la regola era fare presto, non importa come. L'orgoglio di Bragaglia consisteva nel dire, per un film preventivato in venticinque giorni "L'ho fatto in ventidue". Finito di girare, il montaggio si faceva già in sede di sceneggiatura, bastava tagliare le code delle varie scene, i momenti in cui Totò si spegneva, in cui venivano a mancare le battute .Il montaggio diventava proprio un lavoro di appiccicare i pezzi si parla tanto della mimica di Totò, ma si dimentica che Totò aveva soprattutto due chiavi, quella di fronte a una bella donna, che poteva essere Gianna Maria Canale, in cui aveva quattro, cinque lazzi, quegli sguardi di cupidigia, di bramosia, e poi c'era la reazione di fronte alla racchia, tipo Anna Maestri o Nietta Zocchi, che provocavano in lui reazioni di rigetto. Nei film di Totò le donne non erano importanti, spesso non si trattava neppure di vere e proprie attrici, non sapevano nemmeno dire le battute, tranne la Barzizza che aveva una sua caratteristica, si tirava un po' fuori, ma le altre niente.
Anche le donne erano in funzione di Totò, tutto ruotava intorno a lui. Quando c'era un altro attore importante come Aldo Fabrizi o Peppino De Filippo cominciavano i guai perché non si davano la battuta. Succedeva quello che era capitato già in Guardie e ladri che si interrompeva continuamente perché Fabrizi non dava la battuta, la scena si bloccava perché ognuno voleva prevalere sull'altro. O riusciva una cosa meravigliosa perché ognuno si sentiva più forte dell'altro e allora veniva fuori un duetto molto divertente, o altrimenti si inceppava il meccanismo e si finiva per dover interrompere; qualche volta si riscriveva la scena in un modo diverso, magari in funzione di un'altra cosa.
Come altri comici, Totò aveva la tentazione della crudeltà. In un film Castellani una volta gli dà un coltello di quelli che rientrano e gli dice: "Alla fine fingi di ammazzarmi, io fingerò di morire". Quando viene il momento di ammazzare Castellani, Totò si accorge che il coltello non entra e interrompe la scena gridando: "Ma datemene uno vero, datemene uno vero". I produttori hanno sempre corteggiato Totò per riuscire a spremerlo meglio, lo hanno sfruttato fino all'osso, specialmente Ponti e De Laurentiis, e prima ancora Amati, che ha prodotto Figaro qua, Figaro là. Totò era un affare d'oro. Avrebbero voluto metterci le mani in parecchi, ma Ponti e De Laurentiis che lo hanno avuto sotto contratto per parecchi anni non lo mollavano. Misiano, un produttore di film strappacuore, di film di categoria B, fermava sempre Steno e Monicelli, che stavano diventando registi un pochino più qualificati dei soliti Bragaglia e Mattoli, perché voleva fare La scarica dei seicento, con questo titolo si puo immaginare già che film sarebbe stato, diceva: "Gli ho offerto cinque, me ne ha chiesti sei, gliene davo dieci, me ne ha chiesti undici". Non è mai riuscito a fare un film con Totò.
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