Fifa e arena

1948 Fifa e arena

Io non rubo, integro. D'altra parte in Italia chi è che non integra?

Nicolino Capece

Inizio riprese: settembre 1948, Stabilimenti Scalera Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 15 novembre 1948 - Incasso Lire 391.000.000 - Spettatori 4.564.558



Titolo originale Fifa e arena
Paese Italia - Anno 1948 - Durata 80 min - B/N - Audio sonoro - Genere Comico - Regia Mario Mattoli - Soggetto Steno, Marcello Marchesi - Sceneggiatura Steno, Marcello Marchesi - Produttore Cdi-Metropa Film di Nino Angioletti, Roma - Fotografia Vincenzo Seratrice - Montaggio Giuliana Attenni - Musiche Pippo Barzizza - Scenografia Piero Filippone - Costumi Dario Cecchi


Totò: Nicolino Capece - Isa Barzizza: Patricia Cotten - Mario Castellani: il bandito Cast -Franca Marzi: Estrellita - Alda Mangini: Carmen - Irene Genna: Juanita - Adriana Serra: Manuelita - Giulio Marchetti: Paquito - Cesare Polacco: il banderillero - Vinicio Sofia: il manager di Paquito - Ada Dondini: la zia Adele - Luigi Pavese: il medico - Galeazzo Benti: George - Raimondo Vianello: il maitre - Ughetto Bertucci: l'autista - Enzo Turco: il cliente del lustrascarpe - Menet: un ballerino - Leho: altro ballerino - Cesare Fantoni: un torero - Nino Milano: il lustrascarpe - Fulvia Mammi: la ragazza del topicida - Guglielmo Inglese - Adolfo Geri - Toto Mignone - Nino Marchetti - Felice Minotti - Loris Gizzi: il professor "Padreterno" - Umberto Salvadori: il signore con gli abiti macchiati - Giorgio Costantini - Gianni Rizzo - Gorella Gori


Soggetto

Napoli. Nicolino Capece lavora nella farmacia di famiglia gestita dalla zia Adele. La vicenda ha inizio quando, per un errore di stampa, la Gazzetta di Napoli pubblica una foto di Nicolino in un articolo dove egli è indicato e descritto come un serial killer specializzato nell'uccisione di donne (in realtà la sua foto era destinata a un'inserzione pubblicitaria). A questo punto Nicolino è costretto a fuggire inseguito dai concittadini infuriati e dalle forze dell'ordine e, travestitosi da hostess, riesce a salire su un aereo diretto in Spagna. Sbarcato a Siviglia, viene riconosciuto da Cast, un altro assassino italiano (che ha visto la stessa foto sul giornale), il quale progetta di fargli sedurre e sposare Patricia Cotten, una miliardaria americana pluridivorziata, per poi ucciderla e accedere al suo patrimonio. Nicolino, invaghitosi della bella americana, finge di essere un torero e rivaleggia con un autentico matador, Paquito, anche lui innamorato della stessa donna. Tra esilaranti colpi di scena, Nicolino (che George, l'amico di Patricia, ribattezza "Nicolete", per assonanza con Manolete) finisce addirittura per scendere nell'arena a toreare nonostante il suo terrore e la sua inesperienza. Con un astuto espediente e molta fortuna, riuscirà a cacciarsi fuori dai guai e a sposare la bella miliardaria, dimostrando la propria vera identità e la propria innocenza.

Critica e curiosità

Prodotto dalla Metropa Film di Enrico Piermarini, in associazione con la C. I. D., il film fu girato per gli interni negli stabilimenti della Scalera di Roma ed uscì in prima nazionale il 25 aprile 1948.

In Fifa e arena il problema della lingua viene risolto attraverso la creazione di uno spagnolo maccheronico, che mescola italiano, spagnolo e dialetto veneto, di fronte al quale Totò - Nicola Capece, alias Nicolete Alvaro de Partenopeis - inizialmente spaesato, si affida all’istinto musicale:

[Ladro (a Totò, qui travestito da donna)] - Siete molto conosciuta, muchacha! [all’autista] Tutto pronto?
[Autista] - Todo!
[Ladro] - Esta noche?
[Autista] - No, señor! Mañana noche!
[Nicola] - Ma che dice?
[Ladro] - Silenzio, mi interessa mucho!
[Nicola] - Io taccio!
[Ladro] - E il mucio? (?)
[Autista] - Basta mettere l’ocio!
[Ladro] - Bravo, vecio!
[Nicola] - Ragazzi, non capisco un cacio!
[In seguito Totò impara per prima cosa a chiedere da mangiare]
[Nicola (in albergo, telefona al cameriere)] - Camera 35. Sì ! Vorrei qualcosa damagnér! Da... (ascolta)... Corner? Beh, corner, magnér...
[Poi si adegua velocemente ai dialoghi ispano-dialettali]
[Donna (porgendogli una pergamena)] - Nicolete, il club taurino femminile es honorado de ofrirte questo!
[Nicola] - Muchas gracias, de que se tratas?
[Donna] - Es el permeso de torear!
[Nicola (distratto)] - Muchas gracias! [spaventato] Cossa?
[Spagnola 1] - Puoi scendere nell’arena, amor!
[Spagnola 2] - E farti honor!
[Nicola (restituisce il foglio)] - Eh, no! Dico... ciàpas!

Il successo del film "Fifa e arena" è tale che viene citato all'interno del film "I pompieri di Viggiù", ricordando il famoso pesce democristiano che censurava la Barzizza, e celiando sul titolo (la Barzizza: “Ma non avete paura, non avete fifa?" Totò: “Fifa no, arena sì", e tira fuori di tasca della sabbia). Con i diritti sulla canzone Paquito lindo, Isa Barzizza riesce a comprarsi una villa a Sanremo.

"I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998


Così la stampa dell'epoca

Alla fine delle repliche di C'era una volta il mondo Mario Mattoli richiama Totò per Fifa e arena, parodia del Sangue e arena di Rouben Mamoulian interpretato da Tyrone Power e Rita Hayworth, ma figlio anche del clamore suscitato dalle gesta di Manolete, il famoso matador morto l'anno prima. Totò interpreta Nicolino Capece, farmacista del Vomero scambiato per pluriomicida e fuggito in Spagna; dove, ribattezzato Nicolete, incontra la miliardaria Barzizza e affronta un toro nell'arena. [...]

Alberto Anile


Grande successo per il secondo film del sodalizio Mattòli - Totò su un soggetto di Steno (Stefano Vanzina, non ancora regista), sceneggiato con Marcello Marchesi, dove le situazioni comiche si innestano su spunti che strizzano l’occhio all’attualità (il pesce democristiano perché censura la vista della Barzizza nuda, il club di tauromachia femminile Montecitoros dove tutte le discussioni finiscono in rissa). Non mancano momenti di puro delirio totoesco (la sua fame disperata che lo spinge a farsi un panino con una spugna farcita di sapone, dentifricio e una spruzzatina di borotalco), o dialoghi genialmente surreali (Barzizza: “Sei fatalista, pessimista o esistenzialista?”. Totò: “Veramente, io sono farmacista).

Paolo Mereghetti


Il "caso" di Isa Barzizza

Pagare dieci milioni o rimandare le nozze

La diva soluzione che ella è stata costretta a scegliere la seconda - La colpa è del film « Fifa e arena » girerà, con Totò, nel prossimo agosto

Nel melodramma delle nozze di Isa Barzizza, un nuovo colpo a sorpresa. E’ di scena oggi il padre della sposina, Pippo Barzizza, il noto direttore d’orchestra, che abbiamo incontrato alla RAI durante una prova. Un malizioso sorriso dietro le lenti, una parlantina degna di un avvocato, ha risposto al fuoco di fila delle nostre domande senza il minimo imbarazzo. La moglie del regista Mattoli ha dichiarato a Roma che il marito non ha in programma nessun nuovo film per i prosimi giorni? Gli impegni cinematografici, fatti valere dalla casa produttrice con la perentoria minaccia di una causa per risarcimento di danni, non sarebbero stali la cagione del rinvio delle nozze della bella Isa?

«E allora — interroga a sua volta incalzando papà Barzizza — che cosa è questa lettera (raccomandata con ricevuta di ritorno, giunta proprio quattro giorni fa) intestata alla «Distributori indipendenti» e firmata dal direttore Angioletti?». Il nuovo film di Mattoli «Fifa e arena», protagonisti Totò e Isa Barzizza, entrerà in lavorazione improrogabilmente il 16 agosto — cosi abbiamo letto coi nostri occhi sul foglio dell'ultimatum —; Isa dovrà trovarsi a Roma per il giorno 10 a provare abiti e costumi preparati apposta per lei. Se mancasse ai suoi impegni (il contratto fu firmato il 30 maggio scorso e poi la diva innamorata pare se ne fosse scordata nell’ansia del suo sogno nuziale) la ancor signorina Barzizza dovrebbe pagare una penale fortisima, diciamo dieci milioni, per rottura dei patti e risarcimento del danno.

Nulla da fare contro la legge e contro i severi giudici, che sono sordi alla voce del cuore, non ascoltano gli accorati lamenti di una fanciulla che vorrebbe rinunciare all’arte e alla gloria per recitare soltanto nella vita la sua parte di brava sposina. Nulla da fare contro il contratto Non c’è scampo, allora: prima il film e, fra un mese o due, le sospirate nozze. La sposina infelice si è rifugiata ora nella casa dei futuri suoceri, a cascina Costa presso Gallarate. Di là spiccherà contro voglia il volo per Roma. Intanto il parroco ha detto ai due ragazzi : — Sono sempre qui a vostra disposizione, le pubblicazioni sano valide per 180 giorni. Io aspetto con cristiana rassegnazione, ma voi sbrigatevi a tornare.

Raro, «Gazzetta del Popolo», 31 luglio 1948


Totò troppo brusco e due attori all’ospedale

Roma, 31 agosto

Durante la lavorazione del film Fifa e arena, Interpretato da Totò a da tutta la sua compagnia, che è una parodia del noto lavoro che ebbe a protagonisti Power e la Hayworth, gli attori Giulio Marchetti e Giovanni Baghinì, mentre apparivano al suono d’un languido tango tra un gruppo di vezzose ballerine, venivano investiti da Totò che, secondo il copione, avrebbe dovuto con veemenza strappare una ballerina al Marchetti. La veemenza di Totò fu forse troppa poiché il Marchetti e il Beghini furono gettati a terra in malo modo e hanno dovuto essere trasportati subito all’ospedale per contusioni guaribili in qualche giorno.

«Gazzetta Sera», 31 agosto 1948


È buona parte del nostro mondo rivistaiolo che in questa occasione si è riversato sullo schermo, offrendo il destro a Totò di spadroneggiarvi con la limitata varietà delle sue maschere, che, pur ammirevoli nella loro comicità, non una volta riescono tuttavia a cogliere un motivo profonda-mente umano. [...]

Gigi Michelotti, novembre 1948


[...] Fifa e arena, un film in cui Mattoli e Totò, prònubi Steno e Marchesi autori del «soggetto», si sono felicemente incontrati. Sorretto da una sceneggiatura spedita e scattante, il popolare comico rianima tutte lo situazioni con le sue estrose e mordaci buffonate, e le risate del pubblico non si potrebbero contare. In pochi altri film s'era visto un Totò così scatenato, così vario, così ricco di spunti spassosi.

Vedetelo quando beve la zozza infuocata e fa strage di ballerine, quando per fame si riduce a mangiare una spugna spalmata di sapone, onde russando fa le bolle, quando atterrito fissa il toto o quando condensa in pochi tratti lo schizzo di una beghina che biascica, e in tanti altri punti della divertente farsa. La cornice è elegante e popolata di belle donnine. Isa Barzizza delizia con garbo l'americana dai molti mariti, incapricciata dal torero. La Mangini, la Dondini e gli altri recitano con brio. Appropriato l'accompagnamento musicale del maestro Barzizza.

Leo Pestelli, «Stampa Sera», 25 novembre 1948


Già il titolo, che storpia quello di un fortunato romanzo di Blasco Ibafles, rivela il carattere del film, che è quello di una farsa ambientata in Spagna e volta a mettere in caricatura la spagnolissima arte nel toreare. [...] Fifa e arena, su «soggetto» di Steno e Marchesi, promuove risate su risale, ed è, nel suo genere, azzeccatissimo, Totò è un protagonista irresistibile, pieno d'invenzioni e di trovate. Lo attorniano la graziosa Isa Barzizza, la Mangini, la Dondini, e altri noti attori del nostro cinema comico. Elegante la messa in scena, piacevole il commento musicale dal maestro Barzizza.

«La Stampa», 25 novembre 1948


Una prova ancora offre questo film delle grandi possibilità di Totò, che la fortuna non ha ancora fatto incontrare con un soggetto e, soprattutto, con un regista in grado di sfruttarne adeguatamente, le risorse, Fifa e arena è un film povero, realizzato in fretta e furia; tuttavia Totò gli ha assicurato il merito di far ridere gli spettatori. Laddove, poi, alla mimica dell'attore si è aggiunta la trovata della sceneggiatura, la comicità diventa pressoché irresistibile. È davvero un peccato, dunque, che per il resto il film presti il fianco alle critiche più acerbe e severe.

Lorenzo Quaglietti, «L'Unità», dicembre 1948


Chi come noi crede alle risorse mimiche ed alle intelligenti invenzioni di Totò ha avuto conferma di tutto vedendo questo film. Non parliamo del soggetto nè della sceneggiatura (cose queste nettamente in funzione della mirabolante maschera del nostro comico) ma sottolineano con piacere queste nuova affermazione di Totò. La storia della sua faccia, la pazza geometria dei gesti, l’eloquenza sfrenata degli occhi rimangono le forze espressive di Totò. Attorno alla, amena avventura del film (si comincia da Napoli e ai finisce a Siviglia tra tori ed equivoci) fanno la loro apparizione alcune «donnine» più spogliate che vestite. Isa Barzizza, poi, tra una nudità e l'altra manda a casa tutti contenti.

«Il Lavoro», 10 dicembre 1948


Corrono tempi non lieti per il cinema, anche nostrano, se siamo costretti ad occuparci di questa piccola ed insignificante storiella comica filmata. Le risorse di Totò non bastano per accontentare per un’ora e mezza lo spettatore anche più accomodante. E nemmeno le musiche di Pippo Barzizza. Queste ultime si potrebbero ascoltare con maggior diletto da qualche disco. Sul resto è meglio stendere un pietoso velo, tanto è scipito.

Notiamo invece con rammarico che la formula commerciale di Mario Mattoli è sempre la medesima e certi scorci pseudo piccanti, sconsigliabili ad un pubblico giovanile, stancano anche gli adulti, che desiderano qualche cosa di più impegnativo anche per far ridere, che non siano i soliti doppi sensi da rivista scadente.

«L'Azione», 17 dicembre 1948


Un farsone per i nuovi ricchi che apprezzano lo spirito qualunquista interpretato da Totò e altri assi della rivista italiana. Qualche trovatina, molte ragazze piuttosto bellocce e numerose risate da parte degli spettatori di facilissima accomodatura. Totò, con la sua naturale vena di guitto napoletano, è il maggior responsabile dell'ilarità del pubblico.

«Il Paese», 23 dicembre 1948


Dal giorno in cui i giovani intenditori di sex-appeal cinematografico e teatrale ebbero agio di delibare certe sinuose curve degli arti inferiori, messe in mostra sagacemente da Isa Barzizza in un paio di sequenze di Dove sta Zazà, tutti furono concordi nel dire che la vamp indigeta era qualcosa di mezzo tra Rita Hayworth e Betty Grable: più morbida della prima, più sgusciante della seconda. Ma, dopo averla vista ancora una volta — e ancora una volta non ammirata — in Fifa e arena, che, tra parentesi, è una blanda farsa di Totò e di Mario i Mattoli, mi spiace di non poter condividere quegli entusiasmi. Non escludo che Isa Barzizza sia, al naturale, una splendida donna. Ma é certo che sullo schermo è una pessima attrice, a cui, nel migliore del casi, si possono concedere le attenuanti solo per la sua sovrana innocenza scenica e per l'incredibile, direi commovente imbarazzo, che la costringe a muoversi davanti alla macchina da presa come farebbe una quaglia abbacinata dai riflettori.

Per la cronaca di Fifa e arena, va aggiunto che il film si basa esclusivamente sulle smorfiette, i falsi sfortuni e le false paure del mimo Totò, falsissimamente mascherato da toreador contro voglia in una Spagna da carnevale. [...]

al. or., «Il Messaggero», 23 dicembre 1948


Ecco un altro di quei disperanti film del frettoloso Mario Mattoli. Diciamo «disperanti» perchè il rotondo Mario è tutt'altro che sprovvisto di qualità: sa raccontare cinematograficamente, è provvisto di notevole senso umoristico e conosce le leggi del ritmo: ma per tirar via non approfondisce nulla e lascia allo stato intenzionale certe trovate che andrebbero spesso meglio sviluppate.

Oh, se una volta tanto ci si mettesse sul serio! Comunque, nonostante la fretta, il film, anche per le personali esibizioni di Totò, fa centro sul pubblico di bocca facile che ride dal principio alla fine. Accanto a Totò, molte belle ragazze tra cui la biondissima Isa Barzizza e Franca Marzi.

«La Voce Repubblicana», 24 dicembre 1948


Il trio Mattoli-Steno-Metz ci ha dato «I due orfanelli» con il divo Totò. Lo stesso trio ci ha dato ora «Fifa e arena» e Totò è ancora il centro. Confessiamo di essere perplessi. Chi volesse giudicare questa pellicola alla stregua di un film normale potrebbe essere indotto ad affermare che tutte quelle scempiaggini - che purtuttavia piacciono al pubblico perché abbiamo sentito ridere ieri a più riprese - non valgono la spesa di un film. Ma crediamo che il problema sia un altro punto è quello del film comico o farsa come si diceva un tempo, trasferito sul piano attuale.

Il problema di far ridere è un problema... serio. Noi ci siamo divertiti un tempo con le farse «Non più sordi in locanda», con «Timiducci e Franconi», con il «Casino di campagna» e con «La zia di Carlo» che c'erano sembrate, quest'ultima soprattutto, i classici del ridere. Ebbene questa «Zia di Carlo» trasferita qualche anno fa sugli schermi non ci ha più fatto il solletico.

Ogni epoca, è chiaro, vuol ridere alla sua maniera, con un suo stile, se è lecito usare questa parola. Harold Lloyd non ci interessa assolutamente più e Max Linder se lo rivedessimo oggi, resteremo muti e freddi. Eppure abbiamo riso a crepapelle attorno al 1910-1915. Dopo, anche nel riso ci siamo evoluti e siamo passati su un terreno diverso con diverse pretese. Al contemporaneo ci vogliono portare Mattoli-Steno-Metz e noi di capiamo anche se personalmente, o perché troppo maliziati o perché troppo scaltriti, non riusciamo a emozionarci come dimostra di fare il pubblico grosso. Ma siccome le pellicole non sono fatte per i critici (che non pagano il biglietto) ma per il pubblico che paga, il trio di cui sopra fa bene a continuare per questa strada. Dove, con un umorismo più popolaresco di quello del Clair, ma con uno spirito che pure affidandosi a un comico ben definito e risaputo come è Totò si sforza di darci la comicità dell'epoca nostra: noi vorremmo solo che ci fosse meno manica larga per certe situazioni che sanno di rivista è che sono messe là come pepe, un pepe peraltro che ha un pizzicore molto modesto, anche se chi ce lo deve propinare è la signorina Barzizza.

Un po' di lindore non nuocerebbe dal momento che il quadretto che vuol essere proiettato, non aggiunge assolutamente nulla alla comicità e all'interesse della pellicola. L'intelligenza, quando c'è, si salva da sola e le trovate sono quelle che reggono questi film, più delle grazie di una ragazza la cui attività artistica prima che a noi dovrebbe interessare a suo padre o al suo fidanzato (se c'è). Ma queste faccende se le liquidino loro, noi diciamo a Mattoli-Steno-Metz che contiamo più sulla loro bravura e sul loro estro per il film comico italiano, che sulla signorinetta di cui sopra. E Totò un po' più frenato non sarebbe male. E la trama... ma alle farse non si chiede conto di verosimiglianze e di logicità tuttavia una trama meno slegata non guasterebbe. L'appuntamento è dunque a un terzo film che possa avere successo di questo è anche maggiore. L'ingegno del trio ce lo può far sperare.

c. tr. (Carlo Trabucco), «Il Popolo», 25 dicembre 1948


E' una gustosa parodia di «Sangue e arena», con Totò, torero affascinante e pieno di fifa, circondato da uno stuolo di belle ragazze, come nei quadri delle sue riviste. Come si può non ridere quando Totò è in scena? I suoi gesti di fantoccio metafisico, i suoi occhi, la sua faccia, la sua voce sono elementi di grande ilarità.

Sempre attento all'effetto, misurato nella sua puntualissima tecnica, preciso nel gioco geometrico delle sue espressioni, Totò è il comico sagace per eccellenza, il conoscitore profondo della psicologia del pubblico: per questo il suo successo è sempre vivo, e la sua presenza continua a fare affollare le platee, sia che la sua figura angolosa si presenti sul palcoscenico, sia che appaia sul grande quadro dello schermo.

«Cine Sport», 31 dicembre 1948


Fifa e Arena. — Dopo un periodo di riposo ritorna alla ribalta il nostro simpatico Totò in un film che, diciamolo pure a testa alta, merita di essere visto. La storia che il film ci vuole narrare sarebbe più che banale se non fosse sostenuta dalle trovate mimiche di Totò che, con quell'aria ora timida, ora feroce, riesce a soddisfare lo spettatore difficile da accontentare. Un farmacista napoletano (che parla veneto) per uno spassoso equivoco viene scambiato per un assassino di donne ; fugge in aereo e va a finire a Siviglia; lì viene scambiato per un toreador.

Il resto è facile a immaginarsi e difficile a raccontarsi; seguono musiche, dame. Battute comiche (magari un pò fiacche) e... belle donne.

«Gazzetta del Monferrato», 31 dicembre 1948


Fifa e arena, di Mario Mattoli, ossia Siviglia napoletanizzata; Totò e il suo prognatismo spiegati al popolo iberico e applicati alle corride. [...] Strepitosi trucchi attenuano la presa di questo film: la lotta di Totò, mutato in torero, con una bestia inferocita è troppo visibilmente un duello con un simulacro di legno. Ma per via di quelle indulgenti risate, delle grazie di Isa Barzizza e del fatto che, essendovi molte comparse, « Fifa e arena » ha dato lavoro a parecchia gente. Mattoll riesce a sottrarsi al pollice verso.

Arturo Lanocita, «Il Nuovo Corriere della Sera», 4 gennaio 1949


In questo film il distacco fra ciò che Totò potrebbe essere e quello che è [...], la differenza fra il Totò ideale e quello reale è talmente enorme da farci rimpiangere di averlo visto.

Alberto Mondadori, «Tempo», n. 3, 15 gennaio 1949


Due comici

Parecchi anni fa, quando cominciava a formarsi quel suo pubblico che non l'ha più abbandonato, l'attore Totò subiva un'intervista dell'«Italia letteraria», che scrisse di lui cose molto « intelligenti », nel tono messo di moda da Cocteau per trattare dei clowns e dei circhi equestri. Vi si accennava a Charlot e alla Commedia dell’Arte, al fumismo e al funambolismo. Altri articoli seguirono in altri giornali; in uno si lanciava l’ipotesi, sempre a proposito di Totò, di «un matrimonio tra Aristofane e Pierrot . Probabilmente Totò non legge quello che si stampa sul suo conto, lo ha dimostrato restando insensibile ai cambiamenti, restando fedele al suo istinto comico, anzi alle sue vecchie battute, che ogni tanto ancora oggi ripete, come se il tempo non fosse nemmeno trascorso da quando caracollava sulle tavole del teatro Principe. In un mondo teatrale cosi sconnesso, Totò rimane un punto fermo.

E’ certo un attore inimitabile, che non è mai volgare, perchè i suoi gesti più volgari diventano arabeschi da contorsionista e le sue battute hanno la forza delle domande stupide. Oggi Totò è talmente definito che si è messo a fare un film dietro l'altro, non avendo nemmeno bisogno di una trama ma di una situazione. I titoli dei suo film recenti (Fifa e arena, Totò le moko, Totò cerca casa) fanno pensare che il suo pubblico non sia di eccessive pretese per quanto riguarda le storie, che vada al cinema per veder muovere, scattare, ridere Totò, come gli ha visto fare in teatro: libero dall'osservanza di un testo, padrone di fare e di dire ciò che vuole. Perlomeno, sullo schermo Totò dà questa piacevole sensazione, di inventarsi la parte man mano che il film procede. Come per la serie infantile di Pinocchietto, arriveremo a un Totò al Polo Nord, a un Totò garibaldino, a un Totò nel serraglio. I suoi incontri sono ormai fissati dalla pratica, e anche i personaggi .di contorno: una bella ragazza, un rivale, un amico (o «spalle»), che gli prepara le battute e sopporta ogni guaio. Totò si veste da donna, da bandito, da artista, da torero.

Non ci sono limiti ai suoi travestimenti, e nemmeno ai suoi film, che ripropongono la vecchia «comica finale». Se il progresso cinematografico supererò alcune difficoltà pratiche, Totò potrà darci un film nuovo ogni sera.

Ennio Flaiano, «Il Mondo», 31 dicembre 1949


Travestimenti e improvvisazioni a catena, nello stile inimitabile di Totò, in «Fifa e Arena», trasmesso alle 20.30 su Raitre, per la serie «Io piaciucchio». La pellicola di questa sera, una commedia diretta nel 1948 da Mario Mattoli, fu a suo tempo campione di incassi. È la storia di Nicolino Capece, un commesso di farmacia che viene scambiato per un pazzo evaso dal manicomio. Nicolino si traveste da hostess e fugge in Spagna, dove finisce nelle grinfie di un bandito che lo costringe a sposare una miliardaria. Alla fine, ribattezzato «Nicolete», dovrà anche affrontare i pericoli dell’arena come toreador.

«Corriere della Sera», 22 luglio 1992


La partner Isa Barzizza «Con la scena del pesce spostammo un po' il senso del pudore»

RICORDI Il 15 aprile 1967 moriva Antonio De Curtis e la sua partner artistica per eccellenza ricorda: «Dal nord al sud, stendeva sempre il pubblico dalle risate. Per lo sketch del wagon-lits a teatro la gente si sentiva letteralmente male dal ridere»

La più brava? La più bella? La più simpatica? La più spiritosa? Chissà, il dibattito è aperto e comunque la risposta di Isa Barzizza sarebbe «no», perché è una signora modesta, che non se la tira anche se potrebbe farlo. Ma sicuramente «la», senza ulteriori aggettivi: «la» partner femminile di Totò per eccellenza, semplicemente perfetta, perché accanto al principe reggeva le sue battute e le sue improvvisazione come un'autentica principessa. Con Totò, Isa Barzizza ha girato 11 film e ha interpretato numerose riviste sui palcoscenici di tutta Italia. Ha stregato molti cuori, ricevuto numerose proposte di matrimonio («Da qualche grande industriale, e da qualche aristocratico» - ma non da Totò), gestito con classe un'eredità ingombrante (è la figlia di Pippo Barzizza, sommo musicista e direttore d'orchestra della musica leggera italiana) e mostrato le proprie grazie con un'ironia che le ha permesso di superare le censure del tempo, molto «occhiute» quando c'era di mezzo qualche centimetro di pelle di troppo («Ero terribilmente ingenua, ma facevo tutto con un'innocenza educata che forse mi rendeva accettabile. Non ero una bonazza, ero piena di complessi ma in palcoscenico, o sul set, passava tutto: la prima volta credevo di morire, dalla seconda in poi sono diventata serenamente impudica»).

Signora Barzizza, come ha conosciuto Totò?

«Ero in un camerino del Quirino di Roma per Le educande di San Babila, rivista con Macario. Entrò un signore grasso, con la feccia tonda. Era Mario Mattoli. Mi chiese se volevo fare un film con Totò. Nessuno mi crede quando lo racconto oggi, ma non sapevo chi fosse Totò, però dissi sì, fare un film mi interessava molto. Scoprii solo successivamente che era un «recupero», un film girato in quattro e quattr'otto per ottimizzare i set di Fiacre n.13, un titolo produttivamente molto più ricco... il nostro filmetto si chiamava I due orfanelli e il primo giorno sul set conobbi finalmenteTotò».

Come fu l'incontro? Veramente non l'aveva mai sentito nominare?

«Oggi è difficile crederlo, ma nel 1947 l'Italia era ancora quasi divisa in due: Totò era una leggenda da Roma in giù, ma al Nord non aveva ancora sfondato. In più, senta, io avevo 17-18 anni, e non c'era la tv, e forse non leggevo i giornali... Insomma, no, non lo conoscevo. Al primo ciak mi sembrò un signore molto anziano. In fondo aveva 30 anni più di me. Ero molto intimidita, ma mi passò subito. Girammo I due orfanelli, lui si trovò bene e mi propose di far compagnia con lui in teatro. Così partimmo per la tournée di C'era una volta il mondo, e da lì in poi lavorammo tantissimo insieme».

Lei passò da un capocomico come Macario a uno come Totò. Differenze, somiglianze?

«Come passare da un collegio a una scampagnata. Macario era molto autoritario, lui e sua moglie tenevano insieme la compagnia col pugno di ferro. Totò non si occupava per nulla della disciplina: demandava tutto a Rudy Bauer, un suo direttore di scena tedesco, bravissimo e cattivissimo. Era lui a fere il lavoro "sporco". L'atmosfera era molto rilassata».

Era l'epoca d'oro della rivista...

«Era l'epoca d'oro di tutto il teatro, sia leggero che serio. La compagnia dei Giovani, Visconti, la Osiris, Totò e la Magnani... Grande pubblico dovunque: più «fanciullesco» e pronto a ridere al Nord, più esigente a Roma e soprattutto a Napoli, la piazza più difficile. Ma Totò li stendeva tutti. Guardi, io non ho mai visto ridere come per lo sketch del wagon-lits, quello che poi abbiamo rifatto -Totò, Castellani ed io - in Totò a colori. Dal palcoscenico vedevo la gente sentirsi letteralmente male. Quello sketch, alla «prima», durava 8 minuti. Verso la fine della tournée ne durava 50. Totò aggiungeva qualcosa ogni sera, Castellani gli andava dietro con una sapienza e un tempismo geniali, io stavo lì, mi facevo guardare e cercavo di non scoppiare a ridere. E devo dire che non mi è mai successo. Ero sveglia, e una certa professionalità l'avevo acquisita... e poi, le svelo un segreto: difficilmente noi attori, in scena, ridiamo per una battuta. Chi lo fa, oggi, lo fa apposta: per coinvolgere il pubblico o, peggio, per paura che non rida. Semmai può succedere di ridere per un errore, o per un gesto imprevisto. Ricordo una volta in tv, con Sandra Mondaini: lei doveva aprire una porta e trovarmi impalata sulla soglia, e chissà perché questa cosa, durante le prove, le suscitava un'ilarità irrefrenabile. In diretta, tale fu lo sforzo per rimanere seria che si fece la pipì addosso».

Undici film con Totò: il più bello?

«Forse Fifa e arena e Un turco napoletano, e anche lo sketch di Sette ore di guai».

In «Fifa e arena» c'è la famosa scena del pesce democristiano...

«Se la ricorda? E una di quelle scene che, come suol dirsi, hanno un po' spostato in avanti i confini del comune senso del pudore: Totò mi osserva attraverso un acquario mentre io sto in un bagno turco e quando ne esco, ovviamente senza vestiti, un pesce gli passa davanti e lo «impalla»... un pesce, appunto, «democristiano». Fu una scena faticosissima perché io, chiusa in quel bagno turco, dovevo fumare: a fine riprese avevo fumato 90 sigarette!» [...]

Alberto Crespi, «L'Unità», 11 aprile 2007


I documenti

A proposito del pesce democristiano...

Ogni volta che incontravo giovani fan mi dicevano "Eh, se non ci fosse stato il pesce democristiano...". Non dimentichiamoci che erano anni in cui Scalfaro, successivamente Presidente della Repubblica, prese a schiaffi una signora in un ristorante perchè aveva un vestito troppo scollato...

Isa Barzizza


Partitura originale “Sei venuta per me”, del M.o Pippo Barzizza testo E. Morbelli, nel film Fifa e arena (1948)

Due tori nella Plaza


Una delle scene più complesse del film fu quella ambientata nella plaza de toros: Totò dovrà affrontare un toro. Ricorderà Dino Valdi, la controfigura ufficiale di Totò:

In realtà i tori erano due: uno vero e l'altro finto. Non erano però dello stesso colore così, non ricordo di chi fu la brillante idea, pensarono niente meno di scurire il primo, quello vero. Dopo le prime spennellate, l'animale cominciò a dare segni di nervosismo, fino a quando si arrabbiò sul serio, ruppe le corde che lo trattenevano e, in una frazione di secondo... l'avvocato Mattoli era già in cima al proiettore.

Dino Valdi


Fifa, arena e il cachet

"Inserti pubblicitari" venivano inclusi nei film anche negli anni 50; la reclame in questione, relativa ad un medicinale molto popolare in quel periodo, è inserita nel film "Fifa e arena".

L'uso dell'immagine di Totò nella pubblicità


Fifa, arena e Rodolfo Valentino


Fifa e arena vede Totò nelle vesti di un maldestro toreador, simile al celebre Rudy, mito della sua gioventù.


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Sulla falsariga dell'americano Sangue e arena, è una discreta parodia diretta con mestiere da Mario Mattoli. Si tratta della classica commedia degli equivoci in cui Totò, ritenuto un criminale, finisce in Spagna e si ritrova torero. Napoli e la Spagna si combinano attraverso gag spesso (ma non sempre) riuscite in cui l'attore fa sfoggio della proverbiale bravura, stavolta forse non adeguatamente sorretto dal resto del cast.
  • Parodia del più serioso (e soprattutto drammatico) Sangue e Arena, riuscita solo in parte per via di una storia sviluppata piuttosto superficialmente: d'altra parte avere, nel cast, un attore come Totò (in grado di dare libero sfogo ad improvvisazioni esilaranti) giustifica in parte la poca cura di una sceneggiatura funzionale, unicamente, a dare risalto alle scene comiche (l'incipit in farmacia, il viaggio in aereo "en travesti", la bevanda di "fuoco", la "corrida" finale). Come sempre, Totò può contare sulla importante presenza di Castellani.
  • Parodia di Sangue e arena, in perfetto stile comico alla Totò, con la storia di un napoletano che per un equivoco deve fuggire in Spagna, dove si improvvisa torero. Come nella grande maggioranza dei film di Totò, il film “è” Totò. Il grande comico è qui in una delle sue interpretazioni più esilaranti, con irresistibili gag, travestimenti e giochi di parole. Notevole il “pesce democristiano” che gli impedisce di vedere una donna nuda.
  • Un errore di persona è l’inizio di una girandola di avvenimenti avventurosi e divertenti di cui è protagonista un Totò in gran forma. Come spesso accade in questi film le singole parti valgono più del tutto e non tutte le gag e le battute valgono allo stesso modo, ma alcuni pezzi sono davvero uno spasso grazie al “principe” della risata.
  • Ironico fin dai titoli di testa (amico tecnico del campanello, cugina aiuto regista) con un inizio assurdo (mare, pescatore, pesci che si impanano da soli, quindi farmacia...) il film contiene qualche scena piuttosto comica come quella del panino indigesto o la reazione (super mimica) della bevanda infiammabile. Simpaticissimo il grande Totò, capace grazie alla sua espressività di farci sorvolare su grossi buchi in sceneggiatura (e trama decisamente tirata per le lunghe). Nonostante il sucesso però, le vere scene valide sono molto poche. Simpatico.
  • Totò prima maniera: farsesco, più vicino alla comicità americana fisica che a quella della commedia all'italiana. Ci si diverte ugualmente, perché la trama è imbastita su equivoci che si susseguono veloci, con molte gag riuscite e qualcuna meno. Notevole l'apporto dei comprimari tra cui il fido Castellani, Pavese medico esaltato e la coppia Barzizza/Benti. Buono.
  • Tra i Totò più memorabili degli anni '40; e dire che la massiccia robustezza del parodizzato (il film di Mamoulian) faceva temere terribili incornate. Al contrario Mattoli, esperto di tauromachia registica, sfrutta il metronomico script di Steno/Marchesi vivacizzando costantemente il quadro con cambi di scenario che dan modo al Principe di esperimentar la gamma estesa della sua comicità in moto perpetuo (farmacista, hostess, criminale e torero), passando con disinvoltura dall'astratto (il panino al sapone) al fisico (la Corrida). Che piacere scorrere il cast...MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La musica di Pippo Barzizza (papà di Isa) sui titoli di coda; La celeberrima battuta sul pesce democristiano.
  • Tappa importante nella carriera di Totò perché finalmente riesce a rifinire il personaggio che lo renderà celebre; riesce a liberarsi della eccessiva caratterizzazione che ha contraddistinto le precedenti interpretazioni, di impostazione eccessivamente teatrale e troppo legata alla commedia dell’arte da cui proveniva. Emergono qui le sue doti trasformistiche e compie il salto definitivo come attore di cinema, anche se in alcuni momenti il film si perde in confusione.
  • In ordine strettamente cronologico è a partire da questa strepitosa parodia di Sangue e arena che Totò diventa per me "riconoscibile"; non so spiegarvi il perché, ma è così. Da questa pellicola in poi, il Principe inizia a farmi davvero ridere. Mi piace anche il fatto che sia stato un grande successo, che, per l'epoca, abbia fatto incassi da record e lo siano andati a vedere in massa, con tanto di zuffe davanti alle casse dei cinema che lo proiettavano. Molto genuino "sapore d'epoca" e un sano divertimento. Classico del cinema comico italiano.
  • Il film dove il Principe Antonio De Curtis diventa definitivamente Totò. Se prima di questa pellicola Totò entrava da attore nello schema di qualche testo forte a lui preesistente, da Fifa e arena é lui stesso l'occasione produttiva dei film, che vengono da ora tagliati a misura della sua comicità funambolica. Qui le gag si susseguono una quasi indipendente dall'altra a costruire un film di impostazione teatrale e rivistaiola con Totò che dà il meglio di sè con smorfie, lazzi, contorsioni e giochi verbali di travolgente comicità astratta. Discreto.MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Convincenti e gustosissimi i duetti di Totò con Ada Dondini.


Le incongruenze

  1. In una scena Totò fa le boccacce ad un pesce in un aquario, ma il pesce è spudoratamente finto.
  2. Totò, per evitare di scendere nell'arena, mangia delle sigarette così gli verrà la febbre e non farà il torero. Per avergli misurato male la temperatura, farà la corrida lo stesso. Comunque sia andata a
  3. finire, è illogico che dopo non abbia nessun sintomo della febbre, avendo mangiato diverse sigarette.
  4. Nella camera d'albergo Totò sta tagliando a metà una pagnotta ma si vede benissimo che, in realtà, la pagnotta è già tagliata.

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo

La strada di Napoli dove Nicolino Capece (Totò) si infila su di un autobus di passaggio per evitare la cattura da parte dei passanti che lo avevano scambiato per il serial killer la cui foto campeggiava sul giornale si trova in realtà a Roma ed è Via Bruxelles. Qui vediamo Totò che, alzatosi dalla sedia del banchetto del lustrascarpe sulla quale era seduto, cerca di darsela a gambe mentre la folla sullo sfondo tenta di sbarragli la strada.


 

Nella visuale sull’altro lato della strada, mentre Totò cerca vanamente di cambiare la direzione di fuga, riconosciamo sullo sfondo l’edificio dalla linea tonda affacciato su Largo Ecuador. 


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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Raro, «Gazzetta del Popolo», 31 luglio 1948
  • «Gazzetta Sera», 31 agosto 1948
  • Gigi Michelotti, novembre 1948
  • Leo Pestelli, «Stampa Sera», 25 novembre 1948
  • «La Stampa», 25 novembre 1948
  • Lorenzo Quaglietti, «L'Unità», dicembre 1948
  • «Il Lavoro», 10 dicembre 1948
  • «L'Azione», 17 dicembre 1948
  • «Il Paese», 23 dicembre 1948
  • al. or., «Il Messaggero», 23 dicembre 1948
  • «La Voce Repubblicana», 24 dicembre 1948
  • c. tr. (Carlo Trabucco), «Il Popolo», 25 dicembre 1948
  • «Cine Sport», 31 dicembre 1948
  • «Gazzetta del Monferrato», 31 dicembre 1948
  • Arturo Lanocita, «Il Nuovo Corriere della Sera», 4 gennaio 1949
  • Alberto Mondadori, «Tempo», n. 3, 15 gennaio 1949
  • Ennio Flaiano, «Il Mondo», 31 dicembre 1949
  • «Corriere della Sera», 22 luglio 1992
  • Alberto Crespi, «L'Unità», 11 aprile 2007