Articoli e ritagli di stampa: anni dal 1900 al 1919
Peppino Villani e Gustavo De Marco, figure a cui Totò deve molto per la nascita del comico. Personaggi del varietà di inizio 900; da Scarpetta a Pasquariello, da Raffaele Viviani a Ettore Petrolini, fondamentali per l'ispirazione della maschera comica del futuro Totò, noto fino a circa il 1915 come "Antonio Clerment". Le prime esibizioni nei teatri Diocleziano, Statuto, Orfeo ed il Salone Elena di Napoli.
Totò
Cocò, virtuosa, La Zingara, cantante di voce ed in pieno carattere, Totò, comico esilarantissimo: Targon felice imitatore. Quindi un programmino ben fatto epperciò ben accetto. Giovedì debutto della Compagnia romanesca diretta dal Laurenti.
«Café-Chantant», 26 ottobre 1915
Statuto. La compagnia comica napoletana con la nota maschera del Pulcinella Giulio Balzano, costituisce la delizia dei molti hàbitues, i quali applaudiscono alle buone risorse di Totò, degno emulo di Gustavo De Marco, e ai restanti numeri femminili : Etter Gulliman, Lina Rosental, Lina di Zara, e Tina Zanò. Per un locale dove l'ingresso è a pochi centesimi, non si potrebbe desiderare di meglio, e questo dica anzi, dell'abilità del caro Cruciani, che lo si trova un po’ dappertutto.
«Café-Chantant», 11 maggio 1916
«Café-Chantant», 11 giugno 1916
Salone Elena. Gustavo De Marco, pardon, l'imitazione particolare eseguita da certo Totò e dicono, esageratissima. La Juanita piccola diva del varietà. I Kastelmur, danzano che è una meraviglia. I Crialesi burleschi musicali, La Parisiena danzatrice, Teide Mercede, eccentrica. La Santorio, idem, Santarellina canzonettista , come pure canzonettista è la Elvira Rossi entrambi graziosissime. A terminare il varietà ci pare la stabiiè Compagnia De Marco [’nfru’J sempre esilarante sempre applauditissima.
«Café-Chantant», 5 febbraio 1917
Al Diocleziano è ritornata Ida Thais stanca forse dei lunghi e beati ozii. Insieme a Marcella romanziera, a Maria Scozia e a Grisette, eccentriche, a Persico, imitatore, al Duo Mirabelli, a Totò, sempre pieno di brio , si ottiene una fusione di bravi e buoni elementi.
«Café-Chantant», 15 aprile 1917
Trianon. Agisce la compagnia dialettale napoletana Sportelli, con soddisfazione dol colto pubblico che seralmente gremisce la bella sala. In tutti e tre gli spettacoli, per esempio, il teatro ieri sera presentava un bel colpo d’ occhio. Applauditissimo fu pure, come al solito, il concerto di varietà, nel quale emergono il comico Totò , Rina Fiore e le Ondine, con altri buoni numeri.
«Café-Chantant», 11 agosto 1917
Al Dioclexiano, modesto sempre, ma sempre sulla breccia, si fa meritatamente valere Ada Del Monte nelle nuove canzoni, e con essa piacciono Fanny, Luisette, la Capurro, la Favorita, quattro eccentriche, la Zazzoni e la Siciliana, canzonettiste e Totò, comico.
«Café-Chantant», 11 settembre 1917
Peppino Villani
Peppino Villani - «Café-Chantant», novembre 1903
Peppino Villani
L’ immensa simpatica popolarità che gode questo artista genialissimo fra i pochi veri comici napoletani, è la prova non dubbia del suo immenso valore. La sua carriera artistici è stata una continua ascenzione di progressi, giacché egli, a differenza di quei comici che a torto si chiamano così, sol perchè imparandosi scimiottescamente poche macchiette credono di aver toccato l’apice della loro carriera, Peppino Villani non si è mai contentato di fare la sua stazione di riposo. Egli, da vero intelligente e cosciente dell’arte comica, ha saputo mettere sempre a profitto le sue naturali qualità di artista , con uno studio assiduo, minuzioso, entusiasta, che certo doveva dare i soddisfacenti risultati eh’ egli si aspettava. Ed è stato infatti così. Invece di posare sui facili allori, egli ha capito che per emergere veramente sulle masse non è sufficiente l'imitazione sistematica degli altri, ma lo studio appassionato dal vero dei tipi ch’ egli si propone di creare e di rendere con quella verità e comicità che seducono. Con tal metodo sicuro per quanto difficile e non alla portata di tutti, raggiungere la perfezione è cosa sicura per quanto ardua e primo coefficiente da possedere è la genialità!
L’ artista geniale può ciò che vuole, sempre che sa coltivare le sue naturali doti con l'incessante osservazione e con la febbrile ansietà di sempre più perfezionarsi. Ed è stato questo appunto il metodo seguito da Peppino Villani il quale se gode una popolarità così diffusa e così bene accetta, essa non è il risultato di una ridarne insulsa e vacua, ma il premio meritato e soddisfacente di uno studio incessante ed appassionato.
La lunga pratica del palcoscenico, accompagnata dalle doti di una spiccala intelligenza, hanno fatto comprendere a Peppino Villani che la prima cosa da intuire per un artista dei suo genere, è la qualità del pubblico innanzi a cui, nella varietà dei locali che è costretto girare, deve rappresentare. Infatti egli possedendo tale segreto d’intuizione, a seconda i pubblici, esegue quella parte di repertorio che può essere più accettata e gradita. La macchietta elegante, raffinata gommeuse, se la serba per certi pubblici, come la macchietta smargiassa, alquanto spinta, che rende a maggioranza tipi popolari, se la serba per certi altri. In tal modo egli soddisfacendo la varietà di tutti i gusti ottiene ovunque il sicuro successo. Un altro merito spiccatissimo di questo valoroso artista è quello di scartare dal suo repertorio, che è tutt’altro che limitato, tutto ciò che sa di odiosamente e crudamente pornografico. Pur conservando la salacità, la dose pepata del doppio senso e dei sottintesi egli sa rendere in modo da essere accessibile ad ogni gusto di pubblico. E’ per tale ragione ricercato continuamente da ogni specie di imprese, grosse e piccine, mal* grado la vistosa paga, ch'egli percepisce, assicurando la comparsa del suo nome sui cartelloni, il concorso sicuro di un pubblico enorme. Preciso e sapientissimo nel trucco egli possiede un vestiario oltre ogni dire completo ed elegantissimo.
Egli per ogni macchietta cambia un vestito completo, adatto al tipo che rappresenta ed in ciò è ammirevole per una rapidità fregoliana !
A tante qualità eccellenti che fanno di Peppino Villani un artista ammirato e ricercatissimo egli aggiunge i pregi di una voce robusta e gradevolissima , pregio non abituale nei comici, e che egli se ne avvale per non limitarsi alla sola macchietta a dizione , a sottolineatura orchestrale, ma per eseguire con grande lode , la canzone popolare a piena voce, con tutte le suggestive qualità di slancio e di sfumature.
Peppino Villani può in tal modo dirsi il comico cosmopolita. A suo mezzo la macchietta popolare, presentata con tutto l'entourage necessario e resa con tutta la sincerità possibile, trova il plauso ed il successo ovunque. Egli può girare, a differenza di molti comici, i ritrovi più varii e più diversi. Infatti egli, dopo i continuati e clamorosi successi che ha ottenuto fra noi, nella sua lunga permanenza, prima al teatro Excelsior, poi al teatro Nuovo ed ora al Partenope, andrà ad esilarare il distinto pubblico dell* Eden di Milano, nei primi di dicembre, ritornando nuovamente fra noi la sera del 25 dicembre per rimanervi poi fino a tutto il carnevale.
E’ stata per noi, questa volta, una vera soddisfazione di esserci occupati di un’ artista tanto distinto e popolare, e ci auguriamo che le rapide impressioni fermate nella fretta di un'istantanea, possano dare un’ idea della stima e dell'ammirazione che abbiamo per Peppino Villani, trovandoci in ciò in pieno accordo con la sconfinata ammirazione che gli vien prodigata da tutti i pubblici italiani.
Robert «Café-Chantant», novembre 1903
Peppino Villani - «Café-Chantant», 1 gennaio 1904
Peppino Villani
Come un amante lontano da tempo dalla sua bella, son tornato dopo una certa assenza, ansiosamente, a godermi uno spettacolo di caffè - concerto e per mia buona fortuna reggeva le sorti del palcoscenico Giuseppe Villani.
Dirvi con quanto interesse io abbia ascoltato è certo superfluo. Se egli riesce con la magia della arte sua a tener desta l’attenzione de] pubblico dei suoi hobUuàè che lo applaudiscono per mesi in-teri senza mai stancarsi; pensate un po’ qual fascino debba egli esercitare su chi, come me, è stato qualche tempo lontano dall’allegra e variata ribalta.
Posso dire che di tutti i numeri, e ce n’erano dei bellissimi, lui solo si accaparrò tutte quante le mie facoltà gaudenti. E ciò è facilmente spiegabile, giacché egli fu per me dppiameute interessante: mi divertì e mi fece pensare.
Mi divertì per la varietà dei tipi che in meno di un’ora fece passare innanzi ai miei occhi, che rimasero attoniti erme pel rapido sfìlare di un vivente cinematografo, e se non temessi di diventar iperbolico, direi di un cinematografo e di un fonografo sommati insieme. Perchè il Villani ad ogni mutar di tipo, cambia perfino la voce adottandola meravigliosamente, alla interpretazione perfetta del personaggio che rappresenta. E ciò è certo difficoltà non lieve, e se egli vi riesce così esattamente, specie nella parte più difficile che è quella della donna, ha più a congratularsi con la natura che lo ha dotato di un organo vocale cosi duttile, che con la sua abilità,
Però, ciò dicendo, non intendo affatto di menomare quest’altra sua dote, che in altre esplicazioni dell'arte sua cosi meravigliosamente trionfa; e nel trucco eccelle addirittura, per quella* lieve accentuazione del lato comico che caratterizza i differenti tipi. A questo proposito è bene dichiarare che cadono in un grave errore coloro i quali pretendono dal comico la scrupolosa riproduzione di un personaggio. Essi invece a rigore di logica debbono presentarci la caricatura non la copia fedele, altrimenti verrebbero mono alla missione loro che è quella di divertire, non di stancare. E in (mesto consiste tutta la grande difficoltà dell’arte di esagerare cioè senza snaturare. E da tal lato Peppino Villani è maestro addirittura, sapendo cogliere in vis comica di un tipo e sobriamente sottolinearla, fino ad ottenerne quei clamorosi effetti che gli fanno mietere tanti successi, èffenta fortuna. f E ciò mi ha fatto pensare. Nel ^nto spirito si sono affacciate ma quantità di considerazioni sulle diverse estrinsecazioni artistiche e sui diversi artisti, che sarebbe troppo lungo di riportare qui, ed alle quali mì riserbo un articolo a parte.
E pensando, ammiravo. Ammiravo i rapidi travestimenti, più per la correttezza, che per la loro rapidità, qualità questa che colpisce il pubblico grosso, ignaro dei misteri delle quinte; e mi attardavo a considerare il ricco vestiario, che da solo meriterebbe un sapiente articolo; giacché esso dimostra il buon gusto del Villani, nel guidare e correggere l'abile mano del sarto; come guida e corregge le strofe di taluni poeti che gli scrivono i versi, adattandoli alle esigenze del pubblico e spesso anche... della questura. lo non ho voluto fare, scrivendo queste poche parole per Peppino Villani, un articolo biografico, e neanche un articolo critico. Ho semplicemente dato la stura all’impressione mia, senza neanche accennarle a quella del pubblico. Che, se questo a vessi voluto fare, avrei dovuto lungamente cercare gli aggettivi che almeno in parte avessero potuto dare una pallida idea dell’entusiasmo che egli sa destare nelle masse.
E dico masse, non per dire solamente pubblico popolare, ma per accennare alla generalità; giacché di fatti i suoi ultimi straordinari successi- all’Eden di Milano, il più aristocratico dei concerti d’Italia, hanno dimostrato come egli sia sempre lo stesso artista, lavori dinanzi ad un pubblico select o nel più popolare dei teatri.
Un vecchio redattore, «Café-Chantant», 1 gennaio 1904
Peppino Villani - Recensioni e commenti
Nel prossimo luglio Peppino Villani festeggerà le sue nozze d'argento con l'arte. Venticinque anni! La vita di un’artista ! Un'onda di ricordi ci assale; un'onda di ricordi ove campeggia tutta la storia del varietà italiano che spesso ha trovato in questo illustre dicitore dei versi più brillanti il suo esponente maggiore.
Quando venticinque anni fa il non mai abbastanza compianto Gennaro Pantalena presentò al pubblico nostro il giovanetto Villani e lo preconizzava artista di gran valore nessuno avrebbe mai immaginato che quel giovanetto, allora comico in una compagnia dialettale, avesse potuto, valendosi del suo temperamento eccezionale, del suo proverbiale attaccamento all'arte ed allo studio, portare una profonda innovazione nel campo artistico del varietà.
Quale lunga carriera e quale tenacità di propositi ! Il biografo di Peppino Villani, parlando di un artista della canzonetta brillante e della macchietta si troverà ad aver fatto un trattato pedagogico per gli artisti giovani, giacché la vita di questo nostro innovatore può benissimo essere portata ad esempio per tutti coloro che si danno alle piccole scene.
Ma non possiamo noi, in un veloce articolo di rivista, riepilogare la lunga serie di successi raccolti sulle maggiori ribalte dal Villani. Sibbene riandando tutto quel che si è scritto di lui su queste colonne da ventuno lunghissimi anni, vogliamo ancora una volta affermare la nostra simpatia e la nostra ammirazione per chi non ha mai tradito un puro principio artistico rubando al lazzo oscena ed al trucco idiota una risata del publico ed un applauso.
L’arte di Peppino Villani si è mantenuta sempre giovane e fresca perchè trae dalla vita la sua impronta veritiera. Così la sua linea caricaturale, le sue battute meravigliosamente comiche di cui molte sono restate antonomastiche, la maschera impareggiabile di questo brillante napoletano nel più vero significato dell'espressione sono restate e resteranno come le pietre fondamentali di un genere che si può imitare ma non raggiungere o superare.
A Peppino Villani, nei che gli fummo sempre amici, l’augurio di un ancora lunghissimo cammino nell'arte sua.
«Café-Chantant», 10 gennaio 1917
....bis e basta....
Peppino Villani
La gloria di D. Peppino Villani non si arresta a quella ch'egli ha saputo conseguire in palcoscenico come insuperabile esecutore di tipi e macchiette ormai di notorietà universale...
Son già due anni che Villani, vinta la modestia schiva che è in fondo al suo carattere, ha cominciato a publicare i suoi versi : canzoni appassionate o birichine, macchiette o parodie di brillantissima vena: ed eccolo di colpo fra gli autori piedigrotteschi più quotati e più cantati non solo dai grandi interpreti suoi colleghi; ma dal popolo che è il giudice più severo e più sincero. Quest'anno la vena di Peppino Villani è stata fertilissima. Per La Canzonetta del Cav. Uff. Feola ha scritto 'O mare, melodia con N. Valente, cantata da Pasquariello e Papaccio, e la spumeggiante Uno surtanto con Lama, lanciata con il solito entrain dalla Bruges.
Per la Casa Santa Lucia, Villani ha scritto Ch’effetto po’ me fà?, musicata briosissimamente dal Cannio e lanciata dal poeta-attore nelle audizioni cui ha preso parte al Trianon e Bellini. Con Capolongo ha composto una drammaticissima Nun m’a pozzo spusà e una sbrigliata monellesca M’ita fà una carità che a traverso la sua propria interpretazione diffonderà letizia in tutta Italia insieme ad altre molto gustose novità eh' egli si è riservato personalmente di lanciare durante la sua tournée attraverso l'Italia, negli stabilimenti Pittaluga, che avrà inizio dal 18 corrente.
Ci piace chiudere queste note meritate con il recente giudizio dell'illustre poeta napoletano Libero Bovio :
Peppino Villani, insuperato maestro di comicità, geloso custode di una tradizione che egli rinverdisce con le formidabili risorse del suo talento di interprete, passa conte un monito ed un esempio sulle piccole scene del varietà italiano. La sua maschera ride, ma talvolta nel fondo della sua pupilla trema una lacrima. E’ tutta materiata di umanità la sua arte. Con Totonno 'e quagliatila e Scugnizzo egli additò nuove vie. E gli immemori seguaci ebbero buona fortuna.
A Peppino Villani la fortuna non fu matrigna poiché gli concesse dovizia di talento ed arte !
«Café-Chantant», 10 settembre 1926
Gustavo De Marco
Zompa chi può di Gustavo De Marco - «Café-Chantant», agosto 1913
Gentile e amabile lettore,
i malevoli dicono che io sia il comico che zompa. Zompare vuol dire salto, cd io sono contento d’essermi lanciato nel Cafè-Chantant, lasciando di mezzo l'insignificante paga dell’oscuro artista da baraccone o da teatro, le sofferenze di una misera vita e la critica spietata e rabbiosa di tanti geni occulti cd incompresi, che si agitano sempre senza mai muovere un passo oltre i confini della propria pigrizia e ignoranza.
Zompo, ma i miei zumpi sono salti artistici, perchè io amo l’arte più di me stesso, non ho mai dimenticato di essere figlio di due artisti, ho sempre vissuto nella famiglia artistica ed ho la prerogativa di essere nato in un camerino del popolare Teatro S. Ferdinando di Napoli.
Proprio così! Nel 1833 mio padre, buon anima, e mia madre recitavano nella compagnia drammatica del cav. Federico Stella.
II buon pubblico napoletano ricorderà certamente Rodolfo De Marco, il primo attore giovine, e Letizia Crispi, la seconda donna di quella compagni*. Trenta anni or sono, quando io ed il Cafè-Chantant non esistevamo ancora, i miei modesti genitori pensarono di darmi alla luce... del palcoscenici ! in un momento che il buttafuori dava luce alla ribalta. Saltai fuori inaspettatamente, tanto che l'attrice Signora Amalia Cutrinelli dovette disimpegnare la parte di levatrice. E nacqui vispo, nutrito e paffutello al punto che i! buono e carissimo artista Giuseppe Pironi, il tiranno del Teatro di via Pontenuovo, soleva chiamarmi: ’O munacone, diventato oggi, per uso e consumo della vita, un vero palicco (traduci stuzzicadenti).
Nato nel camerino, dopo cinque giorni, ebbi il battesimo di arte nello stesso teatro. Si rappresentava il dramma del Mastriani : « Le Ombre » ed il Cavaliere Stella, per fare uno scherzo, mi mise in una culla e diede verità e colorito alla parte del Pironi, che mi rapì, attirandosi l’odio atroce ed implacabile del pubblico, che al momento dell'azione mi sentiva insistentemente vagire.
Passarono cinque anni dal mio primo debutto e bisognava riaffermarsi. Dai vagiti passai alla comparsa ed ai monosillabi di Adolfo, figlio di Guglielmo, protagonista del popolare dramma I due sergenti.
L’anno dopo, l'applaudito attore ed autore Crescenzo di Maio, scrisse e diede alle scene il suo dramma « Infanzia abbandonata » In esso, fra i personaggi di ambiente; vi era la particina di uno scugnizzo, che mi fu affidata. Interpretrai quella parte come meglio potevo, con tutto l’entusiasmo di un grande piccolo artista, movendomi, parlando e gesticolando proprio come uno scugnizzo. Nella breve recitazione, la mia anima si trasfuse in quella incoscia, sensibile, allegra e travagliata del piccolo personaggio del basso fondo, e ricordo che ottenni un vero ed entusiastico successo quando imitai, a perfezione, il combattimento dei Paladini di Francia, una delle speciali caratteristiche degli scugnizzi, assidui frequentatori dell'opera dei pupi. (Marionette)
Quest’azione fu da me aggiunta a soggetto, ed oltre agli applausi mi procurò una prima scrittura di centesimi 50 per sera, paga che mi fu mantenuta dall’Impresa Bartolomeo fino all'età di 10 anni. Nella mia fanciullezza io non vivevo che per il teatro e sentivo in me una forte passione per l’arte drammatica.
Mio padre lasciò le scene per dedicarsi completamente al suo ufficio di spedizioniere in via Montcoliveto, ora gestito da mio fratello Giovannino. Egli voleva darmi una buona educazione, farmi istruire e, perciò, mi tenne nel collegio dell'Ateneo Chierchia.
Feci poco profitto dello studio, perchè mi riusciva più facile imparare bene ed in breve tempo una scena dell'Otello e dell'Amleto che un piccolo brano di storia, i cui uomini avevano potuto interessare il passato e non avevano nulla da vedere col presente.
Non parliamo della geografia, per la quale ritenevo che tutto il mondo è paese e che, senza bisogno di libri, carte, di latitudine, longitudine ed equinozi, bastasse qualunque mezzo di trasporto, terrestre, marino, aereo, a trazione meccanica od animale per raggiungere qualsiasi provincia, città, villaggio o casa colonica, compresa fra i poli, l'oceano Atlantico ed il fiume Sebeto. Nel collegio io pensavo al teatro, all'arte, al pubblico, ai drammi, alle commedie, ai successi ed ai 50 centesimi di paga perduti.
Soffrivo in silenzio e detestavo l'aritmetica per essere stato sottratto dal S. Ferdinando. Venne finalmente il carnevale. Don Alfonso Chierchia, egregio direttore del collegio, pensò bene di farci divertire e, da uomo pratico e geniale, trasformò una stanza dell'Ateneo in teatrino.
Oh, la visione della scena! Mai avevo sentito tanto amore, tanto affetto e tanta rispettosa devozione sia pel direttore, nella sua duplice qualità, che pel professare Meri, il quale, fra i diversi drammi, consigliò e prescelse il « Pietro Micca » la cui parte principale mi fu assegnata, per essere riuscito primo fra tutti gli alunni esaminati.
![]() |
E che preparazione! che Pietro Micca! che applausi! e che successo!...
Da quel giorno non ebbi più pace: il teatro era l'unico mio pensiero! Mio padre, dopo le mie insistenti preghiere, mi tolse dal collegio c mi fece frequentare la scuola come alunno esterno. Ebbi cosi maggiore libertà cd incominciai subito a frequentare il Circolo Cerace ove, in breve tempo, divenni il direttore della compagnia, interpretrando, Dio sa come, l'Otello, La morte civile, Gli spettri e tanti altri capolavori drammatici, che mi davano l'agio di sfogare e di rompere le scatole alla povera gente, invitata ad assistere alle rappresentazioni per gustarsi il sangue!
Trascorse un anno e dal circolo Cerace passai al circolo Chiarini, saltando dal tragico al comico, dal Maieroni all'Antonio Petito.
E fui Pulcinella, avendo per compagno indivisibile Don Felice Sciosciammocca, impersonificato dal mio carissimo amico Ernesto Colmaier, ora ragioniere della casa Gecnovais.
Un bel giorno scappai di casa per seguire una piccola compagnia di comici girovaghi. Soffrii la fame, il freddo, mille privazioni e mi piegai, per necessità, alle più dure umiliazioni.
La compagnia si sciolse ed io rimasi, in un paesello della Sicilia, solo, senza mezzi e senza risorse. Non mi perdetti di animo: mi presentai dal Sindaco e chiesi ed ottenni di tenere, la sera dopo, una conferenza al teatro Comunale sul tema: L'educazione del Popolo!
Il teatro era gremito di spettatori. Mi presentai in frach, feci dal palcoscenico una profonda riverenza e, con voce squillante, affettata, tremula e stenteria incominciai a parlare saltando di palo in frasca. Che dissi? Mah! Chi ricorda!... Mi accorgevo che per una conferenza sull'Educazione del Popolo non vi era da sperare di meglio sull'educazione del pubblico. Dal sentimento materno passai a sfruttare il sentimento patrio. In quell’epoca si combatteva in Africa. Riproduco uno spunto della mia conferenza che, fin d’allora, gelosamente conservo:
— Signori, Napoleone diceva che i destini della patria si formano sulle ginocchia delle buone madri. Quanti buoni figli combattono impavidi in quest’ora solenne, contro l'orde nemiche. Essi furono cresciuti e cullati sulle ginocchia delle loro madri, succhiando il latte della razza latina. Che siano benedette le ginocchia delle madri italiche I...
A questo punto fui assalito da una forte emozione. Mi mancò la parola e pensando: Mamma mia, che rovina!... gridai: Viva l’Africa di Menelich!
Avevo troppo abusato dell'educazione degli spettatori. Urli, fischi, proteste e minaccio, con lancio di bastoni, scarpe, sedie ed ogni oggetto offensivo cd utilizzabile alla bisogna. Folle di terrore, forzai la porticina del palcoscenico e scappai nell'interno di un cortile. Fuggivo con le ali del frach aperte al vento, mi vedevo sperduto nel buio, e nel cercare la strada, caddi in un pozzo nero, rimanendovi dentro per metà della persona. Restai più di un’ora in quella critica posizione: muto, perplesso, senza fiato, timido, abbattuto e dai piedi al ventre imprigionato nella melma nera! Fui tirato fuori più morto che vivo e consegnato.al funzionario di P. S. che, con foglio di via, mi rimpatriò. Sorvolo dì descrivere le accoglienze paterne perchè facili ad immaginarsi!
A nulla valsero gli schiaffi, i pugni, i calci e tanti altri argomenti convincenti e sentiti. Volevo fare l'artista e mio padre fini per cedere, raccomandandomi al Comm. Eduardo Scarpetta, il quale mi assegnò il ruoto muto. Temevo di perdere la favella e per sciogliere la lingua, passai nella compagnia di don Gennaro Pantalena, restandovi pochi giorni per non essermi stato concessa la parola...
In quell'epoca incominciava a far capolino il Cafè-Chantant
Al Teatro Manzoni di Napoli, ebbi occasione dì conoscere Ersilia Sampieri, la quale s'interessò di farmi scritturare da Alfredo Melidoni, direttore della compagnia. Guadagnavo una lira al giorno e facevo il secondo attore brillante.
Il Melidoni sciolse la compagnia e, mancandomi la parte di brillante e la lira di bronzo, piombai in una compagnia di operette d'infimo ordine, ove più che la fama di artista provai la fame degli artisti !
Fu cosi che mi scritturai nella compagnia di Giuseppe Scelzo, che agiva al teatro Fenice. Di essa faceva parte la Sampieri, che oltre a recitare nelle commedie, cantava delle canzonette con crescente ed entusiastico successo.
Io amavo l'arte drammatica e detestavo il Cafè-Chantant, che di giorno in giorno andava acquistando, a mio dispetto, la simpatia e l'interessamento del pubblico.
Confesso che il Cafè-Chantant mi dava da pensare ed una sera decisi di voler fare un piccolo zampo nel teatro di varietà. Manifestai il mio desiderio alla Sampieri ed accettai subito la sua proposta di cantare a duetto.
Debuttammo insieme alla Fenice. Avevo una gran paura ; ero sempre trepidante, confuso ed incerto, e per dieci o dodici sere, tirai avanti alla meglio. Mi mancò il coraggio per resistere; soffrivo, mi vedevo menomato nella dignità di artista e non volli più saperne del Varietà. Feci un zumpo indietro e ritornai a recitare solo nelle commedie.
Passarono tre mesi ed il comico macchiettista Ciccillo Mazzola doveva debuttare alla Fenice. Egli, proprio il giorno del debutto, scrisse al signor Vincenzo Granito, segretario del teatro, che non poteva mantenere il suo impegno perchè ammalato.
Il Granito diventò di... stucco!
Ad ogni modo non si perdette di animo. Corse da me, mi strinse in un abbraccio fraterno e mi domandò come stavo in salute e come mi sentivo con la voce.
— Per grazia di Dio, bene.
— E Mazzola è ammalato!
Ciò dicendo Granito mi strinse di più. I suoi occhi si fecero rossi. Ebbi paura che fosse uscito pazzo, specie quando lo sentii ripetere:
— Tu sei Mazzola, tu sei il macchiettista, tu devi cantare alla Fenice. —
A me mancava il coraggio ed ogni cosa per fare un zumpo al posto di Mazzola. Seguii Granito col sorriso ironico sulle labbra. Egli mi poi tò prima dal parrucchiere Raffaele.
Piccirillo, che mi forni subito di nasi, grufi e parucche, e poi da Mimì Albin, che fu gentilissimo di prestarmi le musiche delle macchiette: « Il Marchese », Il professore di scherma, Mo song'ommo, mo, ’O sbruffone ed altre che non ricordo.
Imparai alla meglio i versi delle canzonette e la sera debuttai, ottenendo un successo lusinghiero, che non avrei mai sperato. Il pubblico mi fu largo di applausi e di richieste di bis, e l'impresa mi aumentò la paga a L. 2,50 al giorno. Ciò valse ad incoraggiarmi e spingermi di più per diventare un macchiettista.
Allora l’insuperabile Nicola Maldacea, il nostro maestro, il caposcuola della nostra arte, deliziava il pubblico del Teatro Umberto I. Alla sera, appena che avevo finito di cantare alla Fenice, come primo numero, correvo all’Umberto per sentire il creatore della macchietta sociale, apprendere da lui, seguirlo negli gesti, ammirare i trucchi, coglierlo nelle sue arguzie, impressionarmi della sua semplice e veristica dizione. lo restavo ammaliato dalla sua arte, perchè Maldacea era ed è un grande artista. Debbo principalmente a lui se, dalla diffidenza, passai all'amore per il teatro di Varietà.
Studiai, imparai altre macchiette e mi feci conoscere per i piccoli locali di Cafè-Chantant per cantare poi al Rossini, alla Partenope ed all'Eden di Napoli, ove rimasi 80 sere consecutive.
La febbre, l’amore e la passione pel Varietà crebbero a dismisura.
![]() |
Ho già detto che la geografia mi aveva fatto solo conoscere i nomi di molte città, senza mai riuscire a rintracciarle sulla carta. Eppure avevo una tendenza spiccata di muovermi da Napoli e conoscere quel benedetto Stivale d’Italia, rimastomi impresso più verso il sud ad opera del mio professore dell’ Ateneo Chierchia. Cercai una duettista, mi affiatai con la Nina Valentini, ed invece del sud feci con lei un delizioso viaggio pel nord. Debuttammo al concerto Alcazar di Genova.
Finita la scrittura passammo a Spezia, poi a Torino, a Milano ecc.
Nel settentrione non mi trovai di accordo nè con la Valentini nè con altre ducttiste, le quali mi abbandonavano con la stessa facilità con cui si erano unite. Ebbi dei momenti critici e ritornai a fare il macchiettista-Il pubblico, tre anni or sono, già si era reso difficile ed esigente e non voleva più saperne di noi altri scimiotti e delittuosi contraffattori dalla grande arte del Maldacea. Per questa ragione le direzioni dei cafè-chantant non mi davano più contralti.
Che fare?
Raffaele Viviani creava il suo repertorio tipico-napoletano, mostrandosi artista originale, unico ed inimitabile. Il Petrolini si faceva apprezzare ed applaudire meritatamente per le sue parodie. Cuttica diventava il comico favorito per le sue macchiette militari. Bambi incontrava le simpatie del pubblico con le sue caricature... Ed io?... Io dovetti cercare un genere originale ed eccentrico , che avesse potuto divertire il pubblico senza ricorrere a sconcezze, a trovate banali o lazzi stomachevoli. Ecco perchè nelle mie parodie
Io canto, salto, ballo, corro e volo. E’ cosi che ottengo sempre nuovi e clamorosi successi e riesco a guadagnare scritture e denari, muovendo la rabbia e la gelosia degli invidiosi, dei denigratori e di certa super-stampa che, per disprezzo, non curo.
I miei zompi, al 1° Gennaio decorso, mi procurarono un contratto di lire cinquemila al mese per la durata di un anno.
II sig. Achille Muscari, agente teatrale di Buenos-Aires era venuto in Italia per scritturare artisti di Varietà. Egli aveva avuto buone informazioni sul mio conto e la sera del 28 Dicembre 1911 si recò, alla mia insaputa ad Avellino per sentirmi. In teatro vi era poca pubblico ed io, per riposarmi, eseguii un repertorio senza zumpi cantando un raccontino, Gagà e D. Agnese.
Il sig. Muscari ricevette una pessima impressione di me, non si fece più vivo e scrisse al sig. Razzi che io non valevo nemmeno il favore di essere scritturato gratuitamente.
II Sig. Razzi, che conosce bene i suoi polli, insistette ancora ed indusse il sig. Muscari di assistere al mio debutto all’Eden di Milano. Quella sera riportai un vero successo con le mie speciali canzonette parodie e fui onorato di una visita in camerino dal ripetuto signore agente, il quale, dopo le congratulazioni ed i convenevoli di uso, mi condusse al Caffè Campari, ove fu stipulato il contratto per l’America.
Ed ecco che dall’Italia mi accingo a zompare nei teatri di varietà del Nuovo Mondo. E zomperò, zomperò sempre, fino a che il mio genere sarà bene accolto dal pubblico e farà zumpare nel mio portafogli dei biglietti da mille.
Ben altro avrei da dire ma, per finire, stimo opportuno zompare i commenti, che li lascio all'intelligente e benevole lettore. Ad ogni modo, qualunque sia il giudizio e la critica, io non posso dire altro: Zompa chi può !...
Napoli 13 luglio 1913
Gustavo De Marco
Gustavo De Marco - Recensioni tournée italiana 1911
Gustavo De Marco - Alhambra, Firenze
L' evoluzione del Caffè Concerto in Italia, checché ne dicano gli avversari, ha portato i suoi benefici effetti: e la leggenda del trionfo femminino c per opera di... femminilità e non d’arte, può ascriversi nel libro del passato.
Oggi non solo il desiderio di vedere due belle gambe tornite, una gonna ben attillata a delineare ciò ch'essa nasconde, il doppiosenso sfiorante due labbra beli carminate... sono divenute un insignificante corollario per quanti frequentano i nostri Musik Halls o Teatri di Varietà ma assistiamo a quel trionfo della canzone ben cantata e dell’uomo artista per i quali, non invano, il nostro Café-Chantant spese tanto inchiostro.
Da due o tre anni a questa parte infatti noi vediamo salire alle grandi vedette manifestazioni artistiche che invano un giorno si sperava di imporre ed alle quali non si pensava arrivare nella sicurezza di non poter distogliere il pubblico dalla venerazione di qualche idolo, prono al sorriso della canzonettista e attirato dal solo predominio dei sensi.
Tutto passa, finisce e... dice una vecchia canzone: e tutto sparì nel nostro ambiente per la ricerca del bello e del buono, e fu inesorabilmente distrutto quando all’arte sublime di Nicola Maldacea si aggiunse il frak di Gennaro Pasquariello per avvincere col cuore i ricercatori di sensazioni.
Ed allora ognuno studiò, cercò di intuire proprie e speciali personalità, prese una via nuova, un genere più adattato al proprio io ed assursero dimostrando quanto vasto sia il campo dell'arte, sia pure nel Café-Chantant, e come vi era posto per tutti purché ognuno avesse saputo ben scegliere il suo nuovo indirizzo.
Scartando quindi le imitazioni e cercando di affermarsi abbiamo, e con piacere, visto assurgere non pochi comici e — quel che a noi più importava - prendere risolutamente il primo posto nei più importanti programmi.
Lavoro lento e tenace di moti anni ma bello nei suoi risultati e nelle sue finalità.
Gustavo De Marco è fra gli arrivati? Fra i primi o fra gli ultimi?
Egli stesso ve lo dice: fra questi, pur essendo da molto in arte ed aver brillato sempre al disopra del comune. Figlio di artista, di una famiglia nella quale l'arte recitativa è gloriosa
tradizione Gustavo, fin da ragazzo rivelò le sue disposizioni sceniche e con onore, si produsse in filodrammatiche, in teatrini e concerti. luna morato dell'arte egli più volte si produsse molto bene in compagnie drammatiche e tutti ricordano a Napoli la magistrale interpretazione data ai Politeama Giacosa ad un bozzetto di Diego Petriccione.
Un temperamento tale poteva rimanere più a lungo nascosto o dimenticato fra le mediocrità, nella folla dei comici comuni ?
No! E se Gustavo De Marco già da qualche anno non ha spiccato il volo - fu per colpa sua -diremo quasi: per la sua esuberante intuitività artistica.
Sentendosi forte sia nel genere drammatico che in quello brillante credè poter unire l' uno e l'altro e saccheggiando i due generi rimase un artista buono sì, ma non originale.
Ma un anno fa all'Umberto I di Napoli piazzò il suo numero e lo rivelò. Noi non lo discuteremo ma constatiamo come pubblico, imprese e la critica gli batterono le mani. E così - senza irresolutezze — proseguì ad affermare il suo io, a rivelare l'artista sulla via della gloria.
Al Bellini di Palermo si ebbe ovazioni trionfali e contratto di rentrée, a Trapani e a Taranto fu riconfermato e io si attende, al Politeama Martucci di Salerno fu ricevuto dalle più calorose accoglienze e di lì ha spiccato il volo per l'Alhambra di Firenze che sarà l'annuncio della futura brillantissima sua tournée nei grandi Teatri Italiani.
Che più dunque? Se non la grata constatazione che il regno dei comici va conquistando un nuovo valore, un nuovo grande artista sorto per la sua grande volontà di ben fare ed uscito vittorioso dalla lotta per una affermazione contrastata e dileggiata perfino... dai suoi stessi col leghi.
Gustavo De Marco che sa di dover fare ancora molto cammino e di dover sormontare non pochi ostacoli perchè il suo nome e la sua opera giunga all'apogeo — non si stancherà nel più bello, e noi ci auguriamo rivederlo, e presto, fra noi — in quei teatri ove il suo studio, la sua arte ed il suo genere potranno ricevere il battesimo degli intelligenti, e ribadire quello che la gentile Firenze offre al nuovo astro che sorge.
Rondinella, «Cafè-Chantant», 1 luglio 1911
Gustavo De Marco - Varieté Genova
Il telegrafo ha lavorato e per mezzo di autorevoli impresarii. Non appena Gustavo De Marco debuttò all'Alhambra di Firenze fu Castellani a dirci ch'egli aveva riportato un successo straordinario mentre la stampa lo qualificava una rivelazione.
Oggi è l'avv. Sgambati che ci prega notificare il suo compiaci mento per questo artista nuovo a quelle scene genovesi e tanto calorosamente ricevuto da quel pubblico.
Che più? Gustavo De Marco ha vinto e noi, con lui, ne siamo lietissimi.
Scrivendo di lui, ultimamente, ed analizzando l'opera sua nel Varieté, preconnizzai questa ascensione dovuta e voluta dal suo temperamento artistico e dall'originalità del suo nuovo repertorio, frutto di lungo studio e di personale intuito.
Staccandosi dagli altri ed improntando la sua manifestazione al più schietto umorismo, eccedendo con misura e non trascurando di venir meno alla comicità dell'artista, egli
si è manifestato dal Bellini di Palermo al Martucci di Salerno come dall'Alhambra di Firenze alle Varietà di Genova. E, quel che da la giusta misura del suo grande successo, egli ottenne ovunque il contratto di rentrées a condizione superiori e di vero grande artista.
Bravo! Noi ti battiamo di cuore le mani con quello stesso calore, con quello stesso af fetto col quale ti aiutammo e ti incoraggiammo (scusa il nostro orgoglio) quando, forse coloro che maggiormente avrebbero dovuto esserti benevoli, cercavano di smantellarti e criticarti.
E prosegui! Ben altri pubblici e grandi Teatri dovranno batterti le mani ed aprirti le porte (mentre la critica smusserà gli ultimi angoli del suo cervello quadrato) come il Varieté si attende da te e per molti anni cronache di successi e di trionfi.
Alle male lingue, per ora, manda i programmi dell'Alhambra e del Varieté che poi... manderai gli altri !
Noi, lieti, ti salutiamo oggi fra i migliori.
Rondinella, «Cafè-Chantant», 25 luglio 1911
Gustavo De Marco - Teatro Iovinelli - Roma
Mi sono trovato, per una combinazione, al debutto di Gustavo De Marco in Roma. Egli ritornava al nostro Teatro Iovinelli dopo circa due anni di assenza e mentre tutto e tutti parlavano ed erano conquistati per i trionfi di un colosso dei Varieté che lo aveva preceduto.
Facile era quindi smontarlo od almeno vederlo passare inosservato.
Eppure, confesso, Gustavo De Marco non solo non si smontò ma seppe - piano piano - portare l'uditorio al più schietto ed unanime entusiasmo, ed a questo, indubbiamente, ha concorso il genere spiccatamente diverso e la comicità inesauribile dell'artista.
Io non entrerò in merito a ciò: ho ormai scritto, a varie riprese, di questo giovane perchè ritorni ancora sulle sue doti e su quel complesso di attitudini per le quali ha saputo imporsi al gusto ed all'ammirazione dei nostri pubblici.
Nè mi dilungherò a spiegare come egli riesca con quel suo inimitabile Paraguai a suscitare tanto delirio da vedersi interrotto ad ogni couplets da generali applausi, vedendosi poi costretto a concederne il biss.
Questo solo constato come ben raramente ho sentito risuonare nell'ampio Teatro Iovinelli di così nutriti e sinceri applausi come nella sera del debutto di Gustavo De Marco. Applausi nei quali si confondevano quelli del popolo della galleria con gli altri di un pubblico finissimo, che empiva le poltrone ed i palchi.
Perchè il genere comicissimo, di umorismo schietto, sempre vivo e rumoroso di questo artista ha il gran merito di far fare del buon sangue senza scendere nel triviale e nel grottesco.
Ciò che mi fà avvicinare ancor più all'amico De Marco del quale non avevo mai potuto digerirne le speciali reclame... uso quarta pagina. Eppure quanta verità nascondeva quel suo avviso: Volete la salute? Con lui la si acquista completamente e i concertofobi se ne facessero una cura credo si leverebbero dallo stomaco tutti quei calcoli biliari per i quali si sentono tanto soffocare quando parlano o scrivono del nostro Varieté.
Ciò che è anche un' altro merito del bravo artista il quale - col suo lavoro - raccoglie sempre nuovi neofiti alla sua arte e potrà in tempi non molto lontani rendere opera salutare anche.... alla Poliphon.
Per oggi alle masse di Firenze, Genova ed Ancona Gustavo De Marco unisce quelle della Roma intelligente.
Rondinella, «Cafè-Chantant», 1 settembre 1911
Gustavo De Marco a Taranto - «Café-Chantant», 26 giugno 1911
Da Il Gazzettino delle Puglie del 2 giugno
Sala Marconi. Ieri sera abbiamo assistito al debutto del comico Gustavo De Marco.
Il De Marco si è fatto novellamente ammirare nelle sue splendide macchiette cantate con verve e con disinvoltura.
E diciamo novellamente da poiché quest'artista è stato altra volta fra noi e sulle stesse scene ed ha ottenuto sempre applausi copiosi.
Abbiamo notato che, questa volta è venuto fra noi con un nuovissimo repertorio, ricco di scelte macchiette di sua produzione.
E’ inutile dire che il pubblico al suo apparire gli ha prodigato applausi prolungati.
![]() |
Da Il Gazzettino delle Puglie del 8 giugno
Sala Marconi. Perdura vivissimo il successo riportato da Gustavo De Marco, il comico eccentrico oramai tanto conosciuto.
Egli continua a farci trascorrere delle ore indimenticabilmente liete colle sue variate e brillantissime macchiette.
«Café-Chantant», 26 giugno 1911
Gustavo De Marco - Il comico eccentrico - «Café-Chantant», 1 settembre 1911
![]() |
Mi sono trovato, per una combinazione, al debutto di Gustavo De Marco in Roma. Egli ritornava al nostro Teatro Iovinelli dopo circa due anni di assenza e mentre tutto e tutti parlavano ed erano conquistati per i trionfl di un colosso del Varieté che lo aveva preceduto.
Facile era quindi smontarlo od almeno vederlo passare inosservato.
Eppure, confesso, Gustavo De Marco non solo non si smontò ma seppe - piano piano - portare l'uditorio al più schietto ed unanime entusiasmo, ed a questo, indubbiamente, ha concorso il genere spiccatamente diverso e la comicità inesauribile dell'artista.
Io non entrerò in merito a ciò: ho ormai scritto, a varie riprese, di questo giovane perchè ritorni ancora sulle sue doti e su quel complesso di attitudini per le quali ha saputo imporsi al gusto ed all’ammirazione dei nostri pubblici.
Nè mi dilungherò a spiegare come egli riesca con quel suo inimitabile Paraguay a suscitare tanto delirio da vedersi interrotto ad ogni couplets da generali applausi, vedendosi poi costretto a concederne il bis.
Questo solo constato come ben raramente ho sentito risuonare nell'ampio Teatro Iovinelli di così nutriti e sinceri applausi come nella sera del debutto di Gustavo De Marco. Applausi nei quali si confondevano quelli del popolo della galleria con gli altri di un pubblico finissimo, che empiva le poltrone ed i palchi.
Perchè il genere comicissimo, di umorismo schietto, sempre vivo e rumoroso di questo artista ha il gran merito di far fare del buon sangue senza scendere nel triviale e nel grottesco.
Ciò che mi fa avvicinare ancor più all'amico De Marco del quale non avevo mai potuto digerirne le speciali reclame... uso quarta pagina. Eppure quanta verità nascondeva quel suo avviso: Volete la salute? Con lui la si acquista completamente e i concertofobi se ne facessero una cura credo si leverebbero dallo stomaco tutti quei calcoli biliari per i quali si sentono tanto soffocare quando parlano o scrivono del nostro Varieté.
Ciò che è anche un altro merito del bravo artista il quale - col suo lavoro - raccoglie sempre nuovi neofiti alla sua arte e potrà in tempi non molto lontani rendere opera salutare anche.... alla Poliphon.
Per oggi alle masse di Firenze, Genova ed Ancona Gustavo De Marco unisce quelle della Roma intelligente.
Rondinella «Café-Chantant», 1 settembre 1911
Giudizi della stampa quotidiana su Gustavo De Marco a Roma - «Café-Chantant», 1 ottobre 1911
Da Il Messaggero del 18 Settembre.
TEATRO JOVINELLI - Grande entusiasmo suscitò ieri sera in tutte le tre rappresentazioni Gustavo De Marco, il comico originale. Il pubbblico prodigò i più sinceri, i più scroscianti applausi a tutto il suo repertorio interamente nuovo ed esilarantissimo. Centinaia e centinaia di [persone per gli “ esauriti „ in tutti i tre spettacoli, furono costrette a ritornarsene senza poter gustare il bravo De Marco con tutti gli altri numeri dell'eccezionale programma che si ripete per intiero questa sera alle 6 e 9,30, con prezzi normali.
![]() |
Da Il Messaggero del 29 Settembre
TEATRO JOVINELLI — Più che successo può chiamarsi trionfo quello di ier sera riportato dal comico originale Gustavo De Marco. Il pubblico che affollò il teatro non si stancò mai di applaudire e nel suo nuovo e gaio repertorio e nel bozzetto “ ’O fatto 'e Rosa „ interpretato divinamente dalla Viviani e dagli altri artisti. Moltissime persone per 1’“esaurito,, dovettero tornare indietro e privarsi così di godere il De Marco ed il resto del programma festeggiato tutto da un mare di applausi.
Da La Tribuna del 29 Settembre.
Spettacolo di gala al Jovinelli in onore di Gustavo De Marco
Questa sera grandioso spettacolo di gala in onore di Qustavo De Marco che, per l'occasione, oltre un nuovo e fine repertorio, interpreterà con l’artista Luisella Viviani ed altri che gentilmente si; prestano, il bozzetto “Of fatto ’e Rosa „. ultimo atto del capolavoro opagnuolo "Juan Jusè,,. La vendita dei biglietti è già incominciata ed è tale da prevedersi una straordinaria piena.
Dunque questa sera nessuno si presenti al teatro Jovinelli col proposito di non voler ridere: contro la loro volontà essi rideranno — con chi poi prendersela per tale costrizione?
Col beniamino del pubblico romano: Gustavo De Marco?!?!?
![]() |
Da La Tribuna del 30 Settembre.
Il successo di De Marco al "Jovinelli"
Ieri sera, per la serata di gala in onore del comico originale Gustavo De Marco, il grandioso teatro in via La Marmora presentava un aspetto davvero imponente: l'affollamento era straordinario; non un posto era vuoto e molte persone dovettero tornare indietro e privarsi così di godere il De Marco, che riportò un vero trionfo, e tutto il resto del lunghissimo e scelto programma.
Il pubblico applaudì ininterrottamente il bravo comico per il suo gaio repertorio e per il bozzetto " ’O fatto ’e Rosa „ interpretato con fine maestria e da lui e dalla bravissima Luisella Viviani.
«Café-Chantant», 1 ottobre 1911
Les d'Aragona — de Marco - «Café-Chantant», gennaio 1906
Les d'Aragona — de Marco
![]() |
E’ una coppia di quasi recente formazione, giacchè sono pochi mesi che sono uniti, ma in questi pochi mesi hanno saputo affermarsi e farsi riconoscere artisti pregevolissimi e non comuni.
D'altronde il Gustavo de Marco non è nuovo ai nostri palcoscenici, è da sei anni che egli raccoglie da pertutto le feste del pubblico per la sua comicità di buona lega. Corretto, padrone della scena, elegante e giusto nelle truccature, egli riesce subito simpatico e diverte specie per le sue creazioni comicissime. Anche in Egitto, da dove non e molto è ritornato, ha raccolto successi calorosi.
La sua compagna, Bianca d’ Aragona, è una deliziosa donnina, un demonietto fuggito dal regno di Satana per deliziare con la sua arte i frequentatori dei café-chantant, i quali non si stancano mai di applaudirla ed ammirarla perchè bella, giovane, elegante ed artista perfetta.
Due buoni elementi come questi è naturale che unendosi si sono completati, dando vita ad un ottimo duetto comico-eccentric0.
Sono oramai affiatati ed hanno un vasto reportorio, scelto con cura, ciò che facilita loro il successo.
Attualmente trionfano al Concerto Novese di Novi Ligure, il l6 passeranno all’Emilia di Torino, il 1 febbraio al Gambrinus di Trieste ed il 1 marzo all’Eldorado di Firenze. Non sono quindi disponibili che il 1 aprile e si recherebbero volentieri anche all'estero.
«Café-Chantant», gennaio 1906
Gustavo De Marco - «Café-Chantant», 15 agosto 1909
![]() |
Figliuolo di Rodolfo De Marco, uno dei più vibranti attori della nostra scena dialettale, onde il ricordo é ancor vivo nell'animo mio, e di Letizia Crispo, che io ebbi ad interprete preziosissima, Gustavo De Marco ha nel sangue la febbre dell'arte. Buon seme non mente; ed il ragazzo che, or sono quindici anni, recitava sulle scene del caratteristico popolare teatro San Ferdinando, oggi è uno dei più acclamati comici del Varieté Italiano. Io, l'altra sera, volli recarmi al teatro Nuovo, per rivedere Gustavo De Marco, e riportai un senso di commozione vivissima quando, nel comico del teatro di Varietà, vidi rivivere il forte attore della scena di prosa dialettale. Nel Malandrino di Ferdinando Russo, io, attraverso la squisita interpretazione di Gustavo De Marco, vidi, sentii rivivere Rodolfo De Marco, nel gesto, nella voce, nello sguardo, negli atteggiamenti.... E pensai che è questo il grande retaggio che gli attori lasciano ai loro figliuoli: l'arte, febbre divoratrice del sangue, e fiaccola viva dello spirito, che le amarezze non spengono e che i dolore ravvivano. Gustavo De Marco è sopratutto un buon attore, e, se la sua arte talvolta è fatta di transazione, è da attribuirsi al gusto dei nostri pubblici che si inteneriscono più agli esercizi ginnastici che alle manifestazioni più dignitose e più nobili dell'arte....
Pure, in questo nuovo genere, che da qualche anno invade il cafè-chantant, genere che io non amo né incoraggio, quanta grazia, quanto brio, quanta comicità trasfonde Gustavo De Marco; temperamento sensibile di artista che a ben altri cimenti potrebbe provarsi e che su più spaziosa ribalta vorrei potere ammirare.
E' destino del mio paese questo!... Le migliori energie vanno disperse e la lotta per la vita sottrae alle buone battaglie i soldati su cui potrebbe farsi affidamento.
Amico mio, se questa è la tua via percorrila ancora con fortuna e che l'arte ed il galantomìsmo di Rodolfo De Marco siano la tua corazza e fa tua luce. lo non so che applaudirti !
Libero Bovio «Café-Chantant», 15 agosto 1909