Mazzini Anna Maria (Mina)

Mina

Pseudonimo di Mina Anna Maria Mazzini (Busto Arsizio, 25 marzo 1940), è una cantante, conduttrice televisiva, attrice e discografica italiana naturalizzata svizzera. Dopo il matrimonio del 10 gennaio 2006 con Eugenio Quaini è diventata, per l'anagrafe elvetica, Mina Anna Quaini-Mazzini. Tale variazione non viene applicata nelle registrazioni anagrafiche italiane.

Mina è la più grande voce italiana di sempre. Ma non solo. Per gli italiani Mina è un’icona al pari di altri grandi “marchi”che parlano di qualità eccelsa nel mondo, quali Ferrari o Fellini. Nell’immaginario collettivo per gli italiani Mina è un patrimonio del quale andare orgogliosi.

Mina ha incarnato il modello del talento e della diva dello spettacolo sulle scene, in televisone e nei suoi dischi. Ha fatto la storia della televisione italiana negli anni ’60 e ’70 per poi decidere di non apparirvi più. Ha interpretato le canzoni di successo che hanno accompagnato la vita quotidiana degli italiani per 40 anni. Mina pubblica un lavoro discografico inedito ogni anno.

Oggi è forse l’unico caso al mondo di un artista che non si concede ai media (infatti non rilascia interviste e non fa né recitals né apparizioni pubbliche da più di 20 anni) rimanendo ugualmente al primo posto in classifica ogni volta che pubblica un nuovo disco.


Totò non amava le donne magre, in quanto, ripeteva, i peccati della carne si fanno con la carne e non con le ossa. Non c’è da meravigliarsi quindi che ammirasse le grazie di Mina, la quale lo invitò alla trasmissione televisiva Studio uno, improvvisando con lui un duetto memorabile. Dietro le quinte, al momento di salutarla, Totò la squadrò da capo a piedi con l’aria di chi, prima di scalare una montagna ne misura l’altezza ed esclamò: “Mina, Minona, sei brava, sei bella, sei tanta. Tu sei l’Italia e sai che ti dico? Vicino a te io mi sento un patriota!

Liliana de Curtis


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

«Il Musichiere», 30 giugno 1960 - Mina


«Il Musichiere», 5 maggio 1961 - Mina


E' stato l'anno di Mina

Ha cominciato fortissimo. Poi ci fu il crollo di Sanremo e adesso detta ancora legge. Anche per le Kessler, però, è andata piuttosto bene.

Il Natale ’61 ha portato fortuna alle gemelle Kessler, ma soprattutto a Mina. « Studio 1 », la loro trasmissione, va a gonfie vele. Sul secondo canale, Caterina Valente, con il suo show, che pure è andato piuttosto bene, non è riuscita a insidiare il primato di popolarità che la ragazza di Cremona detiene ormai da un pezzo.

Mina è tornata sulla cresta dell'onda dopo un lungo periodo di grigiore. Ai primi del '61 Mina era la cantante da battere; ma fu sufficiente il festival di Sanremo per far precipitare la sua popolarità e la vendita del suoi dischi ad un livello decisamente basso. Che cosa era accaduto ?

Come s'è detto Mina arrivò a Sanremo con le sue « Mille bolle blu» preceduta da un cancan pubblicitario fragoroso quanto inutile. Dannoso, anzi. Le copertine di parecchi settimanali uscirono con la sua faccia sorridente in fotocolor e gli artisti che la riguardavano parlarono di lei come della sicura trionfatrice del festival.

Questo fatto attirò su Mina le antipatie di parecchia gente. Gli italiani sono gente passionale. Fare la pubblicità, in Italia, è cosa parecchio difficile. Gli americani, tanto per un esempio, assorbono tutto o quasi, in campo pubblicitario. Mal che vada non comprano un certo prodotto o non acquistano i dischi di un certo cantante. Gli italiani, di fronte a certi battages, si indignano e diventano altrettanti agit-prop del partito contrario a costo di rimetterci.

Cosi accadde a Sanremo con Mina. Siccome tutti pronosticavano l'allora urlatrice di Cremona vincitrice del festival, un sacco di gente si dette da fare — senza il minimo tornaconto, credo — perchè il pronostico venisse capovolto. Ricordo che quando arrivai a Sanremo per fare la cronaca del festival, per la «Domenica», incontrai un sacco di gente la quale cercò di convincermi che Mina era un «bidone», che bisognava «buttarla giù», che si dava arie, che trattava male i giornalisti e che bisognava, a tutti i costi, montare un’anti-Mina.

A dire la verità l'anti-Mina fu scelta abbastanza bene. Si chiamava Milva — un nome giornalistico, — ed era una bella ragazza, alta, slanciata, dai modi semplici di paesana romagnola, simpatica e con una splendida voce. La battaglia divampò subito violentissima. Mina, diciamo la verità, non ebbe la meglio nello scontro. Sembrò anzi, che, improvvisamente, gli italiani, tutti quanti, o quasi, avessero qualcosa di personale contro di lei. Ricordo che alla «Sei giorni » ciclistica di Milano fu accolta da una assordante bordata di fischi e cantò le sue canzoni in una situazione ambientale addirittura penosa.

Chiunque si sarebbe smontato. Mina no. Aveva già firmato una quantità di contratti per esibirsi nel teatri grandi e piccoli di ogni città italiana. Ma li annullò tutti e aspettò il suo momento.

Da un paio di mesi a questa parte il «momento magico» di Mina — tanto per usare una espressione piuttosto in voga, oggi — è puntualmente tornato. La ragazza ha saputo aspettare, e intanto si è preparata, si è rinnovata e si è perfino riposata. E’ sorprendente come una ragazza di ventun anni abbia saputo assimilare con tanta prontezza le esperienze, soprattutto quelle negative, di una carriera e di un mestiere che possono bruciare chiunque con estrema facilità.

Lei ce l'ha fatta e si può dire tranquillamente che il ’61 è stato il suo anno. Ha quasi avuto più «copertine» lei di Sofia Loren.

E questo, sì, che è un record.

al. pi., «Domenica del Corriere», 24 dicembre 1961


Mina giudica sè stessa. Ha paura del successo

Temo la celebrità anche perchè la considero una specie di truffa. Io urlatrice? Cominciai cantando romanze d’opera.

Io sono tutto fuor che divertente. Tutto quello che vedo lo considero con una certa diffidenza e non mi lascio Incantare. Una volta ero la persona più aperta e credula del mondo: se mi avessero detto che la luna si poteva staccare per uso privato ci avrei creduto. Ora, francamente, non credo più a niente, forse a causa, più che d’un trauma particolare, d’una serie di piccoli traumi dovuti al miei contatti con gli altri. Poiché si parla sempre del personaggio Mina, devo dire che la mia vita non ha niente da fare col mio personaggio. Io vedo il «personaggio Mina» come una specie di fenomeno imprevisto, creato dagli altri. L'ho accettato, ma mi permetto il lusso di giudicarlo.

La «celebrità», sinceramente, mi fa una certa paura, anzi mi fa paura senz'altro. Mi sembra una specie di truffa. Di solito si usa invidiare la gente celebre, ma la gente celebre qualche volta invidia quella che non lo è. Tutto questo, comunque, non ha niente in comune con la mia inclinazione a cantare, che è naturale: lo amo cantare.

Mi è stato chiesto molte volte qual è il mio atteggiamento nei confronti della musica seria, cioè di quella che non è «leggera». Be’, non ho una preparazione adeguata per l’opera, per la musica sinfonica e da camera. Conosco pochissimo gli autori, non so distinguerli uno dall’altro, ma quando sento uno di questi autori, di solito rimango affascinata. Sebbene io abbia inciso in un disco una canzone la cui musica è tratta, con molta libertà, da un celebre Notturno di Chopin, e le cui parole, tra parentesi, mi sembrano assurde non posso dire di essere stata colpita da Chopin, di cui ho sentito alcune composizioni. Dirò una sciocchezza, ma mi sembra troppo effeminato, per lo meno in quello che ho sentito sino ad oggi.

Quanto all’altra musica, quella «leggera», essa è entrata nella 'mia vita per scommessa, per quanto la cosa possa parere poco credibile. A scuola ero prima in parecchie cose, come lo sport, per esempio. Ero, insomma una specie di «capa». Ero talmente brava in tutto che a qualcuno venne in mente di dirmi che la sola cosa che non sapessi fare era di cantare. Punta sul vivo andai da un maestro cremonese. Nino Donzelli, e senza esitare mi offrii come cantante per un suo quartetto strumentale. Fu cosi che mi «scoprirono».

Però devo dire, e questo si riallaccia a quanto detto sopra per la musica non «leggera», che, tra i dodici e i tredici anni, io avevo avuto un certo interesse per l’opera, anzi cantavo brani lirici e romanze, come «Vìssi d’arte», per esempio. Mia nonna, che era una appassionata di melodrammi, mi aveva insegnato ad amare la musica operistica. Ma poi avevo lasciato andare. La mia più grossa emozione, quando mi esibii per la prima volta col maestro Donzelli, fu il momento in cui mi portarono una busta con dentro dei soldi. Era la mia paga, la mia prima paga, ma io non volevo crederci, perchè mi sembrava d’aver scherzato.

Mi hanno battezzato «urlatrice». Ma, per conto mio, «urlatrice» è un’etichetta che m’è stata appiccicata addosso. Io ho un temperamento diverso. Qualcuno m’ha detto che canto come una bambina quando ha finito i compiti, e credo che questo sia vero. Quanto all’effetto che faccio sugli altri, si tratta, secondo me, di uno «choc», o piuttosto, d’una serie di piccoli «choc». lnsomma io mi permetto di pensare che do fastidio. E in generale, o piaccio, o mi odiano.

Ho, ormai, una certa familiarità col pubblico. Pubblici che mi hanno fatto una grande impressione, all’estero, — una impressione stupenda, vorrei dire — sono quelli del Giappone e del Venezuela. Si tratta di gente entusiasta, cordiale e molto emotiva. Il pubblico italiano, invece, mi fa paura: s’attacca più alle piccole cose che a quelle d’impegno. Cose che piacciono a me, per esempio, non piacciono al pubblico, e viceversa.

C’è molta gente che considera i cantanti di leggero la gente più fortunata di questo mondo; e molte ragazze e ragazzi sognano di diventare cantanti in voga, in questo genere. Secondo me, i grandi successi dei cantanti di leggero, maschi e femmine, sono meteore; e, del resto, la gente, in generale, non perdona facilmente un successo di gran formato. Ma il successo, talvolta, obbliga il cantante a ripetere all’infinito una formula. A me fa dispiacere constatare che ogni volta che tento di rinnovarmi, o di fare cose che sento e che mi piacciono, il pubblico si comporta come se l’avessi defraudato del pezzo di Mina che desiderava.

Per quanto riguarda il fenomeno della canzone, e il suo strepitoso successo in questo periodo, io penso che l’esplosione della canzone con l’aiuto del cinematografo, della radio e della televisione, è un fatto di carattere giovanile. Sono, dopo tutto, i giovani «gettonatori» di dischi nei «juke-box» che hanno creato il mito della cantante o del cantante e ne hanno, praticamente, decretato la celebritià.

G. G. Severi, «La Domenica del Corriere», 10 giugno 1962


I cantanti assomigliano alle loro canzoni?

Devo dire subito che questa Mina 1965 mi ha conquistata. «Cambiata? — disse — Non credo. Sono le età che cambiano, col passare del tempo. In questo senso, certo, e con quanto il trascorrere di alcuni anni comporta, sono probabilmente diversa. Ma non è una questione di sostanza. Nei miei difetti come nelle mie migliori qualità sono rimasta la stessa». Forse è vero. Mi ricordo improvvisamente di Lelio Luttazzi che tre anni fa diceva : «Una ragazza eccezionale, Mina, ima ragazza "vera”, leale con se stessa e con gli altri, intelligente, degna di ogni rispetto». Lo diceva con enfasi, riscaldandosi ; ed io pensavo che esagerasse. Scoprire le sue doti di fondo dietro gli atteggiamenti falsamente spregiudicati che assumeva in quel tempo, equivaleva a sentir risuonare gli echi di E se domani nella scintillante ma passabilmente nevrotica interpretazione di Folle banderuola. Eppure Luttazzi aveva ragione, oggi lo so.

Se è vero che Mina è sempre stata la stessa, noi la scopriamo solo adesso. Perchè solo adesso, come artista e come donna, appare completa, rivelandosi in pieno. Ed anche perchè lei stessa, conoscendosi meglio, prende oggi gli atteggiamenti giusti facilitando l’operazione.

Mina 1965, dunque. La incontrai dal parrucchiere mentre si sottoponeva all’ultimo "ritocco” da bionda. Mi disse : «Finito "Studio 1" tomo bruna, al naturale. Resterei volentieri bionda per un poco, mi piace ; ma il fatto è che non sopporto la pappetta, sa, quella roba che si usa per decolorare». Indossava gonna e golf, calzava scarpe sportive, era completamente struccata. Dopo che il parrucchiere ebbe finito di sistemare i bigodini della messa in piega, rifiutò il casco. Rimanemmo così a parlare tranquillamente per quasi un’ora.

All’inizio mi parve diffidente ; e in realtà lo era. Fortunatamente è anche sincera. Mi spiegò : «Diffido, certo. E’ l’unico cambiamento che si è verificato nel mio carattere. Prima accordavo la mia fiducia a chiunque; poi, a mie spese, ho imparato che non ci si può fidare». Tra il "prima” e il "poi” vanno collocati i grandi avvenimenti della sua vita di donna ( rincontro con Corrado Pani, la nascita di Massimiliano) e della sua vita di cantante (il crollo, la lenta risalita, la nuova trionfale stagione). Non tutti gli amici, per i quali si sarebbe battuta a spada tratta, erano sinceri; non tutte le relazioni di lavoro, che coltivava affettuosamente, erano disinteressate.

Ma non se la prende troppo. Apre la borsetta, mi mostra la foto del più bel bambino del mondo. «Mio figlio» dice, e improvvisamente il tono di voce si fa più basso, più caldo. Ripete : «Mio figlio». Non lo chiama mai per nome, quando ne parla. Insiste : «Mio figlio».

Osservo : «Non le assomiglia molto».

«Non mi assomiglia per niente». Le fa un immenso piacere dirlo, si vede dal sorriso pieno e compiaciuto con cui accompagna le parole. Eppure non ha l’aria di sottovalutarsi, in nessun senso. Dice piano : «E’ tutto Corrado, non vede?».

Io vedo, soprattutto, il suo compiacimento : «Sì — rispondo — è vero».

«Tutto Corrado, nel fisico, nel carattere, negli atteggiamenti... E’ la sua copia identica».

Che sia innamorata fino a questo punto forse non lo sospetta nessuno, chissà perchè. La colpa, può darsi, è delle false basi sulle quali questo personaggio fu costruito a suo tempo. Il pubblico che sempre l’aveva sentita definire ” la tigre ”, che la vedeva sicura di sè e la supponeva spavalda, che la vedeva disinvolta nel vivere e la immaginava incapace di sentimenti comuni, di sofferenze autentiche, sembrò propenso — quando Mina dichiarò che il figlio, Corrado e lei, lo avevano voluto, che il loro legame era ben solido, che quanto stavano per costruire era una vera famiglia — sembrò propenso, dicevo, ad interpretare anche quella presa di posizione come ima bravata, una manifestazione di spavalderia, e niente altro.

Ora nessun dubbio è lecito, invece. Massimiliano ha due anni; da tre anni Mina e Corrado Pani vivono insieme. Non ci sono nuvole, pare, sul loro sereno orizzonte. Hanno la residenza ufficiale a Roma, in un appartamento di Monte Mario dove è severamente vietato l’accesso agli estranei. Lì Mina e Corrado trascorrono tutto il loro tempo libero, lì vive stabilmente la signora Pani, mamma dell’attore, con Massimiliano, una ” tata ”, un domestico. Non ci sono molto speranze che la Sacra Rota accordi l’annullamento del precedente matrimonio di Pani; troppa pubblicità si è fatta sul caso e il tribunale ecclesiastico evita, quando può, di prestare il fianco a facili critiche. E’ invece certo che, quando Massimiliano avrà tre anni, Pani afferrerà la possibilità che la legge gli offre e darà il suo cognome al bambino, previa affiliazione.

Tutto era cominciato nell'incredulità generale. Sembrava un flirt destinato a durare un'estate, l’estate del 1962. La buona stella di Mina, in campo artistico, pareva volgesse al tramonto ; e qualcuno si chiedeva se non fosse, quella del legame con l’attore, una piccola trovata pubblicitaria. Poi cominciarono a circolare le voci di una prossima maternità ; e infine venne la conferma. Quando Massimiliano nacque, i dischi di Mina non si vendevano più. Quando Massimiliano nacque, la signora Renata Monteduro, sposata Pani ma già separata da lui, denunciò come adulteri Corrado e Mina. Vennero momenti duri; ma fu proprio in quel disgraziato frangente che, inaspettatamente, Mina sentì di nuovo accendersi intorno a lei l’interesse del pubblico. E ne conobbe anche la umana simpatia, forse per la prima volta: fu quando la moglie di Pani chiese ed ottenne dieci milioni di lire in cambio del diritto, per Massimiliano, di vivere accanto al proprio Papà. Sono cose che la gente comune non lascia passare impunemente.

Trascorse qualche tempo; Mina incise nuove canzoni che piacquero, le sue quotazioni tornarono di nuovo altissime. In questo momento la vedette di "Studio 1” riceve, per gli spettacoli pubblici ai j quali partecipa, compensi assai, forti, tra i massimi che siano mai stati corrisposti a cantanti di musica leggera in Italia.

«Il pubblico — dice — non mi ha abbandonato mai. Ricevetti, mentre aspettavo Massimiliano, lettere a migliaia, e solo una su cinquanta era offensiva. Le altre mi portavano auguri, espressioni di solidarietà, di amicizia. La gente semplice capì benissimo che non era un atto di spavalderia il mio, nè una presa di posizione contro la morale corrente ; ma che era, semmai, un gesto di coraggio. Io ho rischiato molto per avere il mio bambino ; e, se avessi anche dovuto sacrificare in cambio ( sembrò possibile, in un certo momento ) ogni possibilità di carriera avvenire, avrei accettato la situazione senza esitare, senza rimpiangere niente».

«Che cosa rappresenta il lavoro per lei, oggi, anno 1965?».

«Oggi è soprattutto la mia professione, nel senso più ampio e più autentico della parola. All’inizio fu un’avventura, che avrebbe potuto concludersi subito.

Non cercai il successo ; esso venne da solo e in fretta. Ma nacque in me, contemporaneamente, un interesse più profondo per questa attività. Non essendo un’ambiziosa, credo di avere dato alla mia carriera l’indirizzo giusto: non sono una ” diva ” ma una professionista della musica leggera».

«La nuova Mina non è più, nel mondo della canzone, l’esponente di una moda, come poteva essere in passato. La Mina di Un anno d’amore e di E se domani non ha bisogno di canzoni fatte su misura ; è quello che si definisce un’ "interprete” e può ormai tenere il campo, magari con oscillazioni, molto a lungo. Ne è persuasa?».

«Sinceramente credo che sia così. Ascoltando le mie più recenti registrazioni sento che sono più matura ; e mi considero abbastanza soddisfatta per quello che ho imparato».

«E l’amore che cosa rappresenta per lei, oggi, anno 1965?».

«Tutto. Sono felice accanto a Corrado, perdo la testa accanto a mio figlio. La mia vera vita è tra le pareti di casa nostra, quando ci siamo tutti e tre. Vorrei tornare indietro per ricominciare tutto daccapo e ritrovarmi a questo punto».

Abbiamo conosciuto tre età di Mina, tre età che si sono succedute rapidamente. All'inizio — ve ne ricordate? — cantava Tintarella di luna, Folle banderuola, Coriandoli. Era una ragazza dalle gambe lunghissime, vivace, imprevedibile, sconcertante. Poi ci fu una stagione in cui di colpo apparve trasformata: il cambiamento che si era operato in lei lo rivelava il volto sul quale ora si formavano espressioni intense, raccolte, sofferte. Cantava Il cielo in una stanza. Oggi la ritroviamo — donna completa e sentimentalmente appagata — nella terza fase della sua carriera, ancora una volta diversa anche se fondamentalmente fedele a se stessa. Le sue più recenti interpretazioni si intitolano L’uomo per me, La città vuota, E se domani, Un anno d’amore.

Anche lei somiglia alle sue canzoni.

Vera Spinelli, «Noi donne», 1965


Sul video, il sabato sera, offre il suo volto misterioso a venti milioni di spettatori che la osservano incantati. Ormai non ha più le sopracciglia, e lo sguardo. appesantito dal trucco e dalle ciglia finte. appare velato di tristezza, anche quando la bocca sorride e canta canzoni allegre. Gli abiti che indossa, e che un famoso costumista disegna apposta per lei. sono favolosi, bizzarri e ricordano quelli dei personaggi felliniani. Ormai è la prima donna in assoluto della musica leggera italiana e della rivista televisiva; nessuna meglio di lei sa "tenere la scena", sa magnetizzare il pubblico. Professionalmente è più che arrivata: viaggia in Rolls Royce come Gina e Sofia, e quando esce dagli studi televisivi di Roma c'è sempre una piccola folla di fans che l’ha aspettata a lungo soltanto per vederla passare. E lei. siccome è timida e il pubblico la imbarazza, china il capo sul giornale e finge di leggere. Come dimora ha scelto un palazzo principesco e severo nel cuore di Roma, arredato con mobili antichi di grandissimo valore. un palazzo che sembrerebbe, semmai, più adatto ad una vecchia attrice di prosa che alla giovane regina degli urlatori. Eppure in quella casa antica e silenziosa, tenuta costantemente nella penombra di giorno e con le luci accese la notte. Mina dice di sentirsi a suo agio, di ritrovare la serenità. Vive sola.

E' sempre circondata da una piccola corte. ma in realtà ha pochi amici e tutti sceltissimi: un regista alla moda, un notissimo produttore, una diva, un musicista, che molti dicono sia il suo ultimo flirt. Quasi ogni giorno le viene attribuito un nuovo amore ma lei non si preoccupa nemmeno di smentire. Anzi, evita il più possibile le interviste, le dichiarazioni. Lei tace. E la sua vita privata. nonostante tutto il parlare che si fa di lei. rimane un mistero. Ma chi è dunque Mina? Una ragazza spensierata e felice, paga del suo successo? E' una donna tormentata, insoddisfatta, che sconta con la solitudine la sua vita di nomade, sempre in giro per il mondo? E’ una divoratrice d'uomini o una donna delusa, che gli uomini abbandonano in fretta? Ouesti interrogativi non dovremmo nemmeno porceli, perché di un'artista ci interessano le interpretazioni e non la vita privata. Ma nel caso di Mina è difficile separare la donna dalla cantante, tanto luna e l'altra sono fuse insieme e formano un unico complesso personaggio. Di lei una cosa soltanto è certa: che ama moltissimo il suo lavoro e il suo bel bambino. Massimiliano, nato dalla tempestosa relazione con Corrado Pani. Massimiliano vive quasi sempre con i genitori di Mina, nell'appartamento acquistato a Lugano dalla cantante. Lei è troppo occupata fra TV, dischi, recitala e tournées per poter tenere il figlio con sé.

E' talmente occupata, prenotata, vincolata da ferrei contratti, che ancora non ha potuto dire « si » a Fellini, che l'ha chiesta per « Il viaggio di G. Mastorna ». « Mi piacerebbe averla — ha detto Fellini —. Con quella bella faccia claunesca, sembra fatta apposta per il mio film ». Sarebbe davvero un peccato che Mina non potesse accettare la parte che Fellini le offre: una perla simile, nella collana dei suoi successi, non dovrebbe mancare.

M. M., «Noi donne», 1967


Gigante lascia la musica leggera. Mina: non canterò più in pubblico

Ognuno per la sua strada, finisce un lungo sodalizio. L'impresario non ha più fiducia nel mondo della canzone. Pensa di tornare al teatro di rivista. Gli piacerebbe avere, come ai bei tempi, Anna Magnani protagonista di uno spettacolo pungente e satirico

«Corriere della Sera», 28 novembre 1972


Dagli sketch con Totò a «Studio 1» al duetto con Battisti a «Teatro 10»

1999 04 06 L Unita Mina Alberto Sordi f1Aveva appena diciannove anni e da neppure un anno aveva smesso di farsi chiamare Baby Gate, i capelli corti e cotonati, un abitino senza maniche che le lasciava libere quelle braccia lunghe lunghe e quelle mani irrequiete, la voce che urlava: «Nessuno, ti giuro nessuno, nemmeno il destino c può separare...». Era il 4 aprile del 1959, quarant'anni fa, e Mina debuttava in tv, nel Musichiere di Mario Riva. O forse sarebbe meglio dire che Mina «esplodeva» dai teleschermi in bianco e nero di un'Italia che entrava festosa nel boom economico, che scopriva i juke-box e restava a bocca aperta di fronte a quella forza della natura arrivata dal cremonese, una ragazzona yè-yè «lunga come un contrabbasso - diceva di lei Totò - e bianca come un gelato alla crema, che recita poco e male, ride al momento sbagliato, ma quando comincia a cantare, dalla sua voce escono grandi palcoscenici, pianto e risate».

In realtà, quella sera d'aprile, al Musichiere, Mina più che pianti e risate dalla sua voce faceva uscire, urlando le sue sillabe spezzate, una dichiarazione di esuberanza sessuale in piena regola; con la sua voce aveva praticamente rivoltato come un calzino un brano nato «melodico», arrivato fresco fresco dal Sanremo di quell'anno (l'avevano presentato Betty Curtis e Wilma De Angelis).

Poco importava che le vocali uscissero un po' ammaccate dalla sua performance. Sergio Pugliese, che all'epoca era il direttore dei programmi della Rai, aveva capito che lì non c'era solo grinta ma un talento che avrebbe fatto strada. E infatti per Mina il 1959 è stato un anno magico: iniziò lì una frequentazione televisiva durata vent'anni. Nello stesso anno è passata da Lascia o raddoppia? al Teatrino di Walter Chiari, e poi in gara a Canzonissima. La televisione di allora, che era quella degli Antonello Falqui e dei Gino Landi, la tv insomma che inventava il varietà - un momento magico e a quanto pare irripetibile - era affascinata da quella creatura trasgressiva ed eccessiva, tutta voce e corpo, capace di trasformarsi col solo battito delle lunghissime ciglia al mascara. «Aveva uno straordinario istinto - ricorda Antonello Falqui, il «suo» regista, da Studio Uno in poi - un istinto alle origini inconscio, poi via via sempre più consapevole... Poteva essere un cronometro di precisione come Gassman o un magnifico orologio senza sfere come Totò; Mina trovava sempre il modo giusto per esprimere simpatia, comunicativa, successo...

Solo una volta discutemmo un po', perché lei, per una specie ai suo innato pudore, non si sentiva di interpretare la macchietta del timido soldatino balbuziente. Mina mi disse che lei era una cantante e non un'attrice. Poi fece la macchietta, naturalmente benissimo» (da «Mina, i mille volti di una voce»). Studio Uno, che lei ha condotto nel ‘61 e poi nel'65 e nel '66, è una fonte inesauribile di blob nostalgici: Mina che, emozionatissima, sotto lo sguardo di Totò canta Baciami (scritta proprio dal grande comico), Mina coi suoi abiti lunghissimi e le scollature altrettanto generose, Mina e il Dadaumpa delle gemelle Kessler, Mina con Alberto Sordi che le dice «fatte vedè da vicino, sei la più grande cantante del mondo, sei grande... sei 'na fagottata de roba!». Arriveranno poi le esperienze di Sabato sera (1967), della straordinaria Canzonissima del '68, e soprattutto di Teatro 10 (72), il varietà in coppia con Alberto Lupo, quello dell'indimenticabile duetto con Lucio Battisti, quello che ha fatto da trampolino di lancio delle sue canzoni più mature, come Grande grande grande, e ovviamente Parole, parole, parole. «Che cosa sei, che cosa sei...»: lei era sempre troppo grande per la scatola del televisore, grandi occhi, grande voce, grande gestualità. Quasi sempre in primo piano, per la gioia delle donne che prendevano appunti per poi imitarla. Una presenza erotica e al tempo stesso ironica, intelligente, simpatica.

Per quanto la Rai non sia sempre stata simpatica nei suoi confronti. Per due anni, dal '62 al '64, è stata bandita dagli schermi, «colpevole» di aver avuto un figlio senza essere sposata. A «sdoganarla» ci hanno pensato le sue canzoni, che finivano tutte in hit parade. Nel 1975 la Rai le censurò una delle sue canzoni più belle e terribili: L'importante è finire. Ma a quel punto lei aveva già chiuso con i varietà televisivi. Il suo ultimo show è del 74, Milleluci, insieme a Raffaella Carrà. Cantava un'altra delle sue splendide provocazioni, Ancora ancora ancora, truccatissima e in primo piano, con le labbra aperte verso la telecamera: la Rai «censurò» il filmato con degli effetti ottici. Nella sigla di coda, seduta su uno sgabello, Mina cantava Non gioco più, quasi profetica: quattro anni dopo, nel 1978, ha smesso sul serio di giocare, almeno in pubblico.

Alba Solaro, «L'Unità», 6 aprile 1999



Oltre a intensificare la sua attività discografica, negli ultimi anni Mina ha scritto su importanti testate, incarico in cui si è rivelata padrona di un pensiero importante: protagonista di seguitissimi editoriali dove il suo talento come artista e la sua acutezza e credibilità l’hanno portata ad essere autorevole come editorialista tanto quanto come cantante.
Con l’ironia che il suo “talento totale” le ha costantemente assicurato, Mina, già da molti anni prima che si parlasse di “look”, ha sempre giocato con la sua immagine, stravolgendola nelle copertine dei suoi dischi, che sono anche state oggetto di mostre nei musei italiani. Mina ha sempre precorso i tempi e amato confrontarsi con le nuove tecnologie. Nel 2001 ha aperto le porte del suo studio di registrazione attraverso internet, dando in streaming un filmato dove registrava live.
Le richieste di poter vedere Mina in questo documento filmato al server dell’operatore Wind telecomunicazioni s.p.a. sono state addirittura 50 milioni, facendo collassare l’intero sistema…

Mina è un’artista eclettica e versatile che ha interpretato musica di tutti i generi spaziando tra i diversi stili con assoluta proprietà di linguaggio.


Riferimenti e bibliografie:

  • www.minamazzini.it
  • "Totò, femmene e malafemmene", Liliana de Curtis e Matilde Amorosi, RCS Libri, Milano, 2003
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • «Il Musichiere», 30 giugno 1960
  • «Il Musichiere», 5 maggio 1961
  • al. pi., «Domenica del Corriere», 24 dicembre 1961
  • G. G. Severi, «La Domenica del Corriere», 10 giugno 1962
  • Vera Spinelli, «Noi donne», 1965
  • M. M., «Noi donne», 1967
  • «Corriere della Sera», 28 novembre 1972
  • Alba Solaro, «L'Unità», 6 aprile 1999