Sei donne col volto di Anna Magnani

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Anna Magnani sta interpretando i telefilm del suo debutto televisivo: sei storie di donne, sei personaggi femminili che potrebbero non essere tutti ugualmente riusciti, ma saranno sicuramente credibili e veri per il solo fatto che avranno il suo volto, la sua voce, la sua ironia, la sua disperazione.

Allora è proprio vero. Anna Magnani debutta in televisione. Ha offerto il suo volto scarto eppur bellissimo alle telecamere che lo stanno scrutando per rubargli ogni segreta espressione. Per oltre quindici anni ha resistito al richiamo del video, questo mezzo straordinario, ancor giovane e misterioso, nato quando lei era nel pieno del suo fulgore artistico e tutto il mondo conosceva l'Italia e le sue donne attraverso i suoi film: «Roma città aperta», «L'onorevole Angelina», «Bellissima», «Nella città l’Inferno»... Per lungo tempo ha respinto tutti i corteggiamenti e tutti gli allettamenti della televisione, e non per superbia, come qualcuno potrebbe credere, ma per paura, una paura invincibile che le mette addosso l’occhio della telecamera e il pensiero che al di là di quell'occhio freddo e implacabile milioni e milioni di persone la stanno a guardare. Ed ha ceduto, è lei stessa a dirlo, perché i sei telefilm dei quali sarà protagonista, vengono girati con la stessa tecnico di un film. Interpreterà sei storie di donne, sei personaggi che potrebbero anche non essere tutti bellissimi o tutti egualmente indovinati, ma che saranno sicuramente sei personaggi credibili per il solo fatto che avranno il suo volto.

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Secondo l'intenzione degli autori, i sei telefilm comprenderanno un arco di cento anni e saranno sei momenti della storia e della società italiana visti attraverso la tipicità di una donna del nostro tempo. La Magnani è certo la più adatta, la più qualificata a riassumere e concentrare in se stessa un panorama del costume inquieto e tempestoso di cento anni della nostra vita, e forse per la prima volta vedremo sul piccolo schermo, sempre cosi convenzionale, delle figure femminili nelle quali ci riconosceremo.

Ad essere sinceri Anna Magnani prima d’ora aveva già detto di si una volta alla televisione, e fu quando fu chiamata a ricordare — il giorno stesso della sua morte — l'amico e compagno di lavoro Totò. Lei ignorava perfino dove si trovasse la famosa via Teulada. «Un artista cosi immenso, un amico cosi grande, potevo rifiutare di ricordarlo dal video al suo pubblico? — ricorda l'attrice —, ma persino quella volta, sconvolta dal dolore come ero, dovetti nascondermi dietro gli occhiali neri per vincere lo spavento, l'idiosincrasia, questo complesso che non posso superare. No. non riuscirei mal a recitare alla televisione. Mi sentirei tutta legata, costretta, impedita. Non sarei più io. Sarebbe come scrivere a macchina una lettera d’amore: cioè una cosa per me impossibile, anche maleducata, Qui io mi limito a interpretare sei brevi film, circa un'ora ciascuno Poi verranno trasmessi alla televisione. Per questo ho accettato».

La serie è nata con un titolo piuttosto pretenzioso: «Storia d'Italia», e narrerà le vicende di una popolana romana (1870) che vive, senza comprenderne il significato stanco, la formazione del Regno d'Italia; una contadi na calabrese (1910) in procinto di seguire il marito sulla strada dell'emigrazione, ma che non ha il coraggio di lasciare la sua terra; una cantante di caffè concerto in declino che si illude di avere un rilancio artistico quando viene inviata a cantare al fronte (1915-18); una bottegaia che vive su un'isola, sola con un figlio, la quale crede di aver trovato l'amore in un rapporto con un confinato politico, che si serve di lei per tentare la fuga (1930); l'infermiera di un ospedale romano che. durante l'occupazione nazista (1944). si trova ad ospitare un ufficiale sbandato e finisce poi con un gruppo di partigiani sulle montagne, e, infine, una prostituta che, nell'Italia della motorizzazione e del benessere, conquista una piccola automobile sperando cosi di trovare più facilmente i clienti. Questa era l'idea iniziale, ma ora che la lavorazione dei telefilm è a buon punto, il numero degli episodi appare incerto, poiché la straripante personalità dell’interprete finirà per dilatarne qualcuno riempendolo tanto di sé che se dovesse durare un'ora soltanto sarebbe sacrificato, come dicono il regista Alfredo Giannetti e Peppino Mangione che, insieme a lui, ha sceneggiato il ciclo.

Alfredo Giannetti che ha avuto l'idea di questi telefilm (è autore anche della melensa famiglia Benvenuti) dice che la condizione della donna, con tutte le sue contraddizioni, l’ha sempre interessato. «Sono un femminista con vinto — sostiene anche se mol te cose nei confronti delle donne devono cambiare. Accetto la dissacrazione, non è giusta la concezione che la mamma non st tocca. Ecco perché mi sono messo in mente di ripercorrere cento unni di storia italiana vedendoli attraverso la sensibilità e gli occhi di una donna, quella che ho avuto in mente da sempre e che né i cosmonauti né le gonne lunghe o corte hanno mai cambiato». Una donna, egli spiega, apparentemente debole, disponibile, timorata di Dio, pronta a mettersi in disparte per il suo uomo, con un eterno marito o un figlio da difendere, ma anche straordinariamente generosa, energica lottatrice, protagonista forse senza saperlo. E per interpretare questa simbolica figura femminile ha voluto Anna Magnani, unica come carica umana, come istinto, una grande attrice che traduce tutto il suo mondo «in quella sua magica vociaccia». Sono sempre parole di Giannetti.

Ha voluto Nannarella, che come nessuna altra attrice ha saputo mostrarci la faccia autentica della donna del popolo, ancor vittima di pregiudizi c di antiche Ingiustizie, ma battagliera e già consapevole del peso che essa ha nel destino di tutti. Lei che venticinque anni fa inaugurava, con Rossellini, un'epoca nuova del nostro cinema. Anna Magnani. la più grande di tutte, la più amata dal pubblico e la più trascurata dai produttori, i quali, nella loro grettezza, l'hanno considerata spesso un «mostro sacro» la cui presenza autorevole e straripante mette in imbaraz zo e soggezione. E l’hanno lasciata lungamente inattiva adducendo, come alibi, che è difficile trovare ruoli per lei, così esasperatamente drammatica e difficilmente riducibile a ruoli più sfumati, più sommessi, ignorando che ha fatto per anni e anni la rivista e che è capace di rendere con uno sberleffo e una risata quella vena di comicità che sempre. nell’animo popolare, si accompagna al dramma.

L'idea di fare una serie di telefilm con Anna Magnani interprete è venuta ad Alfredo Giannetti, che cura la regia del ciclo. La Magnani non aveva mai accettato prima d'ora di comparire davanti alle telecamere. Unica eccezione fu in occasione della morte di Totó. Dice che la televisione le fa paura

Corrado Alvaro scriveva, rammaricato: «Avete mai pensato a quanti pochi ritratti femminili — di donne vere, dico, nelle quali le italiane abbiano potuto identificarsi — ci sono nel nostro cinema che pure ha lasciato largo spazio alle donne e, più recentemente, all'erotismo e al sesso? Ella (Anna) può darci un ritratto esemplare di donna italiana, di quelle che hanno spazientito tanta letteratura e che è stato sempre ambizione, di scrittori italiani e stranieri raffigurare». Certo Anna Magnani non è attrice comoda. Non è una di quelle divette dalla faccetta bellina che non dicono nulla e alle quali il regista può far dire qualsiasi cosa. «Non sono una bamboletta, che dove la metti sta — riconosce lei stessa —. A me i personaggi bisogna tagliarli addosso. Prima vengo io poi il personaggio: scelto o creato in modo che sia adatto a me. Tutti hanno sempre fatto cosi. Tennessee Williams, Visconti, Rossellini...».

E così fece anche Pier Paolo Pasolini, l’ultimo regista italiano che le ha offerto l'occasione di un grande ruolo, quello di «Mamma Roma», la prostituta che cerca, per amore del figlio di rifarsi un'esistenza, ma soccombono, entrambi schiacciati da un mondo che non perdona chi trasgredisce le sue regole. Un film forte, poetico e tragico che forse non ha avuti, insieme alla sua interprete — il riconosci mento che meritava. La pellicola era stata scritta su misura per la Magnani, e l'attrice offri l'ultima grande prova della sua straordinaria forza d'interprete. Poi il cinema italiano sembra averla dimenticata. Ma Anna a chi dice che il cinema l'ha trascurata risponde che è stata lei a trascurarlo. Perché «è povero, miserabile, pitocco. Perché continua a offrirmi personaggi che non sono creature umane, ma caricature pupazzi, imbecilli. E io la scema non lo recito». Vuole personaggi «presi dalla vita, nella vita ce ne sono personaggi cui ispirarsi. Personaggi nelle cui emozioni e avventure la gente possa riconoscersi, ritrovarsi, e a cui io posso dedicarmi con sincerità, con slancio, con amore. Io non sono una mestierante dice —. Se uno mi dice: sei una professionista, io mi considero insultata. Fare l'attrice per mestiere è un idea che non concepisco: che avvilimento, che squallore. Verso il lavoro non provo distacco nè logoramento, nessuna noia derivante dall’abitudine. Niente routine, niente faciloneria, niente compromessi. Su un personaggio giusto io mi eccito, mi appassiono, mi scopro a poco a poco, lo creo nel mio cervello prima ancora che davanti alla macchina da presa. Me ne impadronisco sempre, «senza stanchezza: da più di venticinque anni».

Anna Magnani, che ha vinto anche un premio Oscar, in questi ultimi tempi è tornata al teatro portando sui palcoscenici italiani e stranieri «La luna», di Giovanni Verga. I sei telefilm diretti da Alfredo Giannetti e interpretati dalla Magnani racchiudono un arco di cento anni di storia, visti attraverso sei personaggi femminili tipicamente italiani.

E in questo «vivere il personaggio» è forse il segreto della sua straordinaria recitazione. In questo capirlo, in questo collocarlo nel suo ambiente e nel suo contesto umano sociale storico. Perchè Anna prima di essere una grande attrice è lei stessa un grande personaggio, nel suoi difetti e nelle sue virtù, nei suoi furori e nelle sue timidezze, mai schiava delle convenzioni, mai vittima del perbenismo corrente. una donna che ha vissuto le sue vicende umane, i suoi amori — e non dispiaccia ad Anna, cosi riservata e schiva, questo accenno alla sua vita privata — senza moralismo, ma con enorme dignità. Per tutte queste ragioni insieme c'è da credere che le donne del video che avranno il suo volto, la sua voce, la sua anima, la sua ironia, la sua dìsperazione, saranno donne vere. Perché Anna è già dentro alla nostra storia, è già popolana, contadina, cantante, madre, donna di strada o moglie fedele. E' tutto questo insieme, meravigliosamente.

Maria Maffei, «Noi donne», anno XXV, n.34, 29 agosto 1970


Maria Maffei, «Noi donne», anno XXV, n.34, 29 agosto 1970