I tagli della censura cinematografica al film “Senso". Una contessa non deve dire: «Ti chiedo di restare»

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Pubblichiamo qui, per documentazione del lettore, alcune immagini, e brani di dialogo che lo spettatore pagante delle sale cinematografiche non sarà in grado di vedere, ove assista alla rappresentazione del film Senso, di Luchino Visconti. Un breve esame di questi tagli (apportati al film per il diretto intervento del ministero della Difesa e del sottosegretariato dello Spettacolo) conduce senza alcuna difficoltà a vieppiù scoprire l’esistenza, in Italia, di una vera e propria censura di carattere ideologico, in contrasto con ogni norma costituzionale, in dispregio alla libertà di opinione del cittadino, alla libertà di creazione dell’artista. Come sono stati motivati quei tagli?

1955 02 06 Vie Nuove aX n40 Censura f1Questo bacio non è stato ammesso dalla censura. Così come non è stata ammessa la frase: « Ti chiedo di restare... » detta dalla contessa Serpieri all’ufficiale austriaco di cui è pazzamente innamorata. Il bacio è stato tolto di mezzo perchè — si è detto — ce n’erano già altri quattro nel resto del film. Quanto alla frase pronunciata dalla contessa, essa è stata giudicata sconveniente dato il suo rango sociale.

Il taglio alla frase di Livia Serpieri « ...ti prego di restare » è stato motivato con la acuta osservazione che una contessa italiana non dice di restare a chicchessia. Il taglio alla discussione tra il marchese Ussoni e il tenente Meucci è stato motivato con più gravi ragioni: la frase di Ussoni poteva riuscire sgradevole per i generali italiani di quell'epoca.

1955 02 06 Vie Nuove aX n40 Censura f2Il patriota Ussoni diceva al capitano Meticci, alia vigilia della sconfitta di Custoza: « ...Parliamoci francamente... L’ordine che lei mi ha trasmesso rispecchia la ripugnanza di tutto l‘esercito, a cominciare dal signor generale Lamarmora, per le forze rivoluzionarie. E’ chiaro che si vogliono escludere queste forze dalla guerra, impedire loro... ». Queste frasi sono state tagliate per intervento del ministero della Difesa.

Certo, viviamo in tempi in cui per passare dei guai basta toccare i generali, o i padri dei generali, o i nonni dei generali, o addirittura i ritratti baffuti dei colonnelli dell’ottocento, senza prima sincerarsi di avere in tasca il congedo assoluto. Fuor di scherzo, i tagli al film di Visconti, qualunque sia la loro entità rispetto all’intero film vanno considerati come l’indice di una situazione assurda e insostenibile, per il cinema italiano e per la intera cultura nostra: una situazione di sfrenato prepotere, nella quale i galloni intendono dettare legge alle idee. Ma per fortuna sempre le idee hanno battuto certi galloni troppo oscuramente guadagnati.

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«Vie Nuove», anno X, n.40, 6 febbraio 1955


Vie Nuove
«Vie Nuove», anno X, n.40, 6 febbraio 1955