Elena Giusti: «Broadway mi ha fatta un'altra»

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Elena Giusti, il cui ritorno ai teatro di rivista italiano è positivamente avvenuto in questi giorni a Milano, racconta per i lettori di “Tempo” come l'esperienza americana le abbia giovato per il completamento delle sue qualità di “soubrette” e di attrice. E annuncia felice, per la prossima primavera, il suo matrimonio

Sorridevo, sorridevo instancabilmente al pubblico, ma dentro di me avevo molta paura. Ero assente da quattro anni dal teatro di rivista italiano, dal giorno di "Baratin” e l’assenza mi mozzava il respiro. Quattro anni non sono molti, ma non sono neppure pochi. Vero, d’altra parte, che in tutto questo periodo gli impegni di teatro — e di televisione in Italia — non mi erano mai mancati, ma il periodo di lontananza dal pubblico che dalla platea guarda, esamina e analizza non era stato brevissimo. Di una cosa ero certa: non mi aveva dimenticato.

Ora che il debutto nella rivista "Il diplomatico" è avvenuto e che alle spalle ho già una quindicina di repliche, posso finalmente dire una cosa: non ho più paura. Attendevo. con molta ansia, il momento del contatto con la platea dopo tanti mesi di assenza. Ma, alla resa dei conti, aspettavo anche me stessa. Mi sentivo matura per il delicato momento; sentivo dentro di me che in tutti questi quattro anni avevo imparato una lezione che prima non conoscevo profondamente, ed ero ansiosa di provarlo.

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PER LA SUA GRAZIA, bellezza e abilità di cantante, Elena Giusti può essere giustamente considerata la migliore soubrette italiana. L’esperienza di teatro da lei recentemente acquisita negli Stati Uniti ha completato e maturato la sua personalità. La Giusti, che contrariamente a quanto è stato scritto più volte non è nata a Trieste ma nell’isola di Malta, è impegnata in questi giorni in un teatro milanese nella rivista ”Il diplomatico”. In essa vi si racconta la storia di un diplomatico, Carlo Dapporto, accusato di spionaggio in base ad un semplice cifrato messaggio sentimentale. Qui la Giusti in due diversi momenti fotografici nella sua abitazione di Milano: a sinistra è ritratta davanti al piano sul quale prova le numerose canzoni che poi con tanto successo porta sulle scene.

Di tutto ciò devo dire grazie agli Stati Uniti. E’ là che ho completato me stessa. Il debutto nel teatro di rivista americano avvenne il 23 agosto dell'anno scorso. D mondo di Broadway. che tanto mi aveva sempre affascinato, quel giorno mi terrorizzava. Il teatro era il ”Roxy”, immenso con i suoi cinquemila posti. Sotto di me. lì a due metri di distanza, in una enorme buca a forma di fagiolo, erano cinquanta professori d’orchestra. Alle mie spalle trentasette tra ballerini e ballerine aspettavano soltanto che io cominciassi un passo di danza per venirmi intorno e assediarmi. E li, nel buio della sala, scorgevo diecimila occhi che mi guardavano, pronti a far muovere le mani per l'applauso o a fischiarmi.

Facevo quattro spettacoli al giorno: il primo a mezzogiorno, il secondo alle quindici, il terzo alle diciannove e l’ultimo alle ventuno. Cantavo otto canzoni per ogni spettacolo: trentadue canzoni al giorno. E per ogni spettacolo era un’ora di palcoscenico. Un lavoro continuo, senza respiro, pesante, sfibrante, tanto che per una forma di congiuntivite elettrica dovetti per otto giorni portare gli occhiali.

1958 11 11 Tempo Elena Giusti f3CON QUESTO COSTUME dorato Elena Giusti appare nel primo quadro della rivista "Il diplomatico”: indossa pantaloni ornati di numerose frange. Il suo rientro nel teatro della rivista non poteva ottenere un miglior successo.

A pensarci, mi sento venire la pelle d'oca mentre soltanto ora mi rendo conto di quanto coraggio ho avuto nell’affrontare quella che allora era soltanto "l’incognita americana”. Due mesi di "Roxy” a quel ritmo però finirono col darmi un altro volto mentre capivo che il restante della trasferta americana avrebbe completato l’opera.

Un’opera di rifinitura e di sfumature che mi ha portato a essere come io volevo. Nei "night-clubs” dell’Avana, di Washington, di Dallas e di Chicago ho visto, annotato, seguito. assimilato; e ora eccomi qua. come di me hanno scritto, più disinvolta, più attrice, più padrona di me: in una parola, eccomi qua come l’America mi ha fatto.

A Broadway e a tutte le altre città dove ho lavorato io devo dire grazie; e a coloro che sono venuti a applaudirmi. All’Avana, ad esempio, in una stessa sera mi trovai di fronte — io davanti al microfono, loro seduti comodamente in poltrona — Tony Martin, Vie Damone. George Raft, Arlene Dahl e Franco Lamas. Ebbene, quella che avrebbe anche potuto essere la mia fine, con quelle stelle dello spettacolo e del cinema a guardarmi, è stata invece la mia fortuna. Il cantante Tony Martin venne da me per complimentarsi anche a nome dei suoi compagni.

Da allora ho avuto la conferma di tante cose. Che per conquistare il pubblico occorrono numerosi piccoli segreti che messi assieme formano appunto il successo. Ma, soprattutto. una sera mi resi conto che alla base di ogni cosa deve esserci unicamente la bravura. Tutto il resto è solo fumo negli occhi. Ero a Nuova York e avendo una sera libera, andai a sentire Lena Home.

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NEL SUO CAMERINO di teatro, ecco la bionda soubrette con due vestiti di scena. La rivista nella quale è impegnata debutterà nelle prossime settimane a Genova e a Roma: con la Giusti, ballano e cantano le note ballerine inglesi "Bluebell”.

Nel mondo, ma specialmente negli Stati Uniti, Lena è considerata come una delle poche vere "signore” della musica moderna. Nei quarantanove Stati della Confederazione, anzi, v’è chi la vorrebbe antepor-
re addirittura ad Ella Fiztgerald. In ogni caso, è fuori di dubbio che Lena Home ha un pubblico di entusiasti. E dove lei va. una piccola corte di segretari e collaboratori la segue. I suoi spettacoli sono preannunciati con mesi di anticipo e in tutti i teatri e nei "night-clubs” sono numerose le corse ai botteghini per la prenotazione dei posti. Attualmente. è uno dei maggiori richiami. insomma, e con Perry Como. la Flztgerald e Pat Boone è fra le "stelle’’ che riscuotono consensi e calore, sinceri entrambi. Quella sera, la negra Lena Home si presentò davanti al microfono con un vestito che non era nè bello nè brutto. Ma, quando cominciò a cantare, nessuno più si ricordò dell’abito che aveva indosso: la sua voce soltanto contava, e basta. Tutto il resto era semplice contorno da dimenticare. Si fosse presentata anche con un sacco di juta, il risultato sarebbe stato sempre lo stesso: trionfale.

Lena Home era riuscita a incantare tutti soltanto con la sua eccezionale abilità e niente altro. Il resto, sembrava dire Lena mentre cantava "Love me or leave me", è tutta zavorra che deve essere scaricata appena la luce dei riflettori inquadra il volto e "illumina” la voce.

E su quell’esempio, in quei due mesi di permanenza a Broadway. e con gli applausi di Tony Martin, ho tentato di costruire una "nuova Giusti". Ecco perchè aspettavo con tanta trepidazione la prima de ”Il diplomatico”: per provare a me stessa che l’esperienza americana mi aveva giovato (nè va trascurato, come periodo utile al fine della mia definitiva formazione, quello inglese trascorso alla TV prima ancora della trasferta americana).

I miei progetti, ora, sono tutti tesi al campo della rivista per il quale niente darei in cambio. Ho cominciato a quattro anni a sentire odor di quinte e di palcoscenico ed ora non posso più staccarmene. L’anno venturo, anzi, molto probabilmente riattraverserò l’Oceano per puntare sull’America del Nord, sul Venezuela e l'Argentina. Il contratto per una ventina di settimane è quasi pronto: dieci le trascorrerò nei teatri statunitensi e la rimanente metà alla televisione venezuelana e argentina.

1958 11 11 Tempo Elena Giusti f6UNO DEI SEGRETI della "soubrette” maltese è quello di presentarsi sulla scena con vestiti eleganti ma molto semplici. Tra i vari "hobbies” di Elena Giusti - nella cui casa questa foto è stata eseguita - vi è anche quello di raccogliere tutti i pupazzetti che simboleggiano i vari Paesi da lei visitati. Nella sua abitazione abbondano così ricordi che vanno dai pupazzetti indiani del West degli Stati Uniti - i famosi "totem” intagliati nel legno - a quelli cubani e altri.

Certo, il teatro di prosa mi tenta, ma per ora questo è soltanto un lontano progetto, cosi come mi piacerebbe scrivere un libro, non comunque sul teatro di rivista visto dalle quinte. Ma sono tutte idee poco vicine alla realizzazione. Ciò che invece sarà realtà è il mio prossimo matrimonio. Nella primavera dell’anno venturo. se il diavolo non ci metterà la coda, mi sposerò. Potrà forse stupirvi questa notizia perchè, se devo dire la verità, ha stupito anche me. Ma ora lo annuncio con enorme gioia. Cosi, penserò al futuro. Come attrice e come moglie. Perchè pensare al passato mi immalinconisce. Nella mia biblioteca sono collocati alcuni grossi album con le fotografie e i ritagli di giornali della mia carriera. Ma non li sfoglio mai. Li tengo lì, per quando, fra molti anni, vorrò rivivere con le immagini e le parole stampate la mia carriera di teatro.

Elena Giusti, «Tempo», anno XX, n.46, 11 novembre 1958 - Fotografie di Franco Piccinini


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Elena Giusti, «Tempo», anno XX, n.46, 11 novembre 1958 - Fotografie di Franco Piccinini