La sposina

La_Sposina

La sposina ovvero Il matrimonio non è uno sketch... ma dovrebbe!

C’è qualcosa di più tragico, comico, disordinato e teatrale di un matrimonio? Sì: la rappresentazione farsesca di un matrimonio, messa in scena da Totò e compagni nel 1932, in uno sketch intitolato – con suprema ironia – La sposina. Una creatura comica teneramente goffa, ricamata con ago e filo dalla penna e dalla mimica del Principe della risata e del suo complice Guglielmo Inglese, compagno di scorribande da palcoscenico e da retrobottega.

Lo sketch debutta in "Ridi che ti passa" – che già nel titolo è una dichiarazione di intenti: se ti sposi, ridi... o ti passerà (lei, l’allegria, la voglia di vivere, la libertà, scegli tu). Non contento di averla servita una volta sola, Totò la ripropone subito, nell'anno cruciale 1932, anche in "La vile seduttrice", titolo che suona già come una condanna per la povera sposina, additata come Eva con il rossetto al posto della mela.

Ma La sposina non si limita a fare tappezzeria nei titoli: cambia abito e contesto, si traveste da numero nuovo e si presenta l’anno dopo all’Eliseo di Roma, nella rivista "Dalla calza al dollaro" del misterioso Paolo Rampezzotti (alias Tramonti), trasformandosi in un cammeo di comicità sempreverde, cucito tra calze di seta e ambizioni americane.

👰 Totò, lo sposo riluttante e il teatro come altare profano

Chi è La sposina? Non lo sapremo mai davvero. È un personaggio che cambia pelle, come le maschere della commedia dell’arte o le mogli nei sogni di uno scapolo incallito. Ma chi è Totò nella vicenda è molto più chiaro: lo sposo riluttante, l’uomo in trappola, il buffone davanti al plotone d’esecuzione vestito di tulle e bomboniera.

Nel suo eterno mestiere di vittima comica, Totò si aggira sulla scena tra promesse nuziali e promesse di fuga, nel tentativo – già perdente – di sfuggire a un destino fatto di anelli al dito e catene al cuore. Accanto a lui, Guglielmo Inglese incarna l’amico impiccione, il testimone inattendibile, il suocero-ombra, o più semplicemente il detonatore delle situazioni più ridicolmente esplosive.

🎭 Una farsa in tre abiti (tutti stretti)

La sposina è un esempio purissimo di come il teatro comico napoletano sappia prendere un tema universale – il matrimonio – e ridurlo in pezzi, per poi ricostruirlo con nastro adesivo, risate e una certa dose di disincanto maschilista, tipico dell'epoca (e delle barzellette da barbiere).

Si comincia con l’attesa della cerimonia – un incubo di ritardi, vestiti sbagliati e parenti fuori posto. Si passa poi alla celebrazione – con errori nei nomi, inciampi nei voti, e Totò che scambia l’altare per un banco di pescheria. Si finisce, come sempre, in fuga: la sposina abbandonata, lo sposo inseguito, il prete che si domanda se la vocazione non fosse una trappola e il pubblico che – Dio lo benedica – ride.

🕰️ Il tempo passa, la sposina resta (e fa sempre ridere)

È sorprendente vedere come La sposina, pur mutando contesto e cornice – dalla rivista di varietà all’elaborazione più matura e articolata del teatro comico – riesca a mantenere una vitalità che solo i grandi numeri sanno conservare. L’umorismo non è mai fine a se stesso: è un’allegoria della condizione umana, costretta a fingere amore mentre tenta la fuga dal vincolo sociale per eccellenza.

In questa pièce, la satira prende per mano la farsa, il cliché fa l’amore con l’improvvisazione, e il matrimonio – quel mistero buffo e crudele – si trasforma in una danza grottesca, dove l’unico a non ridere è il prete (ma solo perché non è pagato abbastanza per farlo).

💸 Dalla calza al dollaro… passando per il corredo

La versione del 1933 inserita nella rivista “Dalla calza al dollaro” introduce probabilmente sfumature nuove – magari una sposina più americanizzata, più “sogno emigrante” e meno “sciantosa da quartiere”. Ma il meccanismo resta lo stesso: un uomo, una donna, una trappola dorata, un pubblico che ride perché sa che là fuori, nella vita vera, l’altare si paga a rate e l’anello ha la forma di una manetta.

Il titolo della rivista stessa suggerisce la transizione: si passa dal mondo intimo della donna italiana (la calza) al sogno capitalistico (il dollaro), e nel mezzo ci mettiamo la sposina, che non sa se puntare alla dote o all’autonomia.

🧵 Considerazioni con ago e filo

La sposina non è solo uno sketch: è una riflessione in forma di parodia sulla società matrimoniale, sulla pressione sociale del “dover essere coppia” e, soprattutto, sull’eterna farsa dell’amore obbligatorio. Totò lo sapeva: il vero matrimonio è quello tra attore e pubblico. Il resto è burocrazia sentimentale.

✨ Conclusione (senza confetti)

Se oggi questo sketch sopravvive nei ricordi degli appassionati, nelle trascrizioni rare, e nelle reinvenzioni successive, lo dobbiamo alla sua comicità elastica, al suo umorismo disilluso, alla forza mimica di Totò che riesce a trasformare il dramma coniugale in poesia del paradosso.

La sposina non è mai stata solo una: è ogni promessa disillusa, ogni anello sbagliato, ogni passo all’altare fatto con la voglia di correre nella direzione opposta.
Ecco perché ancora ridiamo.
Ecco perché, forse, non ci siamo mai sposati.


1934 09 26 Il Lavoro Dalla calza al dollaro T L


(Ambientazione: Salone in casa Carcavallas)

PEDRITO Alonzo, mio vecchio Alonzo, mi raccomando che tutto proceda con ordine e celerità. Muciaccias e Dinamismo.
ALONZO Ombre usté non abla addobbetares.
PEDRITO Buenos.
ALONZO Buenos stardas.
PEDRITO Buenos Aires.
ALONZO Liverpool.
PEDRITO Sette e mezzo. Oggi è festa per la mia casa. Due matrimoni nella mia famiglia. Quello di mia figlia e quello di mio nipote. Vamos. (Viano a soggetto)
(Via i due, avanzeranno BOB [Totò] e MARTINO. BOB vestito da sposa)
BOB C’è nessuno?
MARTINO No.
BOB Non ne posso proprio più!
MARTINO Pazienza ancora pochi minuti, adesso dal vecchio ci faremo dare i soldi e ripartiremo subito. Del resto sei stato tu ad avere l’idea di farti passare per la sposa.
BOB Per forza, non c’era altra via da scegliere.
PEDRITO (entrando) Finalmente mio amato nipote posso stringerti fra le braccia! E adesso lascia che baci la mano della tua amata sposina.
BOB E’ geloso come un Otello.
PEDRITO Spiritosa!
BOB Schifoso!
PEDRITO (a Martino) Lascia che te lo dica, essa è un adorabile bottoncino di rosa.
MARTINO Scherzosa!
PEDRITO Faceta!
BOB Fo l’olio (piri; salto in braccio)
PEDRITO Va’, precedimi nello studio che vengo tosto... vai, vai... (Martino via) Che cosa?, mi ha fatto l’occhiolino! Zi, zi.
BOB Zi, zi! (via Pedrito) Adesso mi lascia solo, speriamo bene.
CONQUITA [sic!] (dal fondo) Ah, sei qua! Ti sto cercando dappertutto!
BOB Io non amo la confusione, e lei?
CONQUITA Neanche io. Però non darmi del lei e chiamami semplicemente Conquita.
BOB Che bel nome.
CONQUITA Anche bobette mi piace. Come sei cara!
BOB Anche tu mi piaci molto. Che bella giornata oggi per noi.
CONQUITA Per me è una giornata come le altre.
BOB Io mi sento così emozionato... emozionata!
CONQUITA A me invece non ha fatto impressione il matrimonio.
BOB Allora, prima di sposarti...?
CONQUITA Non tocchiamo questo tasto.
BOB Quanti? (mostra le dita della mano)
CONQUITA Stop!
BOB Per forza, non ho più dita. Ah, le americane!
CONQUITA E tu? Prima di Martino...?
BOB Ohibò, ohibà!
CONQUITA Quanti? (mostra le dita)
BOB No, undici.
CONQUITA Che stupidi i nostri mariti! Che creduloni!
BOB Che credenzone! Come ti torna bene questo vestito. Qui poi torna a meraviglia, qui poi c’è l’andata e ritorno. Ti piace?
CONQUITA A te invece fa delle pieghe. Qui... qui... e qui specialmente.
BOB Per carità, soffro di solletico.
CONQUITA Ed i miei daissus l’hai visti? Guarda, tocca, è stoffa di prima qualità, e i tuoi? BOB Guarda, guarda che stoffa, Conquita E’ resistente?
BOB Non mi lamento.
CONQUITA Lascia che ti baci, mi piaci tanto.
BOB Figurati a me!
CONQUITA Senti cara, andiamo in camera, ti farò vedere le corbeilles. (Viano)
PEDRITO (entrando) L’ho lasciata qua. Che, angelo, che angelo! Mai conosciuto un tipino così saporoso!
BOB (tornando) Ah! Pedrito Eh!
BOB Oh, che onore, come ringraziarlo?
PEDRITO Sono io che debbo ringraziarvi. Voi mi avete fatto provare la più grande emozione della mia vita.
BOB Esagera!
PEDRITO Tu non sai che sangue scorra nelle vene di un brasiliano. Io per un tuo bacio scoprirei un’altra America. Andiamo in giardino e là, oh mia diletta, sdraiata sull’erbetta, sotto un albero di fico, sentirai quel che ti dico.
(Finale e azione scenografica e ripresa refrain)


Riferimenti e bibliografie:

  • Quisquiglie e Pinzellacchere, Goffredo Fofi - Savelli Editori, 1976, pagg. 30-33