Totò, «mòseca e quisquiglie»
«Nun sì ’na femmina», «Core analfabeta», «Nemica», «Miss, mia cara miss», «Luntano ’a te», «Casa mia»: a parte «Malafemmina» ecco il Totò in sette note.
«Non c’è nessuna discrepanza tra la mia professione (che adoro) e il fatto che io componga canzoni e butti giù qualche verso pieno di malinconia», disse una volta Totò difendendo un’attività dai più considerata men che minore o comunque messa in ombra dal singolare carisma dell’attore comico. Il Totò autore di versi ha avuto però molta fortuna (grazie anche alle letture, incise anche su disco, dell’attore stesso) del Totò canzoniere. Infatti delle sue oltre quaranta canzoni (ma forse una ricerca approfondita porterebbe il numero almeno a cinquanta) solo «Malafemmena» ha conosciuto un successo su vasta scala e duraturo. Le altre sono finite nell’oblio e c’è voluto il volumetto edito dalla Lato Side nel 1982 a cura di Vincenzo Mollica per vederne raccolte buona parte.
Agli inizi della sua carriera il principe De Curtis aveva tentato con il nome «Clement» (1) la fortuna nel movimentato mondo della Napoli canora del primo dopoguerra. Un debuto disastroso in una baracca al viale Elena recante l’insegna di «Teatro Dorè», dove il novello cantante si presentò vestito da sguattero cantando «La serenata del cuoco». Il fiasco si portò via per compro Clement o Totò non insidiò più Pasquariello e compagni. Di buoni cantanti a quel tempo Napoli ne aveva da vendere. Cercava invece un emulo di Gustavo De Marco e lo trovò nel principe De Curtis.
Passarono oltre trent’anni prima che Totò tornasse al suo amore, la canzone. Lo fece non più come interprete bensì quale autore di versi e musica cogliendo nel 1951 un successo che ebbe il sapore d’una grande rivincita. Un successo di portata di poco inferiore a quello di «Luna rossa» di Vian e De Crescenzo lanciata un anno prima e finita addirittura nel repertorio di Sinatra. Una canzone accorata sulla solitudine meno rabbiosa di quella «Malafemmena» che Totò scrisse, sul retro di un pacchetto di Turmac bianche durante una pausa della lavorazione di «Totò terzo uomo», pensando al suo amore non corrisposto per Silvana Pampanini. Trovata la musica con la tecnica del fischio, Totò fu lesto a presentare il componimento al suo autista Salvatore Cafiero, il quale sbagliò giudizio affermando «Altezza, mi pare una lagna». Totò lo punì abbligandolo a cantarla nel ristorante «Giacomino» di fronte a Eduado De Filippo, Sofia Loren, Vittorio De Sica e Paolo Stoppa, che in quei giorni giravano a Napoli le scene di un film con il titolo «principe del sorriso». Il boom venne poco dopo con i dischi di Giacomo Rondinella e di Mario Abbate e presto «Malafemmena» varcò l’Oceano per trovare la fortuna in America. Da allora la canzone (che Totò non incise) ha conosciuto varie versioni fino all’ultima abbastanza recente del vero e unico nero a metà del «Neapolinan Power», James Senese.
Delle altre canzoni di Totò s’è perso il ricordo. «Con te!» interpretata da Achille Togliani e Flo Sandon’s si classificò quarta (2) al Festival di Sanremo del 1954. «L’ammore avess' a essere» (”L’ammore avessa essere ’na cosa dolce e semplice / Tutta sincerità... Dujie core c’a s'abbracciano / fino all’ eternità”) cantata da Tullio Pane vinse il primo premio al Festival della canzone italiana a Zurigo nel 1962. Scrisse persino un testo in francese, «Le Lavandaou» fermato su disco da Togliani. E ancora «Nun sì ’na femmena», «Core analfabeta», «Luntano ’a te», «Miss, mia cara miss», «T'aggià lassà», «Che mi diciste affà», «Casa mia», «Tu si tutto pe’ mme», «Margellina blu», «Nemica». Canzoni sempre venate di malinconia, e spesso imperniate sul tema dell’amore finito. Ad esempio in «Casa mia» Totò ha trovato un motivo musicale perfettamente in sintonia con i versi che dicono: «Dint ’a sta casà mia / quanne ce stive tu / rignava l’allegria / surriso ’e giuventù; / a che te ne si ghiuta / nun ce resisto cchiù; sta casa è triste e muta / perché ce manche tu». Più volte ricorre anche il tema delle delusioni per l’inganno amoroso e l’ogetto amato (già come il ”Malafemmena”) è visto con rancore e diventa una nemica.
Le dimenticate canzoni di Totò avrebbero forse avuto un ben diverso destino se fossero nate trent’anni prima. Capitarono invece nel periodo di piena decadenza, quando Canzone significava soprattutto Galleria del Corso a Milano e i Festival Napoletani cedevano il passo a quelli di San Remo. E diciamo forse perché Totò non fu un forte versificatore e durante gli anni Venti avrebbe dovuto fare i conti con gente come del calibro di Bovio e Murolo. In ogni caso le canzoni che ha lasciato mostrano un certo talento e rivelano il tipo d’approccio, sempre lacerante, che l’artista aveva con il «sesso debole». Tra tutte le sue canzoni Totò prediligeva «Sulo», che aveva segnato l’inizio del suo legame con Franca Faldini: «Comm 'a ’na varca spera ’nmiezo o mare / stongo sbattenno a che te ne si ghiuta, / nun saccio ch’aggia fà, parole amare / vaco parlanno sulo e penso a te...».
Gianni Cesarini, «Il Mattino», 11 aprile 1987
NOTE
- (1) Il nome d'arte "Clerment" fu adottato da Totò almeno fino al 1915.
- (2) La canzone "Con te!", scritta da Totò, partecipò al IV Festival della Canzone Italiana di Sanremo, classificandosi nella serata finale al 9° posto
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Gianni Cesarini, «Il Mattino», 11 aprile 1987 |