Mezzo secolo senza Totò: ci vedremo sulla luna
«Totò fu sempre contro, anche senza volerlo e senza saperlo: non per cultura, ma per natura; non per vezzo, ma per necessità»
50 anni, la morte di Totò ha 50 anni. Il principe del rione Sanità, che molto seriamente confessava a Galeazzo Benti di discenderei addirittura dal dio Marte, non è più «un morto fresco, un morto di giornata», come si dichiarava in Fifa e arena. Adesso «la morte è tanta», secondo quanto spiegava a Ninetto in Uccellacci e uccellini. Come ogni grande comico, lui pensava spesso alla morte, tanto che le dedicò la sua poesia più celebre. Al limite, accompagnava questi pensieri con un paio di corna a due dita, come un qualunque presidente del consiglio o della Repubblica. Ma non pensò mai, in vita, che un giorno sarebbe stato celebrato più da morto che da vivo, e tutto sommato non gliene importava. «Se mi occupassi dei venturi, come farei a divertire quelli di adesso?» dice l’attor comico nel prologo del Faust. Totò apparteneva a una generazione che aveva conosciuto il cinema nei baracconi e nelle fiere, non sui libri e nelle università: lo considerava un passatempo, non una forma d’arte. Anche Georges Méliès e Larry Semon, Stan Laurei e Buster Keaton, sarebbero rimasti stupiti e divertiti nel vedersi studiati e osannati, molti anni dopo la propria morte, da austeri professoroni universitari. Se mai si incontreranno sulla luna, dove quasi tutti i comici prima o poi finiscono, si faranno grasse risate di noi, di loro, di tutti, di tutto. Molti di quei professori avvalorano le infinite rivalutazioni postume di Totò con il fatto che negli ultimi anni interpretò tre film di Pasolini. Eppure Totò resta uno dei massimi attori italiani non per quei film, ma nonostante quei film. Certo, Che cosa sono le nuvole? è un gioiellino, uno dei primi omaggi ai comici dimenticati, al teatro e al cinema dei poveri e degli incolpevolmente ignoranti. Ma Pasolini fu crudele nel far credere a Totò, sia pure non intenzionalmente, che di tutta la sua carriera solo quei tre film si sarebbero salvati.
L’attore morì non soltanto con la convinzione che nessuno si sarebbe ricordato di lui dopo la morte, ma con quella ancora più dolorosa di aver sprecato la vita nelle farsette dei Mattoli, degli Steno, dei Mastrocinque, quando in ben altri modi e ben altri film avrebbe potuto impiegarla. Invece Totò è grande, è unico, per via dei Totò a colori e dei Totò le Mokò. Anche Boccaccio pensava di conseguire l’immortalità con le opere dotte in latino, ma oggi lo si ricorda soltanto per il Decameron. Uccellacci e uccellini è poesia, è filosofia, è fiaba, ma non è quello che dovrebbe essere un film di Totò: non è un film comico. E sarebbe grande anche senza Totò, mentre Totò a colori, con qualunque altro attore che non fosse Totò, sarebbe un piccolo film, disastrato, disunito e nemmeno molto divertente. Pasolini fece di Totò pura poesia, ma per la poesia ci sono altri luoghi, altri momenti, altri titoli, ugualmente preziosi, importanti, necessari. Quando si ha per le mani la spatola di Arlecchino, non la si usa per accarezzare le principesse, ma per fustigare i re. Se dovessi riassumere Totò in una sua battuta, sceglierei questa da Totò all'inferno (a proposito: quando lo vedremo in dvd? È uno dei suoi film più imprescindibili): «Vostro onore, mi oppongo. Mi oppongo a tutto, a priori!». Soltanto Groucho Marx osò altrettanto, con il suo «io sono comunque contro, per principio» di I fratelli Marx al college, infatti diverrà una delle icone del Maggio francese. Totò, che morì un anno prima di quel maggio, non diventerà icona neanche delle più tiepide e innocue manifestazioni studentesche italiane.
Nella vita non era un anarchico ma un monarchico; detestava i comunisti, i capelloni e gli omosessuali (la leggenda vuole che abbia disinfestato con il flit la poltrona su cui si era seduto Pasolini). E tuttavia si stenta a trovare nel cinema italiano un’uguale forza di opposizione; Oggi a parlar male di qualcosa, specie se questo qualcosa sono gli intoccabili della politica e della finanza, si rischia di essere liquidati come disfattisti e gufi. Per questo gli attuali film comici italiani, quand’anche gradevoli, carini, spiritosi, restano piccoli, inutili, accondiscendenti. Qualche tempo fa un collega scriveva in difesa di Checco Zalone: «Ma chi ha mai detto che bisogna essere sempre contro?». Facile rispondergli: «Ma chi ha mai detto che bisogna essere sempre a favore?». Io credo che il comico abbia il dovere morale di stare all’opposizione, perché essere contro non significa voler distruggere ma voler migliorare il mondo; così come la critica ai tempi presenti è l’unico modo per rendere più degni di attesa i tempi futuri. Totò fu sempre contro, anche senza volerlo e senza saperlo: non per cultura, ma per natura; non per vezzo, ma per necessità. Sappiamo tutti che non discendeva dal dio Marte, anche perché degli dèi è il più odioso e pericoloso. Ma dai Plauto, dai Boccaccio, dai Belli, dai Molière, dagli Arlecchino, dai Pasquino, dai Chaplin, discendeva eccome, e questo ha fatto sì che anziché invecchiare sia diventato eterno. La morte di Totò ha 50 anni. Ma tutto sommato se li porta bene. È poca.
Enrico Giacovelli
Il grande fustigatore
Qualche anno fa (parecchi, ormai), c'era su questo giornale una rubrica che s'intitolava Goff Goff, nella quale ogni settimana un signore molto colto, molto attento all'intreccio tra i fenomeni culturali e la vita vera, e senza peli sulla lingua, raccontava le sue opinioni su fatti, libri, film, italiani e non, sfidando convenzioni, regole e luoghi comuni, com'è sempre stata sua abitudine. Si tratta, come avrete capito, di Goffredo Fofi, che ha fatto di cinema, letteratura, giornali, fumetti, storie uno specchio attraverso il quale raccontare il mondo vero che lui frequenta. Sembra impossibile che Goffredo compia ottant'anni (il prossimo 15 aprile) e conservi una voce così giovane, uno spìrito così caustico e una voglia inesausta di nuove imprese (come "Gli asini", la rivista di giovani alla quale si dedica dopo la chiusura di "Lo straniero").
Ha insegnato a molti di noi, anche da lontano, a non aver paura delle nostre opinioni, a essere sempre curiosi; come ci ha insegnato, a volte indirettamente, a non nascondere le nostre idiosincrasie e, soprattutto, i nostri amori, pur se "colpevoli". Grande fustigatore di mode, riti e maestri vari, in realtà gli sono sempre piaciuti i fenomeni di cinema popolare, dal grande amore per Totò (in tempi non sospetti) a quello per la letteratura poliziesca anglosassone a certi esemplari di serie B britannici che spaziano da Ouatermass ai mèlo in costume settecentesco. Imprevedibile e appassionato, sempre. Caro Goff Goff continua così, a lungo per favore.
Emanuela Martini
Leggere Totò
Mai titolo fu più azzeccato. Nonostante l'enorme mole di materiali a tema Principe della risata editi in Italia nel corso degli anni, infatti, Totò Kolossal(pp. 438, € 24,50) è un volume a suo modo unico. Edito da Gremese e scritto da Ennio Bìspuri - tra gli studiosi più puntuali e onniscienti della prolifica carriera dell'attore -, racchiude un attento résumé storiografico su Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio (per gli amici: Antonio De Curtis), affiancato a un completo repertorio filmografico e ad apparati analitici ai quali, da sempre, la casa editrice presta certosina attenzione.
A impreziosire il tomo, e a renderlo consigliato anche a chi fosse in possesso di altri volumi "presunti definitivi" sulla materia, intervengono annotazioni e curiosità, aneddoti e informazioni finora inedite. Non mancano, inoltre, sezioni dedicate al teatro, alla televisione, alle poesie e alle canzoni dei polivalente Totò, altresì sviscerato in un catalogo di pubblicità, documentari e progetti mai realizzati. Ad ampliare ulteriormente l'offerta, Gremese mette a disposizione contenuti multimediali fruibili attraverso l'applicazione ClipCase.
Claudio Bartolini
«Film TV», anno XXV, n.14, 4 aprile 2017
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Enrico Giacovelli, Emanuela Martini, Claudio Bartolini, «Film TV», anno XXV, n.14, 4 aprile 2017 |