Articoli e ritagli di stampa: dal 2010 al 2019

2010-2019


Indice degli avvenimenti importanti dal 2010 al 2019

 
 

Altri artisti ed altri temi


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Totò

Dal 2010 al 2019

Approfondimenti 9023 Simone Riberto, Elisa Mallardo, Federico Clemente, Daniele Palmesi, Francesco Velletri

Totò: i premi i riconoscimenti

Totò: i premi i riconoscimenti Indice degli eventi Per il teatro - 1948: Premiazione per il concorso "Maschera d'argento" Per il teatro - 1949: Premiazione per il concorso "Maschera d'argento" Per il…
Approfondimenti 4601 Daniele Palmesi, Federico Clemente

Totò Genio - La mostra monumentale

Totò Genio - La mostra monumentale Palazzo Reale - Museo Civico di Castel Nuovo (Maschio Angioino) - Convento di San Domenico Maggiore Napoli, 13 aprile – 9 luglio 2017 In occasione del…
Approfondimenti 8265 Daniele Palmesi, Federico Clemente

Franca Faldini, una donna generosa

Franca Faldini, una donna generosa La pubblicazione integrale del testamento di Franca Faldini Solo chi ha conosciuto di persona Franca Faldini ne ha apprezzato, oltre l'intelligenza, l'alto livello…
Televisione 3611 RAI

2010 - Totò visto da STRACult

TOTO' visto da STRACult (2010) Una visione "trasversale" di un Totò quasi inedito, con immagini di repertorio dai telegiornali dell'epoca, di confessioni fatte davanti a un microfono, spesso davanti…

2010

2010 06 12 Corriere della Sera Toto Lega intro

«Totò non si tocca». Il Comune intitola una via al principe della risata, Antonio De Curtis, e uno ingenua-mente si aspetta una smorfia politica, magari dalla Lega. Errore: «Totò non si tocca», spiazza tutti Matteo Salvini, il principe della polemica Ma come? Salvini, il paladino dei lumbard? Il capogruppo del Carroccio che intonò cori da stadio contro i napoletani? «In un momento in cui a Milano si pensa di dedicare una via a Craxi — avverte — nessuno tocchi Totò».

uomo di gusto, sperimentalista e allo stesso tempo tradizionalista». Quanto a Mastroianni: «La sua recitazione scaturiva in modo del tutto naturale, niente in lui era costruito». Il 29 giugno ricorrono i dieci anni dalla morte di Gassman: «Un genio versatile e magnetico». Infine, Totò. Finazzer Flory lo definisce «una grande maschera nel solco della tradizione della Commedia dell’Arte. Il suo modo di prendersi gioco dei vizi della politica è esemplare e attuale». Stavolta, però, è la politica a giocare con se stessa. Boicottare Totò? «Ma fatemi il piacere». Matteo Salvini si nasce: «Per andare per dove dobbiamo andare, insomma, meglio dedicare una via a Totò che a Bettino Craxi».

Armando Stella, «Corriere della Sera», 12 giugno 2010


2010 07 31 L Unita Fifa e arena intro

In seguito alla morte dell'amico torero caduto nell'arena, Federico Garcia Lorca scrisse nel 1935 il suo «Lamento per Ignacio Sanchez Mejias», in quattro parti, introdotto e scandito dalle famose «cinco de la tarde». Per quel che riguarda l’arte, pittori come Francisco Goya e Pablo Picasso si sono spesso ispirati al mondo della tauromachia. Tra i dipinti più rappresentativi di Goya c'è «Corrida de toros» (1812-14), conservato alla Reai Academia de San Fernando, a Madrid. Di Picasso si ricorda, tra gli altri, «Corrida» (1934). Innumerevoli i film dedicati al tema, non ultimo «Fifa e arena» (1948), con Totò.

«L'Unità», 31 luglio 2010 


2010 08 06 Corriere della Sera Toto Tempo intro

«A Milano fa freddo e c'è la nebbia», diceva Totò a Peppino mentre arrivavano alla stazione Centrale, entrambi bardati con cappotti e colbacchi in una afosa giornata d'agosto nel celeberrimo film «Totò, Peppino e la malafemmina». Difficile sapere se si trattasse anche allora, correva l'anno 1956, di previ sioni del tempo sbagliate o di «situazioni particolari» legate ai due mitici protagonisti che infatti, su dati fradici, risolvevano la questione dell'inattesa calura nella supposta fredda Milano con un tanto pilatesco quanto esilarante: «E sarà un freddo caldo. Che vuoi che ti dica!».

A giudicare dalle fresche temperature milanesi di questi giorni d'agosto, quando al mattino presto e alla sera una giacca non si disdegna, forse il problema delle previsioni del tempo e delle loro ricadute anche sull'organizzazione sanitaria è meno banale e scontato di quanto si possa immaginare. Quest'anno era infatti prevista un'altra estate in stile 2003, quando l’ondata di caldo fece registrare non meno di 15.000 morti nelle sole due prime settimane di agosto in Francia, mentre nel nostro Paese i decessi, a seconda delle fonti, furono tra i 4 mila e i 18 mila.

Ecco allora lo stato di pre-allerta nazionale e sovranazionale, con avvisi del ministero della Salute a tutte le Regioni che a loro volta avvisano le Asl, che a loro volta avvisano tutti gli ospedali, i pronto soccorso, i medici di medicina generale, i pediatri. Si attiva poi il 1500, un numero verde per informare in tempo reale la popolazione su come affrontare il caldo estivo, il ministero mette a disposizione una pagina weeb di informazioni e quattro diverse broc hure rivolte alla popolazione, ai medici di medicina generale, agli operatori sanitari delle case di ricovero per anziani e alle badanti, quest’ultima con traduzione in sei lingue. E tutto questo per ritrovarsi a mettere giacchetta o golfino uscendo la sera? Beninteso, nessuno ha colpa, bene fanno il ministero e gli assessorati regionali ad attuare tutte le misure di prev enzione, solo che la fallacità delle prev isioni meteorologiche stride con la modernità tecnologica alla quale il mondo di oggi ci vorrebbe abituare. E, se l'eruzione del Vulcano islandese Eyjafjallajokull qualche mese fa ci ha fatto chiaramente capire che la natura continua a fare quello che vuole, senza troppo badare alle nostre pretese di controllo, le previsioni meteorologiche che ogni anno ci fanno temere chissà che per poi essere nei fatti sonoramente smentite dai capricci delle stagioni, hanno un po' il sapore della bella.

Forse qualcuno, rimirando tutto il nostro maldestro adoperarci, un tempo con sfere di cristallo e oggi con potenti computer altrettanto fallaci nel cercare di prevedere che tempo farà, là in alto sorride. Oppure, semplicemente, come diceva il principe de Curtis «sono solo quisquilie, bazzecole, pinzillacchere, insomma, sciocchezzuole».

Sergio Harari, «Corriere della Sera», 6 agosto 2010


2010 08 29 Corriere della Sera Gli onorevoli intro

La satira della politica, oggi impossibile perché la realtà va già oltre ogni immaginazione farsesca (neppure Dario Fo, anche se Franca Rame gli avesse somministrato LSD a pranzo e a cena, avrebbe scritto il copione dell’Italia di questi anni), ebbe una sua commedia di facili costumi satirici, ma rimasta nella «vendetta» popolare della gente comune. Come accadde in una serie di titoli molto commestibili dei primi 60, molto sintonizzati nel gusto pop, vedi Gli onorevoli, che Sergio Corbucci diresse nel 1963 e che coniò il famoso slogan «Vota La Trippa...» cui voce anonima aggiungeva; «Sì, al sugo...». Evidente che il linguaggio era molto più alto di oggi, epoca di raffinati diti medi alzati e di insinuanti mani nelle tasche degli italiani: ma allora sembrava fanta politica.

Il simpatico Corbucci, che nella sua brillante carriera fece commedie ma anche gialli, melò e western, non aveva paura di sporcarsi le mani con il qualunquismo che induce alla morale del tutto da buttare. Ma questi cinque ritratti di candidati sono da ricordare, memento storico che il peggio non è mai giunto: trattasi della disfida elettorale tra l’impagabile democristiana Franca Valeri, il senatore Gino Cervi liberale d.o.c., lo scrittore comunista Aroldo Tieri, un trionfo di stereotipi. I due pezzi grossi sono però Totò e Peppino, il primo il monarchico La Trippa che si candida al partito della Restaurazione cui s’oppone il missino De Filippo, in preveggente sintesi di scontro di popoli della libertà. Ma quando uno viene coinvolto in uno scandalo, molla tutto: capita la differenza? Chiarito che un film così oggi nessuno lo scriverebbe e specificato che non si tratta di un capolavoro d’ironia inglese, c’è da dire che si sguazza nel costume con brio e ritmo.

Totò era un vero principe ma non praticante, molto attivo in rivista negli anni '40 nella satira anti Mussolini, con la Magnani. Ancora una volta vedendo questo spaccato di prima della rivoluzione del centro sinistra, viene da pensare che il nostro cinema era una grande compagnia di rivista: Totò, De Filippo, Chiari, Carotenuto e Billi, oltre a Salce e Valeri (due ex fantastici Gobbi), Mario Castellani, storica spalla di Totò, lo stesso Corbucci che appare come un albergatore.

«Corriere della Sera», 29 agosto 2010


2011

2011 02 01 Gazzetta d Alba Poesie Musica intro

Totò, si diceva e si dice ancora oggi, ha fatto troppi film, e troppo in fretta: inevitabile che molti possano presentare più falle che pregi. In verità, il “totò-filo” (nomignolo caro a Pier Giorgio Gallizio, che se l’era goduto da vicino, frequentandone i set nei primi anni Sessanta, e l’aveva usato per i “santini” di una sua campagna elettorale alle comunali) non guarda ai film in sé, ma all’attore, al fenomeno naturale: per quanto infilato a forza in una sceneggiatura labile e pretestuosa, valeva sempre, da solo, il biglietto. Certo, negli ultimissimi film comici, o nelle imbarazzanti scenette girate in extremis per la tv, traspaiono età, stanchezza, cecità (e il suo sfruttamento): però sono episodi che si cancellano in nome del talento e deH’intelligenza superiore di Antonio de Curtis, principe di Bisanzio (eccetera eccetera: una sfilza di titoli lunga qualche riga) e “del cinema italiano”, come è scritto facilmente in copertina al blocco libro + cd musicale pubblicato da Mediane libri nel 2007. Forse va detto che anche di iniziative editoriali, su Totò, se ne son fatte troppe, e quindi nel mazzo c’è il buono e il malriuscito: questa di cui vi parliamo l’abbiamo trovata nel circuito librario dei remainder’s, e va chiarito subito che a livello editoriale ha più di qualche pecca.

Il volume di 336 pagine ha una veste grafica assai trascurata, così come lascia a desiderare la qualità del testo principale: per fortuna, visto il suo stato, non sono che poche pagine, e la parte del leone la fanno le fotografie. Le immagini provengono tutte dall’archivio dei Reporter associati, e sono sempre notevoli, sia che riguardino i set, sia che mostrino il Totò più intimo e privato. Non è male il cd accluso, per quanto non ci sia neppure qui una gran messe di testi e di informazioni. Però ci si orienta, e si ha modo di apprezzare cosa si nascondesse, negli anni Cinquanta/Sessanta, tra le pieghe dei film “commerciali” di Totò: a volte ottime colonne sonore di autori come Piero Piccioni, Armando Trovajoli, Lelio Luttazzi, che contrabbandavano una certa idea di jazz, “atmosferico”, liscio e orecchiabile, a un pubblico vastissimo. Si tratta spesso di brani di commento costruiti sulla struttura del blues, ma con un tempo medio, una ritmica swing che rende semplice l’ascolto e che durante la proiezione fa passare quasi inosservato il pezzo. Invece su cd tutto è più evidente. A fianco di questi, ci sono pure Malafemmina e altre canzoni scritte (parole e spesso musica) da Totò, e cantate da Murolo, Togliani, Rondinella... Insomma, se non avete le mega-raccolte della Cam o i cofanetti curati a suo tempo da Vincenzo Mollica, questo pacchetto Mediane può servire come inizio.

Edoardo Borra, «Gazzetta di Alba», 1 febbraio 2011


2011 03 28 Notizia Oggi Borgosesia Retrospettiva Cinema intro

GATTINARA (ogu) Giovedì sera, nella sala conferenze dell'istituto alberghiero, ha preso il via la rassegna cinematografica "I giovedì del Principe”, una serie di quattro appuntamenti dedicati al grande Totò, noto come “il principe della risata”. L'iniziativa è organizzata dall'assessorato alla cultura del Comune di Gattinara, in collaborazione con l’istituto alberghiero, il distretto cinema di Torino e l’Avis, con lo slogan "Ridere fa buon sangue".

2011 03 28 Notizia Oggi Borgosesia Retrospettiva Cinema f1

La prima proiezione è stata dedicata a "Guardie e ladri" un film del 1951, introdotto da Giampiero Frasca, critico cinematografico e docente di storia del cinema all'università di Torino. Il prossimo appuntamento sarà giovedì alle 21, sempre all’alberghiero, con "I tartassati", film del 1959 con Totò, Aldo Fabrizi e Louis De Funès. Gli altri due appuntamenti saranno giovedì 7 aprile, con “Signori si nasce” (I960) di Mario Mat-toli, con Totò, Peppino De Filippo, Delia Scala, e giovedì 14 aprile, con “I due marescialli" (1961) di Sergio Corbucci, con Totò, Vittorio De Sica, Gianni Agus. La partecipazione alle serate è gratuita.

«Notizia Oggi - Borgosesia»28 marzo 2011


2011 03 26 Corriere Eusebiano Retrospettiva Cinema intro

Cinerassegna d’autore “I giovedì del principe”

Sono iniziati il 24 marzo “I giovedì del principe”, la rassegna cinematografica dedicata a Totò promossa dall’assessorato alla cultura del Comune di Gattinara, in collaborazione con l’Avis, l’Istituto alberghiero e il Distretto cinema. Alle 21, nella sala conferenze del “Soldati”, è stato proiettato “Guardie e ladri” (1951), film con Totò, Aldo Fabrizi, Rossana Podestà, Ave Ninchi. La presentazione era affidata a Giampiero Frasca, critico cinematografico e docente di storia del cinema all’università di Torino. Si tratta del primo di quattro appuntamenti che proseguiranno giovedì 31, sempre alle 21 all’Alberghiero, con “I tartassati” (1959), con Totò, Aldo Fabrizi, Louis De Funès; giovedì 7 aprile sarà la volta di “Signori si nasce” (1960), di Mario Mattoli, con Totò, Peppino De Filippo, Delia Scala; ultimo appuntamento, giovedì 14 aprile, con “I due marescialli” (1961), di Sergio Corbucci, con Totò, Vittorio De Sica e Gianni Agus. L’ingresso è libero.

«Corriere Eusebiano», 26 marzo 2011


2011 04 15 Tribuna Novarese Commemorazioni morte intro

Colto da un malore sul set del film "Capriccio all'italiana'' Totò muore nella sua casa di Roma il 15 aprile 1967, intorno alle tre e mezzo del mattino dopo una devastante serie di attacchi cardiaci. Alle 11,20 del 17 Aprile 1967 la salma è trasportata nella chiesa di Sant'Eugenio in Viale delle Belle Arti. Sulla bara ci sono la sua bombetta e un garofano rosso. La cerimonia religiosa è limitata a una semplice benedizione perché per la chiesa cattolica la sua convivenza con Franca Faldini lo mette in stato di grave peccato.

Nel pomeriggio la salma arriva a Napoli accolta, già all'uscita dell'autostrada e alla Basilica del Carmine, da una folla enorme. Totò viene sepolto nella cappella De Curtis al Pianto, il cimitero di Capodichino sulle alture di Napoli. Finisce qui la storia di uno dei più importanti personaggi dello spettacolo italiano. Totò è nato il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità, a Napoli, al n. 109 di via Santa Maria Antesaecula. Figlio di Anna Clemente, viene registrato con il nome di Antonio Clemente perché il padre naturale, Giuseppe De Curtis, nullafacente e figlio di un marchese non può riconoscerlo pena la perdita del sostegno finanziario della famiglia. Il bambino cresce tra i vicoli di Napoli e per i compagni delle avventure d’infanzia il suo nome è già Totò. Finite le elementari se ne va in collegio dove un insegnante boxando per scherzo con lui gli rompe il setto nasale definendo inconsapevolmente quella che sarà una linea caratteristica della sua maschera comica. Quando sale sul palcoscenico porta ancora i calzoni corti.

A quindici anni debutta in uno dei piccoli teatri di Napoli con il nome d’arte di Clerment, una storpiatura del suo cognome. Dopo l'interruzione dovuta alla Prima Guerra Mondiale, cui partecipa come fante, toma al teatro e nel 1928 recupera il cognome paterno diventando Antonio De Curtis. L'Italia del teatro di varietà impara a conoscere e amare il suo personaggio: una marionetta disarticolata, con la bombetta, il tight fuori misura, le scarpe basse e le calze colorate. Alle soddisfazioni della vita artistica fa da contraltare una tragica vita sentimentale. Nella notte del 3 dicembre del 1931 Liliana Castagnola, una famosa cantante di café-chantant con cui ha una relazione, si uccide ingerendo barbiturici dopo una lite.

Il drammatico episodio segnerà per sempre la vita di Totò.

Anche il cinema si accorge di lui e nel 1937 lo chiama a interpretare "Fermo con le mani!'', il suo primo film cui segue due anni dopo "Animali pazzi". Non ottengono un grande successo, ma segnano l’inizio di una carriera destinata a dargli nuove soddisfazioni a partire dal 1947 con "I due orfanelli".

Gli sketch e le gag che caratterizzavano il suo personaggio nel teatro di rivista seducono anche il pubblico cinematografico.

Nei suoi film ( 102) ripropone le caratteristiche principali della sua arte: una grande vivacità espressiva, immediatezza della recitazione e una straordinaria capacità di dissociazione dei movimenti.

Il successo nel cinema gli regala anche la tranquillità sentimentale, segnata dalla felicità e dall'amore per la giovanissima Franca Faldini, che non sposerà mai ma l'accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni.

Gianni Lucini, «Tribuna Novarese», 15 aprile 2011


2011 08 10 Corriere della Sera Alassio Busto Toto intro

2011 08 10 Corriere della Sera Alassio Busto Toto f1

MILANO

Alassio sfratta la statua dedicata a Totò. La decisione è stata presa dalla giunta del Comune in provincia di Savona, che ha spiegato: il principe Antonio de Curtis non ha nessun legame con il territorio, n busto installato dalla precedente amministrazione nei giardini di piazza Stalla verrà rimosso, e il parco verrà intitolato a un personaggio del luogo. «Meglio dedicare i giardini al conte Luigi Morteo, che lasciò in eredità un bel patrimonio agli alassini», ha detto il sindaco Roberto Avogadro. L’opera, che ritrae l’attore così come appare nel film L’oro di Napoli, era stata inaugurata dalla figlia Liliana e dalla nipote Diana nel 2009. Marco Melgrati, l’ex primo cittadino: «Abbattere la statua del principe Antonio de Curtis — ha aggiunto — è fuori luogo e contro la decenza, al limite della pazzia».

«Corriere della Sera», 10 agosto 2011


2011 08 11 L Unita Statua Toto Alassio intro 

II sindaco di Alassio, in Liguria, ha «sfrattato» e messo all'asta una statua di Totò. «Sono leghista, Totò è napoletano e non lo voglio», ha detto Roberto Avogadro. Gli risponde Enzo Cuomo, sindaco di Portici, pronto a ospitare la scultura: «Dire che Alassio non ha alcun legame con Totò è come dire che Napoli non ha alcun legame con Fellini o con Anna Magnani...».

«L'Unità», 11 agosto 2011 


2011 08 14 Corriere della Sera Alassio Busto Toto intro

Ora tutti vogliono il busto di Totò «sfrattato» dal sindaco di Alassio. Chissà come avrebbe reagito il principe De Curtis: forse strusciando i piedi all’indietro.

La cosa più strana di questa storia va cercata all’origine: come, a chi, è venuto in mente, in un paesino del Nord, di dedicare una statua a Totò? Certo a qualcuno che si era molto divertito a vedere un suo film. E come è venuto in mente a qualcuno di fissare in una statua, che per definizione è immobile, la mimica così mobile di Totò? Non si capisce bene vedendo quella statua se l’hanno messa lì per deridere Totò o per celebrarlo. Certo quella statua è poca adatta al luogo. L’avessero messa a Cuneo un legame ci sarebbe stato con la celebre battuta di Totò che, per vantarsi, diceva: «Ho fatto il militare a Cuneo» con l’aria vissuta di chi ha visto il mondo e ha viaggiato.

Fuori luogo

Non si capisce se con quel busto avessero avuto l'intento di deridere o di celebrare il principe

Mimica inimitabile

Come è venuto in mente a qualcuno di fissare in un'opera immobile la sua mimica inimitabile?

A me è sembrata molto più commovente una targa scoperta per caso mentre mi aggiravo per le vecchie stradine del centro di Napoli, sul muro di una casa che più povera non avrebbe potuto essere. Lì, in quella casa «sgarrupata», si suppone in estrema povertà, è nato il principe De Curtis, principe in linea patema perché il padre era appunto un vero principe che aveva abusato di una giovane donna al suo servizio, e poi aveva abbandonato madre e figlio in miseria. Non so per quali vie Totò si vide riconoscere paternità e titolo da lui rivendicati. Ma quel che conta è che in quella casa, come un fiore nato nelle crepe di un vecchio muro, era nato il genio di Totò. Quella targa e quella casa valgono per me più di qualsiasi statua per ricordare Totò. E poi ci sono i suoi film... Chissà con quale estro comico Totò avrebbe trattato questa storia della rimozione della statua a lui dedicata: forse con la gestualità che lui col suo spirito di osservazione aveva inventato, avrebbe ripetuto quel movimento dei piedi strusciandoli aH’indietro, io stesso che fanno i cani per coprire di terra la cacca che hanno lasciato.

Raffaele La Capria, «Corriere della Sera», 14 agosto 2011


2011 08 14 Corriere della Sera Alassio Busto Toto intro2

Perché una statua non si addice all’attore

MILANO

E ora tutti la vogliono. La statua di Totò che il sindaco di Alassio, Roberto Avogadro, ha fatto rimuovere dai giardinetti per motivi campanilistici, è super contesa. Dopo l’offerta di Napoli e Cuneo, che si erano fatte subito avanti per adottare il bronzo del «Principe della risata» sfrattato, è arrivata quella di Deiva Marina con una proposta di acquisto da parte del sindaco del comune spezzino, Ettore Berni, al collega di Alassio.

Intanto nella città natale di Totò si moltiplicano le proposte per dare nuova collocazione alla statua: «In un rione del centro storico o in quartiere periferico plagiato dalla mafia — fa sapere l’assessore alla cultura di Napoli, Antonella Di Nocera —. D’intesa con la figlia Liliana, abbiamo anche deciso di posizionarla nei giardinetti adiacenti il teatro Totò». Dal movimento Futuro e Libertà e dai Verdi arriva invece l’iniziativa di una raccolta firme da presentare al sindaco Luigi de Magistris per intitolare a Totò una strada, una piazza o un parco. Una bella rivincita per il principe Antonio De Curtis che già nel dopoguerra si prendeva gioco della politica lontana dai cittadini e dalla realtà. «Ma mi faccia il piacere!»: celebre la sua battuta rivolta all’onorevole Cosimo Trombetta nel film «Totò a Colori» di Steno.

2011 08 14 Corriere della Sera Alassio Busto Toto f1A sinistra, il sindaco di Alassio Roberto Avogadro con il busto di bronzo di Totò conservato ai magazzini comunali della cittadina ligure (Fasono/Ansa). A destra, l'attore nella scena del film «L'oro di Napoli» dove interpreta Don Saverio il «pazzariello», il personaggio della statua

Intanto Albore, che si era visto offrire da Avogadro il busto in cambio di un concerto benefico, ha fatto sapere che suonerà solo se la statua tornerà al suo posto. Ma il sindaco leghista fa il duro e ha pronto il piano «B»: «In tanti ci hanno chiesto la statua, ma noi liguri gratis non diamo via niente. La daremo al miglior offerente, base d’asta 15 mila euro».

Maria Teresa Veneziani, «Corriere della Sera», 14 agosto 2011


2011 08 17 L Unita Statua Toto Alassio intro

Marcello Veneziani, intellettuale di destra, dà dell’idiota sia a chi ha piazzato la statua di Totò per le strade di Alassio, sia a chi ha deciso di toglierla. Com’è notissimo, il sindaco leghista della città dopo averla segata da dov'era per via del fatto che Totò non era di quelle parti, ha avuto la bellissima idea di metterla in vendita. Veneziani sostiene che solo un idiota poteva fissare la leggerezza di un artista comico in un immobile blocco di materia pesante. E questi sono i vertici dell'intellighen-tia di corte dell'era Berlusconi.

Tuttavia, ci convince: niente statua per il sindaco di Alassio, comico triste da non appesantire in un busto di bronzo. Quindi, una preghiera sconsolata. Totò, facci la grazia: dici che davvero li dobbiamo sopportare, questi guitti, fino alla fine dei tempi? E la tua statua, che ti costa farla esplodere nel deposito comunale di quel deprivato? Questa Italia non ti merita, torna più tardi.

«L'Unità», 17 agosto 2011


2011 08 23 Corriere della Sera L imperatore di Capri intro

Fra drammi di orfani e prostitute, tra Proibito rubare e Persiane chiuse negli anni di Matarazzo e don Camillo, Luigi Comencini, grande non abbastanza ricordato, autore di capolavori come Tutti a casa, nel '50 girò un film comico d’incasso record (400 milioni). È L’imperatore di Capri e lo consigliamo come classico — grazie al mimo Totò è proprio un cult — di quel nostro cinema del dopoguerra che con la voglia di ridere che aveva, scritturò il teatro di rivista al completo con comici, soubrette e «spalle», senza cui non esisterebbe la nostra commedia. L’idea è di Ponti per la Lux, per assecondare il principe De Curtis, nello stesso anno di 47 morto che parla e Totò cerca casa, mentre in teatro sfiniva la compagnia correndo in passerella al ritmo dei bersaglieri.

Comencini ha sempre preso le distanze dal film dicendo che gli corrisponde solo in parte e che Totò lo ammirava ma senza entrare in sintonia. In realtà è un maxi sketch in cui un cameriere (Totò) fugge dalla famiglia alla De Filippo, con un «mezzo cognato», per inseguire a Capri, luogo modaiolo e vip, la diva melò Yvonne Sanson che l’ha scambiato per il bey di Agapur. Nel mezzo della mondanità (oggi sarebbero al Billionaire...), il nostro diventa il campione dello chic, della stravaganza snob, con un tocco studiato gay (ma allora erano in uso altre parole) nel fare il dandy che invita all’adulterio, traendo ispirazione dai suoi spettacoli teatrali, finendo imperatore a truffa scoperta. Cinema rivista, si diceva, che arrivò al massimo coi Pompieri di Viggiù, campionario storico di teatro che altrimenti sarebbe scomparso. Il copione, con Comencini, è scritto dai rivistaioli Marchesi-Metz; nel cast gli attori migliori della stagione nel rivivere la farsa ad equivoci con uomini in mutande, torte in faccia e sogni orgiastici greco romani. Si rivedono la bella Marisa Merlini, in rivista con la Magnani, Mario Castellani (storica spalla del principe), Galeazzo Benti, Alda Mangini, Lino Robi, Aldo Giuffrè, Toni Ucci, un gruppo di saranno famosi.

Maurizio Porro, «Corriere della Sera», 23 agosto 2011


2011 09 05 L Unita I tartassati intro

DOMANDA. Il grande Totò alias cavalier Torquato Pezzella nel film del ’59 di Steno I tartassati diceva: “Sant'Agostino ha dichiarato che quando i tributi e i balzelli sono troppo gravosi non è peccato di non pagarli... e io quando una cosa non è peccato ho la coscienza a posto e tiro diritto per la mia strada!”. È o non è l’Italia una repubblica fondata sull’evasione?

Giuseppe Carosella

RISPOSTA. Totò era un comico che esprimeva lo stato d’animo dei tartassati. Berlusconi ha detto a lungo le stesse cose esprimendo lo stato d’animo dei ricchi che si sentono derubati quando il Fisco si occupa delle loro ricchezze e deve essere davvero molto arrabbiato con Tremonti che ha inviato alle Camere, mentre lui era a Parigi, norme così forti contro gli evasori come lui. Fornire ancora un’arma ai PM che tanto ce l’hanno con lui da sempre non è stato un gesto amichevole da parte di Giulio che non doveva approfittare così della sua assenza per vendicarsi dell’umiliazione di Arcore. Qualcuno ne è contento, però. “Fosse vera e soprattutto applicabile operativamente questa decisione, da subito io faccio il voto di andare a Padova a piedi (da Belluno) per ringraziare Sant’Antonio, appunto di Padova, mettendo anche un’offerta ove ci sono i regali dei miracolati che portano la scritta “per grazia ricevuta” ci scrive per esempio Arnaldo De Porti. Un voto a cui aggiungo il mio: fosse vera e soprattutto operabile questa decisione, sarò io il primo a portare le arance al Cavaliere. Dovunque lo avranno messo.

Luigi Cancrini «L'Unità», 5 settembre 2011


2011 10 30 L Unita Il piu comico intro

Pionieri Restaurato e presentato dalla Filmauro alla Festa di Roma il film fu girato nel 1953 da Mario Mattoli con un sistema brevettato da Ponti e De Laurentiis. Allora fu fiasco, oggi la tecnica ne rivela gli effetti stupefacenti

Totò era in 3D anche quando era piatto, perché «piatto» non lo era mai. La sua comicità era talmente turgida che le sporgenze e gli spigoli del suo corpo, a cominciare dal naso, riempivano gli schermi. Ciò non toghe che, fra tutti i restauri recenti e meritori realizzati in Italia, Totò in 3D - Il più comico spettacolo del mondo era forse il più attuale e necessario. Al punto che Aurelio De Laurentiis, che con la sua Filmauro ha contribuito alla riscoperta, pensa giustamente di rilanciare il film nelle sale. Film che risale addirittura al 1953, e fu diretto da Mario Mattoli utilizzando un sistema brevettato da Carlo Ponti e Dino De Laurentiis e ribattezzato (mescolando i loro cognomi) Podelvision. Purtroppo il film fu un fiasco, e certo non per colpa di Mattoli e Totò, che allora riempivano le sale «a prescindere»: il pubblico non era abituato agli occhialetti e in più le condizioni di proiezione, nell’Italia del primo dopoguerra, dovevano essere precarie. Rivisto oggi, dopo il magnifico restauro realizzato su materiali della Cineteca Nazionale da Cinecittà Digital Factory (super-visione di Pasquale Cuzzupoli: un applauso), questo Totò in 3D è tecnica-mente stupefacente.

2011 10 30 L Unita Il piu comico f1

IL TURCO NAPOLETANO

Il 3D trionfa soprattutto nella scena in cui Totò, travestito da turco napoletano, deve fare da bersaglio in uno di quei baracconi da «tre palle un soldo» del luna-park: le palle d arrivano letteralmente in faccia, così come lo schizzo dell’estintore con il quale Totò cerca di spegnere un incendio da lui stesso provocato in un salone di bellezza (ha lasciato una cliente troppo a lungo sotto il casco della permanente...). Naturalmente Mattoli si diverte con effetti «ad uscire» dallo schermo che oggi il 3D usa molto meno, ma va capito: eravamo agli albori, era salvo omissioni la prima volta in Italia.

Totò in 3D è passato ieri al festival di Roma, in una serata in cui Aurelio De Laurentiis ha coinvolto come «testimonial» il comico napoletano Alessandro Siani. Cosa c’entri Siani con Totò è un mistero, ma c’entra con le commediole oggi di moda: coinvolgere due splendide signore come Isa Barzizza o Franca Faldini, che affiancano Totò nel film e sono vive e vegete, pareva forse brutto. È la volgarità dei nostri tempi, al confronto dei quali la dirompente carica sexy del film appare tenera e fanciullesca. Totò in 3D è uno dei lavori più audaci di Totò e Mattoli, a comindare dalla scena in cui May Britt e Tania Weber eleggono il comico a novello Paride, mostrando entrambe le proprie grazie, fino alla scena del massaggio in cui Totò manipola una bella bionda... ripreso ovviamente in primissimo piano, ma il suo volto - anche grazie alla tridimensionalità - dice più di quanto i censori potessero e possano accettare. Nel film c’è un Mario Castellani immenso, un Gianni Agus pre-tv e piccoli cammei - come spettatori del circo dove si svolge la trama - di Silvana Mangano, Aldo Fabrizi, la citata Bar-zizza, Carlo Croccolo e Anthony Quinn, che era in Italia per girare La strada di Fellini. Quando (ri)uscirà, non perdetelo: è molto meglio di Tin Tin.

Alberto Crespi, «L'Unità», 30 ottobre 2011


2011 12 17 Corriere della Sera Toto Peppino e la malafemmina Diana Rogliani intro

Intabarrati come cosacchi due fratelli napoletani scendono dal treno sotto le volte della stazione di Milano. Sono sulle tracce di una pericolosa sciantosa, una malafemmina che insidia la serenità della famiglia, distraendo dagli studi un amato nipote.

(E una delle celebri sequenze di «Totò Peppino e... la malafemmina», film del 1956, che nella colonna sonora ha la canzone del titolo scritta dallo stesso Totò nel '51. Per decenni si è creduto che al nobile Antonio de Curtis l'avesse ispirata Silvana Pampanini, inutilmente corteggiata: in realtà la canzone è dedicata a Diana Rogliani, ramatissima moglie del principe della risata).

Dall'archivio Santi Urso, «Corriere della Sera», 17 dicembre 2011


2012 

2012 03 07 La Fedelta Omaggio Toto intro

BRA.

Un omaggio al grandissimo Totò, scritto e diretto da Giancarlo Sepe, con Francesco Paolantoni e Giovanni Esposito come protagonisti. Sarà l’occasione per un viaggio nella drammaturgia napoletana e per far rivivere l’estro del “principe della risata”, al secolo Antonio De Curtis, lo spettacolo “Compagnia Totò”, in programma giovedì 8 marzo, alle 21, al Teatro Politeama Boglione di Bra. La vicenda si svolge in un locale abbandonato, un sottoscala, ex deposito o forse ex fabbrica, adibito a dormitorio. Il proprietario, chiamato da tutti “Maestà”, vive nel ricordo e nella commemorazione del grande Totò e vuole a tutti i costi istruire i “miserabili” ospiti del dormitorio a preparare uno spettacolo corale per il 15 aprile, giorno in cui si commemora la morte dell’artista. In questa sua grande e impossibile impresa è accompagnato dal fido Ciccillo, che vive lì da sempre, e che tenterà di aiutarlo. Riusciranno a ricordare Totò durante la notte del 15 aprile? I sogni, le improvvisazioni e le immaginazioni daranno vita ad un mondo fantastico, alla creazione di un teatro in cui tutti, nessuno escluso, renderà il proprio omaggio a Totò.

“Lo spettacolo - spiega il regista Giancarlo Sepe - è una messa laica in memoria di Totò: c’è chi ne parla, chi ne ripercorre le mimiche, i temi, i vezzi, le disarticolazioni, gli atti e le parole poetiche, le canzonette e i lazzi. C’è il fine dicitore che officia e che educa all’arte del nostro eroe, sema riuscirvi ma con forza dissacrante e comica. Totò non c’è più, ma è qui negli sguardi di chi lo commemora, di chi lo ricorda e di chi se lo sogna tutte le notti, in un atto d’amore perenne che è quello di divertire la gente”.

Biglietti in prevendita al costo di 18 euro a posto unico (16 i ridotti, per dii ha meno di 26 anni e più di 65 anni e per i soci “+Eventi”) al botteghino del teatro di piazza Cario Alberto, aperto tutti i venerdì ore 17-19, il sabato ore 10-12 e la sera dello spettacolo, a partire dalle 20. Per i non residenti a Bra, è possibile effettuare la prenotazione al numero 0172.430185. Info www.teatropoliteamabra. it .

«La Fedeltà», 7 marzo 2012


2012 04 19 L Unita L

«L'Unità», 19 aprile 2012


2012 05 09 Corriere della Sera Busto Toto f1

2012 05 09 Corriere della Sera Busto Toto intro

Era diventato il simbolo di Valmontone. Un busto in bronzo di Antonio De Curtis, in arte Totò, a due passi dalla staccionata della ferrovia, vicino alla stazione. Dieci anni fa l’avevano eretto i cittadini in ricordo del gesto che il principe fece nel luglio 1943 mentre era di passaggio a Valmontone: Totò si imbattè in un piccolo albero quasi sradicato dallo spostamento d’aria provocato dall’esplosione di una bomba d’aereo e si fermò per ripiantarlo.

«L’albero di Totò» — come è stato ribattezzato l’abete — a distanza di quasi settantanni è ancora al suo posto. Il busto (nella foto) invece è sparito. Rubato forse nel fine settimana scorso dai giardini di viale XXV Aprile. È rimasto il piedistallo in marmo e pietra, ma del busto del Principe della risata non c’è traccia.

«È un atto odioso — spiega Egidio Calvano, sindaco della cittadina sulla via Casilina —. Quel busto non vale molto dal punto di vista economico, ma rappresenta tantissimo per i valmontonesi, visto che ricorda loro un periodo buio della storia di questa città. Ci siamo già attivati per fare in modo che entro poco tempo il busto di Totò possa tornare al suo posto».

Rinaldo Frignani, «Corriere della Sera», 9 maggio 2012


2013

2013 10 21 Corriere della Sera Malattia A prescindere intro

Un capitolo della storia del teatro dai numerosi risvolti anche personali mai del tutto svelati. L’ultima parte della vita sul palcoscenico di Totò. Il «principe» era in scena al Politeama di Palermo con «A prescindere», programmato dal 4 al 6 maggio 1957, ma l’ultima replica saltò per il peggiorare della malattia agli occhi che da tempo lo tormentava. Furono tre medici della città a convincere Totò a rinunciare alle rappresentazioni. Troppo pericoloso stare su un palco con la vista che gli tirava continui scherzi.

2013 10 21 Corriere della Sera Malattia A prescindere f1Fra quei medici, c’era il professor Giuseppe Cascio, ed è all’anziano dottore che se rivolto Giuseppe Bagnati per ricostruire quella fase della vita di Totò che lo vide abbandonare per sempre le scene teatrali. Palermitano di nascita, una carriera costruita al «Giornale di Sicilia» e al «Mattino», Bagnati è stato per lungo tempo vice caporedattore alla «Gazzetta dello Sport» a Roma. Alla passione per il calcio, su cui ha scritto libri, ha sempre accompagnato un interesse per la figura del grande comico napoletano. «Ma scrivere un altro volume su Totò avrebbe avuto poco senso - spiega -. Cosi sono andato a cercare le cose mai dette».

«Totò, l’ultimo sipario» (edito da Nuova Ipsa, con prefazione di Gianni Riotta, sarà presentato oggi alle 17.30 alla libreria Koob, in via Luigi Poletti 2), interroga alcuni personaggi, e il loro racconto si tinge di folklore, umori popolari, sfondi d’epoca. Un’ala di folla accompagnò l’ingresso di Totò nello studio del professor Cascio. Fiori, applausi. Il responso medico fu senza appello: Cascio non concesse a Totò l’ultima replica, troppo rischioso. E non tentennò neppure un attimo, il professore, quando impresari teatrali bussarono alla sua porta, cinque milioni di lire in mano, perché il certificato venisse cambiato. Uscendo dal palazzo - pure questo è scritto nel libro - Totò lasciò lauta mancia al portiere, 5.000 lire. E per non aver compiuto quell’ultimo recita, il produttore intentò una causa all’attore, cui una perizia di parte diede però ragione.

Di quegli anni parlano nel libro Franca Gandolfi, moglie di Domenico Modugno, nella compagnia dello spettacolo con Franca Faldini, compagna di Totò anche lei oggi alla presentazione, l’attore Mario Di Gilio, Lando Buzzanca che ebbe la fortuna di assistere dal loggione a una delle tre repliche e conserva alcune immagini, l’acclamazione del pubblico, «Totò guarda quassù», «Totò sei grande!». Il bello della rivista. «Storie e destini s’incrociano - fa notare Bagnati -. InCapriccio all'italiana, l’ultima sua pellicola, Totò canta Cosa sono le nuvole, testo di Pasolini e musiche di Domenico Modugno, marito di Franca. L’incontro con la figlia Liliana De Curtis mi ha consentito di descrivere un’altra figura poco nota, quella della mamma Anna, nata a Palermo e morta a Napoli. Donna imponente, quanto esile era invece il papà. La signora annotava ricette, in cui è evidente l’influenza palermitana».

In «Totò, l’ultimo sipario» anche il programma di sala, immagini da quelle tournée di sorrisi e belle donne, riferimenti alla tesi di laurea di un dottore di Chieti sulla malattia agli occhi di Totò. E documenti, rintracciati «non senza mille difficoltà» nelle biblioteche, insieme a quattro codici a barre per vedere filmati su smartphone. Ma come convisse Totò con la malattia? «Sopportò sempre con grande dignità - racconta Bagnati - e alla sua maniera. Ciò che lo faceva più arrabbiare era non entrare più nel suo frac di scena per l’aumento di peso dovuto alle cure».

Laura Martellini, «Corriere della Sera», 21 ottobre 2013


2013 11 12 Giornale di Sicilia A Prescindere intro

INCONTRI. L'oculista palermitano Giuseppe Cascio, 90 anni, racconta la visita al comico che diventò cieco recitando a Palermo.

Palermo

«Il primo ricordo è emozionante: quando mi hanno portato Totò allo studio di via Moccio, aveva le mani calde e bagnate egli occhi lucidi. Dopo l’esame è scoppiato a piangere». L’oculista Giuseppe Cascio ricorda bene quella giornata di 56 anni fa, quando l'attore, a Palermo per la commedia A prescindere di Politeama, corse da lui perché stava diventando cicco. «Dopo l'esame - racconta - comprese che la situazione era grave e tra le lacrime invocò la presenza della madre per confortarlo. E poi ricordò che da bambino la mamma lo teneva per mano e lo portava in chiesa a pregare la Madonna perché lo facesse crescere bene e buono. Mamma, diceva Totò, se fossi ancora qui con me adesso sarei sereno».

Il professore Cascio, ex docente alla clinica oculistica e primario a Villa Sofia, nel giorno dei suoi 90 anni, ha rievocato al pubblico intervenuto a «Fare Insieme» le sue visite aTotò, divenuto cieco. L'occasione è la presentazione del libro di Giuseppe Bagnati, Totò l'ultimo sipario dove il giornalista palermitano racconta, con particolari inediti, la storia di come l’attore napoletano fu costretto a Palermo, per i problemi di vista, a dire addio definitivamente al teatro.

Il dramma si alterna all'umorismo dell’attore. «Durante la visita - racconta Cascio - quando chiesi al Principe De Curtis se soffrisse di altre malattie mi rispose: “C'è una linea retta che divide il mio corpo in due c passa per l'ombelico. Le comunico e le assicuro che tutto ciò che al di sotto di questa linea è perfettamente funzionante. E rivolgendosi alla compagna Franca Faldini, che lo accompagnava: "Dillo pure tu che è così, potrebbero non credermi"».

2013 11 12 Giornale di Sicilia A Prescindere f1La testimonianza durante la presentazione di «Ultimo sipario»

Cascio disse a Totò che sarebbe stato troppo pericoloso tornare a recitare, avrebbe rischiato una caduta rovinosa. In conseguenza fu annullata l'ultima recita al Politeama di A prescindere e l'intera tournée facendo infuriare l'impresario Remigio Paone. «Il 6 maggio 1956 - ricorda Cascio -, la mattina dell'ultima recita, vennero a casa mia due personaggi che mi chiesero di modificare la relazione per permettere a Totò di recitare. Risposi: non è possibile. Quelli dissero che c'erano in ballo 5 milioni d'incasso, lasciando intendere la possibilità di qualcosa per me. Risposi che mi stavano offendendo e che uscissero fuori di casa».

La malattia era una coroidite essudativa forse conseguenza di una precedente polmonite. L'altro occhio era spento da tempo. «Non volli essere pagato - conclude Cascio -, era un onore averlo visitato, ma Totò inviò un regalo per mio figlio Giovanni e diede 5000 lire di mancia al portiere».

Durante la serata, cui ha partecipato Vincenzo Prestigiacomo, sono stati proiettati spezzoni di film di Totò. Commuove oggi l'immagine dell'episodio Che cosa sono le nuvole, di Pier Paolo Pasolini (1968), in cui Totò è una marionetta gettata in una discarica. E vede, come non poteva più fare, la poesia delle nuvole.

Guido Fiorito, «Il Giornale di Sicilia», 12 novembre 2013


2013 12 03 Il Biellese Omaggio Toto intro

2013 12 03 Il Biellese Omaggio Toto f1 

Il mito intramontabile di Totò è stato rievocato in una conviviale del Ro-tary di Valle Mosso che ha avuto come ospite, invitato dal presidente Roberto Botta, il notaio vercellese Francesco Boggia, napoletano di origine e grande cultore del principe della risata. Perché, come ha spiegato il conferenziere, Totò principe lo era davvero e ci teneva ad essere riconosciuto come tale, «anche se affermò che il suo lungo nome nobiliare, Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, era importante, ma con il suo vero titolo, la maschera Totò, ci campava». Macchiettista, teatrante, attore di cinema e televisione, Totò lavorò per 50 anni con tutti i più grandi nomi dello spettacolo italiano, da De Sica a Sordi, da De Filippo a Fabrizi. «Nelle pause di lavorazione di un film» ha spiegato Boggia «evidenziava il suo rango facendo venire sul set un cameriere in guanti bianchi per servigli i pasti con posate d’argento. Ma allo stesso tempo manteneva intatto il suo spirito di popolano, superstizioso come tutti i napoletano veraci».

Il relatore ha poi ricordato le battute più famoso di Totò, come l’indimenticabile «signori si nasce e io modestamente lo nacqui». «Totò» ha spiegato Boggia «nacque nel 1898 da una giovane e bella sedicenne, a servizio dal principe Giuseppe De Curtis, suo padre naturale, che riconobbe il figlio illegittimo dopo il matrimonio con sua madre quando aveva già 26 anni. Prima di allora visse nella fame e nella miseria, formando però la sua grande arte, che mise a profitto anche la sua faccia storta, dovuta a un cazzotto ricevuto da un compagno del collegio Cimmino di Napoli. Il suo esordio risale al 1913, quando faceva la maschera all'Ambra Jovinelli di Napoli. Fu chiamato a sostituire Gustavo De Marco, che aveva dato forfait, e fu subito un grande successo, durato fino al 1967, anno della sua morte».

I titoli nobiliari di Totò, oltre che dal principe De Curtis, derivavano anche dal marchese Gagliardi Focas, che lo adottò in età adulta. «Ebbe una vita sentimentale avventurosa» ha raccontato Boggia «sposando prima la soubrette Liliana Castagnola, morta suicida, e poi Diana, moglie da cui si separò e alla quale probabilmente dedicò la famosa canzone “Malafemmena", che si pensava invece fosse ispirata a Silvana Pam-panini, altra sua fiamma. Era un uomo generoso: ogni settimana da Roma andava a Napoli da mi lustrascarpe a cui dava 50mila lire. Una volta mancò l’appuntamento e l’uomo lo rimproverò, dicendo che con i suoi soldi manteneva la famiglia. Un’altra volta impose alla compagnia come ballerina di ultima fila una giovane prostituta che voleva cambiare vita. Negli ultimi anni della sua vita divenne cieco e recitò senza vedere in film importanti come “Uccel-lacci e uccellini” di Pier Paolo Pasolini. Alla sua morte furono celebrati due funerali: uno in piazza del Carmine a Napoli con lOOmila persone; l’altro nel suo rione della Sanità, pr volere di un guappo locale, che volle che alte migliaia di persone tributassero l’ultimo omaggio a una bara vuota».

Al termine della conferenza, Francesco Boggia, tra gli applausi, si è congedato recitando la poesia “A livella”, capolavoro di Totò.

«Il Biellese», 3 dicembre 2013 


2014

2014 01 24 Il Biellese Beneficenza Toto intro

Totò e il ladro di polli. Era l'inverno del 1958 e il furto di alcune galline conquistò la prima pagina della Domenica del Corriere. Protagonista fu il grande attore napoletano Totò. Ecco come venne descritto l'episodio. Giorni or sono un poveraccio fu arrestato a Roma mentre stava rubando delle galline. Confessò che era stato spinto al furto dal bisogno di raccogliere i mezzi per acquistare un loculo per la figlia morta. Avuta notizia del fatto, Totò fece avere alla famiglia del ladruncolo danaro e viveri; poi, non solo acquistò il loculo, ma incaricò un noto avvocato della Capitale di assumere la difesa dell'imputato. Nella tavola a colori Walter Molino rappresenta, in una scena ideale, il popolarissimo attore mentre intercede a favore di un padre che rubò per amore.

«Il Biellese», 24 gennaio 2014

2014 02 12 Corriere della Sera I soliti ignoti intro

Fra le ricette che ci martirizzano ovunque non troverebbe spazio la pasta e ceci che è il vero happy end della prima ufficiale commedia all’italiana, I soliti ignoti di Mario Monicelli, autunno 1958, un successo in bianco e nero da 91 milioni di incasso — una fortuna —, film nato per sfruttare le scenografie di Le notti bianche di Visconti. Il titolo è entrato nel gergo ma il regista raccontava di averlo preso da un giornale che raccontava di cinque poveracci, morti di fame, che tentano il colpo grosso alla Rififi picconando la stanza della cassaforte del Monte di Pietà ma sbagliano parete.

La storia è nota ma è uno di quei film che non ci si stufa di vedere: una Roma poco romana, un branco di perdenti (nello stile di Monicelli), la colonna sonora jazz di Umiliarli e una sceneggi atura di Suso Cecchi D’Amico, Age e Scarpelli da studiare a scuola per la perfezione del ritmo tragicomico.

Cast incredibilmente ricco con Totò che domina nella lezione di scasso in ve stagi ia sulla terrazza, mentre è noto che Gassman (Cristaldi producer non lo voleva affatto), opportunamente truccato (cotone nelle narici, parrucca, mascheratala gobba del naso, uno spessore sotto il labbro), balbuziente (zagagliava in romanesco) premiato col Nastro d’argento, col pugile Peppe (anticipa quello dei Mostri) entra nella schiera dei colonnelli della risata, lasciando temporaneamente i matinée teatrali scespirianl Ma ci sono pure Ma-stroianni, visto e preso tra Le notti bianche e La dolce vita, Renato Salvatori alla vigilia di Rocco e i suoi fratelli e i due super caratteristi lanciati da Monicelli, il siciliano Ferribotte (Tiberio Murgia ex cameriere) che tiene reclusa la bellissima debuttante Claudia Cardinale e Carlo Pisacane, oltre alla colf veneta e complice, Carla Gravina e Memmo Carotenuto che va sotto il tram ed è il primo morto della commedia Concorse all’Oscar come film straniero (ma fu battuto da Mio zio di Tati, come Tanno dopo Orfeo negro sconfiggerà La grande guerra) e fece gran scalpore in America dove realizzarono ben due remake (oltre agli spunti rubati) e un musical di Bob Fòsse, mentre seguirono due inutili sequel italiani il primo dei quali passa domani su Rai3.

«Corriere della Sera», 12 febbraio 2014


2015

In attesa di articoli...


2016

2016 10 01 Arte e luoghi intro

Sarà dedicato al Principe Antonio de Curtis in arte Totò, l'edizione 2017 del Maggio dei Monumenti.

NAPOLI.

Totò, morì il 15 aprile del 1967; ai primi funerali, celebrati a Roma, seguì una seconda cerimonia funebre, a Napoli e poi anche una terza, di nuovo a Napoli, nel suo quartiere, la Sanità, il successivo 22 maggio. Intorno a queste date si snoderà anche il filo del ricordo.

Al centro di ‘O Maggio a Totò ci sarà, come è giusto, il suo quartiere, la Sanità, che si sta già mobilitando per l'occasione. Protagonista, tuttavia, sarà l'intera città, con un pensiero particolare ai giovani. Tra i giovani e i giovanissimi Totò è popolare come se fosse un loro contemporaneo, un personaggio dei nostri tempi, e forse proprio loro possono dare il contributo più originale per la riscoperta di un personaggio dalle mille sfumature.

Non sarà una commemorazione, che il nostro Totò avrebbe forse scongiurato con un gesto scaramantico o sbeffeggiato con una delle sue battute surreali e nemmeno una riscoperta, perché sull'immagine di Totò questi cinquantanni sono passati rapidi e leggeri, senza cancellarla, senza nemmeno sbiadirla, così forte e viva è la sua presenza nell'immaginario, nel linguaggio, nella cultura napoletana e non solo.

Ritornerà a maggio, per un mese intero nel quale, sarà, protagonista nella sua città, nel Maggio dei Monumenti, egli stesso monumento dissacrante alla libertà dell’invenzione artistica, maschera popolare, profondamente napoletana eppure universale, sentimentale e iconoclasta contemporaneamente, Totò, principe della risata, maestro di libertà, strumento per pensare al futuro.

E chissà che non sia la volta buona che possa prender forma e sostanza quel museo a lui dedicato nel palazzo dello Spagnuolo, nel cuore della sua Sanità.

«Arte e luoghi», anno XI, 10 ottobre 2016


2017

2017 02 12 La Repubblica L uomo la bestia intro

Gli eredi fecero togliere il film dalle sale.

Era il 1953 e quello della premiata ditta di cineproduttori Ponti-De Laurentis si annunciava come un progetto da Hollywood sul Tevere. A soddisfare il colto e l’inclita, almeno sulla carta, c’era il Pirandello dell’apologo grottesco L’uomo, la bestia e la virtù da affidare alla sapienza di Brancati sceneggiatore e all’intelligenza registica di Steno, il tutto girato senza badare a spese, in un abbacinante quanto pomposo Gevacolor e a servizio d’interpreti stellari: il campione dei comici Totò nella parte di Paolino affiancato, per i ruoli di capitan Perella e consorte, dall’ingegnosa star in trasferta Orson Welles e dall’attempata femme fatale Vivian Romance. Ognuno dei partecipanti di quell’allettante impresa brillava di luce propria, dall’aiuto sceneggiatore Lucio Fulci all’imberbe segretario di edizione Sergio Leone. Eppure il risultato fece flop: fin dall’uscita la pellicola fu inspiegabilmente boicottata dagli spettatori e talmente bersagliata dai critici da indurre gli eredi di Pirandello a pretenderne il ritiro dalle sale. Questo è il motivo per cui L’uomo, la bestia e la virtù rimane una perla rara della filmografia di Totò.

Scongelato solamente nel 1993, allo scadere del veto, è stato di rado programmato in Rai e pubblicato in VHS nella versione decolorata piratescamente circolante fino ad oggi, in attesa di un restauro in Dvd. Col senno di poi, molti raccontarono quel fallimento come se fosse annunciato e, tra questi, un Welles coinvolto per ragioni “alimentari” che in seguito parlò di Totò come di un comico “buffissimo” convinto di essere un discendente di Carlomagno e della Romance come di una ex-diva soggiogata dal marito egiziano che le riscriveva le battute snobbando Pirandello: “E poi lei parlava in francese, il principe e io parlavamo in italiano, e il dialogo non aveva il minimo senso”.

Dal canto suo, il protagonista di quel film sfortunato si pentì di essersi fatto abbindolare da un Laurentiis in vena di lusinghe: “Principe, voi non dovete mettervi paura, voi siete un genio che risolve tutto…” E Totò, per tutta risposta: “I geni stanno nelle enciclopedie e sulle lapidi; io preferisco leggerle!”.

A vederlo oggi, il film di Steno risulta magari loffio ma non pessimo come lo si dipinse, con un Totò efficacemente misurato e con un godibile Welles da Corriere dei piccoli. Irritante è più che altro il finale antipirandelliano imposto dalla censura a Brancati, con la riconciliazione carnale dei coniugi che tronca la relazione adulterina tra la Perella fedigrafa e Paolino, costringendo questi a sposare una prostituta, naturalmente gentile e pronta a farsi redimere.

Umberto Cantone, «La Repubblica», 12 febbraio 2017 (link al sito umbertocantone.it)


Intervista a Croccolo: «Io e Totò così diventai la voce del principe»

Lecce - Ora che il tempo è passato, sugli anni trascorsi accanto al principe della risata vorrebbe scrivere un libro. Ha già pronto il titolo: «Totò ed io»...

Titta Fiore, «Il Mattino», 6 aprile 2017


2017 10 16 Il Messaggero Commemorazioni intro

Il napoletano Antonio de Curtis fece della Capitale il suo quartier generale.

Napoletano per nascita, radici e animo, infatti, Totò si fece anche romano per elezione. «La napoletanità di Totò non si mette in discussione - dice Alessandro Nicosia, organizzatore della mostra, che cura insieme a Vincenzo Mollica - però è Roma la città dove risiede per oltre quarant'anni e il suo quartier generale. Ed è proprio a Roma, che, guardando le sue diverse abitazioni, si vede l’escalation professionale, ovviamente misurabile pure in termini economici, Totò è Napoli, ma a Roma c’è il principe De Curtis».

La sua vita capitolina, inizia, giovanissimo, in via Villafranca, zona Castro Pretorio: i genitori dormono in un camera, lui, con una brandina, in corridoio. È il tempo delle prime comparsate e degli scarsi guadagni. Quando la situazione migliora si trasferisce all’hotel Ginevra, in via della Vite. «Qui, il 10 maggio 1933, nasce sua figlia Liliana - racconta Nicosia - Totò quella sera era a teatro, doveva andare in scena all’Eliseo. Quando gli giunge la notizia che la compagna Diana ha partorito, chiede al pubblico se può ritardare l’inizio dello spettacolo per andare a conoscere la bimba. La sala acconsente e quando torna, poco dopo, lo accoglie con una standing ovation». Insieme un anno dopo, si trasferisce a Prati, in via Tibullo 10. Nel 1935, sposa Diana Bandini Lucchesini Rogliani a San Lorenzo in Lucina: alla cerimonia pochi amici e Liliana, vestita a festa, in braccio alla governante.

I TRASLOCHI

Passano gli anni e Totò continua a cambiare zona e casa, alla ricerca forse dell’abitazione perfetta. Sempre più bella e grande. Qualche anno dopo otterrà l’annullamento delle nozze e si trasferirà con i suoi genitori, Diana, con cui comunque vivrà fino al 1950, e la figlia in viale Parioli 41. «È la zona che predilige della città e a questa abitazione, dove morirà suo padre, rimarrà legato tutta la vita». Nel 1952 ha una nuova compagna, Franca Faldini, e un nuovo indirizzo. Si trasferisce in viale Bruno Buozzi, prima al piano nobile della cosiddetta palazzina II Girasole, opera di Luigi Moretti, poi al civico 98, in un appartamento di 500 metri quadri dove vivono anche staff e servitù. Lina residenza principesca, all’altezza della fama conquistata. «Quando il fisco gli chiede 400 milioni di lire di arretrati, va in affitto in una casa di proprietà dei genitori della Faldini, in via Monti Parioli 4».

Il forte legame con Roma è fatto pure di strade e locali, dalla Rupe Tarpea, in centro, dove trascorse molte serate, fino all’amato giardino zoologico, oggi Bioparco. Senza dimenticare le vacanze a Santa Marinella. Infine, Sant’Eugenio e quel bagno di folla, che non sarà l’ultimo. A Napoli lo attenderanno altri due funerali, uno perfino a bara vuota, per dare a ogni ammiratore il modo di piangere il “suo” Totò.

Valeria Arnaldi, «Il Messaggero», 16 ottobre 2017


Cinquantenario della scomparsa di Totò: rassegna stampa


2018

2018 01 21 La Voce e il Tempo Toto 50 intro


Mostra - A cinquant'anni dalla scomparsa, l'omaggio al celebre attore napoletano di cinema e teatro. L'esposizione al Museo di Roma in Trastevere: cimeli, lettere, disegni, costumi, fotografie, installazioni e testimonianze illustri.


Questo importante anniversario non è soltanto un evento celebrativo, ma un modo per ricordare e far conoscere ai giovani, a cinquant'anni dalla scomparsa, un uomo che grazie alla sua unicità e al suo straordinario universo culturale ha attraversato la storia del teatro, del cinema, della poesia, della canzone, lasciando un’impronta significativa e rivoluzionaria in ogni settore della creatività, seguendo quello che lui stesso definì più volte come la base del suo gioco in palcoscenico: l’Istinto».

2018 01 21 La Voce e il Tempo Toto 50 f1 LLe parole commemorative sull’arte comica di Totò, espresse da Alessandro Nicosia, noto organizzatore di eventi culturali, riassumono il senso della mostra «Totò genio», presentata prima a Napoli, poi a Roma, e tuttora aperta al pubblico fino al 18 febbraio presso il Museo di Roma in Trastevere, in piazza Sant’Egidio 1/B (dal martedì alla domenica ore 10.00-20.00, biglietto intero € 8,50, ridotto € 7,50, museodiromaintrastevere.it). Curatore dell’evento è il giornalista della Rai Vincenzo Mollica, il quale ha preso molto a cuore questa rievocazione pubblica, arricchendo e animando la mostra con una vasta documentazione di rilevante qualità, avvalendosi della collaborazione della nipote di Totò, Elena Anticoli De Curtis, e del suo più noto storico, Goffredo Fon.

In «Totò genio» spiccano i contributi fomiti da numerose raccolte di documenti cartacei, fotografici, filmici, televisivi, teatrali e artistici, provenienti da archivi, biblioteche, musei, sartorie, collezioni private, cataloghi, registrazioni, riproduzioni, come quelli, per esempio, dell’Istituto Luce, di Cinecittà, della Rai o di altri enti nazionali. Attraverso testi personali, cimeli, lettere, disegni, costumi, fotografie, installazioni multimediali e testimonianze illustri, la mostra propone un viaggio indietro nel tempo, nell’universo di Totò, raccontandone in dettaglio la vita e l’arte. L’allestimento stesso è stato concepito in modo da offrire ai visitatori un ritratto complessivo dell’attore e dell’uomo. I risvolti umani della sua vita e della sua carriera sono puntualmente narrati e documentati, parallelamente ai successi teatrali, cinematografici e televisivi. Di Totò sono esposti i costumi e gli oggetti che indossò in scena recitando sui palcoscenici delle riviste e degli avanspettacoli o davanti alle telecamere per i film e gli sketch televisivi che lo hanno reso famoso. Un artista a tutto tondo, il cui talento si è contraddistinto anche nel campo della poesia e della canzone. Tanti i testi originali delle raccolte di versi e dei brani da lui composti che fanno parte del corpus della mostra romana. Tra tutte spiccano la poesia «A livella» e la canzone «Malafemmina». Ma non mancano all’appello le testimonianze di registi, attori, critici, scrittori che Io hanno ammirato o che hanno lavorato con lui, da Pasolini a Fellini, da Nanni Loy a Eduardo e Peppino De Filippo, da Mario Castellani a Nino Taranto, da Aldo Fabrizi ad Anna Magnani. Quasi cento i film interpretati da Totò (97 per l’esattezza): alcuni, come «Guardie e ladri», diretto nel 1955 da Monicelli e Steno, o «Uccellacci e uccellini» del 1966 con la regia di Pasolini, assai apprezzati dalla critica; altri, invece, meno fortunati, oggetto di critiche spesso ritrattate dopo la sua scomparsa. In ogni caso, Totò resta una firma indelebile nella cultura del Novecento, in virtù di uno stile estroso, ironico e anarchico.

La mostra, voluta dall'«Associazione Antonio de Curtis in arte Totò» e dal Comune di Napoli, promossa da Roma Capitale, permette così di rievocare, soprattutto alle giovane generazioni, una figura poliedrica, fiera delle proprie origini partenopee. Totò era solito dire infatti: «Non c’è nessuna discrepanza tra la mia professione, che adoro, e il fatto che io componga canzoni e butti giù qualche verso pieno di malinconia. Sono napoletano e i napoletani sono bravissimi nel passare dal riso al pianto». Di Pasolini sono esposti i disegni realizzati per «La Terra vista dalla Luna» (episodio del film «Le streghe»), di Fel-lini quelli che lo ritraggono come un artista senza tempo, di Scola quelli composti per la rivista satirica «Marc'Aurelio». E ancora, oltre una poesia scritta da Paolo Conte, in bacheca ci sono ima serie di fotografie che ritraggono Totò insieme ai grandi personaggi del Novecento.

La mostra comprende infine un aspetto meno noto di Totò: il suo rapporto con la pubblicità, che lo ha visto testimonial di alcuni prodotti italiani del boom economico, come la Lambretta, la Perugina o il Brodo Star. A chiudere l’esposizione, la sezione «Nessuno mi ricorderà», frase da lui pronunciata prima di morire, dedicata ai suoi funerali. Furono tre, il primo a Roma, il secondo a Napoli e il terzo, sempre nel capoluogo campano, nel Rione Sanità in cui era nato.

Nicola Di Mauro, «La Voce e il Tempo», 21 gennaio 2018


2018 04 27 L Azione Omaggio Toto

In scena con “Signori si nasce...e noi no?”

2018 04 27 L Azione Omaggio Toto f1

Evergreen, i Legnanesi, sempre sulla cresta dell’onda per far sorridere e ridere anche sulle “magagne" degli italiani. Al Coccia sono di casa da anni e ogni anno portanto una novità. Quest’anno è di scena “Signori si nasce...e noi no?", un omaggio a Totò nel 50° della scomparsa del celebre artista napoletano.

E allora “Signori si nasce" recitava Totò. I Legnanesi lo ha ritirato fuori dal cassetto, ma si sono inventati una storia nuova: è l'8 marzo, compleanno della Teresa che coincide con la Festa della donna. Mentre nel cortile fervono i festeggiamenti, l’attenzione di Teresa viene attirata dal cellulare del Giovanni, dimenticato sul tavolo: un sms sospetto coinvolgerà i due in una discussione molto accesa, con la figlia Mabilia che, spaventata dalla situazione, cercherà di riappacificarli.

Tra Teresa e Giovanni trionferà l’amore o incomberà l'ombra della separazione? Il Giovanni cadrà nelle grinfie di una ricca ereditiera o preferirà l’amore - povero ma sincero - della sua Teresa? Il dilemma si scioglierà ai piedi del Vesuvio... Antonio Provasio, storico regista, autore e attore in scena con Enrico Dal ceri e Luigi Campisi, ha aggiornato il repertorio. Milanesi va bene, ma ormai i confini sono più aperti.

Totò è del resto simbolo per eccellenza dell’Italia esportata in tutto il mondo, è la Napoli della “malafemmina", che fa da sfondo in questo spettacolo anche attraverso i quadri strabilianti di Mabilia.

Ingresso da 18 a 35 euro.

Valeria Balossini, «L'Azione», 27 aprile 2018


2018 09 20 Eco Risveglio Ossola 1948 Miss Italia Toto al giro d Italia intro

Il concorso di bellezza del ‘48 al Regina Palace e quel verdetto contestato

Stresa 

Antonio De Curtis, in arte Totò, ed Ernest Hemingway erano personaggi agli antipodi. Il primo fu la maschera tragicomica dell'italianità nel cinema del Dopoguerra, il secondo lo scrittore vitalista dipinto tra eroismo ed eccessi in puro stile yankee. Entrambi, nati alla fine del XIX secolo, erano però accomunati dalla sensibilità per il fascino femminile. Ebbero infatti diverse compagne nella loro vita. Ma avevano gli stessi gusti in fatto di bellezza. Parrebbe di no. O almeno così avvenne 70 anni fa a Stresa, quando nei medesimi giorni si trovarono a frequentare le rive del Verbano. Il principe della risata faceva parte della giuria di miss Italia che dal 1946 si svolgeva nella perla del Verbano. Per la cronaca, quella del ‘48 fu la penultima edizione borro-mea, poi dal 1950 il concorso si tenne a Salsomaggiore Terme, ad eccezione del 1958 (con ritorno a Stresa). La finale era in programma domenica 26 settembre 1948 al Regina Palace hotel.

2018 09 20 Eco Risveglio Ossola 1948 Miss Italia Toto al giro d Italia f1

Totò in quei giorni era sul Verbano anche in veste di attore. Miss Italia era infatti il set delle scene iniziali di Totò al Giro d’Italia". Diretto da Mario Mattioli, fu il primo film, di una lunga serie, con il nome di Totò nel titolo. De Curtis interpretava un professore di liceo, giurato a Miss Italia, che si invaghisce di una bella giurata, e così lei per allontanare le avan-ces dice che lo sposerà se lui vincerà il Giro d'Italia. Da qui nasce un patto “faustiano” col demonio per battere Coppi e Bartali.

Ma una commedia si sarebbe potuta girare anche sulle vicende di quell'edizione del concorso di bellezza, dove forse l’amor patrio e la ragione politica ebbero la meglio sull'estetica.

A essere proclamata la più bella d'Italia fu infatti Fulvia Franco, e secondo le cronache dell'epoca la giuria (oltre a Totò, il pittore Funi, gli scrittori Vergani e Ridenti, la pittrice Brunetta e il sindaco di Stresa) arrivò alla scelta poiché non vi era una giovane che primeggiasse più delle altre.

D'altronde la miss vincitrice viene descritta come una ragazzata di 1,66 metri per 60 chili, fisico atletico, non certo una mannequin, ma l'essere di Trieste in quegli anni era una bella carta da giocare. L'anno prima infatti la città al confine con la Jugoslavia era diventata “territorio libero” sotto le Nazioni Unite, e veniva però rivendicata dall'Italia (che l’amministrerà poi a partire dal 1954). Perciò una miss triestina poteva garantire copertine della giovane con bandiere tricolore da associare alla Venezia Giulia. Peccato che la seconda arrivata, Miss Emilia, al secolo Ornella Zamperetti da Bologna, non prese bene la sconfitta. E intentò una causa legale contro gli organizzatori del concorso. Il motivo? La Franco non aveva ancora compiuto 18 anni come previsto dal regolamento, il titolo andava perciò riassegnato, in alternativa Zamperetti chiedeva di essere indennizzata con 8 milioni di lire (l’equivalente odierno di circa 150mila euro) per premi e occasioni di carriera persi. La querelle si trascinò nelle aule giudiziarie sino all'aprile del 1949, quando le due miss incontrandosi sul set di un film pubblicitario per la Fiera di Milano si strinsero la mano, fecero pace e la causa di Zamperetti fu ritirata.

Ritorno al lago

Ma cosa c’entra Hemingway? Sulla Nuova Stampa del 26 settembre otto righe in cronaca informano che lo scrittore nordamericano è sbarcato il giorno prima a Genova. Si parla di una sosta di alcuni giorni in Liguria prima di recarsi in Francia. Invece? Invece l’autore di “Per chi suona la campana", che è con la quarta moglie, ha cambiato idea, e dopo vent'anni lontano dall'Italia sceglie di concedersi un viaggio amarcord, e la prima tappa, che
poi lo porterà a Cortina e in altre località dello Stivale, è Stresa. A Genova noleggia un'auto, la guida il cugino di Costante Giradengo (ancora ciclismo in questa storia), e all'imbrunire arriva a Stresa e prende camera al Des Iles Borromées, dove aveva ambientato alcune delle scene finale del romanzo “Addio alle armi”, pubblicato nel 1929 e ispirato alla sua esperienza di militare in Italia durante la Grande Guerra. Perché a Stresa, trent’anni prima, Hemingway era stato ospite in convalescenza dal fronte.

E’ la sera di domenica 26 settembre, ma il buon Ernest, a differenza della moglie Mary, non ha voglia di andare a dormire, è attirato dal trambusto della finale di Miss Italia nel vicino Regina Palace, così si affaccia nella hall. E ai cronisti racconta che lui scommette sulla concorrente bolognese. Poi si ritira. L’indomani i giornalisti gli portano la notizia
che la sua preferita è stata sconfitta. Nel libro di Andrea di Ro-bilant “Autunno a Venezia”, si riporta che Hemingway commentò: «I giudici hanno fatto un errore, la ragazza di Bologna era meglio. Questa è la verità».

Anche Totò pensava fosse la verità ma decise in giuria di seguire la scelta irredentista nel segno dell’amor di Patria? Chissà?

L’imbarazzo della scelta

Di certo, a pensare all’edizione di miss Italia dell’anno precedente, sempre a Stresa, si può ritenere che la scelta veramente ardua fu quella della giuria del ‘47. Quando tra le concorrenti c’erano alcune delle “maggiorate” che poi divennero le dive del cinema degli anni Cinquanta: Gina Lollobrigida. Silvana Mangano, Eleonora Rossi Drago, Lucia Bosé. Vinse quest’ultima. Ma questa è un’altra storia.

Andrea Dallapina, «Eco - Risveglio di Ossola», 20 settembre 2018


2018 10 19 Il Piccolo Retrospettiva intro

INCONTRI Questa sera in biblioteca si ricorda il Principe della risata. Ospite la nipote Elena Anticoli de Curtis

ll quotidiano ‘La Verità’ ha recentemente dedicato una pagina alla storia infinita sul museo (mai aperto) dedicato a Totò e sull’altra storia, anche questa infinita, relativa alla casa del principe della risata, strutture che a Napoli stanno vivendo (da anni) situazioni poco felici Se la mostra itinerante (ora in Sicilia) continua a suscitare o-vunque interesse e curiosità, la sua città, il suo Rione Sanità non riescono dunque a venir fuori da un pantano economico - politico - burocratico che ovviamente non rende onore in primis al grande artista e poi all’Italia tutta. Alessandria con Totò ha poco a che fare (o forse no?) ma indubbiamente ospitare sua nipote in biblioteca per un incontro all’insegna di ricordi e belle parole, non può che far bene.

2018 10 19 Il Piccolo Retrospettiva f1

Questa sera venerdì 19 ottobre alle ore 18, nella Sala Bobbio della Biblioteca Civica “Francesca Calvo” (piazza Vittorio Veneto) è infatti in programma “Una giornata in o-nore di Antonio de Curtis ad Alessandria”.

Nonno speciale
A centoventi anni dalla nascita, è appena uscito un libro che, spiega l’autrice, “vuole essere un viaggio semiserio in sua compagnia a Napoli”

L’evento (ad ingresso libero e gratuito) si inserisce nell’ambito del programma per l’850° anniversario della fondazione della città e intende celebrare il grande attore che, per qualche tempo e in modo singolare, fu “ospite" di Alessandria.

Spiega il consigliere comunale Maurizio Sciaudone, promotore di questa iniziativa: «In questo anno di celebrazioni dedicato alla città, mi è sembrato giusto ricordare anche un personaggio celebre che proprio ad Alessandria soggiornò, anche se... all’ospedale militare. Un’altra città piemontese ha sfruttato bene la celebre frase ‘Sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Cuneo’ che Totò pronuncia in diversi film, tanto che proprio a Cuneo nel 1998 è sorta l’Associazione Uomini di Mondo. Mi sembrava giusto ricordare anche questo aneddoto alessandrino».

Come detto l’incontro di stasera, in forma di talk-show, avrà quale protagonista d’eccezione Elena Anticoli de Curtis, nipote di Totò, che racconterà aneddoti ed esperienze del suo grande nonno direttamente colte dal racconto che di lui ha tramandato la propria famiglia.

“A Napoli con Totò: dalla Sanità alla luna” è il titolo del libro che Elena Anticoli de Curtis ha da poco pubblicato.

Un libro che, ha spiegato l’autrice pochi giorni fa alla presentazione ovviamente a Napoli: «Vuole essere un viaggio semiserio nella sua città in compagnia di Totò. L’uomo e l’attore, a centoventi anni dalla nascita. Non è una guida, intesa come percorso culturale esaustivo; non è una biografia completa del personaggio. È una passeggiata. Nei suoi luoghi privati e in quelli vissuti in pubblico, partendo dalla Sanità, il Rione natale dove, negli anni, Antonio de Curtis torna costantemente ad aiutare la sua gente poverissima».

Pieranna Bottino, «Il Piccolo», 19 ottobre 2018


2018 10 23 Il Piccolo Omaggio Toto Elena intro

INCONTRO In biblioteca talk-show dedicato ad Antonio de Curtis. Ospite la nipote, che ha presentato un libro

Un’ora molto piacevole, con parole, spezzoni di film e canzoni (interpretate da Maurizio Fiorenza) che si rincorrono, generano risate ma anche riflessioni. Al protagonista dell’incontro, Totò, sarebbe molto probabilmente piaciuto l’incontro di venerdì in biblioteca, nuovo appuntamento per gli 850 anni di Alessandria sollecitato dal consigliere comunale Maurizio Sciaudone. «In quest’anno così speciale per la città, credo sia giusto anche ricordare personaggi celebri che da qui sono passati. E Totò fu uno di questi. Fu infatti ricoverato per circa una settimana all’ospedale militare. L’uscita di un libro scritto dalla nipote, mi è sembrata l’occasione ideale per invitarla e per farci raccontare qualche aneddoto sul celebre nonno».

2018 10 23 Il Piccolo Omaggio Toto Elena f1

Nonno che peraltro, Elena Anticoli de Curtis non ha conosciuto se non tramite racconti, carte e documenti che ha consultato per scrivere il libro ‘Antonio de Curtis - Il principe poeta’ (Colonnese Editore ) con tutte le poesie e le liriche di Totò. «Questo mio lavoro - ha spiegato la nipote - vuole raccontare l’uomo pensante, quello che aborriva le ingiustizie e che, memore delle sue origini, stava dalla parte del popolo. Usava la risata, le pernacchie per mandare messaggi, anche forti. Sono venuta in Alessandria perché volevo vedere l’ospedale militare. È stato un po’ come ripercorrere i suoi passi, e sentirlo ancora più vicino a me, a tutti noi. Perché Totò appartiene a tutti». Concetto questo ribadito da diversi ospiti (dal presidente della Camera di Commercio Coscia, all’ex comandante dei Vigili, Rossi, a Cristina Antoni di Costruire Insieme) sollecitati dal conduttore Efrem Bovo.

Infine, le parole del sindaco Cuttica di Revigliasco che ha detto: «Un altro capitolo degli 850, con eventi che non sono una mia follia, ma il frutto del lavoro di un comitato che ha messo a punto iniziative che ci aiutino tutti assieme a riscoprire Alessandria. In questo caso Totò con la visita di sua nipote, punta i riflettori non solo su un personaggio a tutti caro ma anche sull’importanza del recupero dell’ospedale militare».

Pieranna Bottino, «Il Piccolo», 23 ottobre 2018


2019

2019 04 14 La Voce e il Tempo Libro Toto con i 4 intro

Un libro-intervista

«Era un uomo profondamente buono, un aristocratico conservatore. Il mondo non gli piaceva, ci trovava troppa cattiveria. Faceva ridere, ma la sua comicità era come imo sberleffo che lui faceva alla vita, un modo per esorcizzare la tristezza che sentiva nell’anima». A lasciarci questa testimonianza su Antonio De Curtis, in arte Totò, è Erminio Macario, il celebre comico torinese, in un'intervista pubblicata sul settimanale «Gente» il 13 maggio 1972. Questa l intervista è riportata su una nuova I pubblicazione, che rievoca la vita B e la carriera del comico napoletano da una diversa prospettiva, «Totò con i quattro» (Apeiron Edizioni, pp. 284, euro 15,00).

Toto con i 4 fotoA redigere il volume, ricco di testimonianze, aneddoti, fatti inediti e corredato di un apparato di suggestive fotografie che ritraggono Totò nel privato e sul set, sono Ciro Borrelli e Domenico Livigni, conterranei di Totò e studiosi di storia del cinema e del teatro. Il titolo del libro si Ispira ironicamente al film «Totò contro i quattro», girato nel 1963 da Steno, a cui parteciparono, insieme a Totò, quattro ‘mostri sacri’ del cinema d’allora: appunto Macario, Aldo Fabrizi, Peppino De Filippo e Nino Taranto. La pubblicazione non segue un percorso biografico, tradizionalmente inteso. Gli autori hanno preferito seguire un iter narrativo che, pur basandosi su episodi veramente accaduti, si manifesta sulla pagina attraverso quattro interviste separate, elaborate con la fantasia, in tempi e luoghi immaginari, ma contenenti fatti successi per davvero, e che vedono i quattro attori sopra citati testimoni in grado di fornire su Totò, l’uomo e l’artista, un ritratto inedito e sensibile. Tra le quattro interviste, spicca quella a Macario, forse la più vicina alla realtà perché prende spunto da sue dichiarazioni già pubblicate nei periodici dell’epoca.

Riguardo a De Filippo, Taranto e Fabrizi, le interviste si collocano nel puro mondo dell’immaginazione, anche se ciò che essi sostengono è stato oggetto di un’indagine scrupolosa, svolta tra una quantità rilevante di carte, lettere e documenti autografati dagli stessi Fabrizi, Taranto, De Filippo e Macario. Lasciando al lettore il piacere di riscoprire i risvolti esistenziali che rispecchiano i rapporti tra Totò e i suoi colleghi, si può qui menzionare un aneddoto, affidato alla testimonianza del cantante Teddy Reno, e riportato in questo gradevole volume: quando Totò e Peppino De Filippo provarono la famosa scena della lettera in «Totò, Peppino e la malafemmina» (girato nel 1956 da Camillo Mastrocinque), dovettero interrompere il loro duetto comico perché un macchinista scoppiò a ridere in modo così fragoroso da rovinare la scena stessa. I due attori decisero di riprovare il giorno dopo, perdonando il tecnico maldestro ma molto seccati per quell’interruzione. Pare che la seconda scena della lettera, quella che si vede nel film, fosse meno esilarante rispetto alla prima prova. Mai arrivata sullo schermo, dunque, con il disappunto, oltre che di Totò e Peppino, anche dei loro tanti ammiratori.

Nicola Di Mauro, «La Voce e il Tempo», 14 aprile 2019


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