Gli amanti latini
(Episodio: Amore e morte)
Rag. Antonio Gargiullo
Inizio riprese: marzo 1965 Stabilimenti De Paolis, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 6 agosto 1965 - Incasso lire 371.136.000 - Spettatori 1.407.000
Titolo originale Gli amanti latini - Ep. Amore e morte
Paese Italia - Anno 1965 - Durata 95 min - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Mario Costa - Soggetto Bruno Corbucci, Ugo Liberatore, Giovanni Grimaldi - Sceneggiatura Fulvio Gicca Palli, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi - Produttore Euro International Film - Distribuzione (Italia) Euro International Film - Fotografia Alberto Fusi - Montaggio Giammaria Messeri - Musiche Carlo Savina - Scenografia Arrigo Equini
Totò: Rag. Antonio Gargiullo (ep. Amore e morte) - Franco Franchi: Franco - Ciccio Ingrassia - Francesco Mulè - Toni Ucci: Augusto (ep. La grande conquista) - Aldo Giuffrè: Arminio (ep. Il telefono consolatore) - Gisella Sofio: Beata (ep. Il telefono consolatore) - Vittorio Congia: Maurizio (ep. La grande conquista) - Eva Gioia: Elizabeth (ep. La grande conquista) - Armando Bandini - Gina Rovere - Alicia Brandet: Ursula (ep. La grande conquista) - Luigi Tosi - Enzo Garinei: Fifì (ep. L'irreparabile) - Mario Castellani: Gaiza, l'uomo nella sala d'attesa dell'ospedale (ep. Amore e morte) - Michele Malaspina - Carlo Sposito - Annie Gorassini - Gara Granda: Carmelina (ep. Il telefono consolatore) - Nino Marchetti: Riccardo (ep. Il telefono consolatore) - Pietro Tordi - Antonio De Teffè - Nino Puglisi: Saro (ep. L'irreparabile)
Soggetto
Gli amanti latini è un film del 1965 diretto da Mario Costa. È diviso in cinque episodi: La grande conquista, Il telefono consolatore, L'irreparabile, Amore e morte, Gli amanti latini.
La grande conquista
Partito il marito per affari, una americana bellissima invita un suo corteggiatore nella sua stanza per una notte d'amore. Al mattino il corteggiatore si risveglia accanto ad una ragazza bruttissima e brufolosa; l'americana ha sedotto il corteggiatore solo per risolvere i problemi sessuali e di pelle della cugina degradando il corteggiatore allo stato di pomata per brufoli.
Il telefono consolatore
Aldo Giuffré non riesce a consumare la prima notte di nozze poiché la moglie non ha avuto una adeguata educazione sessuale. Disperato Giuffré chiede aiuto a Gisella Sofio, direttrice del telefono consolatore che cerca di calmare la sposina. Ogni tentativo fallisce fin quando Giuffrè e Sofio suscitano la gelosia della sposina simulando un approccio sessuale. Riconciliati gli sposini, la Sofio abbandona il voto di castità ed invita a casa propria un suo collaboratore, segretamente innamorato di lei.
L'irreparabile
Saro ha organizzato la fuitina con la sua fidanzata ma scopre che non è illibata. Saro rifiuta il matrimonio riparatore ma, essendo la ragazza minorenne, viene trascinato in commissariato; così, per evitare una denuncia per diffamazione e violenza carnale, Saro è costretto a sposare la ragazza diventando cornuto prima delle nozze.
Amore e morte
L'episodio (interpretato da Totò) racconta di un uomo che, recatosi all'ospedale per ritirare delle analisi, decide di scambiare le sue con quelle di un malato terminale (Castellani) e approfitta di questo per abbandonare casa, moglie e lavoro ed assaporare la dolce vita con i soldi della colletta organizzata dai colleghi.
Gli amanti latini
Ogni anno al ritorno dalle vacanze Ciccio racconta agli amici del paesello le sue numerose avventure galanti. Spinto da questi racconti Franco va a trovare l'amico Ciccio in vacanza a Taormina. Ciccio non è contento della visita perché teme che Franco scopra che le sue avventure sono inventate mentre Franco è deluso perché dopo tre giorni né lui né Ciccio hanno conquistato una ragazza. Franco riceve un richiamo da Ciccio sulla sua mancanza di audacia e litigano. Nel frattempo una ragazza tedesca deve porre fine in anticipo la sua vacanza avendo terminato i soldi. Franco si offre di pagare una settimana di albergo in cambio di una notte d'amore. La ragazza accetta e fa salire Franco in camera propria. Ciccio è indispettito perché l'amico è riuscito dove lui ha fallito e, costretto Franco a confessare l'accordo, propone lo stesso accordo alla ragazza. La ragazza anche questa volta accetta ma una volta salita in camera e preso i soldi da Ciccio lo ricatta minacciando una denuncia per violenza carnale. Ciccio torna in camera sua con le pive nel sacco ma la mattina dopo racconta a Franco di una fantastica notte d'amore selvaggio. Franco allora confessa di essere stato ricattato anch'esso e costringe Ciccio a confessare il ricatto. I due amici fanno pace e ritornano al loro paese dove si vanteranno di essere amanti latini raccontando la versione di Ciccio perché, come dice Ciccio: «Nell'amore quello che conta è quello che si dice non quello che si fa.»
Critica e curiosità
🕺 Il latin lover va in ufficio: Totò, il cinico col cuore (del tutto assente)
“Gli amanti latini”, che già dal titolo lascia presagire tempeste ormonali e si rivela invece un temporale di satira, è un film a episodi del 1965. Una di quelle operazioni cinematografiche tipiche degli anni ’60, quando il cinema italiano sembrava non avere né voglia né tempo di costruire una storia intera, e preferiva gettarsi nel traffico del film a spizzichi e bocconi, come si trattasse di un aperitivo lungo: un po’ di questo, un po’ di quello, e qualche Totò a insaporire il tutto.
Il regista Mario Costa, con la pazienza del collezionista di francobolli e la flemma del notaio di provincia, assembla ben cinque episodi a tema amoroso, ovviamente virato al maschile: uomini vanesi, ridicoli, sopra le righe, sognatori di conquiste e vittime della propria libido. Fra tutti questi, l’unico episodio che si salva dal tracollo o dalla dimenticanza è quello con Totò, per motivi che definire “totali” è quasi ovvio.
🧪 La truffa del male incurabile: l’arte di morire per vivere meglio
Il nostro Totò, in versione impiegato statale con vena esistenziale da truffatore brillante, si lancia in un piano tanto crudele quanto geniale: scambia le analisi del sangue con quelle di un moribondo, si finge malato terminale e – mentre il collega vero se ne va verso l’Aldilà con una diagnosi di perfetta salute – lui organizza l’ultimo show della sua vita lavorativa: la colletta degli addii.
Il tutto comincia in un ambulatorio di analisi, luogo solitamente asettico e noioso, che però si trasforma grazie alla presenza di Mario Castellani, eterno bianco delle gag di Totò, in un’arena di comicità fatta di sguardi, tempi comici millimetrici e una complicità che non ha bisogno di urla o slapstick: basta un foglio e uno scambio di cartelle per dare il via alla sinfonia della truffa.
🧾 L’ufficio come teatro della commedia italiana
La seconda scena, con il direttore (interpretato dal rigoroso Michele Malaspina), è un capolavoro di recitazione contenuta ma irresistibile: Totò-Gargiulo comunica con tono stentoreo ma vibrante – quasi shakespeariano – di essere prossimo alla dipartita. La tragedia diventa farsa, e la farsa si veste di tragedia: una tragicommedia da scrivania.
Totò piange, si commuove, finge spasmi e si appoggia al muro come Anna Magnani nei film neorealisti, mentre il direttore, con un senso etico da don Abbondio sindacalizzato, mobilita l’intero ufficio per la colletta, che deve essere pronta in mezza giornata: un miracolo contabile degno del miglior Ragioniere Filini.
💸 La colletta miracolosa: e il “Vangelo secondo il libretto paga”
La terza scena è un inno all’ipocrisia ben organizzata: il direttore – tra lacrime e fazzoletti – consegna personalmente a Totò lo stipendio e una busta con oltre due milioni di lire. I colleghi applaudono, si commuovono, offrono caramelle. Totò soppesa la busta con la delicatezza di un orefice: la scuote, la agita, la guarda in controluce... e poi domanda, con finto pudore: “Ma... quant’è esattamente, eh?”
In questa scena si coglie la vera cifra del film: non la satira sull’amore, ma quella sull’italiano medio che, tra una furbizia e una risata, riesce sempre a farla franca. Qui Totò, cinico e sprezzante, incarna un personaggio che anticipa il Fantozzi più disilluso e contemporaneamente richiama le miserie impiegatizie già viste in “Totò e i re di Roma” o “Chi si ferma è perduto”.
💃 L’ultima scena: eros, banconote e Moravia citato di sponda
Infine, la scena madre. Totò – ormai in fuga con l’amante francese – distende banconote da 10.000 lire sul corpo della donna nuda, distesa sul letto come un'opera d'arte pagata a rate. Non è solo una scena volutamente kitsch: è anche una citazione colta (e insieme parodia) de La noia di Moravia, che Damiano Damiani aveva portato al cinema l’anno prima.
Un momento di auto-celebrazione tragica e ridicola, che riecheggia la volgarità del benessere italiano anni ’60, quando l’eros si era industrializzato e il sogno piccolo borghese consisteva nel fuggire con una soubrette e con le tredicesime dei colleghi.
📌 Tutti i dettagli che fanno la differenza
- Castellani e Totò ripropongono con misura e brillantezza il canovaccio dello sketch del “wagon-lit” di “Totò a colori”: ma qui, sfoltito degli eccessi teatrali e ricalibrato per il cinema, il gioco risulta più fresco e meno farsesco.
- L’ambiente d’ufficio richiama fortemente un mondo già tratteggiato in altri film totiani, ma anche quello che sarà dieci anni dopo il regno di Fantozzi: colleghi codardi, direttori patetici, dinamiche umane basate sull’ipocrisia condivisa.
- L’esagerazione è parte del gioco: la colletta organizzata in quattro minuti, i due milioni raccolti come fossero bruscolini, l’atteggiamento “manageriale” del direttore nella raccolta fondi, la teatralità con cui Totò soppesa la busta (quasi fosse l’urna con le ceneri di Napoleone).
🧠 Morale? Il truffatore sei tu, spettatore!
Totò ci guarda dallo schermo e ci fa capire che la vera beffa non è quella al direttore, ma quella alla nostra coscienza. Perché mentre ridiamo della sua truffa, ci accorgiamo che forse anche noi, se potessimo, cambieremmo due analisi cliniche per due milioni di lire e una fuga in Costa Azzurra.
E allora “Gli amanti latini”, che si apre come una farsa sull’eros e il maschio italico, diventa una satira feroce sul nostro spirito nazionale: dove non importa se sei malato o no, conta solo quanto sai fingere... e con che faccia tosta ti presenti alla vita.
🎬 Conclusione finale, con inchino alla bombetta
In un film dimenticabile, l’episodio di Totò brilla come la sola stella in un cielo nuvoloso di mediocrità. La sua comicità qui è chirurgica, lucida, tagliente, non più maschera ma volto. E Castellani, come sempre, gli fa da spalla con la grazia di un equilibrista cieco che non sbaglia mai il passo.
Altro che latin lover: il vero amante latino è quello del denaro. Totò ce lo mostra in mutande e banconote, e lo fa con l’eleganza del truffatore di professione. Senza pietà. Senza morale. Ma con una bombetta ben calcata in testa e un ghigno che fa scuola.
Le scene più memorabili dell’episodio di Totò ne “Gli amanti latini”, l’unico veramente degno di nota dell’intera pellicola.
🧪 1. La scena dell’ambulatorio: il gran rimpasto delle cartelle cliniche
La prima scena si apre con Totò e Mario Castellani seduti nella sala d’attesa di un ambulatorio, circondati da anziani tremolanti, infermiere asettiche e un silenzio da condanna capitale. Totò legge le sue analisi con l’attenzione che si riserva al bollettino del totocalcio, con sopracciglio mobile e occhio diffidente.
Il colpo di scena arriva quando scopre che... sta benissimo! Ma il colpo di genio arriva subito dopo: Castellani, suo amico e collega, gli mostra per errore le analisi di un povero malato terminale. Totò, con un’espressione che è un mix tra Madonna Addolorata e contabile disonesto, scambia i referti. Non lo fa con il pathos di un dramma shakespeariano, ma con la leggerezza di chi cambia il canale della radio: è una frode sanitaria fatta con la grazia di un passo di minuetto.
Questa scena è memorabile per:
- Il tempismo comico perfetto tra Totò e Castellani;
- La gestualità da illusionista con cui Totò compie lo scambio;
- La satira pungente sul sistema medico-burocratico, dove tutto può essere falsato, basta avere la faccia giusta.
🧾 2. Il dialogo col direttore: tragedia da ufficio con applausi a scena aperta
Nel secondo segmento, Totò si presenta al direttore dell’ufficio (Malaspina) con l’aria del condannato in attesa dell’ultima sigaretta. “Mi restano pochi mesi, direttore... Pochi mesi!”. È una parodia sublime del melodramma da impiegato pubblico, con un’espressività che passa dal lamento sommesso al singhiozzo urlato.
Il direttore, uomo compassato e regolamentare come un registro IVA, si scioglie come una mozzarella sulla stufa. La sua reazione è sproporzionata, tragicamente tenera: convoca l’intero ufficio, indice la colletta, e pare quasi pronto a intitolare la sala riunioni al povero Gargiulo ancora vivente.
Questa scena è memorabile per:
- Il modo in cui Totò passa dal pianto finto al cinismo latente con una sola inflessione vocale;
- Il crescendo grottesco del direttore, che da burocrate diventa sacerdote della beneficenza;
- L’atmosfera impiegatizia surreale, che anticipa Fantozzi di dieci anni.
💼 3. La colletta: Totò, santo patrono del raggiro da scrivania
Il clou tragicomico arriva nella terza scena, quando si svolge la consegna ufficiale dello “stipendio più colletta”. Totò siede composto come un santo laico pronto al martirio, mentre il direttore lo omaggia con parole commosse e una busta pesante, molto pesante. Totò la soppesa, la guarda, la accarezza, e poi finge di rifiutarla (“ma no, ma vi pare...?”), finché... non chiede, per ben tre volte, quanto c’è esattamente dentro.
È qui che il Totò truffatore prende pienamente forma: non più solo simulatore di malattia, ma vero artista del raggiro morale. La scena è un piccolo capolavoro di recitazione mimica e psicologica, dove ogni sospiro, ogni pausa, ogni occhiata è calcolata per far ridere... ma anche riflettere.
Questa scena è memorabile per:
- Il gioco di gestualità millimetrica con la busta, quasi fosse un oggetto sacro;
- Il contrasto tra la falsa modestia e l’avidità latente;
- La precisione con cui Totò costruisce la caricatura dell’italiano medio furbastro, che si finge vittima per diventare carnefice del buon senso.
💃 4. L’apoteosi finale: banconote e sensualità in stile Moravia
Ultima scena, definitiva, scolpita nella memoria: Totò è in una camera d’albergo con la sua amante francese, distesa come la Venere di Urbino, ma in chiave era del boom economico. L’uomo, ormai “salvato” dai due milioni raccolti con la frode, copre la donna nuda con banconote da 10.000 lire. È un gesto sacrilego e sublime al tempo stesso: l’amore mercificato, l’eros pagato cash, la citazione cine-letteraria – da La noia di Moravia – trasformata in farsa erotico-burocratica.
Qui Totò non parla quasi più: fa tutto col corpo, col volto, con le mani. Distende le banconote con la solennità di chi compone un origami o stira una bandiera nazionale. È la scena madre non solo dell’episodio, ma dell’intero film.
Questa scena è memorabile per:
- Il contrasto clamoroso tra l’erotismo suggerito e la comicità del gesto;
- Il riferimento colto travestito da sketch da cabaret;
- La conclusione perfetta del personaggio: non punito, non redento, ma beatamente soddisfatto nella sua immoralità.
🧠 Postilla: l’arte di Totò nella cornice episodica
Il genio di questa interpretazione sta nel fatto che Totò non esagera mai, pur trattandosi di un racconto comico. I toni sono contenuti, la maschera è sorvegliata, e la sua comicità non esplode in grida e smorfie, ma si concentra nei dettagli minimi: una piega delle labbra, una pausa prima di rispondere, un gesto fatto e subito ritirato.
In un film che prende in giro l’“amante latino”, Totò non si presenta come seduttore, ma come parassita. E proprio per questo, vince su tutti gli altri: è il solo ad avere una maschera tragicamente moderna, in bilico fra Kafka e Ragionier Ugo Fantozzi.
Se volessimo trovare un epitaffio per questo episodio, potrebbe essere:
“Qui giace il più amato tra gli amanti latini. Non ha mai amato nessuno. Ma si è fatto amare da tutti, col portafoglio degli altri.”
Così la stampa dell'epoca
Come fu accolto “Gli amanti latini” all’epoca della sua uscita – dalla critica, dal pubblico e dalla censura, tre entità che nel cinema italiano degli anni Sessanta non andavano mai d’accordo.
📰 La critica: fra sberleffi, sbadigli e un inchino a Totò
Se c’è una cosa che accomunò tutte le recensioni dell’epoca, fu l’atteggiamento poco entusiasta verso il film nel suo complesso. “Gli amanti latini” venne percepito fin da subito come un prodotto costruito a tavolino, realizzato per sfruttare il successo facile del filone dei film a episodi – sulla scia di pellicole come “Tempi nostri”, “Le belle famiglie”, “Le motorizzate”, tutte caratterizzate da una struttura narrativa frammentata e spesso discontinua in qualità.
Le recensioni più indulgenti lo definirono "un film diseguale", in cui solo l’episodio di Totò si salvava, mentre gli altri venivano descritti come:
- anonimi;
- ripetitivi;
- ingessati da cliché maschili ormai consunti.
Alcune testate, come il Corriere d’Informazione, ironizzarono sul titolo, definendo i protagonisti «più latranti che latini» e sottolineando come il “latin lover” fosse ormai una figura stantia e logora, buona solo per un’ultima parodia prima della pensione.
L’unico segmento lodato universalmente fu quello interpretato da Totò, anche da parte di critici normalmente ostili alla sua comicità. Persino la più seriosa e ingessata stampa borghese – come La Stampa o Il Messaggero – riconobbe che la satira sull’impiegato furbastro e truffaldino era una delle migliori prove comiche del decennio. Fu elogiato in particolare:
- il duetto con Mario Castellani;
- la recitazione sottile, trattenuta, più mimica che verbale;
- la costruzione narrativa molto compatta e grottesca.
🎟️ Il pubblico: tiepido, distratto, in cerca d’altro
Dal punto di vista degli incassi, “Gli amanti latini” non fu un successo commerciale. Non fu però nemmeno un flop totale: diciamo che navigò nel grigio mare della mediocrità, mantenendosi a galla solo grazie al nome di Totò nei manifesti.
Il pubblico, nel 1965, era già in una fase evolutiva rispetto al genere “a episodi”. L’interesse si stava spostando:
- verso la commedia all’italiana vera e propria, come quella di Risi, Monicelli e Comencini;
- oppure verso i primi sussulti del cinema d’autore (Pasolini, Bertolucci, Ferreri);
- e nel frattempo cominciava a farsi strada il fenomeno del western all’italiana, che avrebbe conquistato platee intere nel giro di un paio d’anni.
In questo contesto, un film episodico come “Gli amanti latini” sembrò già vecchio al momento della sua uscita, nonostante l’ambizione di sembrare “moderno” attraverso temi come la satira sull’erotismo e il costume maschile.
Molti spettatori dichiararono, nelle lettere ai giornali e nei sondaggi pubblicati da riviste come Radiocorriere e La Domenica del Corriere, che avevano scelto il film solo per Totò, uscendo dalla sala delusi dagli altri episodi, giudicati:
- inconcludenti;
- privi di mordente;
- “da fotoromanzo”.
🔍 La censura: occhi chiusi, salvo che per le banconote sull’amante
Siamo nel 1965, e la censura italiana è in una fase ambigua: non più fascista, ma nemmeno ancora permissiva. I censori lavorano come impiegati del catasto morale: con penna rossa, timbro, e spesso con più zelo che competenza cinematografica.
Nel caso di “Gli amanti latini”, l’unico episodio ad attirare l’attenzione fu proprio quello di Totò, per via di:
- una scena ritenuta “sensualistica e moralmente ambigua”: quella in cui il protagonista copre la sua amante con le banconote da 10.000 lire;
- alcune battute definite “allusive”, in particolare nel dialogo con l’amante francese.
Il timore era che si potesse interpretare la scena finale come una celebrazione della prostituzione travestita da romanticismo, e questo per il Ministero era già troppo. Tuttavia, la fama e la reputazione pubblica di Totò giocarono a favore del film: si decise per una dichiarazione di “non opportunità per i minori di 16 anni”, ma non ci furono tagli significativi.
Il rapporto di censura – oggi conservato negli archivi della Direzione Generale Cinema – specificava che:
«L’episodio del signor Gargiulo presenta elementi di comicità grottesca che rischiano, tuttavia, di offendere il senso comune del pudore, specie nella scena finale dal contenuto lascivo sottointeso.»
Insomma, non scandalizzò, ma neanche piacque del tutto. Rimase un caso marginale, passato sotto silenzio rispetto ai ben più famigerati “La dolce vita”, “Il bell’Antonio” o “Il peccato”.
🧠 Bilancio storico e rivalutazioni successive
Negli anni successivi, “Gli amanti latini” è caduto in una sorta di oblio selettivo. Quando si cita, è unicamente per l’episodio di Totò, che molti critici oggi considerano:
- uno degli ultimi esempi di “Totò controllato”, raffinato e malinconico;
- una sorta di prototipo per il successivo “Uccellacci e uccellini”, dove la satira sociale si mescola all’astrazione;
- una maschera del cinismo piccolo-borghese mai così ben cesellata nella filmografia del principe.
In alcune monografie su Totò, come quelle di Orio Caldiron e Giuseppe Marotta, l’episodio viene trattato come una gemma in mezzo al ciarpame di una commedia episodica ormai esausta.
📚 In sintesi (o quasi...)
- Critica: salvò solo Totò, il resto lo archiviò sotto “serie B del cinema comico”.
- Pubblico: curioso ma freddo, deluso dagli altri episodi, galvanizzato solo dal principe.
- Censura: poco reattiva, tranne per la scena delle banconote “immorali”, classificata come borderline.
🎩 Conclusione? “Gli amanti latini” non fu un trionfo, né un disastro. Ma l’episodio di Totò, brillante, cinico, controllato, rimane una lezione di comicità adulta, pre-fantozziana e moralmente amara, come una risata soffocata in un ufficio alle 8 del mattino.
Niente più che cinque barzellette stiracchiate sul mito del gallismo nazionale, nelle quali naturalmente le donne si mostrano più furbe (e più immorali) degli uomini: il livello delle battute è quello di Franco Franchi che si definisce un "latrin lover". Nemmeno Totò riesce a dare spessore a un personaggio fondamentalmente antipatico.
Il Mereghetti - dizionario dei film 2014, a cura di Paolo Mereghetti (voto: una stella).
Squallido sottoprodotto in cinque episodi di quelli che vorrebbero far ridere, ma che destano nello spettatore sul momento una tetra noia e poi, in sede di ripensamento, una profonda tristezza. Totò appare nel quarto episodio, il meno peggio [...].
Vice, «L'Unità» 1965
Tema del film è la tanto decantata esuberanza del maschio italiano in veste di conquistatore, che i soggettisti hanno svolto in chiave farsesca attraverso cinque distinti episodi privi, tuttavia, non solo di effetti veramente comici ma, nella maggior parte, pregni di forzature boccaccesche di gusto non certo raffinato. Alcuni, come quello interpretato da Totò e quello intitolato «Il telefono consolatore» possono essere giudicati con benevolenza ma niente di più per cui il lavoro, che risente tra l’altro di una regia piuttosto svogliata, si rivela nel suo insieme di modeste proporzioni e destinato ad uso esclusivo di una platea dal palato molto facile. Totò, Franchi, Ingrassia, Armando Bandini, Vittorio Congia, Aldo Giuffrè, Taina Beryl, Alicia Brandet e molti altri gli interpreti diretti da Mario Costa. Bianco e nero.
Vice, «Il Messaggero», 29 agosto 1965
Gli amanti latini è uno del vari episodi che il regista Mario Costa ha cucito assieme sul solito tema dell'erotismo spicciolo ed epidermico. E' evidente che non si è proposto un'acuta e spiritosa demistificazione del latin lover; nè poteva proporselo, avendo nel cast personaggi come Franchi e Ingrassia. I due unici brani che si sollevano un palmo ai di sopra della mediocrità sono quelli interpretati da Totò e Gisella Sofio. il resto è silenzio.
«Corriere della Sera», 11 settembre 1965
E' il solito filmetto intessuto di belle ragazze particolarmente generose nel mostrare al pubblico le loro più recondite grazie. Accanto a queste ninfette dello schermo si agitano, con dubbio gusto, i soliti Franchi e Ingrassia le cui smorfie, ormai, non riescono più neppure a far sorridere. Il compito di risollevare le sorti della pellicola se lo assumono Totò e Gisella Sofio: e, in verità, alcune battute sono se non proprio da antologia deirumorismo, almeno originali.
«Corriere dell'Informazione», 12 settembre 1965
I documenti
Tutte le uscite in home video di Gli amanti latini (edizioni VHS, DVD e supporti vari), con anni, case editrici, formati e contenuti speciali, sufficientemente ricostruito dalle fonti disponibili.
📼 Edizione VHS
- Anno: metà anni ’90 (intorno al 1995‑98)
- Etichetta: Fabbri Video / General Video, nella collana "Il Grande Cinema di Totò"
- Formato: PAL, videocassetta color nero/bianco (film in bianco e nero), durata circa 95–96 minuti
- Lingua: italiano, senza sottotitoli aggiuntivi
- Extra: nessun contenuto speciale noto (nessun dietro le quinte, trailer, booklet), prodotto semplice per il collezionista medio Totò
- Note da annunci da collezionisti: VHS molto spesso in formato “aperta” ma con copertina originale come oggetto da collezione
📀 Edizione DVD
- Anno: circa 2003
- Etichetta: Editoriale Fabbri, la stessa collana “Il Grande Cinema di Totò”
- Formato DVD: Regione 2 (Europa, Giappone, Medio Oriente), 95 minuti, film in bianco e nero, versione integrale
- Contenuti speciali:
- Nessun extra audiovisivo aggiuntivo evidente: nessun commento audio, making-of, gallerie o trailer moderni
- Possibile libretto interno (non garantito): alcune vendite online segnalano un libretto nella custodia, ma non è confermato ufficialmente come parte dell’edizione standard
- Lingua: solo italiano, nessun supporto sottotitoli o doppiaggio aggiuntivo
💿 Altri supporti e ristampe
- Non risultano edizioni in Blu‑Ray, edizioni rimasterizzate, o versioni in cofanetti multi-DVD dedicate esclusivamente alla pellicola.
- Non risultano ristampe ufficiali recenti (dopo il DVD 2003), né versioni in formato digitale vendute da etichette come Mediaset, RAI Cinema o Cineteca.
- Alcune raccolte streaming sul portale RaiPlay includono il film, ma si tratta di una conversione da telecinema o DVD, non di un’edizione DVD fisica con contenuti extra
🧾 Tabella riepilogativa
Formato | Anno | Editore / Collana | Extra / Bonus | Note aggiuntive |
---|---|---|---|---|
VHS | anni ’90 | Fabbri Video / General Video | Nessuno | Bianco‑nero, 95‑96 min, PAL |
DVD | 2003 | Editoriale Fabbri, “Il Grande Cinema di Totò” | Possibile libretto interno (non garantito) | Reg. 2 DVD, film integrale |
Nessun Blu‑Ray | — | — | — | Nessuna edizione moderna |
Streaming | 2020+ | RaiPlay (digitale) | Nessun extra, adattamento streaming | Versione derivata da DVD |
🔍 Osservazioni e curiosità
- L’uscita in DVD nel 2003 resta l’unica edizione ufficiale moderna disponibile per collezionisti o appassionati, mentre la VHS è ormai obsoleta e reperibile solo da collezionisti.
- Da nessuna fonte emerge la presenza di contenuti speciali multimediali come interviste, commenti, backstage o materiali d’archivio.
- Le edizioni fisiche sono state realizzate solo per il mercato italiano: nessuna versione internazionale con sottotitoli o doppiaggi alternativi è documentata.
🧠 In sintesi (aggiornamento luglio 2025)
- In VHS: stesso formato dell'epoca, nessun extra, distribuita da Fabbri Video / General Video, OK per nostalgici.
- In DVD: uscita nel 2003 da Editoriale Fabbri, contenuto intatto ma senza extra significativi; possibile libretto incluso in alcune copie.
- Nessuna versione Blu‑Ray o cofanetto deluxe disponibile.
- Disponibile in streaming (RaiPlay), ma senza valori aggiunti o formato fisico moderno.
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Mediocre divertimento (poco dello spettatore, invero) sul tema del gallismo nazionale, per lo più affidato a sottotenenti del nostro cinema comico e che infatti si riscatta solo nel segmento di Totò, cui basta il fidato Castellani per far schiantare sebbene riproponendo un canovaccio collaudato. Franco e Ciccio sottoutilizzati. C'è anche Anthony Steffen momentaneamente sces da cavallo
I gusti di Il Gobbo (Gangster - Poliziesco - Western)
Cinque scarsi episodi. "La grande conquista" (*): Ucci in versione playboy che prenderà una cantonata. Anche lo spettatore, però; "Il telefono consolatore" (*): la Sofio in versione sexy è la sola cosa buona del segmento; "L'irreparabile" (*): Puglisi alle prese con una faccenda sicula (moglie illibata o no?), ma è noiosa; "Amore e morte" (*!): Totò salva la baracca con l'innata verve, ma la storia è micidiale; "Gli amanti latini" (*!): segmento "spiaggesco" che dà il nome al film. Regge per Franco e Ciccio, ma c'è fiacchezza. Buona la OST.
I gusti di Markus (Commedia - Erotico - Giallo)
Tipica commedia all'italiana a episodi interpretata da uno stuolo di divi nostrani tutti, o quasi, non proprio in forma olimpionica. A parte Toni Ucci e Vittorio Congia nel primo episodio e Totò nel successivo "Amore e Morte", il resto del cast è deludente. Forse è colpa di un copione mediocre, ma anche loro appaiono distratti, svogliati. In poche parole una pellicola abbastanza anonima e deludente.
I gusti di Lovejoy (Comico - Horror - Western)
Episodi tutti senza una vera sceneggiatura ravvivati dalla presenza di attori simpatici e dagli innati tempi comici. L'episodio migliore è senza dubbio quello di Totò, che porta il film a buoni livelli; anche Franchi e Ingrassia se la cavano, il resto fa sorridere senza essere eccezionale. *** solo per la presenza di Totò.
I gusti di Rambo90 (Azione - Musicale - Western)
Quattro episodi, più o meno passabili, incentrati sulla caricatura del gallismo italico più uno, quello con Totò, che può essere considerato un vero gioiello recitativo. Totò, in 20 minuti circa di film e in sole quattro scene di impianto teatrale, fornisce una prova eccezionalmente ricca del suo magistero interpretativo che affonda le radici nell'esperienza del teatro dell’arte, nel verismo di tanto suo cinema, in una spontanea spinta al surreale a nella sua innata morfologia clownesca. Con un pizzico in più di irriverente cinismo. Un piccolo classico.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'irresistibile scena di Totò e Castellani nel laboratorio analisi recupera e rende attuale la scena, ormai classica, del Wagon Lit di Totò a colori.
I gusti di Graf (Commedia - Poliziesco - Thriller)
Fiacco film a episodi dove non basta un buon cast e la discreta verve di alcuni dei protagonisti a ottenere un risultato soddisfacente. Il più divertente a mio avviso è quello con Giuffrè, mentre Totò rimane sui suoi cliché con il buon Castellani e Franchi e Ingrassia sono meno esplosivi del solito. Inversamente proporzionale alla bellezza la capacità di recitare delle varie "bellone" presenti.
I gusti di Manfrin (Giallo - Poliziesco - Thriller)
Film composto da cinque episodi. Il protagonista del quarto episodio (Amore e morte) è uno scatenato Totò che dà vita con Mario Castellani a un irresistibile duetto (ricorda quello di Totò a colori) e che, alla fine dell'episodio, si permette addirittura di citare una scena de La noia di Damiano Damiani. Gli altri episodi non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di quello con Totò ma sono divertenti e ben recitati.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'episodio con Totò.
I gusti di Edo (Comico - Commedia - Drammatico)
Le incongruenze
- In spiaggia. Equivocando,Carletto Sposito immagina che Saro (Puglisi) sia omosessuale, e Fifi (Enzo Garinei) lo persuade del contrario dicendogli (28'06'') "Ma che sei pazzo? Saro è uno dei nostri! Un ragazzo di vita!" . Cioè,nell'accezione esatta della locuzione pasoliniana,esattamente un prostituto omosessuale.
- Sulla spiaggia. Una virago costringe Lucia (Modio) a separarsi dal suo spasimante (Puglisi): la ragazza se ne va contrariata,dicendo (29'49'') "Sì,nonna". Ma a 30'05'' Garinei,rivolto a Carletto Sposito ed alla presenza di Puglisi dice: "E' la madre della sua fidanzata" senza che qualcuno lo smentisca; infatti,a 32'10'',in un ulteriore shot, Lucia si rivolgerà alla donna chiamandola "Mamma".
- 30'49'' Puglisi punta il binocolo in direzione delle finestre della sua fidanzata Lucia. Nuovo ciak,stesso tempo,inquadratura nella classica mascherina nera simulante il campo visivo del binocolo: la ragazza s'affaccia alla finestra e fa ciao con la mano,ma guarda in tutt'altra direzione.
- Sulla spiaggia. Frammento del dialogo tra Enzo Garinei e Carletto Sposito (che non battono chiodo) a proposito di donne. 29'02'' "Comunque la mentalità delle nostre ragazze è ristretta,chiusa" "Sì. Mentre con gli stranieri ce l'hanno aperta...e non solo la mentalità". Neanche nei pornazzi degli anni '80.
- 31'26'' Puglisi organizza la "fuitina": "Stanotte io aspetto Lucia sotto il suo portone con la mia spider". Nuovo ciak,31'27'': Puglisi arriva con una Giulietta sprint,cioè con una coupé.
- 67'42'' Primo piano d'una cartolina indirizzata a Franco Franchi. Il testo: "caro Franco,vieni a Taormina quì le "fimmene" si sprecano! ecc." "Qui" va scritto senza accento.
- 67'44'' Inquadrata una spiaggia: cabine,stabilimento,palme,barche,bagnanti ecc. Franchi scende in spiaggia,quindi deve essere Taormina (Ciccio l'ha invitato a raggiungerlo lì),ed il fatto verrà confermato a 74'37'' da una frase della tedesca Brigitte (Tanya Beryl: !!) : "Qui a Taormina è meraviglioso".Ma quella del film è una spiaggia (finta...) di sabbia,mentre come chiunque sa Mazzarò è una spiaggia di ciottoli.
- Tutte le riprese "balneari" del film sono state girate nei teatri di posa della INCIR-De Paolis: la spiaggia è clamorosamente posticcia,il mare non si vede mai ed il "cielo" è un monotono fondale lattiginoso ed immutabile.
- 79'28'' In albergo. Franco Franchi a Ciccio Ingrassia,invidioso per la conquista d'una tedesca: "E poi per certe cose non ci vuole la laurea: io sono un LATRIN lover!"
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Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo. | |
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Episodio "LA GRANDE CONQUISTA" La pensione dove Augusto (Ucci) ha un appuntamento amoroso con Ursula (Brandet) si trova in Lungomare Paolo Toscanelli 70 al Lido di Ostia (Roma) |
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Episodio "IL TELEFONO CONSOLATORE" Il palazzo dove avviene la presentazione del servizio "Telefono consolatore" è la sede dell'INPS in viale dell'Agricoltura a Roma. Qui è ripreso dal cortile interno |
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Episodio "AMORE E MORTE" L'istituto dove Antonio Gargiulo (Totò) ritira l'esito di un esame istologico era probabilmente una vera sede dell'INAM (Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie), situato in Via di San Tommaso D'Aquino 69 a Roma. Oggi ospita una ASL. Grazie a Ernesto per avermi indirizzato nella zona giusta dopo aver riconosciuto il manifesto di un negozio del quartiere, "Ottica Foto Cine Emidio Frattura", che si trovava nella poco distante Via Cipro |
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Rovere Gina (Ciccotti Regina)
Sofio Gisella
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Totò e... Bruno Corbucci
Totò e... Mario Castellani
Ucci Tony (Antonio)
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Totò: principe clown", Ennio Bìspuri - Guida Editori, 1997
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Vice, «Il Messaggero», 29 agosto 1965
- «Corriere della Sera», 11 settembre 1965
- «Corriere dell'Informazione», 12 settembre 1965