Ingrassia Ciccio (Francesco)

All'anagrafe Francesco Ingrassia (Palermo, 5 ottobre 1922 – Roma, 28 aprile 2003), è stato un attore, comico e regista italiano.

Insieme a Franco Franchi ha formato una coppia di comici entrata nella storia della cinematografia italiana come Franco e Ciccio.

Biografia

Giovinezza

Nacque a Palermo, nel quartiere Il Capo, in via San Gregorio, il 5 ottobre del 1922, quarto dei cinque figli di una famiglia di modestissime condizioni economiche. Sin dall'infanzia manifestò uno scarso interesse per l'istruzione e una propensione all'umorismo. Nonostante il modesto impegno profuso nell'attività scolastica, riuscì faticosamente a ottenere la licenza elementare ma con molti problemi perché non era bravo in matematica. Nell'adolescenza, cercando di mantenersi con i mestieri più disparati (barbiere, falegname, calzolaio, salumiere), si guadagnò da vivere dal 1938 come intagliatore di calzature; eppure già iniziò a manifestarsi la sua passione per il mondo dello spettacolo e cominciò a esibirsi in occasione di cerimonie private dove imitò con successo alcune gag di Totò, divenuto il suo idolo.

Ma il suo vero e proprio esordio sulle assi del palcoscenico risale a qualche anno più tardi, in pieno conflitto mondiale: nel 1944, infatti, dopo una lunga frequentazione del "Bar degli Artisti", autentico raduno di celebrità in erba, si riunì a Enzo Andronico e a tale Ciampolo a formare il Trio Sgambetta. Da quel momento per il comico palermitano iniziò una lunga gavetta, segnata da condizioni al limite dell'indigenza. Alla fine della guerra si trasferì a Torino, dove si misurò, al fianco di un esordiente Gino Bramieri, nel genere della parodia che allora godeva dei favori del pubblico. Durante una recita milanese, nel 1957, Ingrassia conobbe una componente di una scalcagnata orchestra di tabarin, Rosaria Calì, con la quale convolò a nozze a Genova il 5 settembre 1960 ed ebbe da lei il figlio Giampiero, nato il 18 novembre 1961, che più tardi seguirà le sue orme.

Franco e Ciccio

All'inizio degli anni cinquanta, Ingrassia era attore in una compagnia teatrale, con regolare contratto. Per le strade di Palermo incontrò quasi casualmente Francesco Benenato, che presto acquisisce il nome d'arte di Franco Franchi, iniziando un lungo sodalizio artistico cinematografico, che avrebbe dato vita a una coppia definita d'oro per il grande successo che ebbe di pubblico e di botteghino. Essi realizzarono insieme centotrentadue film, prevalentemente nella prima metà degli anni Sessanta. Nel solo 1964 ne realizzano ben ventidue film, incassando circa sette miliardi e trecento milioni di lire, il dieci per cento dei proventi della filmografia italiana in quell'anno. Sebbene apprezzati dal pubblico, i loro lavori furono sovente snobbati dalla critica.

Da solo

« Eravamo nati per completarci e volerci bene, ma a modo nostro »

(Ciccio Ingrassia a proposito del suo rapporto, a volte tormentato, con Franco Franchi)

Ciò non deve far pensare che l'amicizia tra Franco e Ciccio fosse stabile: ci furono, e spesso in diretta televisiva, sonore litigate fra i due (storica è rimasta la baruffa in una trasmissione condotta da Raffaella Carrà, ovviamente in diretta). In genere Ciccio accusava Franco di megalomania, mentre Franco rimproverava al compagno una certa arroganza. Il momento di maggior crisi fra i due si ebbe tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta. Contribuì la decisione di Ciccio di voler interpretare un ruolo drammatico in La violenza: quinto potere di Florestano Vancini uscito nel 1972.

Nei periodi di lontananza da Franco, Ciccio continuò la sua carriera, interpretando, tra i molti ruoli, lo zio matto in Amarcord di Federico Fellini (1973) e l'onorevole Voltrano in Todo modo di Elio Petri (1975), tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, che gli valse il Nastro d'Argento al migliore attore non protagonista. Si cimentò poi anche come regista ed aprì la casa di produzione Ingra Cinematografica, dirigendo nel 1974 il film comico Paolo il freddo, con lo stesso Franco nel ruolo del protagonista eponimo, e nel 1975 L'esorciccio con Lino Banfi.

Il muro che si era creato tra lui e Franco cadde nel 1980, quando si scusò pubblicamente a Domenica In e la riconciliazione ufficiale avvenne in diretta televisiva, grazie all'intervento di Pippo Baudo. Così per la coppia arrivò un ulteriore importante riconoscimento sia di pubblico che di critica per l'interpretazione nel film Kaos, diretto nel 1984 dai fratelli Paolo e Vittorio Taviani, dell'episodio tratto dalla novella di Pirandello La giara, in cui Ciccio interpretò la parte dell'attore protagonista.

Gli ultimi anni

Franco e Ciccio continuarono a partecipare a vari programmi televisivi, sia come presentatori che come ospiti, fino al 1992 con la morte di Franco, che pose fine alla lunga, fortunata e movimentata collaborazione tra i due artisti siciliani. Ciccio fece ancora qualche sporadica apparizione cinematografica, per poi smettere definitivamente nel 1996, perché - come riferito dal figlio Giampiero - dopo la morte di Franco aveva ormai perso ogni stimolo, come un marito affranto per la perdita della moglie.

Affetto dal 2001 da problemi respiratori, Ciccio Ingrassia morì al Policlinico Gemelli di Roma il 28 aprile 2003, circondato dall'affetto dei suoi cari. Con la sua scomparsa si chiuse così definitivamente il ciclo di quella comicità spontanea, scanzonata, satirica e mai volgare, a cui egli aveva dato “il volto triste della risata”, come disse di lui Nino Manfredi. È sepolto presso il Cimitero del Verano di Roma. L'epitaffio sulla sua tomba recita: «Stringimi solo per un po' sai che mi farai sorridere...»[1]

Il 10 dicembre 2012 la città di Palermo, su proposta di Giuseppe Li Causi, storico dei due comici, a venti anni dalla morte di Franco Franchi e nel 90º anno della nascita di Ciccio Ingrassia, ha intitolato al duo comico palermitano la piazzetta sita alle spalle del teatro Biondo e a ridosso di via Venezia con la scopertura di una targa in memoria dei due attori. Significativo il posto prescelto, poiché Franchi e Ingrassia in quella zona muovevano i primi passi artistici, notati anche da Domenico Modugno che li fece esibire con uno spettacolo al teatro Biondo (Rinaldo in campo), infatti nella stessa piazzetta il 9 gennaio 2015 è stata dedicata una villetta anche allo stesso Modugno e adesso i “tre briganti” di Rinaldo in campo si sono ritrovati di nuovo insieme nella bella Palermo, mentre il 9 dicembre 2015 lo scultore Gianfranco Ragusano ha voluto donare al comune di Palermo un bassorilievo raffigurante i volti di Modugno, Franchi e Ingrassia ed installato nella piazzetta Franchi-Ingrassia.

Il 6 maggio 2017 i due attori sono stati ricordati insieme con la realizzazione di un "Annullo Filatelico" in occasione del concorso di cortometraggi "Paternò in corto", giunto alla seconda edizione, che si è svolto a Paternò, una cittadina della provincia di Catania. L'evento è stato organizzato dal Centro Studi e Ricerche U.P.I.S. (Uniti Per Il Sud), con la collaborazione del Comune di Paternò[2].


Alla media di dieci film l'anno, Franchi e Ingrassia hanno coperto a partire dai primi anni '60 un mercato secondario, ma vasto e fedele, dello spettacolo cinematografico italiano. Hanno cominciato come guitti dell'avanspettacolo siciliano, o meglio palermitano, finché nel 1960 Domenico Modugno non li trasferì a Roma per lanciarli con L’onorata società e più tardi in teatro con Rinaldo in campo (ma in teatro la loro migliore, o perlomeno più razionale utilizzazione, avvenne con il Tommaso d’Amalfi di Eduardo, ancora interpretato da Modugno). Da allora, senza scatti e senza crisi, hanno continuato a invadere le sale di periferia e di paese e, com’era prevedibile, anche la TV, dove peraltro la brevità degli sketch interpretati ha funzionato a tutto loro vantaggio, costringendoli a concentrare, come nell'avanspettacolo, le loro limitate armi comiche che invece sono incredibilmente diluite nei lungometraggi cinematografici.

Franco Franchi Ciccio ingrassia jk78

Gli anni '60 hanno visto la definitiva morte dell’avanspettacolo, la scomparsa di Totò e la retrocessione senza scampo di Fabrizi, Taranto, Peppino, Macario, incapaci di sostenere ancora un film tutto per loro, hanno visto il boom della commedia all'italiana con l’ascesa e il trionfo di Sordi e Tognazzi, Manfredi e Gassman, non più macchiette o maschere ma soltanto caratteri. Il pubblico del dopoguerra vedeva scarse distinzioni tra i prodotti comcerciali per “classi medie” e prodotti per “plebe”. Le classi medie sono cresciute, il miracolo e la TV hanno unificato la loro cultura, e il loro distacco dalla “plebe” s’è enormemente accentuato. Lo spettatore di Ciccio e Franco è forse lo stesso che fu di Totò. In Ciccio e Franco il pubblico dei poveri trova ancora la muffa di un pane circense che fu suo, l’eco di un divertimento che gli appartenne. L'eco dell’avanspettacolo, appunto, delle cui tre caratteristiche: cosce, satira, volgarità (questa un elemento a sé, anche se evidentemente era strettamente integrato agli altri due), la prima è stata assorbita dai settimanali e poi dai film semi-pornografici (una volta le cosce le si vedeva solo nella rivista, e a Rimini a ferragosto), la seconda è stata ovunque appiattita dal laidume televisivo ed è rinata coi vignettisti, la terza deviata dalla commedia di costume a livelli piccolo-borghesi. In Ciccio e Franco (o meglio: in Franco, perché Ciccio è una spalla, indispensabile come tutte le spalle) le cosce contano poco e la satira è rarissima.

Resta la volgarità, ed è qui l’essenza del loro comico e forse del loro successo. Franco Franchi non viene dalla tradizione, dalla grande, grandissima, tradizione napoletana. Palermo non ha una sua cultura comparabile a quella napoletana, e neppure a quella catanese (si pensi a Grasso, a Musco, a Rosina Anselmi, ai loro seguaci attuali). Ho visto Franchi e Ingrassia intorno al ’57-’58, in un teatro di cinema e avanspettacolo, in una piazzetta alle soglie della “Vucciria”, tra via Roma e via Maqueda. Canovacci risaputi, contorni miserrimi. Ma una prepotenza autentica, una comicità greve e spavalda, e soprattutto un rapporto immediato con il pubblico, che li riconosceva e si riconosceva nella loro volgarità, e la cui oscenità dava una qualche sublimazione alle loro tremende repressioni, soprattutto sessuali. Come per il primo Totò, fame e sesso erano le loro molle, e l’elemento di essenziale complicità coi loro spettatori, esaltati, come per Totò e per tutti gli altri comici italiani almeno alle loro origini, dall’altra fondamentale complicità del dialetto. Ma lo spettatore che fu di Totò non è più lo stesso che è di Tognazzi e Manfredi. Inoltre: lo spettatore di Tognazzi e Manfredi è quello delle prime e delle seconde e forse anche di qualche terza “rinomata”. Quello di Ciccio e Franco è oggi lo spettatore delle terze e quarte, e delle prime di villaggio. La distinzione nell'esercizio cinematografico opera un taglio nettissimo tra i due pubblici, con l’indeterminato e favorito interclassismo del primo, la marginalità codificata del secondo.

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Ma qual è infine questo secondo? Gli immigrati delle metropoli del nord, i paesani, i contadini, i periferici, gli operai delle infime categorie, gli abitanti delle borgate e dei vichi. Forse questa distinzione avrebbe anche potuto provocare la nascita di grandi o medi comici: l’avanspettacolo ne ha forniti cosi tanti, e i più bravi! A impedirlo c’è però la centralizzazione della produzione e la sua organizzazione industriale: l’avanspettacolo verificava un collegamento diretto tra attore e spettatore, e l’attore era molto spesso il gagman di se stesso, adattando e trasformando vecchi spunti e soggetti.

La TV in particolare ha finito per uccidere ogni vitalità dialettale e regionale, e i nuovi comici che ha sfornato sono pallide ombre sfatte, mediocri. Se hanno un po’ di talento, la TV glielo uccide sul nascere, affidandoli a gagmen e registi al limite dell’infamia, e insoddisfatta sinché non li ha appiattiti al già noto e al più blando. Su di loro, almeno Franchi ha il vantaggio di avere alle spalle la scuola della fame e dell’invenzione, e di essere ancora una maschera, non una maschera raffinata e perfezionata da secoli di cultura sottoproletaria come era quella di Totò, bensì rozza e greve come quella di una primitiva statuetta grottesca e fallica. Una maschera “oscena”, capace di lazzi e smorfie unidirezionali. Ma una maschera, non un carattere. A chi ha nostalgia e sia pur lontana memoria (e non sono certo gli intellettuali e gli “artisti” del teatro “maggiore”) di una comicità diretta, di una naturale volgarità, Franco Franchi offre un’eco attenuata e smorta, ma pur sempre un’eco, di qualcosa che è stato vivo e vitale.

Saverio Esposito


Galleria fotografica e rassegna stampa



Filmografia

Ciccio Ingrassia in Due mafiosi contro Goldginger (1965)

Attore

La violenza: quinto potere, regia di Florestano Vancini (1972)
Amarcord, regia di Federico Fellini (1973)
Il cav. Costante Nicosia demoniaco ovvero: Dracula in Brianza, regia di Lucio Fulci (1975)
Bianchi cavalli d'agosto, regia di Raimondo Del Balzo (1975)
L'esorciccio, regia di Ciccio Ingrassia (1975)
Todo modo, regia di Elio Petri (1975)
L'ingorgo, regia di Luigi Comencini (1979)
Domani accadrà, regia di Daniele Luchetti (1988)
Il viaggio di Capitan Fracassa, regia di Ettore Scola (1990)
Condominio, regia di Felice Farina (1991)
Viaggio d'amore, regia di Ottavio Fabbri (1991)
La via del cibo, regia di Eugenio Donadoni e Paolo Ippolito (1994)
Camerieri, regia di Leone Pompucci (1995)
Giovani e belli, regia di Dino Risi (1996)
Fatal Frames - Fotogrammi mortali, regia di Al Festa (1996)

Regista

Paolo il freddo (1974)
L'esorciccio (1975)

Discografia (da solista)

45 giri

1975 - L'esorciccio/Sciamuninn rock (Ri-Fi, RFN NP 16610) (il lato b è eseguito da Lino Banfi)

Onorificenze

Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana — 2 giugno 1995[3]

Premi e riconoscimenti

Nastro d'Argento come miglior attore non protagonista per Todo modo 1975
David di Donatello come miglior attore non protagonista per Condominio (1991)

Note
1 Immagine della tomba di Ciccio Ingrassia Cimiteridiroma.it.
2 Annullo filatelico per Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, catania.gds, 26 aprile 2017. URL consultato l'8 maggio 2017.
3 http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=120107


Riferimenti e bibliografie:

  • Saverio Esposito, "Follie del Varietà" (Stefano De Matteis, Martina Lombardi, Marilea Somarè), Feltrinelli, Milano, 1980