Il comandante

1964 Il comandante 7

Ho comandato tutta la vita. Ricordo i miei tremila soldati: furono presi da sei tedeschi. Dico sei.

Colonnello Antonio Cavalli

Inizio riprese: settembre 1963 - Autorizzazione censura e distribuzione: 18 dicembre 1963 - Incasso lire 217.596.000 - Spettatori 986.115


Titolo originale Il comandante
Paese Italia - Anno 1964 - Durata 101 min - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Paolo Heusch - Soggetto Rodolfo Sonego - Sceneggiatura Rodolfo Sonego - Produttore Alberto Pugliese, Luciano Ercoli - Fotografia Alvaro Mancori, Alessandro D'Eva - Montaggio Licia Quaglia - Musiche Piero Umiliani


Totò: Col. Antonio Cavalli - Andreina Pagnani: Francesca Cavalli - Lina Alberti: giocatrice in casa Cavalli - Franco Fabrizi: Sandrelli - Britt Ekland: Iris - Luciano Marin: Franco - Isa Crescenzi: La coinquilina - Linda Sini: La contessa - Carlotta Barilli: Luisa - Alberto De Amicis: Il socio di Sandrelli - Mario Castellani: Capitano Castelletti


Soggetto

Il colonnello Antonio Cavalli (Totò), promosso generale, deve andare in pensione, ma non riesce ad adattarsi alla vita civile perché non rinuncia alla sua mentalità militare, neanche nei rapporti di vicinato. Siccome si sente inutile, decide di lavorare in un ufficio. Intanto soffre di gelosie nei confronti della moglie (Andreina Pagnani) e scoprirà che è proprio lei a pagargli di nascosto lo stipendio. Finirà coinvolto nei malaffari dell'agenzia immobiliare di due imbroglioni, che usando il buon nome del generale mettono a segno truffe e raggiri. Sull'orlo della galera, il generale tenta il suicidio, ma a toglierlo dai pasticci sarà ancora una volta la moglie...

Critica e curiosità

🎖️ Un Totò tragico? Macché Pulcinella!

"Il comandante" è l’equivalente cinematografico di una sfida lanciata con la sciabola levata al cielo: Totò, il clown, il principe della risata, si spoglia del frac da varietà e indossa l’austera uniforme di un ufficiale in pensione, pronto a combattere la guerra più amara: quella dell’identità perduta.
Non è uno scherzo. Non è un travestimento. Non c’è nemmeno l’ombra di Peppino a portare i confetti. È tutto vero: un film drammatico girato in sole otto settimane, praticamente un’epopea rispetto ai tempi record delle pellicole totoiane, che normalmente si giravano in un paio di coppiette di giorni e una carbonara.

Ma attenzione: si grida subito alla bufala! Annunciato come il centesimo film di Totò e il primo completamente drammatico, viene presto sbugiardato da chi tiene i conti come un ragioniere in pensione. Si scopre che è l’86° (87° col doppiaggio de “La vergine di Tripoli”), e che già nel lontano 1949 Totò aveva calcato le strade del dramma con "Yvonne la Nuit". Ma si sa, nel cinema e nella politica i numeri sono spesso a piacere.

📽️ Heusch, l’Heusch maestro di regia

Paolo Heusch, regista spesso sottovalutato e mai urlato, dirige con precisione chirurgica e sensibilità da cesellatore svizzero, regalando a Totò la possibilità di scolpire uno dei ritratti più intimi della sua carriera: il comandante Cavalli, un uomo tanto fiero quanto smarrito, abbandonato dalla carriera, dalla società e, forse, anche da se stesso.

La sua decadenza non è spettacolare, ma lentamente corrosiva. Un lento sgretolarsi dell’autorità che passa, tra le altre cose, da un comando militare a una bisca casalinga dove la moglie (una Andreina Pagnani da incorniciare in olio su tela) organizza serate con amiche e un antiquario ambiguo, suscitando una gelosia degna di Otello con i baffi.

🧠 Psicodramma sociale in salsa 60s

La bellezza (amara) de "Il comandante" è che ci sbatte davanti allo specchio una società in cui la pensione è un marchio d’inutilità, una condanna silenziosa che ti scarta come una scarpa rotta. Quando l’autopompa comunale lo bagna senza pietà dopo che ha perso il rango, si ride per non piangere. Quel getto d’acqua è più potente di cento monologhi: sei solo un vecchio. E i vecchi non comandano più.

C'è un momento d’orgoglio, una scena che fa da barlume di comico riscatto: l’incendio della torretta. Qui, il generale dimenticato risorge in un attimo di gloria, comanda i pompieri, la folla, forse pure le fiamme, come un Mosè in pensione che divide non le acque, ma il fuoco. Ma la gloria è breve come una trombetta rotta.

💔 La tragedia borghese del dopocena

La vita domestica del comandante è uno stillicidio di umiliazioni eleganti. Si aggira come un fantasma nel salotto, ormai diventato una casa da gioco per signore annoiate. Cerca un nuovo scopo, si illude di essere ancora utile. Ma il lavoro che ottiene è una farsa: deve comprare le sigarette per il capufficio, si becca le gomitate al self-service, e — colpo di grazia — scopre che lo stipendio glielo paga la moglie.
Il finale è da pugno nello stomaco: prova a suicidarsi stendendosi sui binari, ma il treno… lo ignora. Letteralmente devia. Anche la morte ha deciso che non ne vale la pena.

🏛️ Critica, pubblico e lo spettro di Alberto Sordi

La critica è divisa come un’assemblea condominiale. Gian Luigi Rondi sul “Tempo” riconosce la bravura di Totò ma rimprovera la sceneggiatura per l’alternanza confusa tra tristezza e umorismo, come se un film non potesse piangere e ridere allo stesso tempo. Ma qui, caro Rondi, sta proprio il miracolo di Totò: far ridere con la malinconia e piangere con il sorriso, come solo i clown sanno fare.

Qualcuno sogna un Alberto Sordi al posto di Totò, ma è un sogno con l’influenza. Sordi avrebbe dato altra pasta, più borghese, più misurata. Qui invece c’è la sofferenza teatrale e carnale di Totò, che si lascia dietro non un personaggio, ma una scia di umanità spogliata, nuda, tenera.

🏆 Premi, medaglie e lacrime sul palco

Nonostante l’insuccesso commerciale, Totò viene acclamato come un re al crepuscolo.
Riceve la Sirena d’Oro agli Incontri Internazionali del Cinema. All’ingresso nel Teatro Mediterraneo, viene travolto da un applauso talmente lungo che commuove anche i marmi del palcoscenico.
Lello Bersani lo intervista per TV Sette e Oriana Fallaci lo tempesta con una delle sue celebri interviste per “L’Europeo”. Lui si racconta, si lascia andare. E, forse, per la prima volta non recita.

🎞️ Piccoli aneddoti, grandi dettagli
  • Il film venne proiettato in anteprima il 10 dicembre 1963, nella saletta romana dell’Agis, preceduta dalla consegna di una medaglia d’oro alla carriera da parte di AGIS e ANICA.
  • Nel cast erano previsti Vittorio Gassman e Franco Interlenghi, ma entrambi vennero rimpiazzati all’ultimo momento, come camerieri di riserva al pranzo nuziale.
  • Fa una comparsata Michela Roc, diva dei fotoromanzi, come ciliegina nostalgica.
  • La colonna sonora è un jukebox d’epoca: "Guarda come dondolo" di Vianello, "Alla mia età" di Rita Pavone, "Fatti mandare dalla mamma" di Morandi, che rimbalzano ironicamente su un dramma di tutt’altra musica.
🕯️ Epitaffio di un comandante dimenticato

"Il comandante" resta, per chi sa guardare oltre le maschere, il film più personale e spietato della carriera di Totò.
Non è un film facile, non è un film divertente. È un canto del cigno in un'epoca che corre troppo veloce per gli uomini lenti.
Ma chi ha amato il principe De Curtis, qui troverà il suo volto più vero, più vulnerabile, più grande.

In un mondo che tratta i vecchi come “scorie”, Totò ci mostra come anche le scorie possano ancora brillare, se viste nella luce giusta. E quando il treno della vita devia lasciandoti lì, disteso sui binari, e non ti prende… beh, almeno hai ancora tempo per dire un’ultima, malinconica, irridente battuta. E magari, per sorridere.


Le scene più famose e memorabili del film "Il comandante" (1963), un’opera in cui la comicità esplode in brevi crepe all’interno di una trama dominata dal pathos, dalla malinconia e da una feroce critica sociale. La regia di Paolo Heusch orchestra ogni momento con sobria eleganza, lasciando spazio alla maestosa interpretazione di Totò, scolpita nella carne viva di un uomo alla deriva.

🔥 L’incendio della torretta: il ritorno (effimero) del Comandante

Questa è la scena iconica del film, l’unico momento in cui la maschera comica di Totò riesce a riaffiorare con veemenza epica e goffa autorità. Un fulmine colpisce la torretta: fumo, fiamme, caos tra i passanti, mentre arriva l’autopompa dei vigili del fuoco.
Cavalli, l’ex generale, si trasforma in un lampo: riprende il comando come un automa che riemerge dal passato, grida ordini alla folla, gesticola con vigore, sposta cittadini e pompieri come soldati di truppa, ritrova l’antico tono di voce, la postura marziale, persino l’autorità.

Ma è un’illusione di comando, una nostalgia che dura quanto il fumo nell’aria. Appena la situazione torna sotto controllo, anche lui torna all’oblio della sua pensione.
Il suo slancio è tragicamente tenero, quasi buffo, ma dietro si percepisce la fame d’identità, il disperato bisogno di sentirsi ancora utile.

💦 La doccia dell’autopompa: simbolo crudele della decadenza

Una scena brevissima e silenziosa, ma potentissima: Cavalli, ormai pensionato e anonimo cittadino, attraversa la strada mentre l’autopompa dei pompieri devia casualmente il getto d’acqua, inondandolo senza che nessuno se ne curi.

Totò resta immobile, zuppo e invisibile, e noi spettatori, in quell’attimo, capiamo tutto.
È un gesto minore, ma nella sua umiliazione si concentra l’intero smarrimento del protagonista:
– non è più comandante,
– non è più rispettato,
non è più “visto”.
Una scena da manuale di regia, esempio perfetto di come la società si disfa dell’autorità quando non serve più.

🪑 La bisca nel salotto: il generale è un ospite a casa sua

Totò-Cavalli rientra a casa e trova una trasformazione surreale: il suo salotto, un tempo austero e ordinato, è ora un casinò domestico, affollato da signore che giocano a carte, ridono e spettegolano, mentre la moglie (una straordinaria Andreina Pagnani) lo tratta come un soprammobile un po’ impolverato.

Lo sguardo di Totò è sospeso tra incredulità e disperazione. Si aggira tra i tavoli come un reduce tra le macerie, estraneo a tutto, disarmato persino davanti alla domestica.
E poi c’è Torquato, l’antiquario, che parla troppo con la moglie, ride troppo, si siede troppo comodo.
La gelosia, infantile e virile insieme, fa il suo ingresso nel dramma.
Questa scena è emblematica del crollo dell’autorità maschile e patriarcale, incarnata da Cavalli, in favore di un mondo nuovo dove le regole non le detta più lui.

🛒 La scena al self-service: la dignità che si sgretola tra i vassoi

Cavalli prova a reinserirsi nel mondo del lavoro. Lo vediamo in una scena tanto comica quanto straziante: è in fila al self-service aziendale, spaesato come un alpino a una conferenza sugli NFT.
Viene spinto, ignorato, deriso, urtato, e ogni gesto che compie — dal prendere il vassoio al cercare un posto — gli ricorda che non appartiene più a quel mondo.

Questa sequenza, giocata su tempi comici lentissimi e sguardi persi, è un capolavoro di tragicommedia.
Il Comandante si confronta con il ritmo del lavoro moderno, che non contempla lentezza né deferenza. È un dinosauro in un’epoca di transistor.

🚬 Le sigarette del capufficio: umiliazione senza ritorno

Un altro momento profondamente degradante: Cavalli, illudendosi di aver trovato un lavoro, si trova invece a fare il galoppino per il giovane capo, che lo manda a comprare le sigarette.
Una mansione infima per un uomo che un tempo ordinava avanzate e ritirate.
E come se non bastasse, scopre che la moglie è quella che gli paga lo stipendio, per salvare le apparenze e il suo fragile ego.

La scena si gioca con toni sommessi, quasi teatrali: l’imbarazzo, la delusione, la perdita di virilità non esplodono mai, ma ribollono dentro Totò come magma sotto la divisa.

🚂 Il tentato suicidio sui binari: l’apice del nulla

È la scena più straziante e grottesca del film. Cavalli, ormai privo di speranze, si stende sui binari del treno. È notte. Tutto è pronto per l’addio.
Ma il treno, all’ultimo momento, prende un altro binario.
Una beffa cosmica. Una risata dell’universo. Una sconfitta anche nella morte.

Totò non dice nulla, ma il volto racconta l’inutilità della disperazione, la frustrazione di non essere neanche degni di un’uscita teatrale.
È una scena che riecheggia Samuel Beckett, Kafka, e pure una spolverata di Fantozzi, con anni d’anticipo.

❤️ Il rapporto con la moglie: l’ultima trincea dell’umanità

Non si può parlare delle scene memorabili del film senza citare i duetti tra Totò e Andreina Pagnani, che interpreta la moglie con una dolcezza ruvida, intelligente e materna.
Ogni scena tra loro è un ritratto di coppia anziana, affiatata ma stanca, in bilico tra affetto e delusione.
Lei è la sua unica ancora, ma anche lo specchio che gli mostra chi è diventato.
Niente urla, niente melodramma: solo verità, pudore e silenzi pieni di parole.

🎵 La musica leggera contro il peso della vecchiaia

Infine, una nota memorabile ma più laterale: in alcune scene si odono in sottofondo brani celebri degli anni ’60, come
“Guarda come dondolo” (Vianello),
“Fatti mandare dalla mamma” (Morandi),
“Alla mia età” (Rita Pavone).

Questi brani giovani, allegri, spensierati fanno da contrappunto stridente alla solitudine di Cavalli. È come se il mondo fuori dalla sua finestra vivesse una festa alla quale lui non è più invitato.

🧵 Conclusione: Totò tra il comando e la resa

Le scene memorabili de "Il comandante" sono fatte non di battute, ma di vuoti, sguardi, fratture interiori.
Totò regala una prova attoriale senza guizzi ma piena di abissi, mostrando un’altra faccia, quella più umana e dolorosa.
E queste scene — dall’incendio eroico alla beffa del treno — sono il tessuto con cui è cucita la tragedia silenziosa di un uomo che non comanda più neppure la propria vita. 


Così la stampa dell'epoca

Come "Il comandante" venne accolto da critica, pubblico e censura all’epoca della sua uscita, nel 1963. Un film che, come Totò stesso, non fu mai comodo da incasellare: né commedia, né dramma puro; né fiasco né trionfo; né capolavoro né disastro. Ma pieno di sottigliezze che pochi seppero leggere all’epoca, e che oggi brillano con la luce malinconica delle opere in anticipo sui tempi.

📰 La critica: applausi timidi, analisi smarrite

La critica italiana del 1963 si trovò di fronte a un cortocircuito: Totò non faceva ridere. E allora… cosa doveva fare?

Molti giornalisti e recensori, abituati al principe della risata che faceva piroette e giochi di parole, rimasero spiazzati da questo Totò che tace, si dispera, si annulla.

Alcune voci emblematiche:

  • Gian Luigi Rondi sul Tempo apprezzò l’interpretazione, ma criticò la sceneggiatura, accusandola di non riuscire a “armonizzare la mestizia con l’allegria, l’amarezza con l’umorismo”, e di far diventare comiche le parti tristi e viceversa.
    In realtà, quella confusione di toni è oggi uno dei maggiori pregi del film, una modernità drammaturgica quasi pasoliniana ante-litteram.
  • Tullio Kezich, invece, colse qualcosa di più profondo: notò il coraggio dell’operazione e la sofferenza contenuta nel personaggio di Cavalli, parlando di una grande prova d’attore.
  • Giulio Cesare Castello, da Il Corriere d’Informazione, lo definì: “Un film dolorosamente in bilico, che non riesce a essere né totalmente tragico né totalmente satirico, ma che deve essere visto come atto d’amore per un attore che cerca una nuova pelle.”

La divisione era netta: alcuni applaudirono il coraggio, altri ne decretarono l’inadeguatezza strutturale.
Molti notarono che la regia di Heusch era misurata e fine, ma non bastava, secondo alcuni, a sostenere una sceneggiatura che si trascinava tra episodi slegati.

🎟️ Il pubblico: confusione, freddezza e... commozione silenziosa

La reazione del pubblico fu fredda, disorientata, ma non ostile.

Il film uscì in sordina, con una campagna promozionale debole, che cercava di vendere la pellicola come “il primo film drammatico di Totò” (cosa già di per sé falsa e confusa).

Molti spettatori andarono al cinema aspettandosi la solita commedia, e rimasero perplessi. Le sale non si riempirono, soprattutto dopo la prima settimana, e il passaparola non aiutò.
Il film incassò molto meno rispetto ad altri titoli usciti nello stesso periodo, nonostante la presenza di un nome celebre come Totò.

Tuttavia… non mancò chi uscì in lacrime.

Alcuni spettatori (soprattutto di mezza età o anziani), si riconobbero nel protagonista Cavalli: la pensione, la perdita di ruolo, il sentirsi un peso...
E proprio loro divennero i primi a comprendere fino in fondo la portata tragica del personaggio, anche se il film non divenne mai “popolare”.

In alcune città del sud — Napoli in primis — il film fu accolto con maggiore calore, ma più per rispetto verso Totò che per entusiasmo verso la storia.
Totò, lo ricordiamo, venne accolto tra lacrime e applausi al Teatro Mediterraneo, durante la consegna della Sirena d’Oro, evento che seguì l’anteprima romana.
Lì, il pubblico si alzò in piedi, lo applaudì per minuti, commuovendolo fino alle lacrime. Il rispetto umano e artistico c’era, ma non si tradusse in successo commerciale.

🔍 La censura: nessun taglio, ma una strana indifferenza

Curiosamente, "Il comandante" non fu minimamente colpito dalla censura italiana.
E non perché fosse “innocuo”, ma perché era troppo serio per essere sospettato di satira sociale, troppo borghese per urtare i moralisti, troppo elegante per turbare i benpensanti.

Le tematiche, seppur forti, passarono sotto traccia, forse anche perché camuffate da dramma personale.
Eppure, oggi possiamo leggere in controluce:

  • una critica feroce all’emarginazione degli anziani,
  • una riflessione sul ruolo dell’uomo borghese nella società post-bellica,
  • una satira silenziosa sulla vanità dell’autorità,
  • persino una velata ironia sulla mascolinità svuotata e sull’invasione femminile dello spazio domestico.

Tutti temi che oggi sarebbero definiti “politici” o “femministi”, ma che nel 1963 non fecero alzare un sopracciglio a nessun censore.
Nessuna scena venne tagliata, nessuna frase contestata.

In un’epoca in cui bastava un reggicalze o una battuta a doppio senso per far scattare la forbice, il film passò immune, forse perché non faceva paura a nessuno.

🏛️ L'eredità immediata: premi e strette di mano, ma nessuna gloria

Nonostante l’insuccesso commerciale, l’industria non dimenticò il gesto coraggioso di Totò.
Il film fu presentato a vari incontri culturali e ricevette una medaglia d’oro da AGIS e ANICA, per i “tanti anni di appassionato contributo al cinema italiano”.

Nei giorni successivi:

  • Lello Bersani lo intervistò per TV Sette,
  • Oriana Fallaci gli dedicò un lungo profilo su “L’Europeo”, in cui Totò si aprì come raramente aveva fatto, parlando di dolori, solitudine, cecità e vecchiaia.

Si capì, anche tra gli addetti ai lavori, che “Il comandante” era più di un film: era un testamento emotivo e simbolico.
Solo che nessuno seppe come gestirlo.

⏳ Posteri che vi perdono: la riscoperta tardiva

Oggi, a distanza di oltre 60 anni, Il comandante è oggetto di rivalutazione critica da parte di cinefili, studiosi di Totò e storici del cinema.
Il film viene letto come:

  • precursore di certi toni da commedia all’italiana malinconica (alla Comencini o Zampa),
  • parente nobile di personaggi sconfitti e teneri, come quelli che Sordi interpreterà solo più tardi (il ragioniere, il piccolo borghese, il padre escluso),
  • esempio raro di comicità tragica, che anticipa persino certi film di Nanni Moretti o Pupi Avati.

In definitiva, "Il comandante" non fu capito, né amato dal pubblico del tempo, e la critica fu divisa, spesso confusa. Ma oggi possiamo dire con sicurezza che si trattò di un'opera anomala, struggente e necessaria, che ha resistito alla censura, alla dimenticanza e persino al tempo. E che oggi, finalmente, torna ad avere la voce che merita.


Totò interpreta il colonnello Antonio Cavalli. Il colonnello Antonio Cavalli vive il dramma del pensionato: senza lavoro, si sente triste e demotivato, commiserando i suoi coetanei che passano il tempo seduti in panchina o accompagnando i nipotini al parco. Anche la moglie (Andreina Pagnani), in quel delicato momento, gli appare come una nemica, incapace di comprendere i suoi travagli interiori. Tra l'altro, a differenza di lui, la consorte svolge un'attività redditizia commerciando in quadri, una situazione che accresce i disagi del colonnello.

Matilde Amorosi


La pensione rende triste Totò

Il regista Paolo Heusch è preoccupato. Non ha mai visto Totò cosi serio, malinconico, come da quando gira ”Il comandante". Questo film racconta la storia d’un colonnello promosso generale e mandato in pensione. Lì per lì sembra contento, « bene — si dice — cosi potrò curare i miei fiori », ma poi si accorge che in casa è d'impiccio e fuori si avvilisce perchè incontra gli altri pensionati. Così decide di trovarsi un lavoro. Ma quale lavoro? Finalmente glielo trovano, e siccome è un lavoro da poco, la moglie di nascosto passa un tanto al padrone perchè integri lo stipendio del marito. Tutto bene fino al giorno in cui l’interessato scopre il gioco, allora è il crollo, e il film finisce con l'ex-generale su una panchina, pensionato tra i pensionati. E’ una storia patetica, che però, affidata a Totò, dovrebbe far ridere; ma questa volta Totò ha poca o nessuna voglia di fare come al solito il buffone, e il perchè l’ha spiegato egli stesso al regista. «Vedi Paolino — gli ha detto — in fondo io mi sento come questo generale. Perchè credi che abbia fatto e faccia tanti film da quattro soldi, tante buffonate? Lo faccio per non restarmene a casa, per non sentirmi inutile. Anch’io non so rassegnarmi ad essere il pensionato del cinema».

«Tempo», anno XXV, n.40, 5 ottobre 1963


Totò si cimenta in un film costruito esclusivamente per lui, in chiave più crepuscolare che umoristica, e con assoluta esclusione di quei spassosi lazzi e ammiccamenti buffoneschi che costituivano il suo tradizionale e personalissimo repertorio.[...] Se il film fosse all'altezza del protagonista non potremmo dirne che bene. Purtroppo è un raccontino convenzionale e bozzettistico, un pò impacciato e incerto nella ricerca del tono giusto.

Giulio Cattivelli, 1964


La lavorazione è in corso: Totò Generale nel centesimo film

«Il comandante» narra la storia patetica di un alto ufficiale collocato a riposo e che non si rassegna alla vita del pensionato

Roma, 11 settembre.

Giunto al traguardo del centesimo film della sua carriera, il principe Antonio De Curtis, al secolo e per tutti Totò, ha deciso di mutare la chiave della sua comicità. Instancabile nel lavoro, fresco nell’inventiva e nella battuta, egli esce dai personaggi grotteschi che lo hanno reso famoso sulla scena e sullo schermo, per tentare una via nuova di umorismo amaro, malinconico, umanissimo, nel film II comandante.

E' un tentativo interessante, anche perchè inteso a svelare il vero volto e il vero animo di questo attore, le cui lepidezze hanno sempre un fondo di malinconia, come tutti ricordano da Guardie e ladri.

Nel film che ha appena cominciato a « girare », dunque — una vicenda ideata e scritta da Rodolfo Sonego. diretta da Paolo Heusch, interpretata, oltre che da lui, da Andreina Pagnani, Franco Fabrizi, Ann Charlotte Sioborg, Carlotta Barilli e Luciano Marin — Totò disegnerà il desolato tramonto di un uomo che l'uniforme e il grado di colonnello abituarono ad una vita attivissima, al comando, ad un alto prestigio personale, quando — collocato in pensione per limiti di età con il grado di generale — è colto dal panico di una vita vuota e dal terrore di perdere, per la propria inutilità, la stima, se non l'affetto, della moglie e dei figli. A questo destino il generale Antonio Cavalli, vestiti i panni borghesi, si ribella, tentando In ogni modo, con la sua specchiata onestà e lealtà morale, di reinserirsi in altro modo nella vita attiva. Non può concepire di camminare vanamente all'alba, nella città ancora deserta, davanti alta « sua » caserma, ad essa ormai estraneo, mentre all’interno, a quell'ora, già ferve l'attività che un tempo egli dirigeva.

Respinge però l’idea di sedersi in un giardinetto a conversare con altri pensionati. Pertanto, prima scrive un memoriale « Da Caporetto a oggi » che un piccolo incendio divampato in casa (per un sigaro lasciato acceso) s’incarica di distruggere. Poi assume la presidenza di una società per il commercio di terreni. Ma quando scopre che quell'incarico non soltanto gii è stato procurato dalla moglie, nel desiderio affettuoso di aiutarlo, ma è anche fittizio, e che i due soci, giovani e apre giudicati, si sono valsi del suo nome e della sua firma per una operazione che sa di truffa, si sente perduto. Vuol far fronte onorevolmente alle cambiali fino all'ultimo centesimo e si fa prestare due milioni dal figlio. Perde però la borsa con il denaro. Di fronte a quel crollo, decide di uccidersi sdraiandosi sul binari del treno. Ma il convoglio passa sul binario parallelo. E il vecchio generale, ormai logoro e un poco svanito, si rifugerà nel giardino pubblico, sulle panchine dove siedono gli altri pensionati.

Con lui, nella « roulotte » dove si è appartato durante una pausa del film, abbiamo parlato di questo personaggio nuovo che va creando, così vero e cosi malinconico nel suo destino. « E' la sorte comune — diceva Totò. — Il destino di tutti ».

Ma quelle amare riflessioni non sembrano attagliarsi a lui. Terminato un film, ne comincia un altro, senza posa, sempre sorretto dalla simpatia del pubblico e adesso, mentre gira il comandante, sta esaminando già molte nuove proposte di lavoro.

A. Ce., «Corriere della Sera», 12 settembre 1963


Il "comandante" promosso ci rivela un grande Totò

Un personaggio decisivo nella carriera del comico napoletano. Dopo la fiumana dei film «Totò qualchecosa», Totò sta concludendo con «Il comandante» una delle sue più importanti interpretazioni, capace di allargare, finalmente, la sua attività a personaggi vivi, veri, autentici - Basta alle solite macchiette - Andreina Pagnani e Franco Fabrizi tra gli interpreti.

ROMA, novembre

Se all’inizio delle riprese de «Il comandante» era soddisfatto che Sonego avesse scritto per lui il suo primo film, adesso che le riprese sono ultimate, Totò è felice come un giovane attore che abbia incontrato il suo primo decisivo ruolo. Parrebbe, a sentire il comico napoletano, che la sua carriera ricominci ora daccapo. Perchè tanto entusiasmo, perchè tanta gioia in un attore consumato dal palcoscenico e dal set? Finalmente, dopo la umanissima interpretazione di «Guardie e Ladri», Totò può dar prova ancora una volta delle sue qualità, d’attore e non sole di manichino svitato e di comico che imita continuamente se stesso.

«Le macchiette — ci dice Totò — mi hanno dato il pane e il companatico e anche altro, ma non si vive di solo pane e companatico. Quando molto molto... molto tempo fa ho deciso di buttarmi all’arte, avevo in mente di conquistare fama, gloria e, naturalmente, quattrini... ma qui si esagera con i quattrini... quattrini, quattrini sempre quattrini e niente... immortalità, mi sono spiegato? Non sono un faticatore cioè non vado in cerca delle occasioni, perchè me lo vieta la mia indole di uomo del sud... noi siamo come i fuochi d’artificio, scoppiamo di tanto in tanto, non abbiamo costanza... perciò quando ci capita una buona occasione, ci capita proprio, mica ce la siamo fabbricata... è stato così anche per «Il comandante».... è stato lo sceneggiatore Rodolfo Sonego, autore prediletto dall’amico Sordi, ad offrirmi di diventare colonnello... ed io, lo sanno tutti, quando si tratta di diventare colonnello non mi tiro indietro... e ho fatto il colonnello, sapendo che sarei diventato generale, ma non sapevo che c’era, per il generale, la fregatura... intendiamoci, senza la fregatura non ci sarebbe stato «Il comandante» ed è questo che conta... ad essere sincero chi non sapeva della fregatura era il colonnello Cavalli, ma io Totò sapevo tutto sin dall’inizio e ho accettato di fare il film con Andreina Pagnani, come una specie di rivincita contro i quattrini...».

«Ma a lei; questi quattrini fanno...»

«Schifo? — Ci interrompe divertito Totò —... crede lei! Mi faccia il piacere... i quattrini sono come i sentimenti, vanno rispettati... la mia rivincita consiste in questo: fare un ‘film importante prendendo anche i quattrini, così ha fregato i quattrini abituati ad entrare per... ripetizione. Mi sono spiegato, a sufficienza? Dunque... il colonnello Cavalli è un uomo all’antica, abituato a «sentire» la caserma muoversi sotto di lui... sotto sotto però è lui ad essere schiavo della caserma perché si ritiene un tantinello insostituibile... è un illuso, non c’è dubbio alcuno...».

«Illuso in che senso?» — chiediamo all’attore.

«Crede che il mondo sia fatto in un certo modo, invece che in altro... perciò quando va in pensione, anzichè godersi l’ozio dopo tanti anni di rumorificca in testa la pazza idea di diventare un colonnello negli affari. Un po’ è anche colpa della moglie che affarista lo è, con fortuna, più di chiunque altro. E dai ad agitarsi a dritta e a manca, dài a voler studiare l'affare d’oro... a voglia di rompersi il capoccione... ogni volta che crede di aver mirato giusti ci sbatte il naso e il resto... la verità è che il colonnello Cavalli è un uomo che non riesce a vivere nel mondo dei borghesi... giorno per giorno «Il comandante»... anzi l’ex comandante impara a conoscere gli uomini e più passa il tempo e meno riesce a muoversi come un vero colonnello, anzi anzi come un generale... forse era meglio che avesse consumato i suoi giorni ai giardinetti o al supermercato a fare acquisti...».

«Da questi contrasti — chiediamo a Totò — scaturisce il dramma del colonnello Cavalli?».

«Scaturisce una satira con risvolti umani... attraverso le esperienze del colonnello, conosciamo la nostra società, gli uomini che la formano, i fatti che rendono ricco uno e povero l’altro... andiamo tutti su una specie di giostra dove ognuno è contemporaneamente protagonista e spettatore... in una parola è la vita, con tutte le sue sfaccettature a mostrarsi agli occhi degli spettatori... non tutta, un pezzetto di vita, ma quanto basta a far pensare e a far ridire, a commuovere e a divertire».

«Con «Il comandante» gioca una grande carta nella sua carriera...».

Totò, per un attimo sembra non voler rispondere alla nostra domanda, poi. guardandoci con ironia, ci dice:

«Il mio motto è allargare... come per le strade... allargare... se io mi allargo posso andare più velocemente lontano... allargare significa per me perdere l’autobus dietro ai films che mi danno solo quattrini... pochi ma buoni, che poi significa anche faticare meno e guadagnare lo stesso... mi sono spiegato? Checché si dica, Totò è come un gatto, ha sette spiriti e passa... o ne ha nove? Il gatto, m’intende?».

Basta vederlo lavorare: vitalità, entusiasmo, prontezza di riflessi, fantasia. Nessun giovane attore lo potrebbe battere. In più ha un gran merito, quello della serietà professionale. Cosa rara tra gli attori arrivati come lui ad essere qualcuno...

Franco Tosi, «La Gazzetta di Mantova», 7 novembre 1963


Il centesimo film di Totò omaggio alla categoria dei pensionati

Concluse le riprese de «Il comandante». Al centro della vicenda un intemerato generale della riserva il quale, dopo avere superato brillantemente le prove di tre guerre, finisce per perdere la battaglia della vita - Una storia ispirata da un'esperienza vissuta

Il centesimo film di Totò si intitola « Il comandante » e fa ridere come gli altri novantanove, ma fa anche pensare: è dedicato al pensionati. « Tutti — dice Totò — vanno in pensione, un bel giorno. Anche l attore. e per lui è più amaro, perchè l’attore vive del calore del suo pubblico e se questo gli viene a mancare, la vita gli sembra inutile. Il mio pubblico continua a farmi sentire un ragazzo, e Dio sa se gliene sono grato, ma forse un mio omaggio alla categoria dei pensionati era doveroso».

L'eroe del film non è un attore: è un generale. Nella maggior parte dei casi, una bella carriera militare si conclude con la nomina a generale, la quale arriva esattamente il giorno; in cui. per raggiunti limiti di età, è obbligatorio passare dal « servizio permanente effettivo » ai più pacifici ruoli della riserva, cioè alla condizione di pensionato. A questo punto, capita che il neo-generale debba combattere la più aspra battaglia della sua vita: o sbaraglia la sua vecchia personalità e riesce a inserirsi nella vita borghese o è perduto. Il generale Cavalli si trova a combatterla su due fronti, questa battaglia: in famiglia, dove scopre di contare assai meno di quanto contava in caserma, e nel lavoro, dove le sue capacità non incontrano un compratore, mentre il suo nome intemerato viene speso con illecite mire da due giovani affaristi. Ha fatto tre guerre, il bravo generale Cavalli, e se l'è sempre cavata onorevolmente, eppure in questo ultimo conflitto finisce per perdere tutto: prima di rassegnarsi alla quiete della sua nuova condizione, tenta perfino di uccidersi.

« Ho sempre studiato i miei personaggi, prima di interpretarli — dice Totò. — Questa volta il lavoro preparatorio è stato più accurato, la ricerca più sottile. Ho messo nel generale Cavalli le caratteristiche di due o tre persone di mia conoscenza, fra le quali un ex presidente di Corte d‘Appello che mi fa tanta tenerezza: quando era in servizio, era uno dei magistrati più severi di Roma, era addirittura una favola per quanto era austero, imparziale, scrupoloso: da quando è andato in pensione, è un altro uomo. Certe mattine, specie se c'è bel tempo, va al mercato a fare la spesa e bisogna vedere com’è lieto, sereno, spensierato».

Il film l’ha scritto Rodolfo Sonego e l’ha diretto Paolo Heusch. Gli altri attori sono: Andreina Pagnani (la moglie del generale Cavalli), Luciano Marin e Carlotta Barilli (i figli), Franco Fabrizi e Alberto De Amicis (i due affaristi) e inoltre Linda Sini, Britt Marie Eklund ed Isa Crescenzi.

Sonego ha costruito il soggetto e la sceneggiatura da un'esperienza personale. « Un giorno — racconta — mi trovavo a trattare un affare con due industriali giovani, ricchi e un po' rozzi. A un certo punto restammo senza sigarette e uno dei due suonò il campanello per chiamare il fattorino e mandarlo dal tabaccaio. Sento bussare alla porta, mi volto e vedo entrare un vecchio signore compito, un autentico gentiluomo: il fattorino era lui. Qualche giorno dopo tornai in quell'ufficio proprio per conoscerlo, così seppi che era un alto ufficiale in pensione, stretto dalla necessità di arrotondare l'assegno che gli passava lo Stato. La storia del ‘‘Comandante" è un po' la sua storia ».

Giancarlo Del Re, «Il Messaggero», 7 novembre 1963


Un premio a Totò

Totò verrà premiato dall’Anica-Agis », nel corso di una cerimonia che si svolgerà questa sera, in riconoscimento della sua lunga carriera di attore, e in particolare per l'interpretazione del suo centesimo film. «Il Comandante», che sarà proiettato sugli schermi italiani agli inizi dei prossimo anno. Il premio (consistente in un artistico oggetto che racchiude una medaglia d’oro commemorativa della cerimonia), verrà consegnato a Totò dall’avvocato Eitel Monaco, presidente dell’«Anica», e dal comm. Italo Gemini, presidente dell'«Agis», presenti autorità e esponenti dell'esercizio e della produzione Italiana. La manifestazione si svolgerà nella sala di proiezione dell'«Agis» dove verrà anche proiettato appunto il 100° film di Totò, «Il Comandante»

«Il Messaggero», 12 dicembre 1963


Un film girato con molta cura. Se Totò avesse coltivato delle ambizioni di interprete ‘serio’ avrebbe finito per commettere gli stessi errori d’un Petrolini; è giusto per questo che invece di pochi film di qualità ne abbia fatto cento di tutti i generi.

Alberto Moravia, "Il generale dietro la scrivania", «L’Espresso», 5 gennaio 1964, Busta T09, fase. ‘Totò’, Fondo Calendoli


Agguerrito il cinema italiano al festival del cinema umoristico

Dal 2 al 9 febbraio a Bordighera. Sarà presentato « Il comandante», diretto da Heusch e interpretato da Totò

[...] Nel 1964 l’Italia non darà «forfait ». Al Festival di Bordighera,in programma dal 2 al 9 febbraio prossimo, essa presenterà un film per cui viva è l’attesa, per più di una ragione: « Il comandante », diretto da Paolo Heusch e interpretato da Totò, Andreina Pagnani e Franco Fabrizi. Pare che vi appaia un Totò assolutamente inedito: e — quel che non guasta — in «forma» smagliante. Il soggetto e la sceneggiatura portano la firma di Rodolfo Sonego. Le «chances» italiane saranno affidate con tutta probabilità anche ad un secondo lavoro. [...]

Angelo Maccario, «Il Messaggero», 13 gennaio 1964


Antonio Cavalli, colonnello tutto casa e caserma, viene promosso generale, e messo a riposo per raggiunti limiti di età. Abituato com'è, dice lui, a comandare, l'ozio forzato gli pesa: per vincerlo, inizia a scrivere le sue memorie di guerra, che i giornali tuttavia disdegnano, e che finiscono bruciate. Dopo varie traversie, più per orgoglio che per reale bisogno. Antonio accetta un modesto impiego in una società edilizia, e spende tutto il suo stipendio in regali per il figlio, per la nuora, per la moglie Francesca: della quale è geloso. in modo senile, poiché lei, commerciando in quadri, ha frequenti rapporti di lavoro con un corniciaio, d'altronde anziano e assai poco attraente. Ma, un giorno, l'ex generale scopre che i soldi della sua paga provengono proprio da Francesca. la quale ha voluto, procurandogli quel posto fittizio, soddisfare le brame attivistiche di lui, e toglierselo garbatamente di tomo. Umiliato, offeso, Antonio si isola dalla famiglia. Ecco però che i suoi padroni lo richiamano, gli offrono una carica effettiva (quella di presidente della ditta), grossi emolumenti, una vettura lussuosa: la firma dell'integerrimo militare d'un tempo è servita infatti, e servirà ancora, per stringere cospicui affari.

Qui la vicenda, scritta da Rodolfo Sonego e portata sullo schermo da Paolo Heusch, potrebbe concludersi: e sarebbe un finale di veritiero sapore grottesco, sebbene scarsamente giustificato dall'andatura tra patetica e aneddotica del film il quale ha, purtroppo, una lunga coda, con l’arresto degli speculatori cui Antonio ha fatto da paravento, un suo fallito tentativo di salvare il salvabile, un mancato suicidio (ripreso pari pari, nella forma, da un classico del comico, ma anche da una vecchia interpretazione dello stesso Totò) e il malinconico tramonto del protagonista, che gioca coi modellini di navi nel laghetto di Villa Borghese.

Indeciso tra i toni satirici, critici, e quelli sentimentali, Il comandante ha il suo punto di forza, naturalmente, in Totò: il cui graffante umorismo sembra però raffrenato, più che sollecitato, dal testo. Degli altri interpreti si nota, por la sua signorile bravura, Andreina Pagnani.

ag. sa., «L'Unità», 19 gennaio 1964


Totò "Il comandante" nel suo centesimo film

E' risaputo che la pensione - per civili e militari - arriva sempre troppo presto, in un'età in cui. salvo quando ci sono malattie, l’uomo è ancora pieno di resistenza e di forza e per nulla desideroso di mettersi a riposo; con la conseguenza che, il più delle volte, l'inerzia forzata nuoce alla salute e fiacca il pensionato - fisicamente e intellettualmente - molto più di quanto non avrebbe fatto il lavoro. A meno che II pensionato non tenti di impiegarsi in altro modo; ma, anche questo è risaputo, dopo trenta, quarant'anni rivolti tutti in una sola direzione, l'ingresso in mondi, se non proprio sconosciuti, certo estranei, non è a volte senza rischi; con risultati, perciò, non di rado infelici.

Su queste situazioni si costruisce il film di oggi, scritto da Rodolfo Sonego e diretto da Paolo Heusch, ma, nonostante la schietta umanità dello spunto e la presenza di Totò in una parte più amara che non comica, l'effetto è scarsamente convincente e, alla lunga, finisce per lasciare perplessi. Il pensionato di Sonego e Heusch, infatti, è un fierissimo colonnello, terrore e spavento di tutti i suoi subordinati, che un brutto giorno, con la promozione a generale, si vede recapitare anche la notizia del congedo. Sulle prime la prende bene, perché - dice - avrà tempo finalmente per scrivere le sue memorie, ma poi, lui perennemente abituato a comandare, e brusca mente, non tarda a sentirsi a disagio nella vita borghese dove i valori sono diversi e dove, persino in famiglia, si scontra con abitudini e opinioni che gli sono agli antipodi.

La moglie lavora, guadagna, cosi, per non vederlo intristire nell'ozio, lo fa assumere da un'impresa edilizia, versando lei, in segreto, lo stipendio che lui incassa alla fine del mese; ma i dirigenti dell'impresa sono due lestofanti e non tardano a valersi del nome senza macchia del loro impiegato per coprire le loro disonestà: con la conseguenza che. alla fine, se non intervenisse la moglie con gli ultimi denari di famiglia, il generale andrebbe in prigione per colpe non sue. Meglio l'ozio, perciò: ma l'ozio lo trasforma in un vecchietto dai modi infantili che gioca con le barche al giardinetti.

Un dramma, dunque, molto più che una commedia. Svolgendolo, però, i due autori non hanno mal decisamente optato per l'uno o l'altro genere, confidando forse di riuscire a fonderli insieme approdando, magari, al difficile equilibrio del «grottesco» e, pur avendo preso le mosse con slancio (con i gustosi accenti satirici sulla vita militare ) e pur avendo, dopo, impostato a crisi dell'ufficiale in pensione con tutti gli elementi adatti per fame scaturire una atmosfera intimamente dolorosa. hanno via via svelato una singolare povertà di trovate. preferendo all'originalità i luoghi comuni, all'approfondimento del caratteri l'abbozzo frettoloso e, soprattutto, non arrivando quasi mai ad armonizzare la mestizia con l'allegria, l'amarezza con l'umorismo (qua e là, anzi, svolgendo addirittura in chiave comica i temi tristi e in chiave triste quelli comici).

Il film, cosi, si impone all'attenzione del pubblico «al suo riso e al suoi sospiri» quasi esclusivamente per merito di Totò che, giunto qui alla sua centesima fatica (auguri! auguri!), ci mostra ancora una volta di essere un attore di razza toccando senza difficoltà, e anzi con risultati spesso ineccepibili, tanto le corde farsesche, a lui da sempre congeniali, quanto quelle drammatiche: rivelando, in queste ultime, una sensibilità patetica e raccolta, una sofferta Interiorità, una severa misura degne davvero d'ogni lode; e tali, oltre a tutto, da farri desiderare di vederle meglio e più diffusamente ime nitida disinvoltura. Andreina Pagnani che, anche in una parte secondaria, riesce a ricordarci i tempi d'oro in cui era la signora della nostra scena di prosa.

G. L. R. (Gian Luigi Rondi), «Il Tempo», 19 gennaio 1964


Per il suo centesimo film, quel grande veterano che tra i nostri comici e Totò si è visto finalmente offrire il destro d’interpretare un personaggio di autentica e toccante umanità. Egli appare qui infatti nei panni di un generale che, andando a riposo per raggiunti limiti di età, si trova di fronte a un profondo problema: come concludere dignitosamente, ma anche utilmente, la propria esistenza? Il problema, insomma di tutti gli anziani pensionati, che, abituati sino a ieri a un qualsiasi lavoro, oggi, di punto in bianco, si trovano di fronte alla malinconica prospettiva di lunghi giorni vuoti da ingannare.

Nel caso specifico dell'ex-generale che Totò incarna in questo film, il problema non ha purtroppo soluzione; che, dopo avere inutilmente tentato di scrivere un memoriale e aver rischiato di rovinarsi impiegandosi presso un paio di affaristi truffaldini, il protagonista dovrà adattarsi a oziare crepuscolarmente all'ombra della sua ancora attiva e laboriosa consorte. A tale dramma Totò presta non solo la sua maschera, tanto più espressiva quanto più intelligentemente controllata, ma anche un arte interpretativa di efficacia grande e sottile. Lo affianca degnamente Andreina Pagnani. Tuttavia il film manca parecchie occasioni di commozione autentica, si dilunga in pignolerie inutili, difetta anche per povertà di mezzi di un contorno adeguato alla vicenda. Onde, più che ispiratamente triste, risulta disperatamente tetro, di un grigiore tutto preterintenzionale.

Tra gli altri interpreti, Linda Sini e Franco Fabrizi. Ha diretto Paolo Heusch. Bianco e nero

Bir., «Il Messaggero», 20 gennaio 1964


Abbandonata una volta tanto la battutissima pista delle farse da avanspettacolo, Totò ha imboccato stavolta la via della commedia amara, un po' comica, un po' patetica, dove egli è almeno messo in grado di mostrare ai pubblico quel grande attore che è. Il colonnello Antonio Cavalli del servirlo permanente effettivo, autoritario, di disciplina rigidissima per sé e per i subalterni, temuto e ossequiato, è arrivato ai limiti d’età. Una bella nomina a generale e una modesta pensione. Da un giorno all’altro si trova libero come l'aria ma senza super che fare. Umiliato dall’ozio spaventato dallo spettro della vecchiaia, ferito dalla constatazione della sua inutilità il poveruomo tenterà varie strade per non soccombere, ma impreparato alle strettoie e alle insidie delia vita borghese finirà per cacciarsi in un mare di guai. Dovrà rassegnarsi a mettersi da parte e adattarsi alla malinconica esistenza di pensionato incapace

Una storia triste, come si vede, anche se gli autori, Paolo Heusch regista e Rodolfo Sonego soggettista, l'hanno sapientemente punteggiata di episodi comici, di situazioni spassose, di battute divertenti. Totò è riuscito a darci un personaggio espressivo, sincero, patetico con la sua arte cosi ricca di sfumature, di espressioni tutte intense, anche le più sfuggevoli.

Ha avuto a fianco anzitutto Andreina Pagnani una spalla d'eccezione anche ella misurata e pienamente padrona dei suo ruolo, e poi Franco Fabrizi, Luciano Barili, Linda Sini e diversi altri. A fare acqua se mai è un po' la storia che si fa via via piu fiacca ed lui un finale assai poco convincente forzato com'è fino all'assurdo. Ma si tratta pur sempre di un film insolito, significativo, interessante.

Ci auguriamo che il pubblico, anche se dovrà rinunciare a qualche risata, saprà apprezzarlo.

b. s., «Momento Sera», 20 gennaio 1964


Il Comandante

Regia: Paolo Heusch — Interpreti: Totò, Andreina Pagnani, Linda Bini, Isa Crescenti, Franco Fabrizi

Un colonnello degli anni '60, adesso di ferro perchè in guerra aveva invece fatto i comodacci suoi o era scappato abbandonando i propri soldati (vedi 8 settembre), è promosso generale ma nello stesso tempo messo a riposo per raggiunti limiti di età. Frana così di colpo il castello delle abitudini cristallizzate in tanti anni di autoritarismo urlante e fasullo, e niente della vita borghese sembra possa sostituirlo; non gli hobbies innocenti dei coetanei pensionati, nè il calore della famiglia per tanti anni trascurata. Scrivere un memoriale? Ma sarà farisaico, cioè soltanto agiografico, retorico e falso. Qualsiasi altra cosa appare difficile per chi ha saputo solo comandare. Uno spunto d’orgoglio spinge l'ex-militare a cercare un impiego, anche se non sa fare proprio niente, e ad accettarlo anche se umiliante (quasi un ragazzo d’ufficio). Il clima poi è dei peggiori: speculazione edilizia. Da ciò delusioni, amarezze, la scoperta di una tresca familiare, la perdita di quattrini, il tentato suicidio. Infine la resa, con l’approdo ai candidi passatempi degli altri vecchietti. Meglio tardi che mai.

La lezione de «Il comandante», diretto da Paolo Heusch, è trasparente: critica all'aridità di un sistema, e critica alle ribellioni senili, che costituiscono per la comunità un grosso problema, e che sono innanzitutto una questione di sensibilità e di intelligenza. Del resto Totò, che impersona il testardo e sfasato generale a riposo, riflette a puntino la situazione con tutte le sfumature del personaggio creato da Rodolfo Sonego, l'inventore del personaggio - Sordi. Un Totò, in definitiva, molto controllato, e più patetico che comico, come lo sono tutti i casi di senilità quando bontà e non cattiveria li presiede. Altrimenti toccano la pura follia.

ma., «Il Piccolo di Trieste», 6 maggio 1954


Dopo il divorzio da Alberto Sordi, il soggettista e sceneggiatore Rodolfo Sonego si è rivolto a Totò. E il grande comico napoletano, dopo le frantumazioni degli ultimi lllm macchiettìstici, ha incontrato ne Il Comandante l’occasione per creare un personaggio: il colonnello (poi generale in pensione) Antonio Cavalli.

L’idea, quella di indagare il tramonto di un uomo d’arme, diviso fra la scrittura delle sue memorie di guerra, il fare la spesa, i trastulli dei giardini pubblici in compagnia d’altri ex, era buona; e non mancano nel film spunti brillanti e momenti di malinconica poesia. Ma troppe situazioni sono sfacciatamente prevedibili, alcuni aneddoti derivati dalla più illustre letteratura umoristica. Cosi, nell’insieme, il film lascia circolare fra una scena e l’altra, un po' di noia.

La grossa attrattiva dicevamo è, comunque, Totò che Paolo Heusch ha saputo mantenere in equilibrio, pur non mortificandone gli inconfondibili estri.

Impegnato a non perdere la stima della moglie, deciso a farsi valere anche in borghese, dopo un paio di imprese disastrose, un furto a sfondo galante e un mancato suicidio, il colonnello Cavalli finisce in riva al laghetto a giocare con i modellini radiocomandati, assistito da un ammiraglio; ex, naturalmente. Accanto a Totò, bravissima Andreina Pagnani; misurato Luciano Marin; elegante Linda Sini. Frastornante la musica di Umiliani.

a. s. (Alberico Sala), «Corriere dell'informazione», 12 giugno 1964


L'ultimo Totò, un amabile generale a riposo

Singolare e in un certo senso sconcertante è sempre stata la presenza di Totò nel cinema italiano. Si contano sulle dita, anche nel repertorio internazionale, attori comici che dispongano di un complesso somatico inconfondibilmente tipicizzato, tale da fissare da solo un personaggio e, per riflesso, un particolare schema di situazioni. Keaton rimane forse in questo senso l’esempio più calzante, altri grandi comici, a cominciare dallo stesso Chaplin o dai fratelli Marx, essendo stati costretti a fabbricare il loro personaggio con additivi di trucco.

Totò è Totò: è fisicamente lui e nient’altro. Quel viso lungo e tagliente a cui una bizzarra angolatura della mascella dà quasi una dimensionalità geometrica, quell’occhio vagamente a pesce dove la maligna arcuazione delle sopracciglia fa gioco e contrasto con la flaccida malinconia delle palpebre a borsa, quella figura smilza, mingherlina e puntata in cui gesti e movimenti hanno sempre una potenziale snodatura burattinesca, è già un vivente gag per se stesso. Oltre ciò un eccellente attore. Si direbbe: un tipo come questo avrebbe dovuto (se non formare addirittura oggetto di una produzione a sé) per lo meno essere adoperato solamente in cose confacenti alle sue qualità e alla sua classe. Invece, non so se per colpa sua, salvo rari casi, come quando Rossellini lo pigliò per "Dov'è la libertà", o Monicelli per "I soliti ignoti" - e mettiamoci pure se volete "Guardie e ladri" - generalmente fu destino di Totò essere sprecato nella confezione di modeste e scurrili farsette. Per cui non è da stupire se, logorato alla lunga da tanto mal uso, il personaggio Totò abbia finito alla lunga per perdere il suo originale e surreale mordente.

Per questo è dovere del cronista servizievole registrare l’ultimo suo film. "Il comandante", regista Paolo Heusch su soggetto di Sonego, smistato anch'esso nello stock della stagione bassa. E non tanto perché il film rappresenti uno sviluppo e una valorizzazione degli elementi specifici del personaggio Totò, ma perché offre all’attore la possibilità di costruire e condurre un carattere completo attraverso un’azione teatralmente coerente. E la storia di un bravo e inconcusso colonnello di fanteria promosso generale e collocato a riposo, il quale, ridotto a vita domestica quando ancora ha età ed energie per una vita attiva, e venendo cosi per forza a impicciare il ritmo e le abitudini del resto della famiglia, viene astutamente dirottato fuor di casa dalla moglie con un trucco: facendogli offrire un impiego da una impresa edile alla quale essa rimborsa poi sottomano ogni mese la metà dello stipendio del marito. Per combinazione titolari della ditta sono due giovanotti simpatici e pasticcioni, dalla gestione allegra (pare un destino quando al cinema occorre un ambiente da brubrù salta sempre fuori l’edilizia), per cui non soltanto il povero generale verrà ad accorgersi un giorno che l'impiego che gli dà la fierezza di un guadagno indipendente è pagato dalla moglie, ma verrà imbarcato dai due compari ad assumersi responsabilità che per poco non espongono il suo intemerato nome di soldato al rischio di una figuraccia giudiziaria. Alla fine, rinunciando alle velleità attiviste, egli si unirà ai suoi amici pensionati che vanno a giocare coi modellini radiocomandati sui laghetti di Villa Borghese.

Come vedete siamo ancora nella onesta, casalinga commedia borghese di carattere. Però "Il comandante" è un film piacevolmente sceneggiato, Andreina Pagnani dà garbo e credibilità al tipo della signora distinta trafficante di dubbie antichità attraverso aderenze mondane. Ma soprattutto Totò delinea un personaggio amabile e godibilissimo, e lo porta con estemporanea e misurata lepidezza, perfettamente dosata tra paradosso e verità.

Il comandante, Il comandante... Voi direte: che diavolo. ma non è generale? Sicuro, nel testo del film è un generale, e tutti lo chiamano generale. Ma poi si capisce che forse per via del famoso vilipendio (non si sa mai) hanno preferito non metterlo nel titolo. Cara, inguaribile, eterna Italia della foglia di fico.

Filippo Sacchi, «Epoca», anno XV, n.720, 12 luglio 1964


«Accanto a me ripudiò il clown»

Andreina Pagnani parla del film di stasera in tv. « Il comandante » aprì una nuova fase nell'arte del grande comico.

Nel film di questa sera in Tv, il Comandante», Andreina Pagnani appare al fianco di Totò nel ruolo importantissimo della moglie. Chiediamo alla celebre attrice un giudizio schietto, se occorre impietoso, su questo lavoro.

La moglie terribile. Nel film di questa sera, « Il Comandante», Andreina Pagnani, che il grosso pubblico ricorda soprattutto come la dolce e mite «signora Maigret» accanto a Gino Cervi, interpreta il personaggio di una moglie energica e impegnata nel campo degli affari, che aiuta il marito pensionato e provvede a sistemare l pasticci combinati da Totò.

R.: Ammetto che il film non è un capolavoro, ma è discreto, senz’altro tra i migliori di questo ciclo televisivo dedicato al comico napoletano. Se non registrò il successo che in sostanza meritava, fu perché De Curtis abbandonò, proprio qui, il repertorio clownesco per essere esclusivamente personaggio ed attore. Il grande pubblico, abituato ormai alle famose macchiette, non apprezzò appieno questa specie di metamorfosi.

D.: Secondo lei, il cambiamento del principe clown fu provvidenziale?

R.: Certamente. Totò era un attore versatile e sensibile; perché dunque esaurirsi in smorfie e sgambetti? La misura delle sue capacità si vede bene stasera in questo film diretto con buona mano da una giovane promessa di allora. Paolo Heusch, del quale, purtroppo, non ho più sentito parlare.

D.: Che cosa pensa di Totò uomo?

R.: Era un autentico signore, amabile, delicato, molto spiritoso.

D.: Che cosa ricorda, in particolare, di questa sua rara prestazione cinematografica?

R.: Ricordo che mi presi un mezzo esaurimento nervoso. Totò, ammalato agli occhi, doveva curarsi di continuo: il film andò così avanti a pezzi e bocconi e «sforò» di parecchi giorni. Mi venivano a prendere la mattina alle quattro per girare gli esterni e poi il pomeriggio e la sera provavo « Virginia Woolf » con Zeffirelli. Poi non ressi più e dovetti abbandonare quell'importante lavoro teatrale al quale tenevo tanto!

D.: Dovette cosi rinunciare a una bella esperienza teatrale per concludere la fase più commerciale della sua carriera?

R.: In fondo è cosi. Se per Totò « Il Comandante » rappresentò un riscatto artistico (e lo fu), per me fu un fatto, come dice lei, commerciale.

D.: Si trovò a suo agio in una parte comica, in mezzo a tutti comici?

R.: Mi trovai a meraviglia. Perché io sono principalmente un'attrice comica, genere recitativo che prediligo e che, come saprà, è anche il più difficile.

D.: In teatro, sul video e, più raramente, sullo schermo, lei appare dolce e remissiva. Senonché parlando con lei da vicino si ha tutt’altra impressione: quella di trattare con una donna dura, freddamente realistica, decisa.

R.: Ha indovinato. Io sono una leonessa, autoritaria e guardinga (altro che la signora Maigret!). Altrimenti, come avrei potuto fare tutto da sola nella vita?

D.: Romana genuina, qual è, in lei, il carattere dominante di questa razza?

R.: Il parlare franco, dire senza mezzi termini il mio pensiero. Odio il sotterfugio e spesso, nel discorrere, sono capace di commettere cattiverie senza volerlo.

D: Lei vive sola, non ha parenti, è arroccata — si direbbe — in una silenziosa serenità. Conosce la malinconia?

R.: Qualche volta la incontro. Però mi trovo bene cosi. Questa è sempre stata la mia vita: essere autosufficiente in tutte le cose.

Antonio Sangiorgi, «Corriere della Sera», 16 maggio 1973


Totò principe clown: IL COMANDANTE

ore 21,20 secondo

Nel Comandante, penultimo titolo previsto dalla sene televisiva curata da Domenico Meccoli, Totò è nei panni di un alto ufficiale in pensione, assolutamente incapace di adattarsi all'ozio e alla «diversità» della vita in abiti borghesi. Senza più soldati ne caserme su cui esercitare la propria autorità, il generale Cavalli non sa che fare. Prova a scrivere un memoriale (e naturalmente dovrà trattarsi di un memoriale «esplosivo»), ma nessuno pare disposto a prenderlo veramente sul serio, e il lavoro, dopo un po', gli viene a nota. A liberarlo dalle uggiose conseguenze dell'inattività ci prova la moglie, una donna impegnatissima in diverse e proficue imprese commerciali: per suo interessamento Cavalli viene assunto da una società di costruzioni edilizie, ma solo perché abbia l'illusione di essere ancora vivo e utile: in realtà, è la moglie stessa che gli passa lo stipendio.

Si sa come vanno le cose, a volte, nelle imprese edilizie italiane: i padroni adoperano senza scrupoli l'entusiasmo di Cavalli, e soprattutto la sua onestà senza macchia, per imbastire operazioni poco pulite e per coinvolgere in esse il vecchio militare, che vi si ingarbuglia a un punto tale da trovarsi a un passo dal «disonore» e addirittura dalla galera. Ancora una volta è la moglie a cavarlo dai pasticci, ma solo per consegnarlo, senza ulteriori speranze, alla definitiva solitudine della pensione, ai giochi puerili con i ragazzini dei giardini pubblici. Il comandante è stato diretto nel 1963 da Paolo Heusch, regista di buon mestiere e di disparate esperienze che esordi nel '58 con un insolito film di fantascienza all'italiana. La morte viene dallo spazio, e che ha poi dato prove convincenti soprattutto con Un uomo facile ('59, iti collaborazione con Fausto Tozzi) e Una vita violenta ( 62. in collaborazione con Brunello Rondi), dal romanzo di Pasolini.

Soggetto e sceneggiatura sono di Rodolfo Sonego, gli altri interpreti principali sono Andreina Bagnarli, Franco Fabrizi e Linda Sini, mentre l'azzeccato commento musicale si deve a Piero Umiliani. Molti critici hanno giudicato II comandante fra le cose migliori del Totò «attore», rilevando come il canovaccio e la regìa gli abbiano offerto l'occasione di abbandonare, una volta tanto, i consueti toni macchiettistici e farseschi, e di dedicarsi alla definizione di un autentico personaggio. A di là del quale, sia pure senza soverchia precisione e con intenti di satira che avrebbero potuto colpire i propri bersagli con maggior cattiveria, si intravede una realtà abbastanza riconoscibile, quella dell'arrivismo e della disonestà commerciale. Di contro ai giudizi positivi stanno quelli, del tutto opposti, di coloro che nel Totò personaggio e attore hanno sempre visto un impoverimento delle risorse clownesche del grande comico napoletano, per i quali ovviamente Il comandante è un'operazione cinematografica in pura perdita.

«Radiocorriere TV», anno 50, n.20, 13-19 maggio 1973


I documenti

Tutte le uscite home video del film "Il comandante" (1963) di Paolo Heusch, interpretato da Totò. Il film, per quanto seminale nella carriera dell’attore per la sua dimensione drammatica, ha avuto un destino editoriale piuttosto marginale, con uscite limitate, distribuite in sordina e spesso prive di restauri o approfondimenti critici. Nonostante la crescente rivalutazione critica del film, "Il comandante" resta ancora oggi uno dei titoli più trascurati nel panorama home video dedicato a Totò. Vediamo nel dettaglio tutto ciò che è stato pubblicato nel tempo.

📼 Uscite in VHS

🎬 General Video (anni ’80 / primi ’90)
  • Etichetta: General Video
  • Formato: VHS PAL
  • Anno di uscita: presumibilmente fine anni ’80 / primi anni ’90
  • Durata dichiarata: circa 89 minuti
  • Confezione: plastica rigida classica nera con fascetta illustrata (immagine spesso tratta da fotogrammi del film, non sempre fedelmente colorata)
  • Audio: italiano mono
  • Sottotitoli: assenti
  • Extra: nessuno

📌 Si tratta di una delle prime edizioni home video mai realizzate del film. Qualità video mediocre, master derivato da fonte televisiva, nessun restauro. Circolò soprattutto in videoteche regionali, raramente nella grande distribuzione.

🎬 Domovideo / Prisma Video (anni ’90)
  • Etichetta: Prisma Video (marchio Domovideo)
  • Anno: metà anni ’90
  • Distribuzione: edicola e circuito GDO
  • Confezione: amaray VHS con copertina in cartone lucido
  • Contenuti: film integrale (non restaurato)
  • Note: spesso venduta in collana con altri titoli minori di Totò

📌 Questa edizione mirava al collezionismo popolare, ma senza alcuna cura filologica. Colori sbiaditi, audio spesso disturbato, ma era l’unica disponibile in molte province italiane.

💿 Uscite in DVD

📀 San Paolo Multimedia – Collana “Totò” (2003)
  • Anno di uscita: 2003
  • Distribuzione: vendita in abbinamento a riviste o tramite librerie cattoliche (San Paolo)
  • Formato: DVD 5 (single layer)
  • Lingua: italiano mono
  • Sottotitoli: assenti
  • Extra: nessuno
  • Durata: 87 minuti
  • Aspect ratio: 4:3 fullscreen

📌 Edizione di base, da catalogo, senza restauri, con un master vecchio, probabilmente derivato da supporto analogico, ma visivamente più stabile rispetto alle VHS precedenti.
Audio gracchiante, colori slavati, nessuna informazione storica allegata. Fu venduto in librerie e supermercati, spesso in confezione economica senza fascetta interna illustrata.

📀 Fabbri Editori – Collana “Totò il Principe della risata” (2004–2006)
  • Uscita: fascicoli settimanali da edicola
  • Distribuzione: Fabbri/RCS
  • Anno: presumibilmente 2005
  • Numero fascicolo: variabile (non sempre inserito nelle prime uscite)
  • Contenuti del fascicolo: scheda critica, foto, contesto storico
  • Contenuti DVD:
    • Film integrale
    • Master identico a quello San Paolo
    • Qualità mediocre
    • Nessun restauro
    • No extra video

📌 Il valore aggiunto qui era il fascicolo cartaceo, che però spesso conteneva schede generiche non firmate da studiosi noti. Il DVD in sé riproponeva lo stesso master difettoso della versione San Paolo.

📀 DNA / Medusa (Totò Collection) – Non pubblicato

Nonostante la collana “Totò Collection” curata da Medusa / DNA (fine anni 2000) abbia riscoperto e restaurato alcuni film di Totò come "Totò, Peppino e la malafemmina", "La banda degli onesti", ecc., "Il comandante" non è mai stato incluso in quella linea editoriale.

Una mancanza significativa, considerando l’importanza artistica del film. Ma è probabile che i diritti, lo scarso successo e la qualità dei materiali disponibili abbiano ostacolato il restauro.

📀 Uscite estere e rarità collezionistiche
🌍 Uscite internazionali

Ad oggi non risultano edizioni estere ufficiali del film in lingua straniera (né con sottotitoli inglesi, né doppiaggi).

Nessuna distribuzione nei mercati:

  • USA (no Criterion, Kino, ecc.),
  • Francia (Gaumont, Carlotta, ecc.),
  • Germania,
  • Giappone (Toho, Shochiku).

Alcuni collezionisti riportano copie non ufficiali (bootleg) di origine francese e spagnola, ma si tratta di edizioni pirata vendute online con audio italiano e sottotitoli automatici, non autorizzate né restaurate.

📀 Streaming e piattaforme digitali

Attualmente NON disponibile sulle principali piattaforme legali (2025):
  • Netflix: ❌
  • Prime Video: ❌
  • Apple TV: ❌
  • RaiPlay: ❌
  • Infinity/Mediaset: ❌
  • Mubi: ❌
  • YouTube Movies: ❌

Circolano online copie integrali su siti non ufficiali (YouTube e simili), ma in qualità bassissima, non autorizzate e soggette a rimozione.

📀 Blu-Ray? Restaurato? Neanche per sogno.

Purtroppo "Il comandante" non ha mai conosciuto un’edizione in Blu-Ray. Nessun restauro, nessuna scansione in HD, nemmeno tra le operazioni di archiviazione Rai o Istituto Luce.

È uno dei pochi film tardivi e drammatici di Totò che non è mai stato oggetto di valorizzazione filologica o filmonica.
Eppure, un'uscita restaurata accompagnata da saggi critici, interviste, dietro le quinte e commenti storici sarebbe oggi un vero risarcimento culturale per questo film tanto trascurato quanto prezioso.

📚 Conclusione: un fantasma nel catalogo

Il comandante, a dispetto del suo valore storico, interpretativo e simbolico nella carriera di Totò, è stato trattato come un parente scomodo: citato poco, ristampato male, dimenticato dai restauratori.

🔍 L'ultima edizione ufficiale degna di nota risale al 2005 con Fabbri, e da allora il silenzio.

Manca un’edizione critica, mancano i sottotitoli per i non udenti, manca una digitalizzazione degna del nome.
Ma ciò che davvero manca è il riconoscimento che questo film — e il Totò che vi respira dentro — meriterebbero.
Un’edizione restaurata, con fascicolo storico, testimonianze, documenti di lavorazione e magari anche le interviste di Bersani e Fallaci, potrebbe finalmente riportarlo tra i film da (ri)scoprire.


Un giorno mi trovavo a trattare un affare con due industriali giovani, ricchi e un po' rozzi. A un certo punto restammo senza sigarette e uno dei due suonò il campanello per chiamare il fattorino e mandarlo dal tabaccaio. Sento bussare alla porta, mi volto e vedo entrare un vecchio signore compito, un autentico gentiluomo: il fattorino era lui. Qualche giorno dopo tornai in quell'ufficio proprio per conoscerlo, così seppi che era un alto ufficiale in pensione, stretto dalla necessità di arrotondare l'assegno che gli passava lo Stato. La storia del ‘‘Comandante" è un po' la sua storia.

Rodolfo Sonego


Fotografia originale (1963) Britt Ekland durante una pausa sul set del film Il comandante (in fotografia si intravede la roulotte di Toto) - Collezione Domenico Livigni.


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Un grande Totò affronta il tema della vecchiaia. Film che mescola trovate umoristiche a trovate malinconiche, che talora si fondono (si pensi alla scena del treno che cambia binario). Film gradevole, che purtroppo sconta alcune lungaggini, specialmente nella parte finale, che allungano il brodo. Cast disuguale: perfetti i grandi nomi, dimenticabili gli altri.
    I gusti di B. Legnani (Commedia - Giallo - Thriller)

  • Un Totò anomalo (e notevole) ci accompagna malinconicamente nel tema della terza età, o meglio nelle tristi more della pensione in cui un ex generale si sente ormai inutile. Il tono complessivo da commedia non evita l'amarezza e apre a un altro tema importante, cioè la trasformazione sociale dei primi Anni Sessanta, a sottolineare ulteriormente il senso di distacco e disagio dell'anziano militare: altri modi di vivere e soprattutto la spregiudicatezza di due palazzinari da boom. Avrebbe potuto diventare un grande film, ma anche così lascia il segno.
    I gusti di Pigro (Drammatico - Fantascienza - Musicale)

  • Pellicola malinconica, dove Totò (il generale Cavalli), dopo essere andato in pensione, finisce nelle mani di un immobiliare truffaldino. Il film non ha sprint e il copione è piuttosto povero di battute. Ma la cosa che più colpisce è vedere Totò raggirato e usato come un pupazzo (trattamento che di solito è lui a riservare agli altri). E nell'unico momento in cui potrà alzare la cresta davanti alla moglie ("C'è chi scende e chi sale. Io salgo"), arriverà puntuale la batosta. Non ci siamo. Questo personaggio era poco adatto a lui, anche se la sua bravura non si discute.
    • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il generale (Totò) viene mandato a comprare le sigarette, con e senza filtro. Arrivato al negozio, non ricorda la marca e compra mezzo chilo di sale.
    I gusti di Puppigallo (Comico - Fantascienza - Horror)

  • Il colonnello Antonio, ottenuta la promozione a generale insieme alla messa a riposo, non sa rassegnarsi alla vita da pensionato e tormenta la moglie con la propria insoddisfazione, fino a spingerla ad architettare un affettuoso inganno... Una delle interpretazioni più "serie" di Totò, sia per i temi trattati che per il tono malinconico, con punte di amarezza inconsuete per una commedia di questo tipo, prevalenti sulle occasioni di sorriso legate soprattutto all'ingenuo egocentrismo del protagonista, che si ritrova "nudo" una volta spogliato della divisa con cui si è identificato per decenni.
    • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il salvataggio della stufa .
    I gusti di Daniela (Azione - Fantascienza - Thriller)

  • Un Totò misurato nelle movenze e umano negli sguardi domina una malinconica commedia sul tema della vecchiaia. Bellissimo il personaggio principale (un generale che non vuole arrendersi all’incombere della terza età), credibile e ricco di dettagli di indubbia finezza, mentre la regia riesce, senza inutili cadute nel dramma, a far trasparire tramite brillanti trovate tutta la sua solitudine e la sua voglia di rivalsa. Peccato per il ridondante e poco credibile segmento aziendale, ma il film non si dimentica.
    I gusti di Deepred89 (Commedia - Drammatico - Thriller)

  • Uso a comandare in caserma, una volta in pensione si sente perduto: si alza all’alba senza uno scopo, tenta la via del memoriale di guerra ma chi glielo pubblica? A contatto con un mondo che non conosce è il Totò attore più vero, lontano da frizzi e lazzi e costretto solo a scontare una sceneggiatura troppo debole per la forza del suo personaggio. Colpisce e intenerisce, porta a riflettere sulla terza età ma in fin dei conti ti saluta lasciandoti non molto più che la profondità di quel suo sguardo così umano e comunicativo che forse sì, da solo bastava a spiegare il comandante.
    • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Prima del congedo fuori di casa: il mezzo del lavaggio strade lo evita e spegne il getto. Dopo: lavato...
    I gusti di Zender (Comico - Fantascienza - Horror)

  • È un Totò malinconico, triste, molto lontano da quello che siamo abituati a vedere. In un connubio riuscito di commedia e dramma, il regista Heusch vuole mostrare l'altra faccia del grande comico napoletano, quella drammatica. E a parte qualche tempo morto di troppo, l'operazione si può dire riuscita. Ottimo anche il resto del cast con il maneggione Fabrizi su tutti. Da riscoprire.
    I gusti di Lovejoy (Comico - Horror - Western)

  • Tra i film del Principe meno comici uno dei migliori. La sceneggiatura di Sonego permette a Totò di mostrare appieno le sue doti di attore a tutto tondo: misurato, naturale, realistico e quasi commovente nella sua continua ricerca del rendersi utile post-pensione. La regia di Heusch è corretta quanto basta per esaltare le situazioni, non tutte indovinate ma che il protagonista tiene immancabilmente in piedi, affiancato pure da validi comprimari come la Pagnani e Fabrizi. Notevole, poco conosciuto ma da riscoprire.
    I gusti di Rambo90 (Azione - Musicale - Western)

  • Mi è sembrato molto adatto Totò come protagonista in questo film: non esaltante, ma ritrae certi aspetti umani e sociali (militari compresi) in modo caustico e piuttosto realistico. La distanza che c'è tra la vita di caserma e la società civile è evidenziata al massimo da un Totò (generale in pensione) bravissimo a risultare, oltre che patetico, cieco e ingrato verso tutti, con un ego smisurato che lo pone ridicolamente al di sopra di tutto. Buona l'idea di farlo scontrare con il mondo dei palazzinari avventurieri della Roma di allora.
    I gusti di Saintgifts (Drammatico - Giallo - Western)

  • Al crepuscolo della sua carriera Totò ricorda a tutti le sue doti di attore drammatico interpretando un generale incapace di accettare il pensionamento. L'interpretazione è ottima e riesce a evidenziare ogni sfumatura del personaggio: la presunzione e la saccenteria di un militare ormai fuori dal tempo e le problematiche di una persona anziana. Anche il soggetto di Sonego non è male, per quanto Heusch lo allunghi qualche minuto di troppo. Tra i comprimari va ricordato Franco Fabrizi, convincente nei panni di un furbetto di quartiere.
    I gusti di Minitina80 (Comico - Fantastico - Thriller)

  • Nonostante al cinema questo film non abbia avuto successo, troviamo invece un Totò insolitamente amaro e a tratti divertente in una commedia dai toni ora tristi ora allegri. Brava Andreina Pagnani nei panni di sua moglie. Qualche momento di debolezza affiora, ma ci troviamo davanti a un interessante film sicuramente da rivalutare.
    I gusti di Gabrius79 (Comico - Commedia - Drammatico)

  • Bisogna capirsi: il film ha una sua commossa dignità; la sceneggiatura di Sonego, attenta alla psicologia dei personaggi e al realismo della cornice ambientale, è ben congegnata grazie al canone estetico zavattiniano del pedinamento del personaggio; il Generale Cavalli, dopo la sua collocazione a riposo, ha una profondità pirandelliana, non é più nessuno ma solo un'anima pietosa, isolata e abbandonata da tutti, la regia di Huesch è lucida e razionale, ma cosa c'entra questa storia, questo personaggio della "Roma bene" con la maschera "astorica" di Totò?
    • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena di Villa Borghese, quando il Generale in pensione fa il saluto militare a due marinai e questi lo prendono per matto...
    I gusti di Graf (Commedia - Poliziesco - Thriller)

  • Totò è sempre Totò, molto più eclettico di quanto la sua carriera non dica, incredibilmente naturale: non fa eccezione uno dei pochi ruoli drammatici interpretati insieme a Uccellacci e uccellini. Il film però è un po' sommesso, sceneggiatura passabile ma di approfondimenti sui personaggi pochi. Ottimo, ma senza la grande perfomance del De Curtis non so quanto avrebbe colto nel segno.
    I gusti di Stelio (Animazione - Commedia - Drammatico)

  • Uno dei pochi film che annovera un Totò quasi completamente serio (d'altro canto è il personaggio che lo richiede) e spogliato del suo essere dispensatore di battute e cattiverie. ci si avvicina un poco a Umberto D., se non altro come tematica. C'è ben poco della commedia, anche se ci si sforza di mantenere un tono leggero. Merita sicuramente di essere visto e rivalutato, visto che all'epoca non ebbe un grande successo. Forse uno dei migliori dell'attore napoletano. Da ricordare un luciferino Fabrizi.
    I gusti di Maxx g (Comico - Horror - Western)

  • In questo film colpisce (e a tratti disorienta) la maschera di Totò che, spogliata di qualsiasi fine comico, appare drammatica, perfino tetra. La sceneggiatura è interessante, con il protagonista che da una posizione di comando deve affrontare le alterne vicissitudini di pensionato inutile e manipolato. Forse con una regia più sicura, affidata a qualche altro nome, si sarebbe evitata una certa senzazione di lentezza.
    I gusti di Roger (Comico - Commedia - Drammatico)

  • Il tema del film, cioè quello dell'uomo arrivato alla pensione dopo aver occupato un posto di comando, è stato trattato nel cinema sempre con difficoltà in quanto la gente non ama essere troppo rattristata al cinema, vedi il film Umberto D. Qui Totò cerca di addolcire il tema con la sua comicità e in parte ci riesce, tuttavia il Totò alto borghese piace di meno per cui dopo questo film dovrà ritornare alla sua macchietta con il frac e i lacci delle scarpe come cravattino a fare delle gag con Mina alla televisione e nella serie tv TuttoTotò.
    • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Mio figlio il bello dove sta? Eccolo qua, si sta pettinando!" (Totò critica il figlio che pensa a sistemarsi i capelli durante l'incendio della casa).
    I gusti di Squash (Comico - Commedia - Horror)

  • Che bel film! Qui Totò raggiunge il vertice assoluto: non è mai comico e il suo personaggio è molto legato grazie a Rodolfo Sonego alla commedia all'italiana vera e propria che spopolava negli anni 60. Avrei preferito in regia un Risi o un Comencini, c'era molto da ottenere da un personaggio come questo, scritto in stato di grazia da Sonego e interpretato magistalmente da Totò. L'insuccesso del film è dovuto proprio alla regia, non particolarmente adatta ad un film ambizioso come questo, che doveva rivelare un Totò tragico.
    I gusti di Peppino (Comico - Commedia - Drammatico)



Uniforme di colonnello dell'Esercito Italiano, indossata da Totò per interpretare il ruolo di Antonio Cavalli nel film "Il comandante", conservata nel suo baule di scena



Per trascorrere le notti insonni, Totò aveva a disposizione un radioricevitore Zenith Trans Oceanic Model Royal 3000, con il quale spesso amava ascoltare fino a tarda notte le telefonate di persone che conversavano con parenti mentre erano in navigazione sulle navi. Originariamente la radio era custodita a bordo dell'"Alcor". La radio compare in una breve sequenza del film "Il comandante"

Le incongruenze

  1. Dopo una mattinata di lavoro in ufficio, Totò va a pranzare in una mensa. Mentre cerca un tavolo libero reggendo il vassoio con le portate scelte viene urtato e, dal vassoio, cade una pera. Nella scena seguente Totò si siede a un tavolo e la pera è misteriosamente al suo posto.
  2. Quando Totò scappa di casa e la nuora lo insegue, egli si nasconde dietro una lastra, la nuora continua e gira l'angolo della strada. Quindi Totò torna indietro e inizia a salire una scalinata lì vicino, poi la nuora sbuca da sopra la scalinata. Già è strano che dalla strada imboccata dalla nuora ci fosse un'altra scala che portasse al livello superiore (ma tutto è possibile e non sarebbe un vero blooper), ma l'errore sta nel fatto che non avrebbe avuto il tempo di fare tutta quella strada in quanto da quando aveva svoltato l'angolo era passata una manciata di secondi.
  3. Quando la nuora raggiunge Totò dopo una lunga corsa (e il comandante interpretato da Totò è un anziano pensionato), nessuno dei due mostra il minimo affanno, nè una goccia di sudore
  4. Totò sta scrivendo un manoscritto sulle sue memore e dice ad un amico che è arrivato a 2000 pagine in 8 mesi. Ma quando scoppia l'incendio nel suo studio rimprovera la moglie di non aver salvato lo scritto e che sono andate perse 1200 pagine e 8 mesi di lavoro
  5. Quando scoppia l'incendio nello studio di Totò, questi averte i vigili che ci sono delle bombe a mano, ricordi di guerra. Infatti poco dopo scoppia tutto, ma l'inquadratura mostra l'esplosione di petardi, e i rumori che si odono sono chiaramente di tric-trac. Non c'era intento comico nella scena (come in altri film di Totò), per cui è ravvisabile un blooper.
  6. Quando i due militari di leva aprono lo sportello dell'auto, chiedono al neo-generale Cavalli (Totò) se vuole un aiuto per scendere. La risposta è un "No, prego" che esce dalla bocca semiaperta, ma immobile, dello stanchissimo generale.
  7. A tavola con la famiglia, Cavalli (Totò) festeggia il nuovo posto di lavoro. La nuora gli chiede quanto prende di stipendio e una voce molto diversa da quella di Totò risponde "sessantamila" ma, se si osserva bene, Totò guardando la nuora le dice solo un distratto "sì
  8. Durante il discorso di commiato del comandante agli ufficiali del reggimento, si vede chiaramente nella panoramica che le giubbe di alcuni di essi sono senza mostrine (per la cronaca, quelle del 17° Rgt. f. "Acqui"): blooper imperdonabile, visto che allora si veniva messi agli arresti per molto meno
  9. Nella scena, all'inizio del film, dopo la scena della radio che trasmetteva "guarda come dondolo", Totò sta scrivendo un romanzo e si vede una lampada sul tavolo con un inclinazione verso l'alto, ma, nel cambio dell'inquadratura, la lampada si è abbassata
  10. Nei titoli di testa, il cognome di Britt Ekland viene storpiato in Eklund

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.

La piazza dove il generale Cavalli (Totò) esce dalla metropolitana (fermata Cavour) e vede la moglie entrare in macchina col vecchio Torquato (lo aiuta a salire perchè zoppo), mentre c'è molta gente che osserva e applaude lo spettacolo di un saltimbanco è piazza della Suburra a Roma, all'uscita della stessa metropolitana dove Totò propone il malaffare a Lo Turco in "La banda degli onesti" con annesso Bar dove prendono il caffè "con molto zucchero"

Ecco che in questa inquadratura si vede una parte della stazione Cavour, caratterizzata da due scale ai lati

Il palazzo dove abita il Col. Antonio Cavalli (Totò) è Villino Cirini in Via Ugo Bassi 1 in Monteverde Vecchio a Roma. Questo l'ingresso

Qui vediamo Totò in versione comandante che, appena uscito di casa, si dirige verso via Saffi mentre la macchina del lavaggio strade si ferma per non spruzzargli addosso

Il medesimo edificio è presente anche in Ma che colpa abbiamo noi e in Romanzo criminale (dov'è il bordello di Patrizia). Lo studio dove Totò si isola per scrivere il suo memoriale è all'ultimo piano della torretta

Un soldato piantona la casa del generale appena promosso

Il parco dove Totò va spesso durante il film (e con lui la moglie) è quello di Villa Borghese a Roma. Sullo sfondo del laghetto, immancabile e scenografico, il tempietto di Esculapio

E' ovviamente sempre lo stesso laghetto (con tempietto) quello dove gli amici pensionati di Totò fanno andare le loro barchette radiocomandate e sul quale si chiude il film

I palazzi che si vedono sullo sfondo quando Totò, uscito dallo studio dove lavora, va in tabaccheria per comprare le sigarette (comprerà invece il sale causa amnesia) sono, come ha notato il sempre bravo Ellerre, quelli di via Nedo Nadi a Roma. Al solito gli alberi impediscono una vista decente, ma il posto, soprattutto visto ad esempio in Bing, ne dà chiara conferma

PASSEGGIATA AL PIAZZALE... La piazza dove, con gli amici pensionati, il comandante (Totò) passeggia parlando di hobby e di come arrotondare la pensione, è Piazzale Clodio a Roma.

...CON VISTA SUL PARAFULMINE: Durante la passeggiata tuttavia, l'ex professore Paganelli dice di aver piantato sul tetto di casa sua un parafulmine e lo indica (è quello che vedete sul tetto qui sotto), solo che quella particolare casa non sta in piazzale Clodio ma in via Luigi Settembrini 1

Il misterioso "parafulmine" tra l'altro è ancora lì identico. A voi scoprire (ma la risposta è ovvia) se da dov'era (A) il professore potesse davvero mostrare il tetto di casa sua (B)

Il punto in cui Totò, dopo aver acquistato il sale perché s'era dimenticato di cosa doveva davvero comprare in tabaccheria, lo sta per gettare infastidito, è sempre all'Eur, sopra la Passeggiata del Giappone

Ecco Totò che sta per gettare il sale infastidito verso il laghetto dell'Eur. Da queste scalette si vede la metropolitana dell'Eur. L'inquadratura della cinepresa è visibile nella mappa qui sopra

Il palazzo dove lavora Totò è il noto palazzone dell'Eni in Viale dell'Arte all'Eur di Roma
Ecco come si presenta oggi il noto grattacielo

Lo spiazzo dove Totò raggiunge il suo datore di lavoro (Franco Fabrizi) al quale deve portare una mappa (che invece ha dimenticato disgraziatamente a casa) è davanti a via Giovani Fabbroni, alla periferia nord di Roma. Si osservi qui il palazzo A

Questi invece i palazzi lungo Via Giovanni Fabbroni. Esiste ancora la casupoletta B che ci permette di individuare il punto esatto in cui era Totò
Ecco infine la tavola che ci mostra con esattezza i palazzi individuati e il punto in cui stava Totò

La caserma dove comanda (prima di essere promosso a generale e congedato, a inizio film) il colonnello Antonio Cavalli (Totò) è a sorpresa il Palazzo Ducale in Piazza Roma a Modena, sede della prestigiosa Accademia Militare di Modena

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08 Gen 2018

Totò, l'invenzione e l'improvvisazione

Totò, l'invenzione e l'improvvisazione 📚 Indice degli Argomenti 🎭 I lazzi sulle tavole del palcoscenico 🎬 Il cinema: la troupe e gli attrezzisti come pubblico Totò teatrale e Totò…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Il cervello di Alberto Sordi", Tatti Sanguineti, Adelphi, Milano 2015, p. 235
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Totò: principe clown", Ennio Bìspuri - Guida Editori, 1997
  • Filippo Sacchi, «Epoca», anno XV, n.720, 12 luglio 1964
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • «Tempo», anno XXV, n.40, 5 ottobre 1963
  • Giulio Cattivelli, 1964
  • A. Ce., «Corriere della Sera», 12 settembre 1963
  • Franco Tosi, «La Gazzetta di Mantova», 7 novembre 1963
  • Giancarlo Del Re, «Il Messaggero», 7 novembre 1963
  • «Il Messaggero», 12 dicembre 1963
  • Alberto Moravia, "Il generale dietro la scrivania", «L’Espresso», 5 gennaio 1964, Busta T09, fase. ‘Totò’, Fondo Calendoli
  • Angelo Maccario, «Il Messaggero», 13 gennaio 1964
  • ag. sa., «L'Unità», 19 gennaio 1964
  • G. L. R. (Gian Luigi Rondi), «Il Tempo», 19 gennaio 1964
  • Bir., «Il Messaggero», 20 gennaio 1964
  • b. s., «Momento Sera», 20 gennaio 1964
  • ma., «Il Piccolo di Trieste», 6 maggio 1954
  • a. s. (Alberico Sala), «Corriere dell'informazione», 12 giugno 1964
  • Filippo Sacchi, «Epoca», anno XV, n.720, 12 luglio 1964
  • Antonio Sangiorgi, «Corriere della Sera», 16 maggio 1973
  • «Radiocorriere TV», anno 50, n.20, 13-19 maggio 1973