Carlo Croccolo, la voce di Totò
«Totò aveva le retine malate — ha detto Croccolo — e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scene girate in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché Totò non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle proprie labbra. Le scene girate in interni, invece, sono tutte autentiche, in presa diretta. L'ho aiutato in una trentina di film dopo il 1958. Mi fece giurare che non avrei parlato con nessuno dei miei interventi. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia».
Carlo Croccolo
Serena Iannicelli, «Radiocorriere TV», 9 giugno 1990. «Io e il principe»
«Si, dovevo doppiare Totò»
Sorprendente rivelazione sul grande comico napoletano nel venticinquennale della scomparsa - Carlo Croccolo : era malato, dopo il '58 gli ho prestato la voce in trenta film.
ROMA
Totò, il grande comico napoletano del quale ricorre il venticinquennale della scomparsa, fu costretto negli ultimi anni della carriera a farsi doppiare in molte scene cinematografiche da Carlo Croccolo a causa di gravi problemi agli occhi. La notizia, contenuta nel libro di Giancarlo Governi «Io sono Totò», è stata confermata da Croccolo durante la presentazione dell'iniziativa editoriale multimediale «Lei non sa chi sono io», realizzata dalle consociate Rai Fonit Cetra, Nuova Eri e Videorai, che ripercorre la carriera artistica del principe de Curtis in due videocassette corredate dal saggio biografico di Governi.
«Totò aveva le retine malate — ha detto Croccolo — e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scene girate in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché Totò non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle proprie labbra. Le scene girate in interni, invece, sono tutte autentiche, in presa diretta. L'ho aiutato in una trentina di film dopo il 1958. Mi fece giurare che non avrei parlato con nessuno dei miei interventi. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia».
L'ostracismo della cultura italiana dell'epoca verso il genio artistico di Totò. che fu anche autore di poesie e canzoni divenute celebri, è stato ricordato da Lello Bersani, autore nel ’65 di una celebre intervista tv al principe de Curtis, riproposta in «Lei non sa chi sono io»: «I critici — ha detto — si divertivano con i suoi film ma poi li condannavano». In quell'eccezionale documento Totò si rivelò con lucidità, ironia e senza segreti, recitando con straordinaria commozione la sua poesia più celebre. «’A livella». Si scopre cosi la difficile convivenza fra il principe e il comico, il «servitore» Totò che vive in cucina, la gioventù in via Santa Maria Antesaecula. in «Rione», gli inizi con la Commedia dell'Arte che gli insegnò l'improvvisazione, vera perla di ogni suo film, poi il varietà, la rivista, la commedia musicale, il cinema. «Lui è un pagliaccio, un attore: io una persona per bene», afferma il principe, legato al titolo e al blasone, che solo agli amici più cari permetteva di chiamarlo affettuosamente Totò.
«Totò — ha aggiunto Carlo Sartori, direttore editoriale della Nuova Eri — era vittima della cultura cattolico-comunista prevalente a quei tempi, che anteponeva la tragedia alla commedia. In quest’ultimo genere d'arte si intravedeva una forma di disimpegno, non produttiva da un punto di vista politico».
Un atteggiamento destinato a mutare con il passare degli anni e che «Lei non sa chi sono io» documenta attraverso scritti di Federico Fellini, Umberto Eco, Cesare Zavattini, Eduardo De Filippo, esempi del ripensamento dei massimi esponenti della cultura nazionale nei confronti dell'opera cinematografica dell’attore napoletano: «Ricordate Totò? — si domandava Fellini nel 1980 — Che stupefacente, misteriosa apparizione!».
«Corriere della Sera», 15 ottobre 1992
Totò doppiato da Croccolo
Totò, il grande comico napoletano del quale ricorre il venticinquennale della scomparsa, fu costretto negli ultimi anni della carriera a farsi doppiare in molte scene da Carlo Croccolo, per gravi problemi agli occhi. Lo racconta Giancarlo Governi nel libro (do sono Totò» e lo ha confermato ieri Croccolo, presentando «Lei non sa chi sono io», due videocassette che ripercorrono la carriera artistica del principe De Curtis. «Totò aveva le retine malate - dice Croccolo - e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scene in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle sue labbra. L'ho aiutato in una trentina di film. Mi fece giurare che non ne avrei parlato con nessuno. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia». E' noto infatti l'ostracismo della cultura italiana dell'epoca verso il genio di Totò.
Simonetta Roblony, «La Stampa», 15 ottobre 1992
«Lei non sa chi sono io». Il ricordo di Carlo Croccolo, la "voce" dei suoi ultimi film
In libreria un omaggio a Totò
ROMA
Una celebrazione al giorno. Il venticinquennale di Totò (della sua morte, avvenuta il 15 aprile del 1967) rischia di essere più festeggiato del bicentenario di Rossini oppure del cinquecentenario della scoperta d'America, E si tratta, per fortuna, di celebrazioni molto festose, credibilmente sincere. Per una volta è Totò ad avere torto: non sempre la morte è 'na livella. In questi giorni scendono in campo la Rai e due sue consociate (Nuova Eri e Fonit Cetra) con un’iniziativa che nasce all'insegna spinta del marketing e delle sinergie.
Con il titolo «Lei non sa chi sono io» itinerario inusitato e divertentissimo tra le opere illustri e inedite del celeberrimo comico e principe napoletano Antonio De Curtis, in arte Totó, è da qualche giorno in libreria (e nelle videoteche) un cofanetto che contiene due cassette e un libro di Giancarlo Governi (Io sono Totó) presumibilmente destinati a diventare un ricercato oggetto di regalo soprattutto pensando alle prossime festività natalizie. La prima delle due videocassette ripropone un’antologia delle gag più esilaranti tratte dai suoi film; la seconda invece è una cavalcata tra le apparizioni televisive di Totò, compresa una stupefacente intervista rilasciata a un Lello Berlini consapevolmete calato in un ruolo che assomiglia molto a quelli abitualmente ricoperti da Mano Castellani, con il «principe» seduto comodamente nel suo salotto, a parlar male di quel Totò alle cui spalle vive ma cui non riconosce pari dignità e che pertanto è costretto a tenere segregato in cucina, Lello Bersani è stato, ieri a Roma, uno di quelli che hanno presentato alla stampa l’iniziativa di VideoRai.
Accanto a Carlo Sartori, direttore editoriale della Nuova Eri, a Luciano De Crescenzo (uno dei tanti «orfani» inconsolati del grande comico, come Renzo Arbore che ha scritto una prefazione al libro di Governi) e a Carlo Croccolo. La presenza di quest'ultimo ha consentito anche di ricordare un episodio poco noto di cui si è cominciato a parlare con discrezione solo dopo la morte dell'attore. Croccolo è stato per molti anni, praticamente dalla fine degli anni Cinquanta in poi, la «voce» di Totò, quella che doppiava gran parte dei film da lui interpretati. In realtà Totò recitava in presa diretta nelle scene girate in interni ma non era in grado nelle scene (quasi tutti gli esterni) che lo richiedevano, a causa di una grave e progressiva malattia agli occhi che gli rendeva quasi impossibile vedere con chiarezza i movimenti labiali e dunque «sincronizzare» la voce. «L'ho aiutato in una trentina di film», raccontava ieri leggermente commosso Carlo Croccolo, uno dei pochi ad avere il privilegio di poterlo chiamare Totò anche nella vita. «Ma mi fece giurare che non ne avrei parlato con nessuno. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia»
Da. Fo., «L'Unità», 15 ottobre 1992
Carlo Croccolo svela un segreto sul grande comico
«Per anni Totò ha parlato con la mia voce»
L'attore napoletano, che è stato uno dei pochissimi amici intimi del "principe della risata”, racconta come negli ultimi anni di lavoro Totò, ormai diventato quasi completamente cieco, lo avesse scelto come doppiatore dei suoi film - «Mi aveva chiesto di mantenere questo segreto», dice Carlo Croccolo «perché nessuno nel mondo dello spettacolo sapesse quanto grave fosse la sua menomazione» - «E’ stato un grandissimo maestro nella professione ma anche nella vita»
Pierangelo Rossi, «Gente», anno XXXVI, n.48, 23 novembre 1992
Croccolo la voce di Totò
ROMA
Carlo Croccolo sta facendo parlare di sé. In un teatro romano, con la sua comicità casareccia e rumorosa, ma con radici ben piantate nella commedia dell’arte, sta richiamando grande pubblico, magari quello di bocca buona. La critica, anche se con riserva, gli è stata favorevole. Croccolo ha portalo sul palcoscenico Charle's Aunt (la zia di Carlo), commedia che l'inglese Brandon Thomas ha scritto cento anni fa in piena epoca vittoriana Ma l'attore-regista-impresario l'ha quasi completamente riadattata, in pratica lasciandole soltanto l'ossatura e il tema di partenza tant'è vero che un po' scherzando e un po’ sul serio dice: «più che la zia di Carlo è la zia di Carlo Croccolo. L’ho rielaborata in un mese insieme con Marcella Pagliero». [...]
Carlo Croccolo è senza dubbio un personaggio a sé stante nello zoo teatral-cinematografico. Ha cominciato recitando alta radio e doppiando Oliver Hardy, quindi creò la fortunata macchietta del marmittone, soldato dappoco che pensa solo alla marmitta del rancio. E' poi passato al cinema interpretando ruoli di comicità vagamente surreale, per qualche anno è stato chiamato a sostituire Totò nel doppiaggio della sua voce. Racconta: «Ero molto amico di Totò e lui mi stimava, mi spinse avanti, mi aiutò molto. Poi si accorse che avevamo lo stesso timbro di voce».
C’e stato chi lo ha accusato di aspirare a sostituirsi al grande comico napoletano. Lui naturalmente nega e spiega: «Tutti sanno che Totó era stato colpito da una grave affezione agli occhi e, negli ultimi dieci anni della sua vita anche se cercava di nasconderlo e se non tutti lo sapevano, praticamente non ci vedeva più. Poteva benissimo continuare a recitare, ma quando si trattava di doppiare se stesso, cioè mettersi davanti allo schermo e, in base alle espressioni e ai movimenti delle labbra del filmato, dire le sue battute, non riusciva ad ottenere la sincronia. Occorreva dunque qualcuno che si sostituisse a lui. Ma non doveva essere un imitatore, altrimenti sarebbe bastato chiamare Noschese. Si voleva un attore che parlasse con la sfessa voce. E così fui chiamato io che modificando leggermente il mio naturale timbro potevo benissimo passare per Totò. Cosicché in tutti i film interpretati negli ultimi dieci anni di vita, per metà era lui stesso a parlare e per l’altra metà ero io. Naturalmente nessuno se ne accorse, di questa operazione erano a conoscenza pochissime persone».
Ma a Croccolo una volta e anche capitato di doppiare Vittorio De Sica. Lo conferma: «Mi mandò a chiamare la produzione di un film diretto da Corbucci. Il produttore mi disse tu sai fare benissimo la voce di De Sica, lui è impegnato altrove e non può venire. Ti diamo 600 mila lire per sei giorni di lavoro (e allora erano molte!). Non trovai nulla da obiettare, feci la voce di De Sica e nessuno notò la differenza. Tranne naturalmente De Sica stesso. Vado a Napoli per girare Ieri oggi e domani ed appena entro in teatro sento una voce che grida: Disgraziato! Era De Sica)... Disgraziato, mi hai fregato otto milion... lo, commendatò?.. Si, tu, quel doppiaggio avrei dovuto farlo io stesso, per otto milioni...» [...] E a lui infatti non piace l’umorismo, a lui piace il grottesco, il paradossale. Non è entusiasta di Woody Allen. «E' troppo intellettuale, ma mi piace quando suona il clarinetto, è molto bravo. A lui preferisco Mei Brooks».
Fra gli italiani ovviamente predilige Totò: «Dopo Petrolini — dice — Totò resterà il più grande comico italiano».
L’altro suo lavoro, Il terrazzino del papa, lo metterà In scena quando il pubblico si sarà stancato di questa Zia di Carlo. Di che tratta? «Analizza in chiave paradossale i guasti che può provocare il potere. Anche quando in superficie può apparire positivo. Come per esempio potrebbe sembrare quello dell'attuale pontefice, con la sua grande forza carismatica, col suo innegabile richiamo sulle folle».
Pare, fra l’altro, che egli sappia imitare perfettamente la voce del Papa, anche con l’accento straniero, anche coi piccoli errori di pronuncia.
Lamberto Antonelli, 1998
«Io, la sua voce segreta»
Molti lo ricorderanno come il maggiordomo di Totò in «Signori si nasce», eppure lui, con il Principe de Curtis ha un rapporto più intimo. Carlo Croccolo è stato, infatti, la «sua» voce in decine di film, come doppiatore per gli esterni. Una voce ora stanca e provata dalla malattia, che mette i brividi tanto assomiglia a quella a noi nota di Totò, in una stanza stanza del II Policlinico, a Napoli, dove l'attore è ricoverato da una settimana, in attesa di subire un intervento per applicargli quattro by-pass dopo essere stato colto da malore a Palermo, poco dopo la fine di una delle repliche di «Una bomba in ambasciata», di Woody Alien, con Gleijeses.
Croccolo, come sta?
«Sono un po' preoccupato, devo subire una operazione abbastanza seria, non sono mica pinzellciccherè, avrebbe detto Totò».
Che cosa più la lega al principe della risata?
«Beh, sono stato la sua voce per tanto tempo... era un segreto tra me e lui, ma poi qualcuno lo ha scoperto e il segreto è stato svelato».
Cento anni fa nasceva Totò, cosa ricorda in particolare di lui?
«Proprio in questi giorni difficili per me ho pensato a una frase che lui diceva spesso durante gli ultimi mesi della sua vita. Ormai cieco, mi ripeteva: "Carlo, ricordati che quando sei al buio devi aver pazienza, e se sai aspettare un poco, anche al buio viene la luce.,.". Ecco... in questi giorni, forse perché anche io da un occhio non ci vedo quasi più, sto pensando spesso a quella frase e quasi mi pare di sentirmi come Totò; del resto ho quasi avuto i suoi stessi guai, ma non la sua grandezza infinita».
Ha ottenuto riconoscimenti tardivi...
«Stanno facendo scempio della sua immagine, ormai è inflazionata e ci sono tantissimi suoi pallidi epigoni che tentano di imitarlo, non hanno inventato nulla e hanno preso tutto da lui. Era un grandissimo attore e mi ha insegnato tantissimo, non solo sul palcoscenico».
E del centenario, che cosa pensa?
«Vorrei esser presente nel giorno del centenario, non vorrei fare la fine di Totò ed essere ricordato solo dopo. Ma prima vorrei darvi una notizia...».
Dica...
«Ho deciso, prima dell'intervento chirurgico sposerò Daniela, Daniela Cenciotti, la mia compagna, che non mi lascia un attimo».
r.s., «Il Mattino», 8 febbraio 1998
Intervista a Croccolo: «Io e Totò così diventai la voce del principe»
Lecce - Ora che il tempo è passato, sugli anni trascorsi accanto al principe della risata vorrebbe scrivere un libro. Ha già pronto il titolo: «Totò ed io». Per i contenuti basta attingere alla sua memoria formidabile, precisa come il database di un computer, attrezzo che peraltro usa benissimo, mettendo in riga tecnici e consulenti. Carlo Croccolo domenica compie novant’anni, e il comune di Castel Volturno, dove vive con la moglie Daniela Cenciotti in una bella casa con il giardino e l’orto, gli consegnerà per festeggiarlo le chiavi della città. A Lecce ha appena inaugurato il Festival del cinema europeo con una serata Totò fatta di ricordi, omaggi e proiezione della copia restaurata del film «Chi si ferma è perduto», a cura della Cineteca di Bologna. Pienone e risate come a una prima assoluta. La forza dei classici è questa.
Al grande Totò Carlo Croccolo ha prestato la voce in una decina di film. Con discrezione e affetto gli è stato vicino quando il mattatore perse quasi del tutto la vista. Ora racconta: «Ha ispirato la mia vita, è stato un maestro». Niente sentimentalismi, però: ai toni sdolcinati Croccolo preferisce il graffio beffardo, la zampata ironica e impietosa. Primattore e medico mancato, può resistere a tutto, ma non alla tentazione di una buona battuta. Di sé dice: «Sono stato terribile, mia madre cercava di tenermi a freno a suon di mazzate, non auguro a nessuno un figlio come me».
E con Totò, invece, come si comportava?
«Sul lavoro lui era rigoroso e severo, io giovanissimo e un po’ cretino a volte ne approfittavo. Quando girammo “Totò Lascia o raddoppia” m’incapricciai di un paio di pattini con le ruote di legno che facevano un rumore terribile, drrr, drrr, e scorrazzavo per i corridoi dello studio incurante del fastidio che procuravo agli altri. Totò, esasperato, mi fece chiamare, disse che avremmo provato la scena dell’armadio, mi fece entare nel suddetto e chiuse a chiave. Restai lì dentro per un’ora e mezza senza fiatare, povero me, ma imparai la lezione».
Dispetti a parte, com’erano i suoi rapporti con il principe de Curtis?
«Credo mi considerasse un po’ suo figlio, il figlio maschio che non aveva avuto. Mi trattava con severità e con affetto, e di questo lo ringrazio ancora. Lo rispettavo molto e non mi sono mai permesso di contrastarlo in modo evidente. Con altri, con Aldo Fabrizi, per esempio, ho avuto un rapporto spaventoso, ma nemmeno Totò andava d’accordo con lui».
Com’era Totò sul set, improvvisava come si racconta?
«Riscriveva tutto, altro che improvvisare. Ci chiudevamo nella sua roulotte, lui dettava le battute, Mario Castellani scriveva e poi prove su prove, come a teatro. Quando andavamo davanti alla macchina da presa eravamo padroni del testo e dei tempi. Totò non permetteva a nessuno di cambiare una virgola. L’unico sono stato io, nella scena della mortadella in “Signori si nasce”, e gli scappò da ridere».
Negli anni Sessanta cominciò a doppiarlo.
«Fu lui a chiedermelo, quando perse la vista. Avevamo lo stesso timbro, Totò se ne accorse sentendomi doppiare in francese “La legge è legge” con Fernandel e mi mandò a chiamare. Io mi ero trasferito in Canada, rientrai e cominciai il lavoro dietro le quinte. Non se ne accorse nessuno, nessuno doveva sapere. Doppiavo le scene in esterni, solo per “Uccellacci e uccellini” Totò volle fare tutto da solo, Pasolini gli dava una pacca sulla spalla e lui attaccava la battuta. Sempre perfetto, bravissimo».
Fu cosi che diventò la voce del principe.
«La voce del principe, sì. Magari avessi avuto qualcosa in più della sua arte, non solo la voce.... Però non sono mai stato un semplice imitatore, ho dato personalità ai personaggi. E oltre a Totò ho doppiato anche Nino Taranto, e nel film di Corbucci “I due marescialli” perfino Vittorio De Sica. Ha presente la battuta “domenicano... domenicano... Capurro!”? beh, quello ero io».
Ha attraversato gli anni d’oro del cinema italiano, com’era quel mondo?
«Non è mai tutto oro quel che luccica, l’ambiente dello spettacolo non fa eccezione. I fetenti sono dappertutto, e mi ci metto anch’io. Io sono uno zozzone, mi piacciono le donne. Dicevano: da vecchio cambierai... evidentemente non sono ancora vecchio».
Totò aveva un gran successo con le donne.
«Era un vincente anche in questo».
Però lei ebbe un incontro fatale con Marilyn Monroe...
«La conobbi a un ballo della Paramount, ci ero andato con May Britt e suo marito Sammy Davis jr, poi ero rimasto in un angolo, con un bicchiere in mano e l’aria da scemo. Marilyn passò, mi vide e mi scambiò per un irlandese, per via dei capelli rossi: “Che fai tutto solo?”. Le dissi che ero napoletano, lei scoppiò a ridere e facemmo amicizia. Un’affettuosa amicizia, fu bello, ma anche triste. Marilyn era cristallo puro, una donna meravigliosa, insicura del suo fascino e sola, spaventosamente sola».
A Castel Volturno le preparano grandi festeggiamenti. E a Napoli, la sua città?
«Non ho un buon rapporto con Napoli, è troppo ancorata al passato, come se non volesse migliorare. Ci vorrebbe uno scatto d’orgoglio, un grido di ribellione per far venire fuori dalle cose vecchie la città nuova, la Neapolis».
Titta Fiore, «Il Mattino», 1998
Via i tagli della censura, rivive «Totò e Carolina»
La prima mutilazione per la «prostituta» Anna Maria Ferrerò offerta ad un cliente. Tatti Sanguineti: «Dobbiamo ancora recuperare 15 minuti di immagini originali»
VENEZIA
Nella Sala Volpi del Palazzo del Cinema ieri è stato presentato il film di Mario Monicelli, «Totò e Carolina», reintegrato di un quarto d'ora di immagini che 45 anni fa erano state tagliate dalla censura del governo Scelba. E' il primo lavoro organico, ma non ancora ultimato, su un film, nell'ambito del progetto triennale «Italia Taglia», promosso dalla Cineteca di Bologna e dall'Anica, con l'appoggio del Dipartimento dello Spettacolo che ha messo a disposizione i verbali e i tagli della censura del dopoguerra. Il film è stato uno dei più bersagliati dalla censura che l'aveva «sequestrato» per 15 mesi e poi mutilato con 38 tagli, 83 battute modificate e gli aveva vietato qualsiasi proiezione all'estero. «La copia di "Totò e Carolina" proposta a Venezia - precisa Tatti Sanguineti, uno dei curatori dell'operazione non si può considerare reintegrata del tutto perché dobbiamo recuperare un altro quarto d'ora di tagli e modificare una settantina di battuta. In alcuni casi si tratta di modifiche ridicole: la parola "prostituzione" era stata sostituita con "sregolatezza", "peripatetica" con "svitata", "donnaccia" con "disgraziata", "vigliacca" con incosciente". Nella nostra ricerca abbiamo scoperto che per Totò il film di Monicelli è stato l'ultimo capitolo di una sua "fase" cronachistica, sociale, neorealistica, impegnata e di denuncia. E in questa fase (che comprendeva "Totò cerca casa", "Totò e le donne" e "Guardie e ladri" che ha avuto 40 tagli) è sempre stato censurato».
«In quegli anni - sottolinea Giuseppe Bertolucci, presidente della Cineteca di Bologna - la censura si imponeva di tutelare la religione, il prestigio della polizia e una certa ideologia politica. Il primo taglio di "Totò e Carolina" riguarda una scena in cui l'agente Caccavallo (Totò) e un prete cercano di affibbiare una giovane prostituta, Carolina (Anna Maria Ferrerò non ancora ventenne), ad un produttore di vini, non confessandogli che è incinta. Il secondo intervento era concentrato sulla tutela dei "celerini", in quegli anni attivi; il terzo è politico. Nella prima versione Monicelli aveva previsto un camion con operai comunisti che cantavano "Bandiera rossa", nell'edizione del '55 cantavano la canzone del Piave».
Ieri i tagli ripristinati sono stati doppiati (dal vivo) nella sala Volpi, da Carlo Croccolo, dal 1957 voce cinematografica di Totò. Oggi Carlo Lizzani presenta un «evento speciale» realizzato per la televisione. Si tratta di un omaggio a Luchino Visconti che domani sera verrà trasmesso da Rai Uno in seconda serata. «Questo programma di un'ora spiega Carlo Lizzani - nasce dall'idea di fare un grande omaggio a Luchino Visconti attraverso una ricostruzione fiction della sua vita, ma purtroppo fatti i preventivi l'opera sarebbe comunque risultata troppo costosa. Ed allora ho ripiegato su un ritratto di Visconti raccontato attraverso le dimore e i luoghi della sua infanzia, adolescenza e giovinezza».
Dopo la ressa di pubblico di giovedì scorso per assistere alla proiezione de «I vitelloni», restaurato da Mediaset, il film di Federico Fellini ieri è stato riproposto al Lido. Un'opera del '53 che fa parte del programma «Cinema forever» di Mediaset che ha già riportato alla perfezione originale 16 capolavori italiani.
Retequattro a fine settimana trasmetterà le copie restaurate di «Francesco giullare di Dio» di Roberto Rossellini, «Deserto rosso» di Michelangelo Antonioni, «La comare secca» di Bernardo Bertolucci e «Umberto D.» di Vittorio De Sica.
Ernesto Baldo, «La Stampa», 6 settembre 1999
«Totò e Carolina» ritorna senza tagli
Un poliziotto senza autorità, una ragazza sedotta e abbandonata, un parroco menefreghista, un manipolo di comunisti con tanto di bandiere rosse e pugni chiusi. Troppo per l'Italia democristiana dei primi Anni '50, epoca governo Sceiba. E così «Totò e Carolina», diretto nel '53 da Mario Monicelli, divenne uno dei bersagli preferiti della censura. Bocciato a ripetizione dalle varie Commissioni di revisione cinematografica, unanimi nel ritenerlo «offensivo del decoro e del prestigio dei funzionari e degli agenti di forza pubblica». Agenti che, per tener alto l’orgoglio nazionale, mai avrebbero potuto indossare la faccia impunita di Totò, per di più ribattezzato nel film Antonio Caccavallo.
Alla fine, per farla uscire nelle sale, la pellicola fu mutilata con 38 tagli e 23 battute furono modificate. E così i comunisti divennero socialisti, «Bandiera rossa» fu sostituita da un coro di montagna («Di qua, di là del Piave»), il grido «abbasso i padroni» con «viva l’amore». Cancellata pure la frase di Totò: «Il suicidio è un lusso, i poveri non hanno neanche la libertà di uccidersi». Insomma, dell’originale restò ben poco. «E’ stato il mio film più massacrato», ricorda Monicelli subito conquistato da quel soggetto di Flaiano.
Adesso però, 46 anni dopo, una versione inedita di «Totò e Carolina» sarà presentata il 5 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, presenti il regista, gli sceneggiatori Age, Scarpelli, Sonego, Anna Maria Ferrero (la Carolina del film). Merito di «Italia taglia», il progetto curato dall’Anica, dal Dipartimento dello Spettacolo, dalla Cineteca di Bologna e dal critico Tatti Sanguineti, che ha trovato in Svizzera una versione quasi integrale. Che riporterà al suo posto i militanti comunisti, «Bandiera rossa», e tutto il resto.
«Nessuno di noi che realizzò "Totò e Carolina” era comunista — rivela lo sceneggiatore Furio Scarpelli —. Se fossimo stati comunisti non avremmo rappresentato i compagni che, su un camion, la domenica vanno a farsi un’allegra scampagnata, bensì le lotte nelle officine e nei campi. Il fatto che la scena sia stata tagliata mi fa pensare che fosse ritenuta un’insidia mostrare i comunisti come della gente quasi normale, che se ne va in giro a mangiare il cocomero anziché i bambini».
Giuseppina Manin, «Corriere dell'Informazione», 6 settembre 1999
Il Totò censurato torna con la voce di Croccolo: mi chiese aiuto anche quando perse la vista
L'attore recita dal vivo le battute tagliate Assente la Ferrero: offesa dal festival
VENEZIA
Il film è appena cominciato, la retata delle passeggiatrici di Villa Borghese è in pieno svolgimento, quando appare Totò che trascina Anna Maria Ferrero: è l’agente Cacca-vallo che ha scoperto la timida Carolina.
A lei è rivolta la prima battuta:
«Su, delinquente, su su, avanti!». La voce, con il timbro inconfondibile del principe de Curtis, proviene dalla platea, dove l’attore Carlo Croccolo legge le frasi di Totò, che i censori soppressero dal film «Totò e Carolina». «Sono emozionatissimo — confessa Croccolo che recitò con Totò in "Miseria e nobiltà"—. Anche perché torno a dare la voce al mio
grande maestro: fu lui a chiedermi di doppiarlo dopo che aveva perso la vista. Nei "Due marescialli" doppiai anche De Sica».
Ieri, nell’angusta Sala Volpi, si presentava la copia «integrata» di «Totò e Carolina», il film di Mario Monicelli che, pronto nel 1953, uscì solo nel marzo 1955, massacrato da crudelissimi interventi. Copia lavoro, spiegava Giuseppe Bertolucci direttore della Cineteca di Bologna, perché la ricerca dei materiali espunti dai censori non è ancora terminata: la pellicola subì tagli per ventitré minuti e in molti altri punti il sonoro venne alterato. Tra i casi clamorosi, uno oltrepassa le soglie del ridicolo: sul camion con le bandiere rosse i comunisti cantavano «Bandiera rossa», nella copia che uscì in sala si ascoltava «Di qua, di là dal Piave».
Tatti Sanguineti, curatore del volume «Totò e Carolina», appena pubblicato da Transeuropa, e animatore del progetto «Italia taglia», racconta le peripezie di questa riscoperta: «Dalla Cinématheque di Losanna avevamo recuperato una copia sonora con meno tagli di quella abitualmente vista, poi, pochi giorni fa, alla Cineteca di Roma, è saltato fuori il negativo di un’altra copia, ancora più vicina a quella originale, però muta. Quella proiettata a Venezia nasce dall’assemblaggio fra le due, e Croccolo ha integrato con la sua voce il Totò perduto».
Lo sceneggiatore Rodolfo Sonego ricorda: «Con Monicelli eravamo giovani, forse incoscienti, credevamo di poter parlare liberamente di polizia, istituzioni, religione. Preoccupato, il produttore Carlo Ponti fece un’anteprima per soli preti: che risero tanto, ma questo non bastò ai censori democristiani del governo Sceiba». Ma quello non fu il solo film di Totò a essere scempiato: tutte le commedie di cronaca (da «l sette re di Roma» ad «Arrangiatevi!» fino al «TuttoTotò» Rai, rimasto incompiuto per la morte del comico) furono duramente ritoccate. Per il timore dei politici di essere sbeffeggiati. Del resto, come ricorda la vedova Franca Faldini nel libro curato da Sanguineti, Totò in casa se la rideva di presidenti ministri e capi-partito. da Gronchi ribattezzato «Piede 'e papera», ad Andreotti «l’Aspirante sagrestano» fino a Berlinguer, «Stanlio».
Protagonista femminile, Anna Maria Ferrero. Non invitata, è rimasta a Parigi dove vive da anni. «Andrò a Roma, alla proiezione con Monicelli. A Venezia si sono comportati da maleducati con me».
Ranieri Polese, «Corriere della Sera», 6 settembre 1999
I ricordi di Croccolo: «Mi trattava da figlio ma sul set era severo»
L’attore in scena stasera al Sancarluccio con uno spettacolo dedicato al Principe
Stasera alle 21 Carlo Croccolo, novant'anni appena compiuti , sarà in scena al teatro Sancarluccio, protagonista di "Nel nome di Totò", a raccontare dei tanti incontri che, in anni ormai lontani, ha avuto con il principe Antonio de Curtis.
SUL SET
Non improvvisava mai ma se un copione non gli piaceva, lo riscriveva poi tutti insieme provavamo la scena e si girava. Era esigente e voleva che tutto sul set fosse perfetto
Croccolo, ha davvero tanti ricordi da mettere in ordine?
«Tanti, e tra un paio di mesi pubblicherò un libro di memorie, "Totò ed io", in cui racconterò la mia vita tutta dedicata al teatro e al cinema».
Racconterà degli incontri con questo grande artista?
«A cominciare da quando l'ho conosciuto, in un modo stranissimo. Ero nella Compagnia Comica di Radio Roma, avevamo in scena una commediola, "L'arca di Noè", lavoravo con Zoe Incrocci. Mi stimava e parlò di bene di me al fratello Agenore Incrocci, Age, che con Furio Scarpelli firmava le sceneggiature dei film di Totò. Così un giorno mi presentò al fratello che a sua volta mi presentò a Mario Mattoli che stava facendo un film con Walter Chiari, ed ebbi una piccola parte. A Mattoli piacque moltissimo e così lui mi presentò a T otò.»
Dove lo incontrò?
«Andammo a casa sua, in viale Bruno Buozzi, una casa di buon gusto, vecchio stile. Mi fece qualche domanda. Evidentemente gli andai bene perché mi fece fare una piccola parte, niente di importante, era come un provino. Il film era "Totò Tarzan", io ero uno sposino in viaggio di nozze, niente di speciale, ma anche questa volta dovetti piacergli perché subito dopo mi affidò un personaggio bellissimo in "Totò sceicco", dove facevo un cameriere e potei inventare un sacco di cose.»
Un film mitico.
«E un grande successo, il pubblico usciva dal cinema entusiasta del nostro gioco. Totò ne fu felice e mi chiamò come collaboratore a fare la "spalla" in "47 morto che parla". Mi sentivo sicuro, inventai un personaggio nuovo e una gag che durava ben sette minuti.»
Totò inventava al momento le sue famose battute?
«Non andava mai a braccio, innanzitutto perché al cinema non puoi improvvisare se ci sono altri attori a recitare. Si rischia la paralisi. Ma spesso i copioni che gli davano non gli piacevano, lui allora chiamava tutti quelli che dovevano partecipare a una scena, ci dava carta e penna e ci dettava la scena ripensata da lui. Cambiava il copione, lo riscriveva con noi, poi lo provavamo e così andavamo al ciak preparatissimi. Mario Castellani era il suo principale collaboratore: lo accompagnava anche nella scrittura, era bravissimo, lo aiutava a rivedere i copioni. Totò cambiava ma non improvvisava. Grande professionista, era meticoloso, odiava il dilettantismo di tanti attori».
Riuscivate a divertirvi durante il lavoro?
«Lo si doveva chiamare "principe" e i rapporti erano cordiali, corretti, ma mai confidenziali. Non faceva divertire quelli che lavoravano con lui, era esigentissimo, ci voleva perfetti sul set e se uno non era preparatissimo con lui non poteva lavorare».
Vi aiutava?
«Non dava consigli, non aiutava, voleva che gli altri facessero quello che lui pensava fosse necessario».
Aveva amici tra quelli con cui lavorava?
«Pochi. Con De Sica c'era un grande affiatamento ma con Fabrizi non si trovava bene, inventava troppo. E durante la lavorazione di "Guardie e ladri" era un disastro. C'era grande amicizia invece con Peppino De Filippo e con Nino Taranto: battute fulminanti, feroci, tra loro c'era dimestichezza e affiatamento. Anche con me però. Mi considerava come un figlio, anche se era molto severo».
Lei gli ha prestato la voce
«Nel 1955 doppiai "La legge è legge". Lo doppiai in francese con la voce di Totò, e quando nel '57 lui perse la vista e non poteva doppiarsi negli esterni, mi chiamò. Negli interni c'era la presa diretta e lui era perfetto, poi però dovevo intervenire io. "Hai il mio stesso timbro di voce e conosci i miei tempi ", mi diceva».
Insomma com'era questo mitico Totò?
«Intelligentissimo. Non era molto colto ma affrontava i copioni con una sapienza interiore enorme. Veniva dalla strada ma era veramente un principe. Non era nato nobile ma lo era diventato davvero.»
Una sua definizione di Totò
«Incommensurabile, non si può né misurare e nemmeno definire».
Qualche rammarico?
«Scrivemmo insieme la sceneggiatura di "Fidanzamento all'italiana" nel 1965. Era divertentissima, lui doveva essere un vecchio inventore napoletano. Il film non si fece e quella sceneggiatura che nessuno ha mai letto non la trovo più»
Giulio Baffi, «Repubblica», 15 aprile 2017
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Riferimenti e bibliografie:
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