La legge è legge

1958 La legge e legge 6

Tutti i giorni lavoro, onestamente, per frodare la legge.

Giuseppe La Paglia

Inizio riprese: novembre 1957
Autorizzazione censura e distribuzione: 30 agosto 1958 - Incasso lire 353.953.000 - Spettatori 2.324.052



Titolo originale La legge è legge
Paese Italia/Francia - Anno 1958 - Durata 95' - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Christian-Jaque - Soggetto Jacques Emmanuel, Jean-Charles Tacchella - Sceneggiatura Age, Furio Scarpelli, Christian-Jaque, Jean Manse, Jacques Emmanuel - Produttore Franco Cristaldi - Fotografia Gianni Di Venanzo - Montaggio Jacques Desagneaux - Musiche Nino Rota


Totò: Giuseppe La Paglia - Fernandel: Ferdinando Pastorelli - Nino Besozzi: il Maresciallo - Leda Gloria: Antoinette - Nathalie Nerval: Hélène Pastorelli - Noël Roquevert: il gendarme Malandain - René Genin: l'oste - Jean Brochard : l'onorevole francese


Soggetto

Nel paesino di Assola, diviso a metà dal confine italo-francese, vivono il contrabbandiere napoletano Giuseppe La Paglia (Totò) e il doganiere francese Ferdinand Pastorelli (Fernandel). Il giorno della festa cittadina della parte francese, Ferdinand arresta Giuseppe arrivando tardi alla tradizionale parata in cui doveva portare la bandiera francese; durante il successivo ricevimento all'albergo delle 2 frontiere, che è diviso a metà dal confine, Giuseppe scopre che Ferdinand è nato da madre italiana e padre ignoto nella cucina del ristorante che è sita nella parte italiana dell'albergo, per cui, seppur registrato al ministero francese, il doganiere, in realtà è italiano e non ha diritto a esercitare la professione. Da una successiva verifica presso il comune di Assola, Ferdinand scopre che chi ne registrò la nascita anni fa, Gaspar Donnadiè, proprietario dell'albergo delle due frontiere, sbagliò a registrarlo lì, mentre doveva farlo al municipio italiano. Lo stesso Donaddiè rivela a Ferdinand che andò al municipio francese perché quel giorno pioveva ed era più vicino rispetto a quello italiano. Rischiando di perdere il lavoro, Ferdinand chiede aiuto, proprio a Giuseppe che lo accompagna a Cuneo per richiedere la carta d'identità italiana per poi successivamente chiedere la cittadinanza francese, ma secondo un onorevole amico del suocero, l'essere divenuto cittadino italiano a tutti gli effetti gli impedirà di ottenere la cittadinanza francese e inoltre il matrimonio non sarà più valido e suo figlio dichiarato di padre ignoto.

Come se non bastasse Ferdinand viene posto in stato di fermo dai carabinieri assieme alla prima moglie Antoniette, ora moglie di Giuseppe, perché per la legge italiana, che non prevede il divorzio, sono ancora sposati e Antoniette è pertanto bigama; chiarita la situazione Antoinette viene rilasciata mentre Ferdinand trattenuto perché avendo fatto la guerra per i francesi e non per gli italiani risulta un disertore; tornato in camera di sicurezza vi trova Giuseppe che si è fatto arrestare per non lasciare la moglie da sola con l'ex marito. Ferdinand punto nell'orgoglio, nel sentirsi chiamare disertore, tenta il suicidio, ma viene convinto a desistere da Giuseppe e liberato dal maresciallo dei carabinieri che riesaminando la pratica, ha scoperto che Ferdinand non è più un disertore, ma ha solo perso ogni diritto ad essere cittadino italiano. Ricondotto al confine per essere rimandato in Francia, perché non italiano, viene però bloccato dal capo della gendarmeria che senza documenti non può farlo rientrare in Francia, Ferdinand si trova così ad essere diventato un senza patria, stanco di tutta questa vicenda fugge sulle montagne armato del suo fucile da tiratore scelto e medita la sua vendetta contro tutti, avvisando Giuseppe con una lettera che se non gli porterà dei viveri inserirà pure lui nella lista dei colpevoli. Giuseppe decide di assecondare Ferdinand e chiede i viveri a Donaddiè, ma scopre sull'etichetta di alcune vecchie bottiglie di vino che la frontiera anni prima tagliava in due l'albergo in modo diverso, la cucina era in Francia e non Italia quindi Ferdinand è cittadino francese; Donaddiè confessa di aver spostato il confine dai bagni alla cucina, per attirare i clienti; chiarito l'equivoco Giuseppe, i carabinieri e la gendarmerie si recano sulle montagne a comunicare la notizia a Ferdinand che però vedendo Giuseppe insieme al maresciallo dei carabinieri e il capo della gendamerie crede che l'amico l'abbia tradito e gli spara, fortunatamente il colpo centra la bottiglia di vino che Giuseppe aveva addosso e non lo ferisce. Finalmente Ferdinand viene informato della verità e può tornare al suo lavoro di doganiere e ai soliti tran tran con Giuseppe che cerca di evaderne il controllo...

Critica e curiosità

🎬 Una frontiera, due comici e nessun passaporto per la comicità

Nel 1957, mentre i termometri molisani segnavano temperature polari, Totò si trovava a Venafro, e no, non per gustarsi una pampanella con Fernandel, ma per girare un film che aveva l’ambizione di mettere insieme Napoli e Marsiglia, Maccheroni e Ratatouille, Guardie e ladri e... la dogana.

Il risultato fu “La legge è legge”, primo dei due film che videro Totò diretto da uno straniero: il francese Christian-Jaque, che non era un calzolaio, ma un regista rispettabilissimo. E che decise di ambientare la storia nell’immaginaria Assola, sperduta al confine tra Italia e Francia, ma con un trucco da illusionista cinematografico la girò interamente in Molise.

🎭 Doppiaggi improbabili, esperimenti internazionali e fallimenti tricolori

Nel gran baccanale della coproduzione italo-francese, si assistette a uno spettacolo collaterale degno di nota: il doppiaggio.

  • Fernandel, mastodontico comico d’oltralpe, fu per l’unica volta doppiato da Carlo Dapporto (altro monumento, ma del varietà nostrano);
  • mentre Totò, nel maldestro tentativo di conquistar Parigi, fu doppiato da Carlo Croccolo… in francese.

Risultato? Il pubblico transalpino non capì nulla. Totò “doppiato” non funziona. Totò si annacqua. Totò evapora. Totò... muore. E con lui il sogno di esportare il Principe della risata come se fosse un barattolo di conserva. Louis de Funès e Fernandel, al contrario, diventavano quasi ancora più esilaranti se doppiati in italiano. Totò invece... era lingua e corpo, dialetto e cadenza, sguardo e pausa, silenzio e parolaccia camuffata da latino maccheronico.

In sintesi: Totò non si traduce. Si ascolta.

👮‍♂️ Guardie, ladri e truffaldini di frontiera

Sulla scia di quel capolavoro immortale che fu “Guardie e ladri”, la produzione tenta il colpaccio: riciclare la formula vincente. Ne esce un film “fotocopia”, ma con qualche variazione sul tema.

Totò torna a vestire i panni del povero furbastro che campa con piccoli raggiri, truffe di bassa lega e acrobazie fiscali, sempre al limite della legge doganale. Il personaggio è cucito su misura per lui: bonario, anarchico, opportunista ma dal cuore buono, con quella maschera tragicomica che fa ridere e piangere insieme. Un clown triste ma incazzato, verace e malinconico, come solo Totò sapeva essere.

Al suo fianco, Fernandel, più rigido, più “francese”, più “legale”. Ecco allora il binomio classico: Totò il clown Augusto, ovvero quello che inciampa, ruba la scena e ride della vita, e Fernandel il clown bianco, inflessibile, freddino, un po’ troppo serio. Ma è proprio questo contrasto a generare la chimica perfetta (anche se un po’ calcificata nei cliché).

🗂️ Satira doganale, burocrazia idiota e frontiere ridicole

Il film non si limita a raccontare le peripezie di un povero cristo perseguitato dalle leggi. No, qui si va oltre: si prende di mira la burocrazia, quella italiana ma anche francese, e si ride dell’assurdità delle frontiere, degli impiegati zelanti, delle carte bollate, dei regolamenti idioti, delle guardie che non capiscono, di chi si aggrappa a un timbro come se fosse la verità assoluta.

Insomma, un’Europa unita solo nel ridicolo. Con un finale quasi pacifista: “Abbracciamoci forte” – ci dice il film – siamo tutti sulla stessa barca. Magari in acque fiscali poco limpide, ma almeno, si ride.

📜 Il caso clinico del signor Pastorelli

Il protagonista, Ferdinando Pastorelli, è l’emblema del nonsense burocratico. Non si capisce di che nazionalità sia, dove abiti, se abbia diritto o meno a respirare in un lato o nell’altro della linea di confine. Il tutto trattato in chiave comica, ma con una nota sentimentale, un piccolo cuore pulsante sotto lo sberleffo, che rende la vicenda paradossale ma credibile, assurda ma umanissima.

🎭 Una regia che guarda indietro e una comicità che guarda Totò

Il regista Christian-Jaque, forse incerto, forse troppo francese, tende a riproporre un Totò “prima maniera”, quello delle mossette, dei passi sghembi, del comico da avanspettacolo. Non calca mai troppo la mano, ma non osa innovare. Preferisce rimanere nel seminato e affidarsi ai numeri sicuri.

Eppure, proprio nei duetti familiari, nei momenti di quiete domestica, si intravede un Totò più profondo, quasi “poetico”, che non ha bisogno di fare la faccia buffa per far ridere. Basta che parli. O, addirittura, che resti zitto.

📉 Esportare Totò? Missione fallita (per fortuna)

L’ambizione era chiara: far conoscere Totò alla Francia. Tentativi ce ne furono tanti:

  • “Totò a Parigi”
  • “Totò, Vittorio e la dottoressa”
  • “I tartassati”
  • “Le streghe”
  • e perfino “Operazione San Gennaro”

Ma nulla da fare. Totò, fuori dall’Italia, diventava un quadro senza cornice, una melodia suonata da uno che non conosce la scala napoletana.

E quindi, dopo tanto affanno, si capì che Totò non è un prodotto da esportazione. È patrimonio locale, lingua viva, dialetto incarnato, poesia popolare, unico e irripetibile.

🧠 Conclusione: Totò è linguaggio, non solo linguaccia

La grandezza di Totò – ce lo dimostra proprio questo film – non sta nel gesto, ma nella parola. Non è un Buster Keaton partenopeo. Non è un Charlot con la bombetta a spasso per Saint-Denis.

È Totò perché parla. Anzi, perché straparla. Perché s’inventa parole. Perché mischia latino, napoletano e retorica da barbiere.

E allora, per fortuna, Totò in Francia non ha sfondato. Perché noi ce lo teniamo stretto, nella lingua, nella storia, nel cuore. Senza doppiaggio. Senza filtri. Solo Totò.


Le scene più memorabili e iconiche del film La legge è legge, con l’accuratezza di un doganiere e l’ironia di un contrabbandiere.

🎩 1. Il gioco dell'identità: chi è davvero Ferdinando Pastorelli?

Una delle scene più emblematiche e “totiane” si svolge quando Totò (Ferdinando Pastorelli) si ritrova in mezzo a un intrico burocratico surreale: è italiano o è francese? Dipende da dove si trova in quel preciso momento. Letteralmente. Un piede oltre la riga sul terreno, e cambia cittadinanza.

Qui Totò è in stato di grazia linguistica e gestuale: sfoggia un lessico contorto, un gioco di parole irresistibile, e una serie di smorfie degne del teatro dell’assurdo. Con una mimica che rievoca i migliori monologhi di Plauto, l’attore mette in ridicolo le frontiere artificiali, le leggi ridicole e l’assurdità della burocrazia.

Questa scena è un piccolo trattato comico sulla relatività del diritto, degna di Pirandello sotto acido, se avesse scritto per il Cinegiornale Luce.

🤝 2. La stretta di mano “legale”: Totò e Fernandel nemici-amici

In numerose scene del film, ma in particolare durante i confronti sulla linea di confine, Totò e Fernandel si sfidano come duellanti comici, giocando sul contrasto tra:

  • la furbizia partenopea del contrabbandiere Totò, che cerca ogni espediente per aggirare i regolamenti;
  • e la rigidità francese dell’ufficiale doganale, incarnata da Fernandel, tutto d’un pezzo, amante del dovere e della circolare ministeriale.

Ma in un momento indimenticabile, i due si scambiano una stretta di mano che è metà abbraccio, metà resa reciproca. Nessuno vince, nessuno perde. La comicità, invece, trionfa.

La recitazione è tutta nei tempi comici, nello sguardo, nei sospiri, nei sospetti: sembra quasi una partita a scacchi in dialetto, con pezzi che si muovono tra fumo di sigarette, borse sospette e contrabbando di... umanità.

🚧 3. La scena del confine “mobile”: il pezzo di terra che cambia Stato

Una delle gag più geniali – e sottilmente politiche – è quella in cui la linea di confine viene spostata. Per un errore di misurazione o per un cavillo giuridico (che fa molto “prefettura di Brignano Gera d’Adda”), il punto esatto in cui finisce la Francia e comincia l’Italia non è chiaro.

Totò, sfruttando l’ambiguità, compie un'autentica danza comica da un lato all'altro del confine, passando da italiano a francese nel giro di un passo, con battute fulminanti come:

«Adesso sono italiano, adesso sono francese... mi sento internazionale!»

Questa scena è una delle più visivamente grottesche e ideologicamente moderne: ironizza sulla relatività della sovranità, sulla fragilità delle leggi e, naturalmente, sulla furbizia dell’individuo che cerca sempre di salvarsi tra due autorità incapaci di decidere chi ha torto e chi ha ragione.

🧳 4. La valigia e il contrabbando sentimentale

Altro momento di grande impatto comico (e anche emotivo) è la scena in cui Totò trasporta una valigia piena di "niente", o meglio, di oggetti di valore solo sentimentale… ma che le autorità vedono come “merce da tassare”.

In un dialogo serratissimo, Totò tenta di spiegare:

«Questo non è contrabbando, è nostalgia!»

Qui la comicità si fa lirica: il personaggio di Pastorelli non è più solo un furfante, ma un uomo che cerca di mantenere un’identità affettiva, di portare con sé ciò che lo rappresenta, anche quando la legge glielo impedisce. Totò tocca le corde più profonde del sentimento popolare, senza mai smettere di far ridere.

🧑‍⚖️ 5. Il processo farsa: la legge che si giudica da sola

Una delle scene più corrosive, e per certi versi anticipatrici della satira di Fantozzi, è quella del processo a Totò. L’imputazione? Aver attraversato il confine. O forse no. O forse sì. Dipende dalla carta geografica. O dall’umore del giudice.

Il processo si trasforma in una farsa kafkiana in cui gli avvocati si contraddicono, i testimoni sono confusi, e le leggi sembrano scritte per sbaglio in una notte di sbronza parlamentare.

Totò qui è un vero avvocato della commedia umana, un difensore della logica contro il delirio istituzionale. Le sue arringhe sono al tempo stesso sofismi parodici e piccole verità da osteria.

La scena è da antologia per chi ama la satira giudiziaria e per chi ha mai fatto una fila in Comune per ritirare un certificato.

🎼 6. Il finale “alla francese” (ma anche un po’ alla napoletana)

Il film si chiude con una riconciliazione grottesco-poetica, tra baci, abbracci e rime da frontiera. I due protagonisti si ritrovano oltre le leggi, oltre i confini, oltre le nazionalità, in una zona franca di puro spirito comico.

Il messaggio è chiaro: la vera legge è quella del cuore, del ridere insieme, del capirsi anche senza capire la lingua.

Totò e Fernandel si guardano con occhi complici. La legge ha perso. L’umanità ha vinto. La frontiera è caduta. E noi spettatori, italiani e francesi, restiamo lì… a ridere.

📝 Conclusione: risate a fuoco lento, da confine e da cineforum

Le scene memorabili di La legge è legge non sono mai urlate o forzate, ma costruite con minuziosa precisione comica, in equilibrio tra commedia dell’assurdo e realismo sociale, tra farsa da palcoscenico e poesia del sottoproletariato.

Totò, anche nei momenti più farseschi, non perde mai la misura. E Christian-Jaque, da buon francese, riesce a mantenere un certo aplomb anche nella burla. Il risultato? Una commedia di confine, dove il vero protagonista è l’incomprensione – tra lingue, tra stati, tra classi – e la risata come unica arma di salvezza.

L’inizio del film è recitato dalla voce fuori campo di Totò sullo sfondo di un paesaggio montano visto dall’alto:

«Siamo sulle Alpi Marittime, a sinistra Alpi francesi, a destra Alpi italiane. Dice: «Embé? Ma da che si capisce?» Ma come? Ce tanto di frontiera naturale che divide nettamente i due paesi ! [Una grossa linea dall’andamento contorto prende a scorrere fra le montagne, in sovrimpressione] Eccola là, eccola là! Dice: «Ma perché va così a zig zag?» Per la buonissima ragione che tutto ciò che è italiano deve stare in Italia, e tutto ciò che è francese deve stare in Francia! Appunto, dico, a ognuno la roba sua, sacranòn! E, d’altra parte, lo sanno tutti, che un albero francese non assomiglia affatto a un albero italiano, mentre una collina italiana non assomiglia neanche lontanamente a una collina francese.»

Viene anche evidenziato il sistema di raccomandazioni basato sul potere clericale:


[Il brigadiere francese Ferdinand Pastorelli è disperato: ha scoperto di essere nato in Italia e perderà il diritto alla cittadinanza francese e con essa il lavoro e la moglie]
[Totò] - Ti sistemo tutto io, costi quel che costi!
[Ferdinand (Fernandel)] - Tu?
[Totò] - Ma certo! Io conosco un sacco di persone, personaggi importantissimi! Pezzi grossi, pezzi piccoli, pezzi medi [fa segno con il dito] pezzettini così... Figurati che io [dandosi importanza] conosco il cognato del cugino del portiere di un sagrestano! Eh, eh, eh!
[Ferdinand] - E che ci faccio col sagrestano?
[Totò] - Come che ci fai col sagrestano? Ahooò, Ferdina’, ma tu che razza d’italiano sei? E scusa!
[Ferdinand] - Ma io voglio essere francese!


Così la stampa dell'epoca

Come fu accolto il film La legge è legge?. Analizzeremo tre angolazioni fondamentali: la critica cinematografica, il pubblico italiano e francese e naturalmente la censura, che negli anni Cinquanta aveva sempre un colpo in canna e il ditino sollevato.

📰 La critica cinematografica: tra cortesia diplomatica e scetticismo italico

📌 La critica italiana: “Sì, però…”

Quando La legge è legge uscì nelle sale italiane nel 1958, la critica italiana accolse il film con una misurata benevolenza, ma anche con un certo distacco cerebrale. I toni più ricorrenti furono quelli del confronto inevitabile con il capolavoro “Guardie e ladri” di Monicelli e Steno (1951), a cui La legge è legge era considerato una sorta di fratello minore ibrido.

  • Alcuni critici notarono che l’idea di base – il confine, la burocrazia, la furbizia popolare – era interessante, ma che mancava la profondità sociologica e la vena malinconica che avevano reso Guardie e ladri un film memorabile.
  • Si riconobbe comunque la bravura di Totò e Fernandel, e in particolare la loro alchimia comica, seppur imbrigliata da una sceneggiatura un po’ didascalica.

Molti recensori italiani – tra cui alcuni critici di “Il Cinema Nuovo” e “La Rivista del Cinematografo” – scrissero che il film era “gradevole, ma senza slanci”, un prodotto ben confezionato, ma che si percepiva “troppo francese” per gli italiani, e troppo napoletano per i francesi”. Una perfetta commedia di frontiera, anche nella ricezione critica.

📌 La critica francese: “Pas mal, mais…”

La critica francese, abituata già all’epoca a un certo snobismo intellettuale, mostrò una cortesia diplomatica verso Christian-Jaque, che era un regista ben stimato, ma espresse perplessità nei confronti del film e soprattutto di Totò.

  • I giornali come “Le Monde” e “Cahiers du cinéma” fecero notare che il film era una divertente satira, ma che “le comique napolitain” (Totò) era “troppo veloce, troppo fonetico, troppo teatrale” per il pubblico francese.
  • L’humour corporea di Fernandel, più visivo e codificato, si adattava meglio al gusto gallico.
  • Totò invece fu descritto come “una bomba dialettale incomprensibile”. Uno strano ibrido tra Charlot e Pulcinella, ma con una metrica che non riusciva a “passare la frontiera”.

In sintesi: rispetto per la confezione, piacevolezza superficiale, ma nessun entusiasmo travolgente.

🍿 Il pubblico: chi ride, chi sbuffa, chi non capisce

📌 In Italia: il successo di Totò tiene

Il pubblico italiano, come spesso accadeva nei casi “a doppio binario”, fu più clemente e più caloroso della critica.

  • Il film fu un discreto successo commerciale, soprattutto grazie al traino del nome di Totò, che a quell’epoca era all’apice della sua popolarità.
  • Le platee del Sud (dove la comicità di Totò era praticamente una religione) risero di gusto. I cineforum del Nord, un po’ meno.
  • Il pubblico riconobbe la maschera familiare di Totò, e molti spettatori apprezzarono il duello comico con Fernandel, che in Italia era molto amato per la saga di Don Camillo e Peppone.
  • Non mancarono però spettatori confusi dal mix linguistico (alcuni dialoghi erano lasciati in francese) e dalla trama volutamente paradossale.
📌 In Francia: Totò non buca lo schermo

In Francia, La loi c’est la loi venne distribuito nello stesso anno, ma non sfondò al botteghino.

  • Fernandel portò a casa il suo solito pubblico, ma Totò fu percepito come una figura strana, fuori scala, spesso doppiato malamente, e quindi depotenziato.
  • Gli spettatori francesi non ridevano dove ridevano gli italiani, e ridevano dove Totò non voleva far ridere.
  • Il film venne catalogato come una “commedia leggera di confine”, ma non lasciò traccia nella memoria collettiva francese, né ebbe passaggi televisivi ricorrenti negli anni a venire.

🚫 La censura: sospetto di smarrimento ideologico

Nel 1958 la censura italiana non era più quella ferrea del dopoguerra, ma vigilava comunque su contenuti morali, religiosi e politici. La legge è legge, essendo una commedia satirica sui confini e sulle leggi, passò quasi indenne, ma qualche appunto nei registri del Ministero ci fu.

📌 Contenuti a rischio:
  • Ironia sulla burocrazia: non era proprio sovversiva, ma la rappresentazione di guardie italiane idiote e di ufficiali confusi non fu gradita da tutti. Si raccomandò di “contestualizzare” il tono satirico per evitare di colpire l’immagine dello Stato.
  • Confusione dei ruoli civili: la figura di Totò, che riesce sempre a farsi beffe della legge, preoccupava i moralisti, anche se poi veniva (formalmente) punito.
  • Unione finale tra italiani e francesi: sebbene in linea con lo spirito europeista nascente, fu giudicata “retorica” e “ambiguamente pacifista”, in un’Italia ancora diffidente verso il vicino d’Oltralpe.

Tuttavia, non ci furono tagli ufficiali, ma solo raccomandazioni sul materiale promozionale: evitare locandine troppo irriverenti, non enfatizzare la parola “legge” in senso negativo.

In Francia, invece, nessuna censura formale, ma una prudenza promozionale: si evitò di distribuire il film con grandi campagne, temendo che il personaggio di Totò potesse risultare destabilizzante o frainteso.

🧭 Conclusione: un film tra due mondi, in equilibrio instabile

La legge è legge fu – come il suo protagonista – un film senza cittadinanza piena. Troppo “italiano” per i francesi, troppo “francese” per alcuni italiani, rimase una curiosa opera di confine, memorabile più per la sua formula che per il suo risultato.

  • Criticamente: non un fiasco, ma nemmeno un capolavoro.
  • Commercialmente: discreto successo in Italia, evaporazione in Francia.
  • Censura: più sospetti che ferite.
  • Totò: sempre grande, anche quando incompreso.

In fondo, fu una delle poche volte in cui Totò si trovò a fare da ambasciatore internazionale della risata napoletana, scoprendo che le frontiere più dure da attraversare non sono quelle geografiche, ma quelle linguistiche e culturali.


 

I novanta dimenticati di Claviere

Quella che è stata una tra le nostre migliori stazioni invernali è oggi divisa in due ; metà Italia e metà Francia, col risultato che nessuno si preoccupa dei suoi urgenti problemi.

Clavière, gennaio

I diplomatici e le valanghe sono stati per sei anni, nemici di questo piccolo paese di montagna. Sei anni di sfortuna, sopportati con rassegnazione. «L’Italia ci ha dimenticati», diceva la gente di qui, «e la Francia ci ricorda anche troppo». Pochi speravano che la situazione sarebbe cambiata, e pochi hanno creduto al "regalo" di Capodanno. Ma questa volta hanno avuto torto: sono due fatti concreti, due cose grosse. TI mini stero dei Lavori pubblici ha autorizzato l’Azienda strade statali ad iniziare i lavori per la galleria para-valanghe sulla strada del Monginevro; al tempo stesso, quasi si fossero passati la voce, il ministero degli Esteri annunciava di avere ripreso i contatti con il governo francese per modificare il tracciato della frontiera che ha spezzato Clavière in due tronconi. Tutto questo è avvenuto intorno a Capodanno, ed in parole povere significa che è prossima la soluzione di due problemi d’importanza vitale. Non solo per Clavière, ma anche per le comunicazioni fra l’Italia è la Francia.

Ecco la storia dei sei anni di guai. Una storia incredibile. Questo piccolissimo comune di frontiera, che ha in tutto novanta abitanti (alcuni dei quali, per di più, vivono in permanenza all’estero), è tanto povero che i suoi impiegati non ricevono una lira di retribuzione : con un gettito di 300 mila lire all’anno di imposte non è evidentemente possibile affrontare alcuna spesa E chi volete che si occupi della povera gente, come volete che ì diplomatici tengano conto di queste cose? Clavière aveva prima della guerra parecchi vantaggi : con una posizione geografica felicissima, sia dal punto di vista commerciale che da quello turistico e sportivo, s’era creata la fama d’una delle migliori stazioni invernali d’Italia e di un centro di scambi quanto mai attivo. Poi venne il trattato di pace, e la discussione di poche centinaia di ettari di terreno. Uno spostamento della frontiera, in fondo una sciocchezza. Ma la sciocchezza è bastata per mettere il paese a soqquadro.

E’ accaduto, per esempio, che il sindaco Ercole Moiso è stato costretto, da allora, ad attraversare ogni mattina il confine per recarsi dalla sua casa, in territorio francese, al Municipio rimasto dalla parte italiana. E’ accaduto pure che l’impianto dello skilift è sì tutto francese, ma uno dei piloni a mezza strada si trova al di qua della linea di frontiera. E ciò ha provocato la rivolta del-l’ingegner Ettore Caretta, il costruttore. Egli ha pagato tasse ad italiani e francesi, disciplinatissimo, ma ora si rifiuta di versare anche un soldo di tributo per quel traliccio d’acciaio. «Prima si mettano d’accordo i diplomatici, poi io pagherò. E se vogliono, mi arrestino. Ma chi mi arresta : i carabinieri o i gendarmes?». Siamo ai limiti dell’assurdo e, come sempre accade in questi casi, del ridicolo.

Clavière è l’ultimo comune italiano alla frontiera con la Francia, a 1800 metri, sulla grande strada internazionale del Monginevro . Questa "fortunata" posizione gli arrecò danni grossi per la guerra vera e propria, danni per la lotta di Resistenza e danni per certe inspiegabili esercitazioni artiglieresche alle quali i francesi appassionatamente si dedicarono quando già in tutto il mondo l’ultimo colpo di fucile era stato sparato da parecchi mesi. Ma il peggio doveva ancora venire, ad opera dei diplomatici.

In questo modo. La Francia pretendeva per ragioni strategiche la montagna fortificata dello Chaberton, che domina il paese. Nulla da eccepire. Meno convincente era la successiva pretesa "strategica" sul pacifico paesetto di Clavière, e gli stessi francesi saggiamente abbandonarono l’idea. Tutto bene, dunque? Così sembrava. Diplomatici e generali si riunirono più volte per studiare attentamente sulle carte geografiche la maniera di lasciare all’Italia l’abitato, senza un pollice di terreno in più dello stretto necessario. E qui fecero una scoperta. Visto sulla mappa che il paese si arrestava ad un torrentello, il Rio Secco, pensarono di aver risolto il problema piazzando in quel punto la sbarra di confine. Diplomatici e generali, si sa, non hanno tempo da perdere e non poterono certo dare un’occhiata sul posto; altrimenti si sarebbero accorti che avevano adoperato mappe del secolo scorso, e che da parecchi lustri Clavière si era estesa al di là del Rio Secco, con case ed alberghi, con l’acquedotto e, soprattutto, con gli impianti sportivi (skilift, salto, tennis, golf).

Quando ci si avvide dell’errore, era troppo tardi : il trattato di pace era già stato ratificato. Nei contatti che si son svolti negli anni seguenti, i francesi non hanno mai contestato l'esattezza dei nostri rilievi. Quale sia la ragione che ha impedito alla vicina Repubblica di far seguire, ai riconoscimenti formali, la applicazione della modestissima rettifica di confine, non è dato sapere. Probabilmente, anche in Francia la burocrazia ama la diligenza e la rapidità. Adesso, il nostro ministero degli Esteri si sta muovendo, per iniziativa del solerte sottosegretario on. Taviani. E con un pizzico di diffidenza montanara, gli abitanti di Clavière si augurano (senza credervi troppo, forse) che questa sia la volta buona.

«I nostri guai non finiscono qui», ci diceva il sindaco indicandoci la folla di sciatori che animava lo spettacolo d e i magnifici campi di neve. «Da un momento fili'altro, nel pieno della stagione, possiamo restare isolati. E addio sciatori». Dinanzi ai nostri occhi, la strada descriveva una brusca curva, e si snodava verso Cesana, in basso, tagliando la impervia parete dello Chaberton. Basta una piccola valanga per ostruirla, isolare Clavière dall’Italia e interrompere il traffico con la Francia, e questo su uno dei valichi alpini più agevoli per le comunicazioni fra i due paesi, anche durante i mesi invernali. Senza le valanghe la strada potrebbe restare aperta tutto l’anno.

Fortunatamente il pericolo è assai circoscritto : si tratta di circa 500 metri di nastro stradale, esattamente fra le progressive km. 38,100 e 38,600 della statale n. 24, e cioè del tronco compreso fra il piccolo deposito della casa cantoniera ANAS sopra Cesana e le antiche caser-mette di Clavière. E’ sufficiente costruire un para-valanghe di non grande spessore, una sorta di porticato sulla strada che permetta alla neve di rovesciarsi a valle senza danno per il traffico. «E’ una vecchia storia che nessuno ha mai voluto prendere sul serio», raccontava l’albergatore Giulio Long. «Mio nonno e due suoi compagni ci lasciarono la vita, nel 1895, e da allora ad oggi tanta altra povera gente è morta su questa strada. Deve continuare sempre così?».

La spesa non è grossa: meno di 300 milioni. Varrebbe la pena di farla, non fosse che per porci allo stesso livello dei francesi, che dalla parte loro assicurano la transitabilità della strada in qualsiasi periodo dell’anno. I giornali della Savoia e del Delfinato ebbero espressioni poco benevole nei confronti delle nostre autorità, l’anno scorso. E con piena ragione. Centinaia di sportivi francesi, venuti in Italia a bordo d’una trentina di pullman, furono bloccati da una valanga sulla strada del ritorno, proprio in quel dannato punto, e furono costretti a prendere il treno per tornare a casa. I pullman rientrarono in Francia due mesi dopo. Ora, finalmente, sembra sia la volta decisiva anche per questo: l’ANAS ha già stanziato 42 milioni per la costruzione del para valanghe. In primavera cominceranno i lavori. Se non mancherà l’apporto finanziario (i 42 milioni servono soltanto per impiantare il cantiere), tutto dovrebbe essere finito entro l’anno.

Le valanghe che di tanto in tanto rotolano lungo le pendici dello Chaberton hanno, ognuna, un nome : la «Gran Roussa», «l’albero del tascapane», «le fontane». Così i valligiani indicano i punti delle disgrazie, così ricordano i nomi delle vittime. La poesia della montagna, se volete, ma vi possiamo rinunciare, senza rimpianti.

Aldo Vanni, «Settimo Giorno», anno V, n.6, 7 febbraio 1952


Subito dopo una co-produzione italo-francese porta Totò per la prima volta nella stessa inquadratura con Fernandel. Il film, diretto da Christian Jacque, si intitola La legge è legge ed è una sorta di Guardie e ladri con complicazioni burocratiche. Il vero protagonista è Fernandel, una guardia francese di frontiera che scopre sgomento di avere natali italiani; l'antagonista Totò, ladruncolo italiano, rappresenta la sua coscienza sporca. [...]

Alberto Anile


Totò e Fernandel non si erano mai incontrati in un film; sul ring allestito da Christian Jaque per questa volta ha vinto il comico francese, e non perchè abbia superato in bravura il collega italiano, ma perchè il film è fatto per lui come tutti quelli che egli ha interpretato finora [...]

Anonimo, 1958


Totò, Fernandel e il contrabbando

Totò e Fernandel lavorano assieme in un film di Christian-Jaque. Fernandel, che sta girano un film con il comico americano Bob Hope, sarà in questa nuova pellicola un doganiere francese e Totò un contrabbandiere italiano. Fernandel abiterà in una casa di frontiera costruita a cavallo del confine, e tutto il film sarà imbastito sui suoi vani tentativi per arrestare Totò. Questi alla fine gli rivelerà che essendo nato nella stanza della casa che si trova in territorio italiano, non può arrestarlo non essendo più nè cittadino francese nè, tanto meno, doganiere.

«Corriere dell'Informazione», 27 aprile 1957


Totò a fianco di Fernandel in una satira delle frontiere

Grasse, luglio.

«Ouf!» ha esclamato Martine Carol scendendo dall'aereo sull'aerodromo di Nizza.

[...] Mentre Martine girerà fra gli atolli del Pacifico, Christian Jaque passerà la frontiera italiana per incontrarsi con Totò e Fernandel e girare La legge è la legge, una satira scherzosa sulle frontiere. Vi si ammirerà un Fernandel doganiere e un Totò divenuto contrabbandiere; basta accennare a queste due figure per immaginare quanti o quali arguti scherzi possono nascere fra i due comici. Christian Jaque non vuole svelare molto il suo scenario: però ha detto che a un certo punto si tratta di sapere di qualo nazione è un bimbo nato in una casetta a cavallo della linea ideale di una frontiera (è un fatto piuttosto corrente che certi villaggi svizzeri e italiani si trovino tagliati in due in seguito ad accordi diplomatici: è già successo nella zona di Tenda che II confina divida in due una casa, lasciando la cucina in Italia e la camera da letto in Francia).

«Quali progetti avete, dopo Il film sulle frontiere?».

«Progetti vaghi, risponde Christian Jaque. Vorrei girare una vita di Jacques Coeur, ma vedremo. Prima seguirò Martine nella sua nuova carriera teatrale. Infatti mia moglie salirà in ottobre sulle scene del Nouveau Théàtre, una bomboniera deliziosa che Elvlre Popesco ha fatto costruire per rappresentarvi delle commedie più intime che non al Théàtre de Paris.

Martine sarà la prima attrice dal lavoro in tre alti di Semerset Maugham, Pioggia. Ritorna così al primo amore: la scena di prosa. Gli altri due sono il cinema e Christian Jaque.

m.r., «Il Messaggero», 9 luglio 1957


Fernandel contro Totò

I due più popolari comici di Francia e d’Italia lavorano per la prima volta insieme nel film «La loi c’est la loi». Totò, contrabbandiere dalla maschera patetica ed amara prima che comica, incontra nel film Fernandel, doganiere dallo smisurato sorriso.

«Noi Donne», 27 luglio 1957


Personaggi del mondo

L'altra sera passeggiavo per il viale Bruno Buozzi e sono capitato davanti all'abitazione del principe De Curtis, al secolo Totò. Guardando le finestre chiuse ho pensato all'assenza dalla capitale del principe. Ho bussato e mi ha invece aperto Franca Faldini. Sono entrato in punta di piedi e ho chiesto di Totò: di questo comico internazionale che da diversi mesi non si fa più sentire dal suo pubblico e che da diversi mesi vive relegato nella sua magnifica casa dei Parioli fra medici e medicine.

E chiedendo alla moglie notizie di Totò ho sentito un vago senso di nostalgia. Eravamo abituati a vederlo a sentirlo: eravamo abituati a leggere sui cartelloni di un teatro cittadino il suo nome a caratteri cubitali oppure ad ascoltare alla radio una sua interpretazione. Da alcuni mesi Totò tace.

Sono attesi a Roma Fernandel e il regista Jaques per l'inizio della lavorazione del film «La legge è legge» che prevede la partecipazione di Totò. Prevede - mi dice la Faldini - perché, secondo i medici, gli occhi di Antonio de Curtis non sarebbero perfettamente guariti, sicchè la decisione finale rimane sempre nelle mani dei dottori curanti.

Ma Totò, è bene dirlo, ha un gran desiderio di riprendere il suo lavoro. Desidera uscire dalla segregazione nella quale si è chiuso da molti mesi. Desidera ricalcare le scene del nostro teatro e quelle del set di Cinecittà. Vuole insomma a far di nuovo sorridere il pubblico con le sue imitazioni, con le sue interpretazioni sempre gustose e squisitamente napoletane.

Recentemente aveva accettato l'offerta di alcuni produttori, ma i medici si opposero all'ultimo momento e i film andarono a monte. Per uno di questi film si tentò un recupero in extremis interpellando Rascel che a quanto pare, avrebbe accettato una sceneggiatura non tagliata per lui. Ma a questo punto intervennero le pretese di un altro attore che per recitare con il «piccoletto» anziché a fianco del principe De Curtis, pretendeva un aumento di paga e così il progetto fu definitivamente accantonato.

Ora Totò vuole assolutamente tornare sul set. Ha deciso di interpretare «La legge è legge» che si girerà a fra poco a Roma. Ha deciso di far rivedere il suo volto ai suoi aficionados che in questi mesi si sono privati di lui punto caro Totò! Bentornato sugli schermi - diciamo - bentornato e grazie! Sono venticinque anni che recita per il pubblico ed ora non poteva abbandonarlo; ora che era giunto all'apice della sua carriera e che era diventato l'idolo delle folle. Un comico come Totò, che ha salito i gradini del successo con stenti e ostacoli a più non posso non poteva lasciarsi andare e continuare a rimanere nel silenzio. Lo rivedremo quindi sugli schermi! E’ lui stesso, di persona, che me lo dice sorridendo: «Farò altri film, caro Galdi, scrivilo pure sul giornale, ne farò degli altri… perché non posso più stare lontano da quel pubblico Che indirettamente mi fa vivere e che sempre mi ha aiutato a sormontare qualsiasi ostacolo che la vita mi ha opposto».

Piero Galdi, «Momento Sera», 17 ottobre 1957


Finalmente insieme Totò e Fernandel

Quanto prima i due celebri attori comici cominceranno a lavorare in "La legge è legge"

Parigi, lunedi sera.

Fernandel sta riposando a Capvern, sulla Costa Azzurra; ma a Capvern il celebre comico non gode di una completa tranquillità, poiché quasi ogni giorno riceve visite che non lo lasciano certo in pace. Giorni or sono ha ricevuto quella del regista Christian-Jaque che si é recato a spiegargli gli ultimi mutamenti da lui fatti alla sceneggiatura del loro prossimo film "La legge è legge", la cui lavorazione comincerà quanto prima e in cui Fernandel reciterà — com'è noto — insieme con Totò, il suo celebre collega italiano ormai ristabilitosi dal recente disturbo visivo.

Fernandel ha, a più riprese, dichiarato che è molto lieto di poter interpretare un film unitamente a Totò, che egli stima molto, ritenendolo il più completo comico e mimo delta scena di rivista e dello schermo italiani. «Totò — ha detto Fernandel — mi fa veramente ridere come nessun altro comico. Ho visto diversi suoi film e mi sono non poco divertito, non tanto per i film stessi che in genere, non sono risultati quasi mai adeguati alle sue grandi possibilità artistiche, ma per la sua irresistibile comicità che è paragonabile a quella dei più apprezzati attori comici di tutto il mondo, compreso Charlot della prima maniera. Insomma, Totò mi fa ridere assai più di Fernandel. Certamente lui ed io gareggeremo, nel film di Christian-Jaque, per divertire il pubblico, e mi auguro che questa non sia la sola occasione in cui saremo insieme».

Intanto Christian-Jaque sta pensando a un eventuale remake, con Fernandel, del famoso film Francesco I.

«Stampa Sera», 28 ottobre 1957


Venafro, venerdi sera.

Il regista francese Christian-Jaque ha dato ieri il primo "giro di manovella" del film «La legge è legge», molte scene del quale saranno riprese a Venafro. Fernandel è il protagonista del film accanto a Totò: è la prima volta che i due comici lavorano insieme. Il primo farà la parte di un doganiere francese, il secondo quella di un contrabbandiere italiano; se si aggiunge che Leda Gloria interpreta la parte della moglie del contrabbandiere e di ex moglie del doganiere, si può immaginare le allegre complicazioni previste dal film. La troupe rimarrà Venafro quattro settimane, dopodiché rientrerà a Roma per completare la lavorazione a Cinecittà. Altri interpreti del film, prodotto in coproduzione tra Italia e Francia, sono Annamaria Luciani, Luciano Marin e Checco Durante.

«Stampa Sera», 15 novembre 1957


Sospeso un film da Totò per disturbi alla vista

Venafro, 9.

Da qualche giorno i cittadini di Venafro si sono non poco meravigliati del fatto che Totò non partecipasse alla lavorazione del film «La legge è legge». I cineasti si erano chiusi nel più stretto riserbo ma intanto circolavano voci secondo le quali il popolarissimo comico sarebbe stato di nuovo assalito da un improvviso riacutizzarsi del male alla vista. Si e poi appreso che Totò e Franca Faldini, di notte avevano lasciato Vcnafro in auto diretti a Roma, per sottoporsi alte cure degli oculisti.

Era accaduto che giovedi scorso Totò, non appena aveva smesso di recitare con Fernandel nel tardo pomeriggio, in auto s'era recato a Formia, assieme alla Faldini e alla figlia. Qui poi aveva fatto una buona mangiata di cozze di cui pare sia ghiottissimo, e aveva fumato, proprio come un turco. Due cose, queste ultime, che gli erano state assolutamente proibite dai medici curanti, poiché nocive alla sua
salute. Totò comunque, aveva voluto rompere la dieta, anche perche negli ultimi giorni della sua permanenza a Venafro, s'era sentito bene come non mai. In auto poi tornava a Venafro, sempre con la Faldini e sua figlia.

In serata, però, mentre si trovava nell'appartamento poco discosto da Piazza Merola, improvvisamente avvertiva dei disturbi, che si facevano sempre più dolorosi. Il suo autista veniva immediatamente incaricato di recarsi a Roma a prelevare l'oculista personale, che è giunto alcune ore dopo. L'oculista romano consigliava Totò a recarsi a Napoli, per un consulto col professor Locascio. Qui era accuratamente visitato.

In auto, coi suoi familiari Totò si portava a Roma. Il medico lo visitava nella mattinata di venerdi e riscontrava il riacutizzarsi del male alla vista, tanto da concedergli un paio di settimane di riposo assoluto.

«Momento Sera», 9 dicembre 1957


Si gira "La legge è legge" agli ordini di Christian-Jaque

Incontro con Fernandel sui monti del Cassinese

Il comico marsigliese gira travestito da doganiere alla caccia di Totò contrabbandiere d'alcool - Perché l'attore diventa nevrastenico quando è lontano dal cinema - Ricordi delle sue spassose avventure

Venafro, martedì sera.

Secondo Fernandel il mestiere ideale è quello del vagabondo. « Se non avessi fatto l'attore — egli dice — avrei certamente girato l'Europa e il resto del mondo, cantando madrigali e stornelli come un antico trovatore. Cielo libero, aria pura ed il fascino di paesi nuovi sarebbero state le più belle ricompense al valore del mio canto ».

Il celebre comico marsigliese ci fa queste confidenze durante una pausa della lavorazione in esterni di La legge e legge che egli interpreta con Totò, per la regìa di Christian-Jaque. Questi ha il suo daffare per tenerlo a freno, ma è abituato alla parte del domatore essendo il marito di Martine Carol. Non che Fernandel sia un tipo scorbutico, intendiamoci, ma è un fatto che i registi quando lavorano con lui non hanno mai la vita facile. Questione di temperamento, afferma Fernandel come per scusarsi. La verità è che, indipendentemente dalla sceneggiatura, egli vuole sempre aggiungere qualcosa di suo alla caratterizzazione del personaggio che gli viene affidato, ma in linea di massima ha sempre delle idee o delle trovate molto felici.

Venafro, dove ora si stanno girando alcune scene molto divertenti, è un paesotto nei pressi di Cassino, in una zona povera e montagnosa. Circa un secolo fa vi passavano veramente i contrabbandieri che trafficavano tra il regno di Napoli e lo Stato Pontificio. Ma Fernandel e Totò non impersoneranno un doganiere e un contrabbandiere di quei tempi. L'azione del film si svolge ai nostri giorni in un piccolo paese della frontiera tra l'Italia e la Francia. La linea di confine taglia in due non solo le strade, ma anche le stanze delle case. Fernandel, cioè il doganiere francese, dopo vari tentativi riesce finalmente a mettere le mani su Totò. cioè il contrabbandiere italiano. I due si conoscono bene e a rendere più curiosa la situazione c'è il fatto che Totò ha sposato la ex-moglie di Fernandel. Di qui tutta una serie di spassose ed impreviste avventure, attraverso le quali il doganiere dopo tutta una serie di grossi guai, penserà addirittura al suicidio come all'unica possibile liberazione dagli incubi che lo assillano. Ma poi si scoprirà l'errore dovuto allo spostamento arbitrario di un paletto di confine e tutto andrà per il meglio. Il doganiere tornerà quindi al suo servizio e il contrabbandiere al suo faticoso lavoro sulle montagne.

Parlando dei suoi progetti di lavoro, Fernandel assume una espressione piuttosto seria, ma inutilmente. E il riso, com'è noto, è contagioso. Finalmente rido anche lui, mostrandoci i suoi denti enormi. Denti che però hanno notevolmente contribuito alla sua celebrità. A Parigi, infatti, dicono che una buona parte del suo potere comico risieda appunto nei suoi incisivi.

« Del resto anche la mia mascella è popolarissima in Francia - egli aggiunge - più di quella di Michael Simon, che è tutto dire. I giornali umoristici mi chiedono continuamente pi denti per farne dei tasti da pianoforte. Ma ora parliamo di cose serie. Dunque, tanto per cominciare, sono impegnato nell'interpretazione di film, uno dietro l'altro, fino a dicembre 1959. Dicono che stia attraversando il periodo di maggior fulgore della mia carriera. Dopo il film con Totò, sarò il protagonista d i Don Chisciotte nella colossale [...] che il produttore americano Mike Todd sta preparando [...] cavaliere dalla trista paura andrò in Spagna per girare gli esterni e poi raggiungerò Hollywood per gli interni. Stabilirmi a Hollywood? No, per carità: noi latini vogliamo restare a casa nostra, amiamo il nostro Paese e tutto il resto che c'è dentro ». [...]

Gino Barni, «Stampa Sera», 11 dicembre 1957


Totò e Fernandel nella terra di nessuno

Il comico italiano e quello francese in un film che si svolge al confine fra i due Paesi e le due leggi, rivali ed amiconi al tempo stesso.

Si conoscono felicissimi matrimoni internazionali: la saggezza popolare che suggerisce, per le mogli e per i buoi, una scelta casalinga, non è affatto comprovata dalla esperienza. E’ noto, anzi, per comune opinione degli studiosi, che i figli più belli e più sani sono proprio il frutto delle unioni di genitori nati ad opposte latitudini. Ma lo stesso non si può dire di quei matrimoni cinematografici che si chiamano «comproduzioni ». I film realizzati con mezzi tecnici ed artistici di varia provenienza sono troppo evidentemente bastardi; hanno, cioè, un che di ibrido in cui si tradiscono concessioni e adattamenti e si disperdono, invece di fondersi, gli umori originali.

Un paesino a metà francese e a metà italiano, sul confine. Ci vivono Giuseppe (Totò) e Ferdinand (Fernandel): il primo contrabbandiere italiano, l'altro doganiere francese. Giuseppe ha sposato Marisa, dopo che ella ha divorziato da Ferdinand. Ecco i due, durante la festa del 14 luglio: il doganiere arresta Giuseppe, sorpreso mentre esercitava il contrabbando.

Ma le parti si rovesciano: ai gendarmi, il contrabbandiere ha rivelato che Ferdinand non può arrestarlo, perchè non è francese: il doganiere è nato nella cucina della casa dove abita Giuseppe, e quella cucina, allora, era territorio italiano. Infuriato, Ferdinand è costretto ad espatriare in Italia, per non essere arrestato a sua volta, giacché i suoi documenti sono falsi.

Non sappiamo molto della pellicola italo-francese La legge è legge, da poco terminata; è probabile che sia eccellente, ma è chiaro che un giudizio non possa essere espresso che dopo la sua presentazione. Per ora abbiamo alcune immagini, che riproduciamo nella narrazione del canovaccio. La stessa guardinga diffidenza che investe tutte le opere di collaborazione internazionale va riferita, ovviamente, anche a questa; e tuttavia non senza ima ragionata attenuazione. I due perni del film, diretto dal regista francese Christian-Jaque, sono gli attori Totò e Fernandel. Due interpreti comici di gustoso sapore dialettale; di nazionalità e di personalità diverse, è vero, ma con grosse analogie.

Nuovo mutamento di situazione: se Ferdinand si è servito di falsi documenti, anche il suo matrimonio con Marisa fu nullo; mentre, per la legge italiana, che non ammette il divorzio, egli, sposato due volte, risulta bigamo. Così Ferdinand andrà in carcere con Marisa, sua prima moglie, bigama anche lei. Adesso tocca a Giuseppe e a Marisa (Leda Gloria) di disperarsi.

1958 04 06 Domenica del Corriere La legge e legge f4I due amici-nemici confabulano, afflitti. Ferdinand, che deve rispondere anche dell’accusa di non aver compiuto il servizio militare in Italia, è furibondo; Giuseppe, che non accetta l’idea di vedere andare in carcere sua -moglie con il rivale, non lo è meno di lui. Difficile venirne fuori. C’è però un avvocato italiano che la sa lunga e mette a posto tutto, dopo un’indagine.

Marsiglia sta alla Francia come Napoli sta all’Italia. Sono, entrambe, le capitali del Sud, di un Sud che il folclore raffigura pittoresco, esuberante, malizioso, ciarliero. (Anche se questa è una realtà superficiale, e nel sottofondo ce n’è un’altra più amara). Totò è l’incarnazione di Napoli quanto Fernandel lo è di Marsiglia. Molti film, miche nella versione italiana, presentano Fernandel come un attore dialettale, di un dialetto cadenzato alla maniera genovese. L’accostamento dei due interpreti è suggerito da un’affinità evidente di impulsi, di scatti e di reazioni, quelli appunto che traggono origine dalla spontaneità del vernacolo.

1958 04 06 Domenica del Corriere La legge e legge f5E' vero, Ferdinand non è francese per i francesi e non è italiano per gli italiani. Ma un maresciallo (Nino Besozzi) appura dall’avvocato che la stanza in cui è nato il doganiere era, in realtà, francese: il paletto di confine era stato spostato. Perciò Ferdinand e Marisa non risultano colpevoli, potranno tornare liberi alle loro case. La gioia illumina, finalmente, i due.

1958 04 06 Domenica del Corriere La legge e legge f6Ultima disavventura di Giuseppe. Per sfuggire ai gendarmi, che lo hanno di nuovo sorpreso mentre fa il contrabbando, egli sta per precipitare, da un ponte, in un torrente. Ferdinand, tornato doganiere, interviene per trarlo in salvo. E così si rinsalda la loro amicizia, dopo tante prove. Ma l’uno sempre contro l’altro: meno che all'osteria, dove si brinderà a Marisa.

A parte ciò stavolta la «comproduzione» è giustificata dalla circostanza che la trama ha inventato, come luogo dell’azione, un villaggio a metà nostro e a metà francese, situato a cavallo della frontiera, ima specie di terra di nessuno: il confine passa fra casa e casa, anzi divide in due certe case, e addirittura è controverso dove cominci la Francia e dove l’Italia. Su questa linea capricciosa del confine s’impernia il racconto. Se si tratta di « coproduzione », si è scelta una spezzettata via di mezzo che non ha caratteri nettamente definiti; ecco perchè, una volta tanto, la collaborazione delle due nazionalità quasi si imponeva.

E, ancora una volta tanto, ecco un’altra strana e inedita caratteristica, per un film comico: La legge è legge non si appoggia al sussidio di una storiella d’amore nè a quello della piccante avvenenza di un’attrice. Prodigioso addirittura: non foss’altro che per questo, sarebbe un film da sottolineare albo lapillo, con una pietra bianca.

Art., «La Domenica del Corriere», anno LX, n.14, 6 aprile 1958


Acrobazie di Totò e Fernandel lungo un'assurda linea di confine

I due popolari comici interpretano rispettivamente un contrabbandiere italiano e un doganiere francese nel film "La legge è la legge", diretto da Christian-Jaque

Simbiosi di Totò e Fernandel nel nuovo film di Christian-Jaque (soggetto di Emmanuel e Tacchetta; sceneggiatura di Emmanuel, Age e Scarpelli) La legge è la legge, realizzato in coproduzione italo-francese. I due popolari comici interpretano rispettivamente un contrabbandiere italiano e un doganiere francese d'un paesino chiamato Assola, che un'assurda linea di confine spacca precisamente in due. Non solo molte case, ma persino parecchie stanze sono per metà in Francia e per metà in Italia.[...] Coi due protagonisti, sono Nino Besozzi, Pierre Larquey, Dinan, Leda Gloria, Nathalie Nerval.

Leo Pestelli, «Stampa Sera», 16 aprile 1958


Il confine pazzo

[...] Il difetto del film è appunto di far troppo assegnamento sulle trovate; e di andarle a cercare col lumicino. Discretamente spassosi alcuni tratti e divertenti I due protagonisti, forse più negli «assolo» che nei duetti.

p. (Leo Pestelli), «Stampa Sera», 29-30 ottobre 1958


Presentato nel corso dell'ultimo festival di Berlino, questo film di Christian Jaque vi ottenne un vivo successo di pubblico soprattutto per l'appropriatezza del suo argomento nel quadro della città divisa in due. Il film è infatti, in chiave comica, un dimostrazione dell'assurdità i certe frontiere; e descrivendo la vita di un paesino che il confine italo-francese attraversato zigzagando con allegra irregolarità, esso ci offre in piccolo un immagine del mondo contemporaneo, vittima delle stramberie della geografia politica è, nella storia che Jaque piacevolmente narra, [...] Uno spunto originale e simpatico, insomma. E tale è anche il film pur se è vero che Jaque avrebbe potuto renderlo due volta più profondamente arguto con l'impedire ai suoi esuberanti interpreti, Fernandel e Totò. di volgere troppo spesso l'azione comica in vera e propria farsa.

Vice, «Il Messaggero», 1 novembre 1958


Anche La legge è legge, come tanta parte del cinema italiano minore, inclina alla farsa, ma ha almeno il merito, in confronto a tante inutili e sciapite commediole, di costruire la sua comicità su un problema vivo e oggi di grandissima attualità: l'abolizione delle frontiere doganali e la realizzazione di un'Europa unita .Che tale nobile polemica venga condotta proprio con grande impegno, sla precisa nelle sue impostazioni, lineare nel suo sviluppo e chiara nelle sue conclusioni, non ci sentiremmo di affermare. Il problema, tuttavia e sotto la scorza rustica della farsa, è impostata con superficialità ma anche con una certa, vigorosa sincerità. [...] Totò e Fernandel, con una, vena comica non sempre sorvegliata ma spessissimo molto indovinata nel suoi toni e nella precisa caratterizzazioni del due rivali, sono i divertentissimi protagonisti. E, nonostante le pastoie di una sceneggiatura abbastanza convenzionale, riescono, non di rado, ad esprimere, e del problema che è alla base del film e dei due sfortunati personaggi, una testimonianza umana e affettuosa.

P.V., «Il Popolo», 1 novembre 1958


Il tema «Guardie e ladri» ha subito una piccola variante ed e diventato. «doganieri e contrabbandieri». Doganiere è Fernandel, contrabbandiere, naturalmente, è Totò: uno è francese, l'altro è italiano, entrambi, però. vivono in un paesino di montagna in cut la frontiera è stata tracciata in modo cosi curioso da tagliare qua un pezzetto di strada, là una porzione di casa, là addirittura... i mobili di una famiglia! [...]

Satira, farsa, parodia? Di tutto un po'. Il film porta la firma di Christian-Jaque, ma non rivela certo la verve né il brio sottile di cui spesso in passalo ci aveva dato prova il regista francese; il tono e più sempliciotto, più incline alla risata facile, alla comicità a buon mercato, alle situazioni solo esteriormente caricaturali. Il pubblico, però, non sottilizza, si lascia prendere dai comici ghirigori dell'intrigo, ride degli equivoci, consente alle parodie, e si diverte, sia pure superficialmente, alle battute più paradossali. I suoi maggiori consensi, comunque, vanno agli interpreti: sia a Totò, sempre uguale ma sempre divertente in quelle sue parti di ladruncolo affamalo, capace solo di viver d'espedienti, sia a Fernandel, il cui comico sgomento e reso anche più ameno, qui, da un doppiaggio che, pur senza privarlo delle sua solita voce italiana, gli ha aggiunto un accento francese di gustosissimo effetto.

Gian Luigi Rondi, «Il Tempo», 1 novembre 1958


Avevamo già trovato Totò alle prese con la giustizia, con i tutori dell'ordine e con i concetti stessi del lecito e dell'illecito in «Guardie e ladri», il non dimenticato film di Steno e Monicelli; qui egli ci appare in una situazione ed in una moralità analoghe, nei panni questa volta di un contrabbandiere. Antagonista di Totò è naturalmente un doganiere, con il quale, rapporti «professionali» a parte, regna la stessa amicizia che regnava tra lui e la guardia Fabrizi nel ricordato film. La vicenda è ambientata in un paesino al confine italo-francese, uno di quei paesi nei quali la linea di frontiera corre assurdamente tra casa e casa, passando persino nei mezzo dei fabbricati. [...] Il soggetto — di Emmanuel e Tacchetta — è significativo, gustoso, ricco di possibilità di satira e di clairiana ironia. La sceneggiatura, però si è lasciata un pò troppo impastoiare dagli stessi cavilli giuridici e dai garbugli legali contro i quali il film punta i suoi strali, abbondando in un dialogo esplicativo, che si impegna a sviscerare alquanto piattamente le situazioni più che a trarne motivi di sapide invenzioni. Anche Christian-Jaque non era forse il regista piu adatto per il film che il soggetto avrebbe invitato a comporre; con questo, però, non vogliamo dire che il racconto non abbia i suol punti originali, paradossali, curiosi e divertenti.

Tra Totò e Fernandel non c’è gara: il secondo ha più metraggio a disposizione dei primo, il quale compie un'interpretazione eccezionalmente sorvegliata, priva di ogni slittamento, rivistaiolo, impostata su di un'umanità ed una serietà artistica che danno la misura delle sue grandi doti. Nessuno dei due peraltro è impegnato a fondo ma, se volete costringerci a formulare una preferenza, essa va a Totò, soprattutto per la ricchezza e l'incisività della sua maschera e delle sue espressioni, cui fa riscontro, da parte di Fernandel una certa monotonia. Nino Besozzi, Noel Rocquevert, Leda Gloria, Pierre Larquey, Luciano Marin spiccano tra gli interpreti di fianco. La bella fotografia è di Gianni Di Venanso.

Vinicio Marinucci, «Momento Sera», 2 novembre 1958


Accostamento inedito, Totò e Fernandel, comicità nostra e comicità francese, nel film La legge è legge («La lol c’est la loi»), di Christian-Jaque, soggetto di Emmanuel e Tacchella). Nello spirito e nei modi di «Guardie e ladri», un saggio di allegria internazionale con duo attori di buone risorse. Prevale — per arguzia, bonomia, immediatezza — il nostro attore, tornato alla forma migliore; Fernandel che pure ha una sua personalità, non può che dargli la replica. Noel Rocquevert, capo gendarme isterico. dà la buona giunta per il contributo francese, in una spiritosa stilizzazione caricaturale.

Il sarcasmo del film si esercita sull’illogicità d’una cosa reputata sacra, la frontiera.[...] E proprio l’epilogo tradisce il difetto del canovaccio, che diluisce l'idea motrice, mentre una maggior concisione gli avrebbe dato più densità. A parte qualche ristagno, tuttavia. «La legge è legge» vive bene sull’invenzione e sull’interpretazione; è una catena di occasioni offerte a due attori eccellenti, entrambi in vena, messi in puntiglio come due centro-attacchi di squadre di calcio che gareggiano nella ricerca del gol. E, nonostante la consanguineità con «Guardie e ladri», anche lo spunto satirico ha senso e giustificazione; che incoerenza stupida, certe frontiere a zig-zag.

lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 1 gennaio 1959


Totò e Fernandel non si erano mai incontrati in un film: sul « ring» allestito da Christian Jaque per questa volta ha vinto il comico francese, e non perchè abbia superato in bravura il collega italiano, ma perchè il film è fatto per lui, come tutti quelli che egli ha interpretato finora. Fernandel innanzitutto è il protagonista: una guardia di finanza impegnata nella cacciare un contrabbandiere italiano che gli sfugge e per vendetta rivela alle autorità che l’agente in verità è nato in Italia e quindi non ha diritto a vestire la divisa francese.

L’uniforme è tutto per il poveretto, che sa di essere uno sciocco ed è perseguitato da un complesso d'inferiorità: avergliela tolta equivale ad averlo fatto ridiventare un tapino. Per giunta le autorità italiane non vogliono riconoscere la nuova nazionalità dell'ex - francese, che si trova improvvisamente « nessuno » : come impazzito si ritira sulle montagne bersagliando le vetrine del paese con un fucile a lunga gittata. Alla fine gli verrà in soccorso proprio chi l'ha messo nel guai: il contrabbandiere, che scopre essere in verità il finanziere veramente un francese.

Vice, «Corriere dell'Informazione», 2 gennaio 1959


I "jamais" di Fernandel

L’attore francese rispetta un vero e proprio codice, da lui ideato, delle cose che non gli conviene fare. Fra le altre, osserva la regola di non lavorare mai con un altro comico; e per questo ha recisamente rifiutato di tornare sullo schermo a fianco di Totò

Fernandel sta girando a Roma, insieme con Tognazzi, la Koscina, e Caprice Chantal, il centodiciottesimo film della sua carriera: Psicanalista per signora. «I comici — dice l’intramontabile attore -— durano di più dei jeunes premiere e delle belle attrici. La loro fortuna non è legata al numero delle rughe, ma al talento e. soprattutto, alla simpatia che ispirano nel pubblico». Fernandel, che oggi vale 50 milioni di franchi, amministra con molta saggezza il suo patrimonio di simpatia. Egli si fida solo del suo truccatore personale, che lo accompagna dovunque; ha i suoi registi di fiducia. (Jean Boyer, che dirige il suo ultimo film, è stato il regista anche di Parrucchiere e di Sarto per signora); suo cognato gli rivede i copioni; due dentisti in Francia, uno a Parigi e uno a Marsiglia, posseggono il calco completo della sua bocca, pronti a tamponare, con un dente spedito per espresso, una eventuale falla del suo preziosissimo sorriso.

Autentico mattatore della comicità, Fernandel ha ideato un vero e proprio codice delle cose che egli "non può fare". Fernandel, per esempio, non può mai morire; non deve mai uccidere; non deve comportarsi in modo disonesto; e così via. Una delle cose che può fare, invece, sono i cattivi film: tanto il pubblico (francese) gli è così affezionato che dice: «Certamente, non è colpa sua!». Fra le regole segrete di questo codice, c'è anche quella che Fernandel non deve mai lavorare con un altro comico, il quale gli possa far concorrenza. L'attore ha corso questo rischio di recente, quando ha girato con Totò «La legge è legge»; ed è diventato suscettibile. I produttori di Psicanalista per signora volevano infatti inserire Totò nel film, sia pure in una particina secondaria. «Jamais, jamais!», ha esclamato Femandel alzando le mani al cielo. Ricordava qualcuno, altrettanto deciso in altro campo.

Stelio Martini, «Tempo», anno XXI, n.9, 3 marzo 1959


Chi non ricorda «La legge è legge», con Totò e Fernandel, girato nel lontano 1958 in un paesino alle spalle di Ventimiglia, lungo la strada del Tenda, che unisce la Riviera dei Fiori a Limone, a Cuneo e a tutto il Piemonte? Un bel film in bianco e nero, diventato 38 anni fa «campione d'incassi». Nelle sale cinematografiche italiane registrò, infatti, la cifra record di 354 milioni di lire.

La regia fu del francese Cristian Jacque. Produttori due grandi del cinema italiano: Franco Cristaldi ed Alfredo Bini. La musica venne firmata addirittura dal grande Nino Rota. La storia, semplice ed esilarante, si basava soprattutto sugli equivoci provocati dalla linea immaginaria di frontiera tra Italia e Francia che vigeva, subito dopo la guerra, lungo tutta la Val Roja. Il confine «spaccava» letteralmente in due la casa dove abitava Totò, in arte Giuseppe La Paglia, di professione contrabbandiere. Totò-La Paglia aveva la cucina e la camera da letto in territorio francese, il gabinetto, le scale e il terrazzo in territorio italiano.

Fernandel, in arte Fernand Pastorelli, gendarme francese, tutto ligio al dovere, alla divisa e alla Fi-ancia, non vedeva l'ora di arrestare «l'italiano» Totò-La Paglia, contrabbandiere di damigiane d'olio e qualche sigaretta tra Mentone e Ventimiglia. Gran parte del film si snoda su questa «caccia» di Fernandel, francese tutto d'un pezzo, all'italiano-arruffone imbroglione Totò. Ogni qual volta Fernandel sembrava sul punto di arrestare il contrabbandiere La Paglia nella sua camera da letto o in cucina, che si trovavano in territorio francese, Totò riusciva sempre a spostarsi nel suo bagno o sulle scale ed «espatriare» così in territorio italiano, a mettersi in salvo, a gabbare il rivale. Il tutto proprio grazie al confine immaginario tra Francia-Italia.

[r.b.], «La Stampa», 19 gennaio 1996


La censura

La censura s’incaponisce tra l’altro su un breve dialogo tra i due protagonisti, che considera inammissibile.

Totò: 'Ma certo, io conosco un sacco di persone, personaggi importantissimi, pezzi grossi, pezzi piccoli, pezzi medi, pezzettini così, figurati che conosco il cognato del cugino di un portiere di un cardinale, eh!'.
Fernandel: 'E che ci faccio con un cardinale?'
Totò: 'Oh, Ferdinand! Come che ci fai col cardinale! Ma tu che razza d’italiano sei?'

L’accordo verrà trovato sostituendo in doppiaggio al “cardinale” un più modesto “sacrestano”.

Alberto Anile

I documenti

Le edizioni home video del film La legge è legge (italiano) / La loi c’est la loi (francese), con anni di uscita, formati, case editrici e contenuti speciali.

VHS 📼

  • Prima edizione VHS italiana (anni ’80 circa).
    Secondo alcuni archivi compilati da appassionati, il film fu incluso in una riedizione VHS negli anni ’80, probabilmente tra 1985‑1990, come parte della collana dedicata ai film di Totò
  • VHS collana “Il Grande Cinema di Totò” (Fabbri Editori – Corriere della Sera), circa 2002.
    Distribuita insieme ad altri titoli, con confezione tipica da edicola.
  • VHS “Il meglio di Totò” (stessa collana, seconda uscita): collana ben curata in cassette da collezione

Note: le edizioni VHS non riportano data esatta, ma risultano diffuse tra la metà anni ’80 e i primi anni 2000.

DVD 💿

  1. DVD Dolmen Home Video – PAL / Regione 2
    • Anno: stimato primi anni 2000 (es. 2005–2010).
    • Formato: full-screen 4:3, audio Dolby Digital 5.1 e Mono, sottotitoli italiano/inglese.
    • Special features: menu interattivo, galleria fotografica, accesso alle scene
    • Edizione reperibile su Amazon.it, prezzo medio ~7–11 € .
  2. DVD CG Entertainment
    • Anno: occasioni recenti, disponibile nel 2025 
    • Formato: full-screen, audio italiano Dolby Digital 5.1, lingua italiana.
    • Semplice edizione standard, senza bonus aggiuntivi dichiarati.
  3. DVD in collane librarie / da edicola:
    Alcune riedizioni da edicola tipo “Il meglio di Totò” hanno incluso il film in versioni DVD curate ma senza dettagli su extra 

Blu-ray 🎞️

  • Edizione Blu-ray francese (La loi c’est la loi) riportata in cataloghi FNAC.
    Probabile Blu-ray Region B (Europa), contenente il film in versione originale con audio francese e italiano
    Dettagli su audio/subs su piattaforma non dichiarati pubblicamente, ma l’uscita suggerisce interesse a un’edizione in alta definizione.

Riepilogo supporti ed edizioni

SupportoEditore / CollanaAnno stimatoFormato & DettagliExtra presenti
VHS Anonima / Fabbri / Corriere della Sera 1985–2002 VHS standard prodotto in collane di Totò, confezioni da edicola
DVD Dolmen Home Video primi anni 2000 Full-screen, audio 5.1 & mono, sottotitoli IT/EN menu, galleria, scene access 
DVD CG Entertainment 2025 Full-screen, audio 5.1 nessuno dichiarato
DVD Collane edicola "Il meglio di Totò" anni 2000 Full-screen, packaging da edicola libretto cartaceo, no extra digitali
Blu-ray (Francia) – La loi c’est la loi recente High‑def Blu-ray (Regione B) non specificati; edizione FNAC nel catalogo

Considerazioni e suggerimenti

  • Per l’esperienza migliore: la DVD Dolmen rimane la più completa, grazie agli extra come menu e gallerie.
  • Per qualità video avanzata: l’edizione Blu‑ray francese è l’unica finora disponibile in HD, ma verifica la compatibilità Region B (player universale o import).
  • VHS: oggi interessanti solo per collezionisti o per curiosità storica; qualità ovviamente inferiore.

Proprio durante quel film ebbe un distacco della retina. Fu una cosa imbarazzante, sia umanamente che dal punto lavorativo. Tutte le mattine dovevamo fare tre ordini del giorno: era un grosso problema perché a secondo della pressione atmosferica, del tempo, dell’altitudine dove si doveva girare, bisognava fare dei piani di lavorazione diversi per vedere se lui poteva venire o no. Questo creava anche un rapporto umano oltre che lavorativo, perché bisognava stare insieme a lui la sera e vedere come stava la mattina.

Alfredo Bini, direttore di produzione.


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Un doganiere e un contrabbandiere vivono in un paesino tagliato in due dal confine italo-francese. Dimostrazione lampante di come non sia automatico far uscire un buon film mettendo semplicemente insieme due mostri sacri come Totò e Fernandel. E pensare che la storia è buona (addirittura "politica") e che i due sono ovviamente molto bravi. Eppure non decolla, forse perché alla fine si usano gli stessi cliché di genere laddove l'inedita trama e i due campioni avrebbero meritato ben altra abilità registica.

  • Discreta commediola ravvivata sopratutto dalla verve dei due attori protagonisti. Per il resto, non si eleva di molto dalle commedie d'epoca. Regia meno che mediocre di Christian-Jaque. Totò e Fernandel strappano più di una risata e il film, in definitiva, riesce a raggiungere l'obiettivo prefissato.

  • Un'idea molto originale, forse ideale per mettere a confronto due grandi come Totò e Fernandel, perfettamente affiatati tra loro seppure di tempi e comicità diverse. Grazie alle loro interpretazioni (e alla regia spigliata che sa valorizzare la sceneggiatura) il film scorre felicemente fino alla fine, senza intoppi, ma anzi anche con qualche momento di amarezza che non guasta. Si sorride spesso, la situazione si ribalta più volte e il finale non delude. Buona la colonna sonora. Notevole.

  • Come mettere assieme due comici così diversi: allontanare Totò dalla sua Napoli (che rimane però la città d'origine) facendogli fare il contrabbandiere al confine con la Francia, dove Fernandel (anche se di origine dubbia) si trova a suo agio. Il tutto condito con le leggi dei due Paesi (Italia e Francia), dove la burocrazia, osservata scrupolosamente dalle rispettive forze dell'ordine, permette un'infinità di equivoci che danno la possibilità ai due mattatori, di esibire la loro bravura. Esperimento non riuscito del tutto, comunque gradevole.

  • Nel loro unico incontro Totò e Fernandel non brillano granché limitandosi a svolgere il compitino con la professionalità e il mestiere che gli appartiene. Nessuno dei due attori riesce a emergere veramente e il copione, per quanto ben tratteggiato, non desta un grande interesse. Trattasi di una commedia su cui pesa, da un certo punto in poi, la drammaticità degli eventi che danno al film un sapore diverso da quello che forse ci si aspettava. Se lo si giudica a tutto tondo allora lo si apprezza di più poiché una vena satirica emerge qua e là.

  • Graziosa commedia di coproduzione italo/francese che propone alla Francia un Totò già consolidato nel personaggio del trafficone duttile e inarrestabile, ma restituisce anche all'Italia un Ferdandel senza tonaca riportandolo ai caratteri della sua maschera più ingenua e contadina. Sceneggiatura gradevole, regìa molto meno spigliata: non male. Ovviamente nella realtà non esistono né il paese di Assola né situazioni di confine analogamente amministrate.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Fernandel racconta di essere nato nella cucina.

  • Incontro fra Totò e Fernandel con esiti non particolarmente effervescenti. Ciò è dovuto a una trama che per certi versi un po' prolissa a causa di alcune lungaggini che frenano la bravura dei due attori. Totò batte ai punti Fernandel, ma quest'ultimo ha una grazia invidiabile.

  • Evidentemente Totò si sente più a suo agio sulla Luna o all'inferno che nel profondo Nord, a Cuneo, nonostante i tre anni di militare/seminario, senza i suoi fidi comprimari a reggergli il gioco. Fernandel bravissimo prova a tenergli testa ma l'empatia non scatta e le battute del Principe a volte cadono nel vuoto. Ci si divertiva molto di più quando a inseguirlo c'era Fabrizi, ma Christian-Jaque non è Monicelli e qui mancano le penne di Brancati e Flaiano. Peccato, perché questa storia scritta e diretta meglio poveva essere un gran bel film.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Poliziotti, carabinieri finanzieri e doganieri, ammazza ammazza è tutta una razza" (Totò).

  • Questo film francese con Fernandel e Totò l’ho trovato privo di brio e di vitalità, molto pesante e persino noioso. Non riesco a vederci un centro d’attenzione, un tema coerente, poiché la trovata pirandelliana dell’incertezza anagrafica del doganiere Fernandel è narrativamente forzata e drammaturgicamente inconsistente. Sembra quasi che gli sceneggiatori dovessero inventarsi qualcosa per far durare il film i canonici 90 minuti. Qualche spunto comico c’è qua e là ma la coppia Totò/Fernandel è una delle più malassortite che abbia mai visto al cinema.

La frontiera di Assola nella realtà

Il villaggio di Assola non esiste, (il film è stato girato presso il comune di Venafro in Molise) né esiste una situazione di comuni urbanisticamente contigui alla frontiera italo-francese, data anche la presenza delle Alpi e la difficoltà materiale che ivi possano sorgere centri abitati così contigui e pianeggianti.
Per quel che riguarda l'Italia non vi sono situazioni di frontiera ugual al film. L'unica che può essere considerata similare è quella fra Gorizia e Nova Gorica (Slovenia), sebbene la separazione fu accentuata dato il passaggio in loco della cortina di ferro.


Un viaggio che intreccia cinema, geopolitica, satira e realtà di confine, dove Totò e Fernandel sono solo la punta comica di un iceberg molto più profondo.

🇫🇷🇮🇹 Confini assurdi: quando la geografia diventa commedia involontaria

La premessa geopolitica su cui si basa La legge è legge non è affatto pura invenzione cinematografica. In Europa, e soprattutto in Francia, esistono (ancora oggi!) realtà urbane di frontiera che sembrano partorite direttamente da una gag di Totò. È il caso di:

  • Le Perthus (Francia) ed Els Límits (Spagna), paesi fusi ma separati da una linea invisibile che taglia a metà la strada principale: un marciapiede è francese, l’altro spagnolo. Uno compra un caffè in euro e lo beve in pesetas (almeno così sarebbe stato nel 1958).
  • Situazioni similmente grottesche sono presenti anche al confine tra Francia e Svizzera, come nei pressi di Basilea e Ginevra, o con Germania, Belgio e Lussemburgo, dove la storia ha sventolato bandiere diverse su uno stesso tetto più volte nel Novecento.

Ma il caso più clamoroso? È quello di Baarle-Hertog e Baarle-Nassau, due cittadine belga-olandesi che condividono strade, negozi e persino edifici, dove entrare in cucina può voler dire cambiare cittadinanza. Letteralmente. E anche cambiare legge, fiscalità, divorzio, e tipo di salame ammesso in tavola.

🎥 Il film: ispirazione vera da una storia vera

Il film La legge è legge (La loi c’est la loi), non fu frutto di fantasia anarchica, ma fu voluto e prodotto da Alexandre Mnouchkine, padre della celebre regista Ariane Mnouchkine, e ispirato alla vera storia del comune di Briga Marittima, nel Ponente ligure, divenuto francese nel 1947, per effetto dei Trattati di Pace di Parigi.

E cosa accadde in quell’angolo dimenticato del mondo alpino?

  • Il comune di Briga fu spaccato in due: la parte più “strategica” andò alla Francia, mentre alcune frazioni rimasero italiane (Realdo, Upega e Piaggia), costituendo Briga Alta, con tutto il suo corredo di pastori spaesati, contadini smarriti, alpeggi al di là del confine e multe per contrabbando.
  • Il tutto mentre i cittadini dovevano rivolgersi a un municipio straniero per ottenere l’estratto di nascita. Un’odissea burocratica che durò fino agli anni ’60.
  • Fernandel, nel film, si chiama Pastorelli, un cognome reale e assai diffuso tra i brigaschi. E nel film si fa più volte riferimento alla “vicina Cuneo”, come nella realtà accadeva per ogni comunicazione tra Italia e i borghi ex italiani.
🧍‍♂️🧍‍♂️ La trama: due uomini, una moglie, tre nazionalità

Nel paese immaginario di Assola, che però richiama la vera Briga, il confine non è attorno, ma dentro: taglia le case, i ristoranti e persino i letti matrimoniali.

  • Totò è Giuseppe La Paglia, contrabbandiere napoletano, sposato con l’ex moglie di Pastorelli.
  • Fernandel è Ferdinand Pastorelli, gendarme francese, inflessibile, zelante, e (almeno all’inizio) sicuro di essere francese al 100%.

Il film si apre con un rocambolesco arresto e scivola subito nel paradosso: la linea di confine che passa dentro l’albergo, i duelli comici fra gendarmeria e furberia, e soprattutto la scoperta che Pastorelli è in realtà nato in Italia, fatto registrare in Francia per sbaglio e ora... potenzialmente italiano.

🧨 Contraddizioni legali: grottesco, drammatico e comicamente legittimo

Il film non fa sconti al Diritto: ne segue le regole alla lettera, e proprio per questo ne espone tutte le assurdità.

  • Pastorelli, nel tentativo di dimostrare la sua identità francese, scopre che non è né francese né italiano, diventando apolide, cioè cittadino di nessun luogo.
  • Quando si scopre che è nato in Italia, il suo divorzio celebrato in Francia non ha più valore legale. Risultato? È ancora sposato con la moglie italiana... che ora è sposata con Totò.
  • A livello giuridico, si crea un cortocircuito: divorzio invalido + secondo matrimonio = bigamia.
  • Eppure, tutto “a norma di legge”. La legge è legge, appunto.

Il risultato è una situazione drammatica e grottesca, che porta Pastorelli a un passo dal suicidio, ma anche a una riflessione amara: la legge è uno strumento, non un oracolo, e quando è cieca, colpisce solo i più deboli.

🎭 Satira popolare e comicità per tutte le età

Il film, sebbene divertentissimo e adatto a tutta la famiglia, ha uno sfondo satirico raffinato:

  • Si ride delle dogane come istituzioni astratte;
  • dei contrabbandieri come eroi popolari;
  • delle burocrazie come sistemi autoreferenziali;
  • dei confini, come linee immaginarie con effetti molto reali.

Chi guarda superficialmente si diverte per le battute e per i duetti comici tra Totò e Fernandel (che funzionano come meccanismi a orologeria), ma chi va un po’ più in profondità scorge un’analisi sociale lucidissima.

Il film spiega il diritto con ironia, e mostra che concetti come divorzio, cittadinanza, proprietà privata non sono “naturali”, ma convenzioni umane. E come ogni convenzione umana, possono essere strumentalizzate, fraintese o portate all’assurdo.

🔍 Un messaggio attuale, dietro le risate

La legge è legge lancia un messaggio che, oggi più che mai, suona come una lezione civile:

Le leggi vanno rispettate, ma devono anche essere giuste.
E devono valere per tutti, non solo per i più poveri, i meno istruiti, i più facili da controllare.

Il film non ci dice di violare la legge, ma ci invita a leggerla criticamente, a non trasformarla in dogma, e a ricordarci che serve l’essere umano, non il contrario.

🧠 Conclusione: una commedia che pensa, una realtà che fa ridere per non piangere

La legge è legge è molto più di un film comico: è un’operetta giuridico-satirica travestita da farsa.
Nasce da una vicenda storica poco nota, prende il volo tra duetti comici e battute immortali, ma atterra nella realtà con una forza imprevista.

È un film che si può vedere mille volte: con gli amici, con i nonni, coi figli. Basta, ogni tanto, mettere in pausa, spiegare un concetto come bigamia o estratto di nascita transfrontaliero, e poi tornare a ridere. In fondo, anche questo è un atto educativo.

E ricordiamolo tutti: la legge è legge... ma anche il buon senso vuole la sua parte.


Video


Le incongruenze

  1. Ad inizio film Fernandel sequestra una damigiana a Totò e per saggiarne il contenuto infila mezzo dito dentro e lo lecca. Nelle riprese successive, ossia quando il gendarme insegue il contrabbandiere, notiamo che la damigiana non è piena, anzi manca circa un quarto del suo contenuto, e ciò rende impossibile l'azione precedente.
  2. Il film inizia con la festa nazionale francese (il 14 luglio), eppure tutti indossano abiti invernali: cappotti, maglioni, sciarpe, mantelle
  3. Quando Giuseppe (Totò) esce dalla piccionaia, prima ha la mano destra in procinto di chiudere il cancello, poi la tiene in alto
  4. Quando Giuseppe (Totò) rientra in casa dalla piccionaia con i due carabinieri e rimprovera la figlia, ha la sciarpa in due posizioni diverse al cambio d’inquadratura
  5. Nel riprendere il maresciallo dei carabinieri, viene intonata la “Marcia dei Bersaglieri”, che onestamente non c’entra proprio nulla
  6. Verso la cima della montagna, Totò in una inquadratura porta la cesta sotto braccio, nella successiva la tiene in mano
  7. La festa nazionale francese è il 14 luglio, gli abitanti di Assola però indossano abiti invernali.
  8. Nel negozio del suocero dopo aver parlato con l'onorevole, Fernandel vede arrivare 2 gendarmi, mentre fugge alle sue spalle l'orologio appeso alla parete indica le 17e47 ma dopo che i gendarmi non trovandolo se ne vanno l'orologio indica le 17 e 45

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.come sono presenti a questo indirizzo

Assola, il paese tagliato in due dalla frontiera nel quale vivono il contrabbandiere Giuseppe La Paglia (Totò) nella parte italiana e il doganiere Ferdinand Pastorelli (Fernandel) in quella francese, è in realtà, come si può leggere su wikipedia, Venafro (Isernia). Qui abbiamo una veduta aerea di Venafro come appare nel film, con la fronteria fasulla che la divide in due settori. Oggi la campagna che si vede sullo sfondo è fittamente edificata.

La strada d’accesso ad Assola, lungo la quale La Paglia e Pastorelli giungono in paese nelle scene iniziali, dopo che il primo è stato arrestato dal secondo per contrabbando di acquavite, è l’attuale Via Tre Cappelle

CASA LA PAGLIA E BOTTEGA -La casa nell’Assola italiana dove abita Giuseppe La Paglia (Totò) e alla quale è annesso un negozio di articoli da regalo, gestito dallo stesso, ha doppia natura.

L'INGRESSO -L’ingresso all’abitazione si trova in Via Cristo a Venafro (Isernia)

Il negozio, che Totò raggiunge aprendo una porta del suo appartamento, era in realtà collocato da tutt’altra parte, addirittura in un altro quartiere di Venafro, esattamente in Corso Garibaldi 20. Oggi il civico 20 esiste ancora ma l’ingresso è stato arretrato in seguito alla demolizione del corpo di fabbrica che ospitava il negozio: ci confermano la location la presenza del civico 22 (A), controcampo e vista laterale.

LA CASA E IL NEGOZIO DI PASTORELLI -La casa nell’Assola francese dove abita il doganiere Ferdinand Pastorelli (Fernandel), con annesso negozio di orologeria (gestito dal suocero), ha doppia natura, come quella di Totò.

LA CASA -La casa si trova in Vicolo Porta Gugliemo a Venafro (Isernia). Per arrivarci Totò e Fernandel transitano sotto un arco (D, anche la scena dell’ingresso sotto l’arco, posto all’incrocio con Via Cotugno, corrisponde)

Pochissimi istanti dopo il Pastorelli sente la voce del figlio e alza lo sguardo verso il balcone di casa

Ecco la visuale di Fernandel sugli affetti familiari, una vista oggi impossibile perché il balcone è stato demolito e la porta d’accesso allo stesso murata. Da un successivo fotogramma, la visuale sul balcone presa dall’altro lato, si capisce come successivamente l’edificio stesso sia stato “segato”, demolendo la porzione che si trovava a sinistra del balcone. Inoltre, conferma la location un ulteriore fotogramma, con la visuale dal balcone sul sottostante vicolo

IL NEGOZIO -L’orologeria (che, come nel casa della casa di Totò, ha accesso diretto dall’appartamento) si trova invece in Via Leopoldo Pilla a Venafro (Isernia), all’altezza della confluenza su Via Plebiscito (la strada che si vede dall’ingresso al negozio). Nel terzo fotogramma l'ingresso all'orologeria

L’”Auberge des deux frontieres”, l’albergo così chiamato perché tagliato a metà dal confine di stato, nel quale Giuseppe La Paglia (Totò) scopre che Ferdinand Pastorelli (Fernandel) era in realtà un cittadino italiano e, come tale, non poteva esercitare come doganiere francese (e per questo motivo l’arresto del La Paglia era nullo) si trova in Piazza Vittorio Veneto a Venafro (Molise). La piazza antistante l’albergo (se ne scorge l’insegna sulla sinistra)

L’ingresso all’albergo
Il carcere della dogana francese di Assola nel quale Giuseppe La Paglia (Totò) viene condotto da Ferdinand Pastorelli (Fernandel) in seguito al tentativo di contrabbandare una damigiana di acquavite si trovava in Via Roma 1A a Venafro (Isernia). Recandosi verso la prigione Totò e Fernandel transitano davanti alla chiesa del Purgatorio e alla finta dogana (con tanto di sbarra)

L’ingresso al carcere, situato immediatamente a destra della dogana

Qui si vede meglio la chiesa presente qui sopra nella foto di oggi, e che ci dà la certezza del posto

La “mairie” (municipio) dell’Assola francese, nella quale il doganiere Ferdinand Pastorelli (Fernandel) si precipita a richiedere il certificato di nascita che dimostri che è cittadino francese a tutti gli effetti, pena la sospensione dal servizio, è Palazzo Del Prete di Belmonte, situato in Via Cristo 49 a Venafro (Isernia), quasi di fianco all’abitazione italiana di Totò. L’ingresso al municipio è uno degli accessi secondari al palazzo, oggi sede di un bed & breakfast, aperto sull’adiacente Piazza Cristo.

MUNICIPIO E DOGANA -Il Palazzo Comunale, situato in Piazza Cimorelli 1 a Venafro (Isernia), ovvero il reale municipio della cittadina molisana, è utilizzato per due diverse location.

MUNICIPIO -E' il municipio dell’Assola italiana nel quale Ferdinand Pastorelli (Fernandel) si reca per ottenere la cittadinanza italiana dopo aver scoperto di non essere mai stato cittadino francese, come invece era convinto di esserlo dalla nascita

LA DOGANA -Il medesimo edificio, ripreso da una differente angolatura, più avanti sia stato "riciclato" per un altro scopo: è il palazzo sede degli uffici della dogana italiana, presso la cui frontiera il Pastorelli viene respinto da entrambi gli stati dopo che si era capito che non era italiano ma, oramai, non aveva più documenti francesi.

Controcampo su piazza Merola

e sul monte (D) sul quale si trovava Fernandel

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Luciani Anna Maria (Roma, 16 marzo 1940), è stata attrice per un periodo della sua vita, sorella dell'attrezzista Paolo. Ha avuto diversi amori. Filmografia con Totò (Esclusa dai titoli di…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
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30 Dic 2015

Marin Luciano

Marin Luciano (Roma, 9 dicembre 1931 – Roma, 12 novembre 2019) è stato un attore italiano. Biografia Di famiglia agiata, "tipico esemplare di una certa borghesia romana", viene scelto da…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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22 Dic 2019

Menczer Erico

Menczer Erico (Fiume, 8 maggio 1926 – Roma, 10 marzo 2012) è stato un direttore della fotografia, pittore e scrittore italiano. Dal 1951 al 1960 sono stato per 9 anni operatore alla…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
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21 Nov 2015

Pepe Nico

Pepe Nico (Udine, 19 gennaio 1907 – Udine, 13 agosto 1987) è stato un attore e regista teatrale italiano. Nella parte finale della carriera è stato attivo anche in televisione. È stato…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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22 Giu 2020

Pesino Giovanni

Pesino Giovanni Medico. Quando il principe De Curtis fu a Venafro per girare parte di un film con Fernandel, mi fecero chiamare per delle iniezioni. Andavo al mattino per fargli un ciclo di…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
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10 Mag 2016

Totò e... Age

Totò e... Age La parodia era la sua forza Agenore Incrocci: l’arte della penna affilata nascosta dietro la maschera dell’ironiaovvero, come un signore di Brescia diventò il cervello segreto…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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29 Feb 2016

Totò: i premi i riconoscimenti

Totò: i premi i riconoscimenti Indice degli eventi Per il teatro - 1948: Premiazione per il concorso "Maschera d'argento" Per il teatro - 1949: Premiazione per il concorso "Maschera…
Simone Riberto, Elisa Mallardo, Federico Clemente, Daniele Palmesi, Francesco Velletri
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Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • Recensione del film tratta dal blog http://robydickfilms.blogspot.com
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Aldo Vanni, «Settimo Giorno», anno V, n.6, 7 febbraio 1952
  • «Corriere dell'Informazione», 27 aprile 1957
  • m.r., «Il Messaggero», 9 luglio 1957
  • «Noi Donne», 27 luglio 1957
  • Piero Galdi, «Momento Sera», 17 ottobre 1957
  • «Stampa Sera», 28 ottobre 1957
  • «Stampa Sera», 15 novembre 1957
  • «Momento Sera», 9 dicembre 1957
  • Gino Barni, «Stampa Sera», 11 dicembre 1957
  • Art., «La Domenica del Corriere», anno LX, n.14, 6 aprile 1958
  • Leo Pestelli, «Stampa Sera», 16 aprile 1958
  • p. (Leo Pestelli), «Stampa Sera», 29-30 ottobre 1958
  • Vice, «Il Messaggero», 1 novembre 1958
  • P.V., «Il Popolo», 1 novembre 1958
  • Gian Luigi Rondi, «Il Tempo», 1 novembre 1958
  • Vinicio Marinucci, «Momento Sera», 2 novembre 1958
  • lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 1 gennaio 1959
  • Vice, «Corriere dell'Informazione», 2 gennaio 1959
  • Stelio Martini, «Tempo», anno XXI, n.9, 3 marzo 1959
  • [r.b.], «La Stampa», 19 gennaio 1996