La legge è legge
Giuseppe La Paglia
Inizio riprese: novembre 1957
Autorizzazione censura e distribuzione: 30 agosto 1958 - Incasso lire 353.953.000 - Spettatori 2.324.052
Titolo originale La legge è legge
Paese Italia/Francia - Anno 1958 - Durata 95' - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Christian-Jaque - Soggetto Jacques Emmanuel, Jean-Charles Tacchella - Sceneggiatura Age, Furio Scarpelli, Christian-Jaque, Jean Manse, Jacques Emmanuel - Produttore Franco Cristaldi - Fotografia Gianni Di Venanzo - Montaggio Jacques Desagneaux - Musiche Nino Rota
Totò: Giuseppe La Paglia - Fernandel: Ferdinando Pastorelli - Nino Besozzi: il Maresciallo - Leda Gloria: Antoinette - Nathalie Nerval: Hélène Pastorelli - Noël Roquevert: il gendarme Malandain - René Genin: l'oste - Jean Brochard : l'onorevole francese
Soggetto
Nel paesino di Assola, diviso a metà dal confine italo-francese, vivono il contrabbandiere napoletano Giuseppe La Paglia (Totò) e il doganiere francese Ferdinand Pastorelli (Fernandel). Il giorno della festa cittadina della parte francese, Ferdinand arresta Giuseppe arrivando tardi alla tradizionale parata in cui doveva portare la bandiera francese; durante il successivo ricevimento all'albergo delle 2 frontiere, che è diviso a metà dal confine, Giuseppe scopre che Ferdinand è nato da madre italiana e padre ignoto nella cucina del ristorante che è sita nella parte italiana dell'albergo, per cui, seppur registrato al ministero francese, il doganiere, in realtà è italiano e non ha diritto a esercitare la professione. Da una successiva verifica presso il comune di Assola, Ferdinand scopre che chi ne registrò la nascita anni fa, Gaspar Donnadiè, proprietario dell'albergo delle due frontiere, sbagliò a registrarlo lì, mentre doveva farlo al municipio italiano. Lo stesso Donaddiè rivela a Ferdinand che andò al municipio francese perché quel giorno pioveva ed era più vicino rispetto a quello italiano. Rischiando di perdere il lavoro, Ferdinand chiede aiuto, proprio a Giuseppe che lo accompagna a Cuneo per richiedere la carta d'identità italiana per poi successivamente chiedere la cittadinanza francese, ma secondo un onorevole amico del suocero, l'essere divenuto cittadino italiano a tutti gli effetti gli impedirà di ottenere la cittadinanza francese e inoltre il matrimonio non sarà più valido e suo figlio dichiarato di padre ignoto.
Come se non bastasse Ferdinand viene posto in stato di fermo dai carabinieri assieme alla prima moglie Antoniette, ora moglie di Giuseppe, perché per la legge italiana, che non prevede il divorzio, sono ancora sposati e Antoniette è pertanto bigama; chiarita la situazione Antoinette viene rilasciata mentre Ferdinand trattenuto perché avendo fatto la guerra per i francesi e non per gli italiani risulta un disertore; tornato in camera di sicurezza vi trova Giuseppe che si è fatto arrestare per non lasciare la moglie da sola con l'ex marito. Ferdinand punto nell'orgoglio, nel sentirsi chiamare disertore, tenta il suicidio, ma viene convinto a desistere da Giuseppe e liberato dal maresciallo dei carabinieri che riesaminando la pratica, ha scoperto che Ferdinand non è più un disertore, ma ha solo perso ogni diritto ad essere cittadino italiano. Ricondotto al confine per essere rimandato in Francia, perché non italiano, viene però bloccato dal capo della gendarmeria che senza documenti non può farlo rientrare in Francia, Ferdinand si trova così ad essere diventato un senza patria, stanco di tutta questa vicenda fugge sulle montagne armato del suo fucile da tiratore scelto e medita la sua vendetta contro tutti, avvisando Giuseppe con una lettera che se non gli porterà dei viveri inserirà pure lui nella lista dei colpevoli. Giuseppe decide di assecondare Ferdinand e chiede i viveri a Donaddiè, ma scopre sull'etichetta di alcune vecchie bottiglie di vino che la frontiera anni prima tagliava in due l'albergo in modo diverso, la cucina era in Francia e non Italia quindi Ferdinand è cittadino francese; Donaddiè confessa di aver spostato il confine dai bagni alla cucina, per attirare i clienti; chiarito l'equivoco Giuseppe, i carabinieri e la gendarmerie si recano sulle montagne a comunicare la notizia a Ferdinand che però vedendo Giuseppe insieme al maresciallo dei carabinieri e il capo della gendamerie crede che l'amico l'abbia tradito e gli spara, fortunatamente il colpo centra la bottiglia di vino che Giuseppe aveva addosso e non lo ferisce. Finalmente Ferdinand viene informato della verità e può tornare al suo lavoro di doganiere e ai soliti tran tran con Giuseppe che cerca di evaderne il controllo...
Critica e curiosità
L’inizio del film è recitato dalla voce fuori campo di Totò sullo sfondo di un paesaggio montano visto dall’alto:
«Siamo sulle Alpi Marittime, a sinistra Alpi francesi, a destra Alpi italiane. Dice: «Embé? Ma da che si capisce?» Ma come? Ce tanto di frontiera naturale che divide nettamente i due paesi ! [Una grossa linea dall’andamento contorto prende a scorrere fra le montagne, in sovrimpressione] Eccola là, eccola là! Dice: «Ma perché va così a zig zag?» Per la buonissima ragione che tutto ciò che è italiano deve stare in Italia, e tutto ciò che è francese deve stare in Francia! Appunto, dico, a ognuno la roba sua, sacranòn! E, d’altra parte, lo sanno tutti, che un albero francese non assomiglia affatto a un albero italiano, mentre una collina italiana non assomiglia neanche lontanamente a una collina francese.»
Nel film La legge è la legge viene evidenziato il sistema di raccomandazioni basato sul potere clericale:
[Il brigadiere francese Ferdinand Pastorelli è disperato: ha scoperto di essere nato in Italia e perderà il diritto alla cittadinanza francese e con essa il lavoro e la moglie]
[Totò] - Ti sistemo tutto io, costi quel che costi!
[Ferdinand (Fernandel)] - Tu?
[Totò] - Ma certo! Io conosco un sacco di persone, personaggi importantissimi! Pezzi grossi, pezzi piccoli, pezzi medi [fa segno con il dito] pezzettini così... Figurati che io [dandosi importanza] conosco il cognato del cugino del portiere di un sagrestano! Eh, eh, eh!
[Ferdinand] - E che ci faccio col sagrestano?
[Totò] - Come che ci fai col sagrestano? Ahooò, Ferdina’, ma tu che razza d’italiano sei? E scusa!
[Ferdinand] - Ma io voglio essere francese!
La storia è ambientata nell'immaginario paese di Assola, sul confine italo-francese, ma in realtà il film è stato interamente girato in Molise, precisamente a Venafro (si riconoscono Via Porta Gugliemo, Largo XV Marzo, Corso Garibaldi, Via Plebiscito, Via Roma, Piazza Vittorio V. e Salita Cuoco), nell'inverno del 1957. Il doppiaggio italiano del film fu diretto da Mario Maldesi. Fernandel è qui doppiato per l'unica volta da Carlo Dapporto. La voce di Totò nella versione francese (distribuita con il titolo di La loi c'est la loi), che consta anche di alcuni dialoghi in italiano, è sostituita da Carlo Croccolo nelle parti in francese.
Così la stampa dell'epoca
I novanta dimenticati di Claviere
Quella che è stata una tra le nostre migliori stazioni invernali è oggi divisa in due ; metà Italia e metà Francia, col risultato che nessuno si preoccupa dei suoi urgenti problemi.
Clavière, gennaio
I diplomatici e le valanghe sono stati per sei anni, nemici di questo piccolo paese di montagna. Sei anni di sfortuna, sopportati con rassegnazione. «L’Italia ci ha dimenticati», diceva la gente di qui, «e la Francia ci ricorda anche troppo». Pochi speravano che la situazione sarebbe cambiata, e pochi hanno creduto al "regalo" di Capodanno. Ma questa volta hanno avuto torto: sono due fatti concreti, due cose grosse. TI mini stero dei Lavori pubblici ha autorizzato l’Azienda strade statali ad iniziare i lavori per la galleria para-valanghe sulla strada del Monginevro; al tempo stesso, quasi si fossero passati la voce, il ministero degli Esteri annunciava di avere ripreso i contatti con il governo francese per modificare il tracciato della frontiera che ha spezzato Clavière in due tronconi. Tutto questo è avvenuto intorno a Capodanno, ed in parole povere significa che è prossima la soluzione di due problemi d’importanza vitale. Non solo per Clavière, ma anche per le comunicazioni fra l’Italia è la Francia.
Ecco la storia dei sei anni di guai. Una storia incredibile. Questo piccolissimo comune di frontiera, che ha in tutto novanta abitanti (alcuni dei quali, per di più, vivono in permanenza all’estero), è tanto povero che i suoi impiegati non ricevono una lira di retribuzione : con un gettito di 300 mila lire all’anno di imposte non è evidentemente possibile affrontare alcuna spesa E chi volete che si occupi della povera gente, come volete che ì diplomatici tengano conto di queste cose? Clavière aveva prima della guerra parecchi vantaggi : con una posizione geografica felicissima, sia dal punto di vista commerciale che da quello turistico e sportivo, s’era creata la fama d’una delle migliori stazioni invernali d’Italia e di un centro di scambi quanto mai attivo. Poi venne il trattato di pace, e la discussione di poche centinaia di ettari di terreno. Uno spostamento della frontiera, in fondo una sciocchezza. Ma la sciocchezza è bastata per mettere il paese a soqquadro.
E’ accaduto, per esempio, che il sindaco Ercole Moiso è stato costretto, da allora, ad attraversare ogni mattina il confine per recarsi dalla sua casa, in territorio francese, al Municipio rimasto dalla parte italiana. E’ accaduto pure che l’impianto dello skilift è sì tutto francese, ma uno dei piloni a mezza strada si trova al di qua della linea di frontiera. E ciò ha provocato la rivolta del-l’ingegner Ettore Caretta, il costruttore. Egli ha pagato tasse ad italiani e francesi, disciplinatissimo, ma ora si rifiuta di versare anche un soldo di tributo per quel traliccio d’acciaio. «Prima si mettano d’accordo i diplomatici, poi io pagherò. E se vogliono, mi arrestino. Ma chi mi arresta : i carabinieri o i gendarmes?». Siamo ai limiti dell’assurdo e, come sempre accade in questi casi, del ridicolo.
Clavière è l’ultimo comune italiano alla frontiera con la Francia, a 1800 metri, sulla grande strada internazionale del Monginevro . Questa "fortunata" posizione gli arrecò danni grossi per la guerra vera e propria, danni per la lotta di Resistenza e danni per certe inspiegabili esercitazioni artiglieresche alle quali i francesi appassionatamente si dedicarono quando già in tutto il mondo l’ultimo colpo di fucile era stato sparato da parecchi mesi. Ma il peggio doveva ancora venire, ad opera dei diplomatici.
In questo modo. La Francia pretendeva per ragioni strategiche la montagna fortificata dello Chaberton, che domina il paese. Nulla da eccepire. Meno convincente era la successiva pretesa "strategica" sul pacifico paesetto di Clavière, e gli stessi francesi saggiamente abbandonarono l’idea. Tutto bene, dunque? Così sembrava. Diplomatici e generali si riunirono più volte per studiare attentamente sulle carte geografiche la maniera di lasciare all’Italia l’abitato, senza un pollice di terreno in più dello stretto necessario. E qui fecero una scoperta. Visto sulla mappa che il paese si arrestava ad un torrentello, il Rio Secco, pensarono di aver risolto il problema piazzando in quel punto la sbarra di confine. Diplomatici e generali, si sa, non hanno tempo da perdere e non poterono certo dare un’occhiata sul posto; altrimenti si sarebbero accorti che avevano adoperato mappe del secolo scorso, e che da parecchi lustri Clavière si era estesa al di là del Rio Secco, con case ed alberghi, con l’acquedotto e, soprattutto, con gli impianti sportivi (skilift, salto, tennis, golf).
Quando ci si avvide dell’errore, era troppo tardi : il trattato di pace era già stato ratificato. Nei contatti che si son svolti negli anni seguenti, i francesi non hanno mai contestato l'esattezza dei nostri rilievi. Quale sia la ragione che ha impedito alla vicina Repubblica di far seguire, ai riconoscimenti formali, la applicazione della modestissima rettifica di confine, non è dato sapere. Probabilmente, anche in Francia la burocrazia ama la diligenza e la rapidità. Adesso, il nostro ministero degli Esteri si sta muovendo, per iniziativa del solerte sottosegretario on. Taviani. E con un pizzico di diffidenza montanara, gli abitanti di Clavière si augurano (senza credervi troppo, forse) che questa sia la volta buona.
«I nostri guai non finiscono qui», ci diceva il sindaco indicandoci la folla di sciatori che animava lo spettacolo d e i magnifici campi di neve. «Da un momento fili'altro, nel pieno della stagione, possiamo restare isolati. E addio sciatori». Dinanzi ai nostri occhi, la strada descriveva una brusca curva, e si snodava verso Cesana, in basso, tagliando la impervia parete dello Chaberton. Basta una piccola valanga per ostruirla, isolare Clavière dall’Italia e interrompere il traffico con la Francia, e questo su uno dei valichi alpini più agevoli per le comunicazioni fra i due paesi, anche durante i mesi invernali. Senza le valanghe la strada potrebbe restare aperta tutto l’anno.
Fortunatamente il pericolo è assai circoscritto : si tratta di circa 500 metri di nastro stradale, esattamente fra le progressive km. 38,100 e 38,600 della statale n. 24, e cioè del tronco compreso fra il piccolo deposito della casa cantoniera ANAS sopra Cesana e le antiche caser-mette di Clavière. E’ sufficiente costruire un para-valanghe di non grande spessore, una sorta di porticato sulla strada che permetta alla neve di rovesciarsi a valle senza danno per il traffico. «E’ una vecchia storia che nessuno ha mai voluto prendere sul serio», raccontava l’albergatore Giulio Long. «Mio nonno e due suoi compagni ci lasciarono la vita, nel 1895, e da allora ad oggi tanta altra povera gente è morta su questa strada. Deve continuare sempre così?».
La spesa non è grossa: meno di 300 milioni. Varrebbe la pena di farla, non fosse che per porci allo stesso livello dei francesi, che dalla parte loro assicurano la transitabilità della strada in qualsiasi periodo dell’anno. I giornali della Savoia e del Delfinato ebbero espressioni poco benevole nei confronti delle nostre autorità, l’anno scorso. E con piena ragione. Centinaia di sportivi francesi, venuti in Italia a bordo d’una trentina di pullman, furono bloccati da una valanga sulla strada del ritorno, proprio in quel dannato punto, e furono costretti a prendere il treno per tornare a casa. I pullman rientrarono in Francia due mesi dopo. Ora, finalmente, sembra sia la volta decisiva anche per questo: l’ANAS ha già stanziato 42 milioni per la costruzione del para valanghe. In primavera cominceranno i lavori. Se non mancherà l’apporto finanziario (i 42 milioni servono soltanto per impiantare il cantiere), tutto dovrebbe essere finito entro l’anno.
Le valanghe che di tanto in tanto rotolano lungo le pendici dello Chaberton hanno, ognuna, un nome : la «Gran Roussa», «l’albero del tascapane», «le fontane». Così i valligiani indicano i punti delle disgrazie, così ricordano i nomi delle vittime. La poesia della montagna, se volete, ma vi possiamo rinunciare, senza rimpianti.
Aldo Vanni, «Settimo Giorno», anno V, n.6, 7 febbraio 1952
Subito dopo una co-produzione italo-francese porta Totò per la prima volta nella stessa inquadratura con Fernandel. Il film, diretto da Christian Jacque, si intitola La legge è legge ed è una sorta di Guardie e ladri con complicazioni burocratiche. Il vero protagonista è Fernandel, una guardia francese di frontiera che scopre sgomento di avere natali italiani; l'antagonista Totò, ladruncolo italiano, rappresenta la sua coscienza sporca. [...]
Alberto Anile
Totò e Fernandel non si erano mai incontrati in un film; sul ring allestito da Christian Jaque per questa volta ha vinto il comico francese, e non perchè abbia superato in bravura il collega italiano, ma perchè il film è fatto per lui come tutti quelli che egli ha interpretato finora [...]
Anonimo, 1958
Totò, Fernandel e il contrabbando
Totò e Fernandel lavorano assieme in un film di Christian-Jaque. Fernandel, che sta girano un film con il comico americano Bob Hope, sarà in questa nuova pellicola un doganiere francese e Totò un contrabbandiere italiano. Fernandel abiterà in una casa di frontiera costruita a cavallo del confine, e tutto il film sarà imbastito sui suoi vani tentativi per arrestare Totò. Questi alla fine gli rivelerà che essendo nato nella stanza della casa che si trova in territorio italiano, non può arrestarlo non essendo più nè cittadino francese nè, tanto meno, doganiere.
«Corriere dell'Informazione», 27 aprile 1957
Totò a fianco di Fernandel in una satira delle frontiere
Grasse, luglio.
«Ouf!» ha esclamato Martine Carol scendendo dall'aereo sull'aerodromo di Nizza.
[...] Mentre Martine girerà fra gli atolli del Pacifico, Christian Jaque passerà la frontiera italiana per incontrarsi con Totò e Fernandel e girare La legge è la legge, una satira scherzosa sulle frontiere. Vi si ammirerà un Fernandel doganiere e un Totò divenuto contrabbandiere; basta accennare a queste due figure per immaginare quanti o quali arguti scherzi possono nascere fra i due comici. Christian Jaque non vuole svelare molto il suo scenario: però ha detto che a un certo punto si tratta di sapere di qualo nazione è un bimbo nato in una casetta a cavallo della linea ideale di una frontiera (è un fatto piuttosto corrente che certi villaggi svizzeri e italiani si trovino tagliati in due in seguito ad accordi diplomatici: è già successo nella zona di Tenda che II confina divida in due una casa, lasciando la cucina in Italia e la camera da letto in Francia).
«Quali progetti avete, dopo Il film sulle frontiere?».
«Progetti vaghi, risponde Christian Jaque. Vorrei girare una vita di Jacques Coeur, ma vedremo. Prima seguirò Martine nella sua nuova carriera teatrale. Infatti mia moglie salirà in ottobre sulle scene del Nouveau Théàtre, una bomboniera deliziosa che Elvlre Popesco ha fatto costruire per rappresentarvi delle commedie più intime che non al Théàtre de Paris.
Martine sarà la prima attrice dal lavoro in tre alti di Semerset Maugham, Pioggia. Ritorna così al primo amore: la scena di prosa. Gli altri due sono il cinema e Christian Jaque.
m.r., «Il Messaggero», 9 luglio 1957
Fernandel contro Totò
I due più popolari comici di Francia e d’Italia lavorano per la prima volta insieme nel film «La loi c’est la loi». Totò, contrabbandiere dalla maschera patetica ed amara prima che comica, incontra nel film Fernandel, doganiere dallo smisurato sorriso.
«Noi Donne», 27 luglio 1957
Personaggi del mondo
L'altra sera passeggiavo per il viale Bruno Buozzi e sono capitato davanti all'abitazione del principe De Curtis, al secolo Totò. Guardando le finestre chiuse ho pensato all'assenza dalla capitale del principe. Ho bussato e mi ha invece aperto Franca Faldini. Sono entrato in punta di piedi e ho chiesto di Totò: di questo comico internazionale che da diversi mesi non si fa più sentire dal suo pubblico e che da diversi mesi vive relegato nella sua magnifica casa dei Parioli fra medici e medicine.
E chiedendo alla moglie notizie di Totò ho sentito un vago senso di nostalgia. Eravamo abituati a vederlo a sentirlo: eravamo abituati a leggere sui cartelloni di un teatro cittadino il suo nome a caratteri cubitali oppure ad ascoltare alla radio una sua interpretazione. Da alcuni mesi Totò tace.
Sono attesi a Roma Fernandel e il regista Jaques per l'inizio della lavorazione del film «La legge è legge» che prevede la partecipazione di Totò. Prevede - mi dice la Faldini - perché, secondo i medici, gli occhi di Antonio de Curtis non sarebbero perfettamente guariti, sicchè la decisione finale rimane sempre nelle mani dei dottori curanti.
Ma Totò, è bene dirlo, ha un gran desiderio di riprendere il suo lavoro. Desidera uscire dalla segregazione nella quale si è chiuso da molti mesi. Desidera ricalcare le scene del nostro teatro e quelle del set di Cinecittà. Vuole insomma a far di nuovo sorridere il pubblico con le sue imitazioni, con le sue interpretazioni sempre gustose e squisitamente napoletane.
Recentemente aveva accettato l'offerta di alcuni produttori, ma i medici si opposero all'ultimo momento e i film andarono a monte. Per uno di questi film si tentò un recupero in extremis interpellando Rascel che a quanto pare, avrebbe accettato una sceneggiatura non tagliata per lui. Ma a questo punto intervennero le pretese di un altro attore che per recitare con il «piccoletto» anziché a fianco del principe De Curtis, pretendeva un aumento di paga e così il progetto fu definitivamente accantonato.
Ora Totò vuole assolutamente tornare sul set. Ha deciso di interpretare «La legge è legge» che si girerà a fra poco a Roma. Ha deciso di far rivedere il suo volto ai suoi aficionados che in questi mesi si sono privati di lui punto caro Totò! Bentornato sugli schermi - diciamo - bentornato e grazie! Sono venticinque anni che recita per il pubblico ed ora non poteva abbandonarlo; ora che era giunto all'apice della sua carriera e che era diventato l'idolo delle folle. Un comico come Totò, che ha salito i gradini del successo con stenti e ostacoli a più non posso non poteva lasciarsi andare e continuare a rimanere nel silenzio. Lo rivedremo quindi sugli schermi! E’ lui stesso, di persona, che me lo dice sorridendo: «Farò altri film, caro Galdi, scrivilo pure sul giornale, ne farò degli altri… perché non posso più stare lontano da quel pubblico Che indirettamente mi fa vivere e che sempre mi ha aiutato a sormontare qualsiasi ostacolo che la vita mi ha opposto».
Piero Galdi, «Momento Sera», 17 ottobre 1957
Finalmente insieme Totò e Fernandel
Quanto prima i due celebri attori comici cominceranno a lavorare in "La legge è legge"
Parigi, lunedi sera.
Fernandel sta riposando a Capvern, sulla Costa Azzurra; ma a Capvern il celebre comico non gode di una completa tranquillità, poiché quasi ogni giorno riceve visite che non lo lasciano certo in pace. Giorni or sono ha ricevuto quella del regista Christian-Jaque che si é recato a spiegargli gli ultimi mutamenti da lui fatti alla sceneggiatura del loro prossimo film "La legge è legge", la cui lavorazione comincerà quanto prima e in cui Fernandel reciterà — com'è noto — insieme con Totò, il suo celebre collega italiano ormai ristabilitosi dal recente disturbo visivo.
Fernandel ha, a più riprese, dichiarato che è molto lieto di poter interpretare un film unitamente a Totò, che egli stima molto, ritenendolo il più completo comico e mimo delta scena di rivista e dello schermo italiani. «Totò — ha detto Fernandel — mi fa veramente ridere come nessun altro comico. Ho visto diversi suoi film e mi sono non poco divertito, non tanto per i film stessi che in genere, non sono risultati quasi mai adeguati alle sue grandi possibilità artistiche, ma per la sua irresistibile comicità che è paragonabile a quella dei più apprezzati attori comici di tutto il mondo, compreso Charlot della prima maniera. Insomma, Totò mi fa ridere assai più di Fernandel. Certamente lui ed io gareggeremo, nel film di Christian-Jaque, per divertire il pubblico, e mi auguro che questa non sia la sola occasione in cui saremo insieme».
Intanto Christian-Jaque sta pensando a un eventuale remake, con Fernandel, del famoso film Francesco I.
«Stampa Sera», 28 ottobre 1957
Venafro, venerdi sera.
Il regista francese Christian-Jaque ha dato ieri il primo "giro di manovella" del film «La legge è legge», molte scene del quale saranno riprese a Venafro. Fernandel è il protagonista del film accanto a Totò: è la prima volta che i due comici lavorano insieme. Il primo farà la parte di un doganiere francese, il secondo quella di un contrabbandiere italiano; se si aggiunge che Leda Gloria interpreta la parte della moglie del contrabbandiere e di ex moglie del doganiere, si può immaginare le allegre complicazioni previste dal film. La troupe rimarrà Venafro quattro settimane, dopodiché rientrerà a Roma per completare la lavorazione a Cinecittà. Altri interpreti del film, prodotto in coproduzione tra Italia e Francia, sono Annamaria Luciani, Luciano Marin e Checco Durante.
«Stampa Sera», 15 novembre 1957
Sospeso un film da Totò per disturbi alla vista
Venafro, 9.
Da qualche giorno i cittadini di Venafro si sono non poco meravigliati del fatto che Totò non partecipasse alla lavorazione del film «La legge è legge». I cineasti si erano chiusi nel più stretto riserbo ma intanto circolavano voci secondo le quali il popolarissimo comico sarebbe stato di nuovo assalito da un improvviso riacutizzarsi del male alla vista. Si e poi appreso che Totò e Franca Faldini, di notte avevano lasciato Vcnafro in auto diretti a Roma, per sottoporsi alte cure degli oculisti.
Era accaduto che giovedi scorso Totò, non appena aveva smesso di recitare con Fernandel nel tardo pomeriggio, in auto s'era recato a Formia, assieme alla Faldini e alla figlia. Qui poi aveva fatto una buona mangiata di cozze di cui pare sia ghiottissimo, e aveva fumato, proprio come un turco. Due cose, queste ultime, che gli erano state assolutamente proibite dai medici curanti, poiché nocive alla sua
salute. Totò comunque, aveva voluto rompere la dieta, anche perche negli ultimi giorni della sua permanenza a Venafro, s'era sentito bene come non mai. In auto poi tornava a Venafro, sempre con la Faldini e sua figlia.
In serata, però, mentre si trovava nell'appartamento poco discosto da Piazza Merola, improvvisamente avvertiva dei disturbi, che si facevano sempre più dolorosi. Il suo autista veniva immediatamente incaricato di recarsi a Roma a prelevare l'oculista personale, che è giunto alcune ore dopo. L'oculista romano consigliava Totò a recarsi a Napoli, per un consulto col professor Locascio. Qui era accuratamente visitato.
In auto, coi suoi familiari Totò si portava a Roma. Il medico lo visitava nella mattinata di venerdi e riscontrava il riacutizzarsi del male alla vista, tanto da concedergli un paio di settimane di riposo assoluto.
«Momento Sera», 9 dicembre 1957
Si gira "La legge è legge" agli ordini di Christian-Jaque
Incontro con Fernandel sui monti del Cassinese
Il comico marsigliese gira travestito da doganiere alla caccia di Totò contrabbandiere d'alcool - Perché l'attore diventa nevrastenico quando è lontano dal cinema - Ricordi delle sue spassose avventure
Venafro, martedì sera.
Secondo Fernandel il mestiere ideale è quello del vagabondo. « Se non avessi fatto l'attore — egli dice — avrei certamente girato l'Europa e il resto del mondo, cantando madrigali e stornelli come un antico trovatore. Cielo libero, aria pura ed il fascino di paesi nuovi sarebbero state le più belle ricompense al valore del mio canto ».
Il celebre comico marsigliese ci fa queste confidenze durante una pausa della lavorazione in esterni di La legge e legge che egli interpreta con Totò, per la regìa di Christian-Jaque. Questi ha il suo daffare per tenerlo a freno, ma è abituato alla parte del domatore essendo il marito di Martine Carol. Non che Fernandel sia un tipo scorbutico, intendiamoci, ma è un fatto che i registi quando lavorano con lui non hanno mai la vita facile. Questione di temperamento, afferma Fernandel come per scusarsi. La verità è che, indipendentemente dalla sceneggiatura, egli vuole sempre aggiungere qualcosa di suo alla caratterizzazione del personaggio che gli viene affidato, ma in linea di massima ha sempre delle idee o delle trovate molto felici.
Venafro, dove ora si stanno girando alcune scene molto divertenti, è un paesotto nei pressi di Cassino, in una zona povera e montagnosa. Circa un secolo fa vi passavano veramente i contrabbandieri che trafficavano tra il regno di Napoli e lo Stato Pontificio. Ma Fernandel e Totò non impersoneranno un doganiere e un contrabbandiere di quei tempi. L'azione del film si svolge ai nostri giorni in un piccolo paese della frontiera tra l'Italia e la Francia. La linea di confine taglia in due non solo le strade, ma anche le stanze delle case. Fernandel, cioè il doganiere francese, dopo vari tentativi riesce finalmente a mettere le mani su Totò. cioè il contrabbandiere italiano. I due si conoscono bene e a rendere più curiosa la situazione c'è il fatto che Totò ha sposato la ex-moglie di Fernandel. Di qui tutta una serie di spassose ed impreviste avventure, attraverso le quali il doganiere dopo tutta una serie di grossi guai, penserà addirittura al suicidio come all'unica possibile liberazione dagli incubi che lo assillano. Ma poi si scoprirà l'errore dovuto allo spostamento arbitrario di un paletto di confine e tutto andrà per il meglio. Il doganiere tornerà quindi al suo servizio e il contrabbandiere al suo faticoso lavoro sulle montagne.
Parlando dei suoi progetti di lavoro, Fernandel assume una espressione piuttosto seria, ma inutilmente. E il riso, com'è noto, è contagioso. Finalmente rido anche lui, mostrandoci i suoi denti enormi. Denti che però hanno notevolmente contribuito alla sua celebrità. A Parigi, infatti, dicono che una buona parte del suo potere comico risieda appunto nei suoi incisivi.
« Del resto anche la mia mascella è popolarissima in Francia - egli aggiunge - più di quella di Michael Simon, che è tutto dire. I giornali umoristici mi chiedono continuamente pi denti per farne dei tasti da pianoforte. Ma ora parliamo di cose serie. Dunque, tanto per cominciare, sono impegnato nell'interpretazione di film, uno dietro l'altro, fino a dicembre 1959. Dicono che stia attraversando il periodo di maggior fulgore della mia carriera. Dopo il film con Totò, sarò il protagonista d i Don Chisciotte nella colossale [...] che il produttore americano Mike Todd sta preparando [...] cavaliere dalla trista paura andrò in Spagna per girare gli esterni e poi raggiungerò Hollywood per gli interni. Stabilirmi a Hollywood? No, per carità: noi latini vogliamo restare a casa nostra, amiamo il nostro Paese e tutto il resto che c'è dentro ». [...]
Gino Barni, «Stampa Sera», 11 dicembre 1957
Totò e Fernandel nella terra di nessuno
Il comico italiano e quello francese in un film che si svolge al confine fra i due Paesi e le due leggi, rivali ed amiconi al tempo stesso.
Si conoscono felicissimi matrimoni internazionali: la saggezza popolare che suggerisce, per le mogli e per i buoi, una scelta casalinga, non è affatto comprovata dalla esperienza. E’ noto, anzi, per comune opinione degli studiosi, che i figli più belli e più sani sono proprio il frutto delle unioni di genitori nati ad opposte latitudini. Ma lo stesso non si può dire di quei matrimoni cinematografici che si chiamano «comproduzioni ». I film realizzati con mezzi tecnici ed artistici di varia provenienza sono troppo evidentemente bastardi; hanno, cioè, un che di ibrido in cui si tradiscono concessioni e adattamenti e si disperdono, invece di fondersi, gli umori originali.
Non sappiamo molto della pellicola italo-francese La legge è legge, da poco terminata; è probabile che sia eccellente, ma è chiaro che un giudizio non possa essere espresso che dopo la sua presentazione. Per ora abbiamo alcune immagini, che riproduciamo nella narrazione del canovaccio. La stessa guardinga diffidenza che investe tutte le opere di collaborazione internazionale va riferita, ovviamente, anche a questa; e tuttavia non senza ima ragionata attenuazione. I due perni del film, diretto dal regista francese Christian-Jaque, sono gli attori Totò e Fernandel. Due interpreti comici di gustoso sapore dialettale; di nazionalità e di personalità diverse, è vero, ma con grosse analogie.
Marsiglia sta alla Francia come Napoli sta all’Italia. Sono, entrambe, le capitali del Sud, di un Sud che il folclore raffigura pittoresco, esuberante, malizioso, ciarliero. (Anche se questa è una realtà superficiale, e nel sottofondo ce n’è un’altra più amara). Totò è l’incarnazione di Napoli quanto Fernandel lo è di Marsiglia. Molti film, miche nella versione italiana, presentano Fernandel come un attore dialettale, di un dialetto cadenzato alla maniera genovese. L’accostamento dei due interpreti è suggerito da un’affinità evidente di impulsi, di scatti e di reazioni, quelli appunto che traggono origine dalla spontaneità del vernacolo.
A parte ciò stavolta la «comproduzione» è giustificata dalla circostanza che la trama ha inventato, come luogo dell’azione, un villaggio a metà nostro e a metà francese, situato a cavallo della frontiera, ima specie di terra di nessuno: il confine passa fra casa e casa, anzi divide in due certe case, e addirittura è controverso dove cominci la Francia e dove l’Italia. Su questa linea capricciosa del confine s’impernia il racconto. Se si tratta di « coproduzione », si è scelta una spezzettata via di mezzo che non ha caratteri nettamente definiti; ecco perchè, una volta tanto, la collaborazione delle due nazionalità quasi si imponeva.
E, ancora una volta tanto, ecco un’altra strana e inedita caratteristica, per un film comico: La legge è legge non si appoggia al sussidio di una storiella d’amore nè a quello della piccante avvenenza di un’attrice. Prodigioso addirittura: non foss’altro che per questo, sarebbe un film da sottolineare albo lapillo, con una pietra bianca.
Art., «La Domenica del Corriere», anno LX, n.14, 6 aprile 1958
Acrobazie di Totò e Fernandel lungo un'assurda linea di confine
I due popolari comici interpretano rispettivamente un contrabbandiere italiano e un doganiere francese nel film "La legge è la legge", diretto da Christian-Jaque
Simbiosi di Totò e Fernandel nel nuovo film di Christian-Jaque (soggetto di Emmanuel e Tacchetta; sceneggiatura di Emmanuel, Age e Scarpelli) La legge è la legge, realizzato in coproduzione italo-francese. I due popolari comici interpretano rispettivamente un contrabbandiere italiano e un doganiere francese d'un paesino chiamato Assola, che un'assurda linea di confine spacca precisamente in due. Non solo molte case, ma persino parecchie stanze sono per metà in Francia e per metà in Italia.[...] Coi due protagonisti, sono Nino Besozzi, Pierre Larquey, Dinan, Leda Gloria, Nathalie Nerval.
Leo Pestelli, «Stampa Sera», 16 aprile 1958
Il confine pazzo
[...] Il difetto del film è appunto di far troppo assegnamento sulle trovate; e di andarle a cercare col lumicino. Discretamente spassosi alcuni tratti e divertenti I due protagonisti, forse più negli «assolo» che nei duetti.
p. (Leo Pestelli), «Stampa Sera», 29-30 ottobre 1958
Presentato nel corso dell'ultimo festival di Berlino, questo film di Christian Jaque vi ottenne un vivo successo di pubblico soprattutto per l'appropriatezza del suo argomento nel quadro della città divisa in due. Il film è infatti, in chiave comica, un dimostrazione dell'assurdità i certe frontiere; e descrivendo la vita di un paesino che il confine italo-francese attraversato zigzagando con allegra irregolarità, esso ci offre in piccolo un immagine del mondo contemporaneo, vittima delle stramberie della geografia politica è, nella storia che Jaque piacevolmente narra, [...] Uno spunto originale e simpatico, insomma. E tale è anche il film pur se è vero che Jaque avrebbe potuto renderlo due volta più profondamente arguto con l'impedire ai suoi esuberanti interpreti, Fernandel e Totò. di volgere troppo spesso l'azione comica in vera e propria farsa.
Vice, «Il Messaggero», 1 novembre 1958
Anche La legge è legge, come tanta parte del cinema italiano minore, inclina alla farsa, ma ha almeno il merito, in confronto a tante inutili e sciapite commediole, di costruire la sua comicità su un problema vivo e oggi di grandissima attualità: l'abolizione delle frontiere doganali e la realizzazione di un'Europa unita .Che tale nobile polemica venga condotta proprio con grande impegno, sla precisa nelle sue impostazioni, lineare nel suo sviluppo e chiara nelle sue conclusioni, non ci sentiremmo di affermare. Il problema, tuttavia e sotto la scorza rustica della farsa, è impostata con superficialità ma anche con una certa, vigorosa sincerità. [...] Totò e Fernandel, con una, vena comica non sempre sorvegliata ma spessissimo molto indovinata nel suoi toni e nella precisa caratterizzazioni del due rivali, sono i divertentissimi protagonisti. E, nonostante le pastoie di una sceneggiatura abbastanza convenzionale, riescono, non di rado, ad esprimere, e del problema che è alla base del film e dei due sfortunati personaggi, una testimonianza umana e affettuosa.
P.V., «Il Popolo», 1 novembre 1958
Il tema «Guardie e ladri» ha subito una piccola variante ed e diventato. «doganieri e contrabbandieri». Doganiere è Fernandel, contrabbandiere, naturalmente, è Totò: uno è francese, l'altro è italiano, entrambi, però. vivono in un paesino di montagna in cut la frontiera è stata tracciata in modo cosi curioso da tagliare qua un pezzetto di strada, là una porzione di casa, là addirittura... i mobili di una famiglia! [...]
Satira, farsa, parodia? Di tutto un po'. Il film porta la firma di Christian-Jaque, ma non rivela certo la verve né il brio sottile di cui spesso in passalo ci aveva dato prova il regista francese; il tono e più sempliciotto, più incline alla risata facile, alla comicità a buon mercato, alle situazioni solo esteriormente caricaturali. Il pubblico, però, non sottilizza, si lascia prendere dai comici ghirigori dell'intrigo, ride degli equivoci, consente alle parodie, e si diverte, sia pure superficialmente, alle battute più paradossali. I suoi maggiori consensi, comunque, vanno agli interpreti: sia a Totò, sempre uguale ma sempre divertente in quelle sue parti di ladruncolo affamalo, capace solo di viver d'espedienti, sia a Fernandel, il cui comico sgomento e reso anche più ameno, qui, da un doppiaggio che, pur senza privarlo delle sua solita voce italiana, gli ha aggiunto un accento francese di gustosissimo effetto.
Gian Luigi Rondi, «Il Tempo», 1 novembre 1958
Avevamo già trovato Totò alle prese con la giustizia, con i tutori dell'ordine e con i concetti stessi del lecito e dell'illecito in «Guardie e ladri», il non dimenticato film di Steno e Monicelli; qui egli ci appare in una situazione ed in una moralità analoghe, nei panni questa volta di un contrabbandiere. Antagonista di Totò è naturalmente un doganiere, con il quale, rapporti «professionali» a parte, regna la stessa amicizia che regnava tra lui e la guardia Fabrizi nel ricordato film. La vicenda è ambientata in un paesino al confine italo-francese, uno di quei paesi nei quali la linea di frontiera corre assurdamente tra casa e casa, passando persino nei mezzo dei fabbricati. [...] Il soggetto — di Emmanuel e Tacchetta — è significativo, gustoso, ricco di possibilità di satira e di clairiana ironia. La sceneggiatura, però si è lasciata un pò troppo impastoiare dagli stessi cavilli giuridici e dai garbugli legali contro i quali il film punta i suoi strali, abbondando in un dialogo esplicativo, che si impegna a sviscerare alquanto piattamente le situazioni più che a trarne motivi di sapide invenzioni. Anche Christian-Jaque non era forse il regista piu adatto per il film che il soggetto avrebbe invitato a comporre; con questo, però, non vogliamo dire che il racconto non abbia i suol punti originali, paradossali, curiosi e divertenti.
Tra Totò e Fernandel non c’è gara: il secondo ha più metraggio a disposizione dei primo, il quale compie un'interpretazione eccezionalmente sorvegliata, priva di ogni slittamento, rivistaiolo, impostata su di un'umanità ed una serietà artistica che danno la misura delle sue grandi doti. Nessuno dei due peraltro è impegnato a fondo ma, se volete costringerci a formulare una preferenza, essa va a Totò, soprattutto per la ricchezza e l'incisività della sua maschera e delle sue espressioni, cui fa riscontro, da parte di Fernandel una certa monotonia. Nino Besozzi, Noel Rocquevert, Leda Gloria, Pierre Larquey, Luciano Marin spiccano tra gli interpreti di fianco. La bella fotografia è di Gianni Di Venanso.
Vinicio Marinucci, «Momento Sera», 2 novembre 1958
Accostamento inedito, Totò e Fernandel, comicità nostra e comicità francese, nel film La legge è legge («La lol c’est la loi»), di Christian-Jaque, soggetto di Emmanuel e Tacchella). Nello spirito e nei modi di «Guardie e ladri», un saggio di allegria internazionale con duo attori di buone risorse. Prevale — per arguzia, bonomia, immediatezza — il nostro attore, tornato alla forma migliore; Fernandel che pure ha una sua personalità, non può che dargli la replica. Noel Rocquevert, capo gendarme isterico. dà la buona giunta per il contributo francese, in una spiritosa stilizzazione caricaturale.
Il sarcasmo del film si esercita sull’illogicità d’una cosa reputata sacra, la frontiera.[...] E proprio l’epilogo tradisce il difetto del canovaccio, che diluisce l'idea motrice, mentre una maggior concisione gli avrebbe dato più densità. A parte qualche ristagno, tuttavia. «La legge è legge» vive bene sull’invenzione e sull’interpretazione; è una catena di occasioni offerte a due attori eccellenti, entrambi in vena, messi in puntiglio come due centro-attacchi di squadre di calcio che gareggiano nella ricerca del gol. E, nonostante la consanguineità con «Guardie e ladri», anche lo spunto satirico ha senso e giustificazione; che incoerenza stupida, certe frontiere a zig-zag.
lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 1 gennaio 1959
Totò e Fernandel non si erano mai incontrati in un film: sul « ring» allestito da Christian Jaque per questa volta ha vinto il comico francese, e non perchè abbia superato in bravura il collega italiano, ma perchè il film è fatto per lui, come tutti quelli che egli ha interpretato finora. Fernandel innanzitutto è il protagonista: una guardia di finanza impegnata nella cacciare un contrabbandiere italiano che gli sfugge e per vendetta rivela alle autorità che l’agente in verità è nato in Italia e quindi non ha diritto a vestire la divisa francese.
L’uniforme è tutto per il poveretto, che sa di essere uno sciocco ed è perseguitato da un complesso d'inferiorità: avergliela tolta equivale ad averlo fatto ridiventare un tapino. Per giunta le autorità italiane non vogliono riconoscere la nuova nazionalità dell'ex - francese, che si trova improvvisamente « nessuno » : come impazzito si ritira sulle montagne bersagliando le vetrine del paese con un fucile a lunga gittata. Alla fine gli verrà in soccorso proprio chi l'ha messo nel guai: il contrabbandiere, che scopre essere in verità il finanziere veramente un francese.
Vice, «Corriere dell'Informazione», 2 gennaio 1959
I "jamais" di Fernandel
L’attore francese rispetta un vero e proprio codice, da lui ideato, delle cose che non gli conviene fare. Fra le altre, osserva la regola di non lavorare mai con un altro comico; e per questo ha recisamente rifiutato di tornare sullo schermo a fianco di Totò
Fernandel sta girando a Roma, insieme con Tognazzi, la Koscina, e Caprice Chantal, il centodiciottesimo film della sua carriera: Psicanalista per signora. «I comici — dice l’intramontabile attore -— durano di più dei jeunes premiere e delle belle attrici. La loro fortuna non è legata al numero delle rughe, ma al talento e. soprattutto, alla simpatia che ispirano nel pubblico». Fernandel, che oggi vale 50 milioni di franchi, amministra con molta saggezza il suo patrimonio di simpatia. Egli si fida solo del suo truccatore personale, che lo accompagna dovunque; ha i suoi registi di fiducia. (Jean Boyer, che dirige il suo ultimo film, è stato il regista anche di Parrucchiere e di Sarto per signora); suo cognato gli rivede i copioni; due dentisti in Francia, uno a Parigi e uno a Marsiglia, posseggono il calco completo della sua bocca, pronti a tamponare, con un dente spedito per espresso, una eventuale falla del suo preziosissimo sorriso.
Autentico mattatore della comicità, Fernandel ha ideato un vero e proprio codice delle cose che egli "non può fare". Fernandel, per esempio, non può mai morire; non deve mai uccidere; non deve comportarsi in modo disonesto; e così via. Una delle cose che può fare, invece, sono i cattivi film: tanto il pubblico (francese) gli è così affezionato che dice: «Certamente, non è colpa sua!». Fra le regole segrete di questo codice, c'è anche quella che Fernandel non deve mai lavorare con un altro comico, il quale gli possa far concorrenza. L'attore ha corso questo rischio di recente, quando ha girato con Totò «La legge è legge»; ed è diventato suscettibile. I produttori di Psicanalista per signora volevano infatti inserire Totò nel film, sia pure in una particina secondaria. «Jamais, jamais!», ha esclamato Femandel alzando le mani al cielo. Ricordava qualcuno, altrettanto deciso in altro campo.
Stelio Martini, «Tempo», anno XXI, n.9, 3 marzo 1959
Chi non ricorda «La legge è legge», con Totò e Fernandel, girato nel lontano 1958 in un paesino alle spalle di Ventimiglia, lungo la strada del Tenda, che unisce la Riviera dei Fiori a Limone, a Cuneo e a tutto il Piemonte? Un bel film in bianco e nero, diventato 38 anni fa «campione d'incassi». Nelle sale cinematografiche italiane registrò, infatti, la cifra record di 354 milioni di lire.
La regia fu del francese Cristian Jacque. Produttori due grandi del cinema italiano: Franco Cristaldi ed Alfredo Bini. La musica venne firmata addirittura dal grande Nino Rota. La storia, semplice ed esilarante, si basava soprattutto sugli equivoci provocati dalla linea immaginaria di frontiera tra Italia e Francia che vigeva, subito dopo la guerra, lungo tutta la Val Roja. Il confine «spaccava» letteralmente in due la casa dove abitava Totò, in arte Giuseppe La Paglia, di professione contrabbandiere. Totò-La Paglia aveva la cucina e la camera da letto in territorio francese, il gabinetto, le scale e il terrazzo in territorio italiano.
Fernandel, in arte Fernand Pastorelli, gendarme francese, tutto ligio al dovere, alla divisa e alla Fi-ancia, non vedeva l'ora di arrestare «l'italiano» Totò-La Paglia, contrabbandiere di damigiane d'olio e qualche sigaretta tra Mentone e Ventimiglia. Gran parte del film si snoda su questa «caccia» di Fernandel, francese tutto d'un pezzo, all'italiano-arruffone imbroglione Totò. Ogni qual volta Fernandel sembrava sul punto di arrestare il contrabbandiere La Paglia nella sua camera da letto o in cucina, che si trovavano in territorio francese, Totò riusciva sempre a spostarsi nel suo bagno o sulle scale ed «espatriare» così in territorio italiano, a mettersi in salvo, a gabbare il rivale. Il tutto proprio grazie al confine immaginario tra Francia-Italia.
[r.b.], «La Stampa», 19 gennaio 1996
La censura
La censura s’incaponisce tra l’altro su un breve dialogo tra i due protagonisti, che considera inammissibile.Totò: 'Ma certo, io conosco un sacco di persone, personaggi importantissimi, pezzi grossi, pezzi piccoli, pezzi medi, pezzettini così, figurati che conosco il cognato del cugino di un portiere di un cardinale, eh!'.
Fernandel: 'E che ci faccio con un cardinale?'
Totò: 'Oh, Ferdinand! Come che ci fai col cardinale! Ma tu che razza d’italiano sei?'
I documenti
Proprio durante quel film ebbe un distacco della retina. Fu una cosa imbarazzante, sia umanamente che dal punto lavorativo. Tutte le mattine dovevamo fare tre ordini del giorno: era un grosso problema perché a secondo della pressione atmosferica, del tempo, dell’altitudine dove si doveva girare, bisognava fare dei piani di lavorazione diversi per vedere se lui poteva venire o no. Questo creava anche un rapporto umano oltre che lavorativo, perché bisognava stare insieme a lui la sera e vedere come stava la mattina.
Alfredo Bini, direttore di produzione.
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Un doganiere e un contrabbandiere vivono in un paesino tagliato in due dal confine italo-francese. Dimostrazione lampante di come non sia automatico far uscire un buon film mettendo semplicemente insieme due mostri sacri come Totò e Fernandel. E pensare che la storia è buona (addirittura "politica") e che i due sono ovviamente molto bravi. Eppure non decolla, forse perché alla fine si usano gli stessi cliché di genere laddove l'inedita trama e i due campioni avrebbero meritato ben altra abilità registica.
- Discreta commediola ravvivata sopratutto dalla verve dei due attori protagonisti. Per il resto, non si eleva di molto dalle commedie d'epoca. Regia meno che mediocre di Christian-Jaque. Totò e Fernandel strappano più di una risata e il film, in definitiva, riesce a raggiungere l'obiettivo prefissato.
- Un'idea molto originale, forse ideale per mettere a confronto due grandi come Totò e Fernandel, perfettamente affiatati tra loro seppure di tempi e comicità diverse. Grazie alle loro interpretazioni (e alla regia spigliata che sa valorizzare la sceneggiatura) il film scorre felicemente fino alla fine, senza intoppi, ma anzi anche con qualche momento di amarezza che non guasta. Si sorride spesso, la situazione si ribalta più volte e il finale non delude. Buona la colonna sonora. Notevole.
- Come mettere assieme due comici così diversi: allontanare Totò dalla sua Napoli (che rimane però la città d'origine) facendogli fare il contrabbandiere al confine con la Francia, dove Fernandel (anche se di origine dubbia) si trova a suo agio. Il tutto condito con le leggi dei due Paesi (Italia e Francia), dove la burocrazia, osservata scrupolosamente dalle rispettive forze dell'ordine, permette un'infinità di equivoci che danno la possibilità ai due mattatori, di esibire la loro bravura. Esperimento non riuscito del tutto, comunque gradevole.
- Nel loro unico incontro Totò e Fernandel non brillano granché limitandosi a svolgere il compitino con la professionalità e il mestiere che gli appartiene. Nessuno dei due attori riesce a emergere veramente e il copione, per quanto ben tratteggiato, non desta un grande interesse. Trattasi di una commedia su cui pesa, da un certo punto in poi, la drammaticità degli eventi che danno al film un sapore diverso da quello che forse ci si aspettava. Se lo si giudica a tutto tondo allora lo si apprezza di più poiché una vena satirica emerge qua e là.
- Graziosa commedia di coproduzione italo/francese che propone alla Francia un Totò già consolidato nel personaggio del trafficone duttile e inarrestabile, ma restituisce anche all'Italia un Ferdandel senza tonaca riportandolo ai caratteri della sua maschera più ingenua e contadina. Sceneggiatura gradevole, regìa molto meno spigliata: non male. Ovviamente nella realtà non esistono né il paese di Assola né situazioni di confine analogamente amministrate.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Fernandel racconta di essere nato nella cucina.
- Incontro fra Totò e Fernandel con esiti non particolarmente effervescenti. Ciò è dovuto a una trama che per certi versi un po' prolissa a causa di alcune lungaggini che frenano la bravura dei due attori. Totò batte ai punti Fernandel, ma quest'ultimo ha una grazia invidiabile.
- Evidentemente Totò si sente più a suo agio sulla Luna o all'inferno che nel profondo Nord, a Cuneo, nonostante i tre anni di militare/seminario, senza i suoi fidi comprimari a reggergli il gioco. Fernandel bravissimo prova a tenergli testa ma l'empatia non scatta e le battute del Principe a volte cadono nel vuoto. Ci si divertiva molto di più quando a inseguirlo c'era Fabrizi, ma Christian-Jaque non è Monicelli e qui mancano le penne di Brancati e Flaiano. Peccato, perché questa storia scritta e diretta meglio poveva essere un gran bel film.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Poliziotti, carabinieri finanzieri e doganieri, ammazza ammazza è tutta una razza" (Totò).
- Questo film francese con Fernandel e Totò l’ho trovato privo di brio e di vitalità, molto pesante e persino noioso. Non riesco a vederci un centro d’attenzione, un tema coerente, poiché la trovata pirandelliana dell’incertezza anagrafica del doganiere Fernandel è narrativamente forzata e drammaturgicamente inconsistente. Sembra quasi che gli sceneggiatori dovessero inventarsi qualcosa per far durare il film i canonici 90 minuti. Qualche spunto comico c’è qua e là ma la coppia Totò/Fernandel è una delle più malassortite che abbia mai visto al cinema.
La frontiera di Assola nella realtà
Il villaggio di Assola non esiste, (il film è stato girato presso il comune di Venafro in Molise) né esiste una situazione di comuni urbanisticamente contigui alla frontiera italo-francese, data anche la presenza delle Alpi e la difficoltà materiale che ivi possano sorgere centri abitati così contigui e pianeggianti.
Per quel che riguarda l'Italia non vi sono situazioni di frontiera ugual al film. L'unica che può essere considerata similare è quella fra Gorizia e Nova Gorica (Slovenia), sebbene la separazione fu accentuata dato il passaggio in loco della cortina di ferro.
In Francia vi è una situazione di frontiera praticamente identica a quella di Assola: È il caso di Le Perthus, nei Pirenei, la cui strada principale è condivisa con Els Límits (frazione di La Jonquera), Spagna. Altri casi vagamente simili in Francia si riscontrano ai confini con la Svizzera (attorno alle aree urbane di Basilea e Ginevra), con Belgio e Lussemburgo per via del territorio pianeggiante, e con la Germania soprattutto per via delle ripartizioni territoriali fra le due guerre mondiali (principalmente al confine con la Saarland).
L'unico caso nel territorio dell'Unione Europea di paesi di frontiera che, oltre che urbanisticamente fusi, condividono anche degli edifici binazionali (in una situazione identica a quella dell'Albergo delle 2 Frontiere), è quello di Baarle-Hertog(Belgio) e Baarle-Nassau (Paesi Bassi).
Il film La legge è legge! (La loi c'est la loi!) fu voluto dal produttore Alexandre Mnouchkine, padre di Ariane Mnouchkine, fondatrice del Théatre du Soleil. Il film è basato sulla storia del Rattachement à la France del comune di Briga Marittima, che divenne francese nel 1947, secondo i Trattati di Pace di Parigi. In realtà, per questioni economiche e strategico-militari, il territorio del comune fu tagliato in due dalla linea di frontiera che segue la linea di cresta del bacino della Val Roja. In questo modo, tuttavia, alcune frazioni situate al di là delle creste, a qualche chilometro dal capoluogo divenuto francese, rimasero italiani: Realdo fa oggi parte del comune di Triora (IM) in Liguria, mentre Upega e Piaggiaformano il comune di Briga Alta (CN) in Piemonte, istituito nel 1947. La nuova linea di frontiera causò non pochi problemi agli abitanti dei borghi italiani (ca. 700 abitanti in tutto): i pastori avevano i propri alpeggi al di là del confine ed i controlli dei gendarmi erano quotidiani; alcune famiglie di Realdo avevano le proprietà al Frascio, una frazione in territorio francese che fu abbandonata per le complicazioni relative al passaggio della frontiera ed alla gestione dei beni oltre-confine, che si protrassero fino agli anni '60 almeno; nei primi anni dopo il 1947, numerose persone furono arrestate dai gendarmi per contrabbando, mentre si recavano a Briga divenuta La Brigue per sbrigare le proprie faccende (vendere del formaggio, andare dal barbiere, ecc..); per tutti gli anni '50, i Brigaschi "italiani" dovevano chiedere i propri documenti come l'estratto di nascita, al municipio francese di La Brigue, con grandi disagi e ritardi. I nomi dei protagonisti del film sono ispirati dalla vicende locali: Fernandel è il gendarme Pastorelli, dal cognome di una delle più numerose famiglie brigasche. Nel film, più volte, si fa allusione agli ordini ed ai provvedimenti attesi dalla vicina Cuneo...
Entrambi i protagonisti vivono ad Assola, immaginifico paese delle Alpi Marittime. Giuseppe La Paglia (Totò) è un contrabbandiere di origini napoletane, sposato con la ex moglie di Ferdinand Pastorelli (Fernandel), un brigadiere dei doganieri francesi. Pastorelli è sempre a caccia di La Paglia, ed è durante un rocambolesco arresto che parte il film.
Assola è percorsa dal confine che vi scorre dentro con la sua striscia. Ci sono situazioni paradossali, come quella di un albergo ristorante tagliato in 2 dal confine. La Paglia, per difendersi, scoprirà che Pastorelli in realtà è nato in Italia anche se è stato registrato in Francia e da quel momento per il povero doganiere inizierà uno stillicidio di eventi sempre peggiorativi della sua ambigua situazione che lo porteranno fino al limite del suicidio: non è francese; diventa italiano mentre stavano per sistemare le cose in Francia; tornando italiano il suo divorzio francese non vale per cui... un casino! D'altronde, come gli ripetono sempre da una parte e dall'altra del confine ad alta voce: La legge è legge!
Evito ovviamente di scendere troppo nei dettagli, anche se parliamo di uno di quei film talmente belli e divertenti che si potrebbero vedere e rivedere enne volte senza problemi, con quei 2 formidabili interpreti, ogni loro battuta o mimica facciale immancabilmente fa ridere! L'ho visto con famiglia riunita, è stato uno spasso per tutti e per far capire qualcosa ai ragazzi ogni tanto ho dovuto interrompere la visione per spiegare bene ad esempio il concetto di dogana, contrabbandiere, divorzio, bigamia, cose che han compreso alla svelta ma che non appartengono al "diritto naturale" ché se fosse così uno magari dovrebbe nascerci con quei concetti ed averli propri come il fatto di camminare. Sono invenzioni dell'uomo e l'incipit del film, con la voce di Totò fuori campo, su queste cose ci va giù diretto pur con simpatica ironia.
Divertentissimo ed adatto a tutti, ha anche uno sfondo di satira che un minimo tiene accese le sinapsi più colte, dopotutto il film altro non fa che utilizzare le leggi in vigore con estremo rigore esponendone quindi tutte le possibili contraddizioni. Per quanto di fantasia l'applicazione della legge non fa una piega. C'è persino un momento in cui Pastorelli è completamente apolide e nessuno lo vuole accogliere! Il massimo è però nel risalto della mancanza di una legge per il divorzio in Italia mentre in francia c'è, cosa che crea una situazione drammatica e grottesca, inverosimile eppure, ripeto, a norma di legge.
Insomma, cogliamone pure un messaggio di: le leggi ci sono, bisogna farle rispettare ma usiamo il buon senso. Occhio però che viviamo tempi in cui i primi ad estendere questo principio senza limiti sono quelli che le leggi le dovrebbero scrivere nell'interesse generale, e visto che già se le scrivono per i comodacci loro, se pensano anche di applicarle solo quando serve cadiamo nel dramma (o ci siamo già?). Teniamo presente che le vittime dell'applicazione tassonomica del Diritto, in questo film come nella vita normale, sono sempre e solo le persone del cosiddetto popolo, i potenti ne escono quasi immancabilmente indenni e non faccio esempi ché voglio mantenere un clima gioioso nella recensione.
Una curiosità la devo riportare, presa dalla pagina wiki, perché a volte la fantasia non è così distante dalla realtà:
"Il film è basato sulla storia del Rattachement à la France del comune di Briga Marittima, che divenne francese nel 1947, secondo i Trattati di Pace di Parigi. In realtà, per questioni economiche e strategico-militari, il territorio del comune fu tagliato in due dalla linea di frontiera che segue la linea di cresta del bacino della Val Roja. In questo modo, tuttavia, alcune frazioni situate al di là delle creste, a qualche chilometro dal capoluogo divenuto francese, rimasero italiani: Realdo fa oggi parte del comune di Triora (IM) in Liguria, mentre Upega e Piaggia formano il comune di Briga Alta (CN) in Piemonte, istituito nel 1947. La nuova linea di frontiera causò non pochi problemi agli abitanti dei borghi italiani (ca. 700 abitanti in tutto): i pastori avevano i propri alpeggi al di là del confine ed i controlli dei gendarmi erano quotidiani; alcune famiglie di Realdo avevano le proprietà al Frascio, una frazione in territorio francese che fu abbandonata per le complicazioni relative al passaggio della frontiera ed alla gestione dei beni oltre-confine, che si protrassero fino agli anni '60 almeno; nei primi anni dopo il 1947, numerose persone furono arrestate dai gendarmi per contrabbando, mentre si recavano a Briga divenuta La Brigue per sbrigare le proprie faccende (vendere del formaggio, andare dal barbiere, ecc..); per tutti gli anni '50, i Brigaschi "italiani" dovevano chiedere i propri documenti come l'estratto di nascita, al municipio francese di La Brigue, con grandi disagi e ritardi. I nomi dei protagonisti del film sono ispirati dalla vicende locali: Fernandel è il gendarme Pastorelli, dal cognome di una delle più numerose famiglie brigasche. Nel film, più volte, si fa allusione agli ordini ed ai provvedimenti attesi dalla vicina Cuneo".
Recensione del film tratta dal blog http://robydickfilms.blogspot.com
Le incongruenze
- Ad inizio film Fernandel sequestra una damigiana a Totò e per saggiarne il contenuto infila mezzo dito dentro e lo lecca. Nelle riprese successive, ossia quando il gendarme insegue il contrabbandiere, notiamo che la damigiana non è piena, anzi manca circa un quarto del suo contenuto, e ciò rende impossibile l'azione precedente.
- Il film inizia con la festa nazionale francese (il 14 luglio), eppure tutti indossano abiti invernali: cappotti, maglioni, sciarpe, mantelle
- Quando Giuseppe (Totò) esce dalla piccionaia, prima ha la mano destra in procinto di chiudere il cancello, poi la tiene in alto
- Quando Giuseppe (Totò) rientra in casa dalla piccionaia con i due carabinieri e rimprovera la figlia, ha la sciarpa in due posizioni diverse al cambio d’inquadratura
- Nel riprendere il maresciallo dei carabinieri, viene intonata la “Marcia dei Bersaglieri”, che onestamente non c’entra proprio nulla
- Verso la cima della montagna, Totò in una inquadratura porta la cesta sotto braccio, nella successiva la tiene in mano
- La festa nazionale francese è il 14 luglio, gli abitanti di Assola però indossano abiti invernali.
- Nel negozio del suocero dopo aver parlato con l'onorevole, Fernandel vede arrivare 2 gendarmi, mentre fugge alle sue spalle l'orologio appeso alla parete indica le 17e47 ma dopo che i gendarmi non trovandolo se ne vanno l'orologio indica le 17 e 45
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Assola, il paese tagliato in due dalla frontiera nel quale vivono il contrabbandiere Giuseppe La Paglia (Totò) nella parte italiana e il doganiere Ferdinand Pastorelli (Fernandel) in quella francese, è in realtà, come si può leggere su wikipedia, Venafro (Isernia). Qui abbiamo una veduta aerea di Venafro come appare nel film, con la fronteria fasulla che la divide in due settori. Oggi la campagna che si vede sullo sfondo è fittamente edificata. | |
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La strada d’accesso ad Assola, lungo la quale La Paglia e Pastorelli giungono in paese nelle scene iniziali, dopo che il primo è stato arrestato dal secondo per contrabbando di acquavite, è l’attuale Via Tre Cappelle | |
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CASA LA PAGLIA E BOTTEGA -La casa nell’Assola italiana dove abita Giuseppe La Paglia (Totò) e alla quale è annesso un negozio di articoli da regalo, gestito dallo stesso, ha doppia natura. L'INGRESSO -L’ingresso all’abitazione si trova in Via Cristo a Venafro (Isernia) |
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Il negozio, che Totò raggiunge aprendo una porta del suo appartamento, era in realtà collocato da tutt’altra parte, addirittura in un altro quartiere di Venafro, esattamente in Corso Garibaldi 20. Oggi il civico 20 esiste ancora ma l’ingresso è stato arretrato in seguito alla demolizione del corpo di fabbrica che ospitava il negozio: ci confermano la location la presenza del civico 22 (A), controcampo e vista laterale. |
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LA CASA E IL NEGOZIO DI PASTORELLI -La casa nell’Assola francese dove abita il doganiere Ferdinand Pastorelli (Fernandel), con annesso negozio di orologeria (gestito dal suocero), ha doppia natura, come quella di Totò. LA CASA -La casa si trova in Vicolo Porta Gugliemo a Venafro (Isernia). Per arrivarci Totò e Fernandel transitano sotto un arco (D, anche la scena dell’ingresso sotto l’arco, posto all’incrocio con Via Cotugno, corrisponde) |
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Pochissimi istanti dopo il Pastorelli sente la voce del figlio e alza lo sguardo verso il balcone di casa | |
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Ecco la visuale di Fernandel sugli affetti familiari, una vista oggi impossibile perché il balcone è stato demolito e la porta d’accesso allo stesso murata. Da un successivo fotogramma, la visuale sul balcone presa dall’altro lato, si capisce come successivamente l’edificio stesso sia stato “segato”, demolendo la porzione che si trovava a sinistra del balcone. Inoltre, conferma la location un ulteriore fotogramma, con la visuale dal balcone sul sottostante vicolo | |
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IL NEGOZIO -L’orologeria (che, come nel casa della casa di Totò, ha accesso diretto dall’appartamento) si trova invece in Via Leopoldo Pilla a Venafro (Isernia), all’altezza della confluenza su Via Plebiscito (la strada che si vede dall’ingresso al negozio). Nel terzo fotogramma l'ingresso all'orologeria |
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L’”Auberge des deux frontieres”, l’albergo così chiamato perché tagliato a metà dal confine di stato, nel quale Giuseppe La Paglia (Totò) scopre che Ferdinand Pastorelli (Fernandel) era in realtà un cittadino italiano e, come tale, non poteva esercitare come doganiere francese (e per questo motivo l’arresto del La Paglia era nullo) si trova in Piazza Vittorio Veneto a Venafro (Molise). La piazza antistante l’albergo (se ne scorge l’insegna sulla sinistra) |
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L’ingresso all’albergo | |
Il carcere della dogana francese di Assola nel quale Giuseppe La Paglia (Totò) viene condotto da Ferdinand Pastorelli (Fernandel) in seguito al tentativo di contrabbandare una damigiana di acquavite si trovava in Via Roma 1A a Venafro (Isernia). Recandosi verso la prigione Totò e Fernandel transitano davanti alla chiesa del Purgatorio e alla finta dogana (con tanto di sbarra) | |
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L’ingresso al carcere, situato immediatamente a destra della dogana |
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Qui si vede meglio la chiesa presente qui sopra nella foto di oggi, e che ci dà la certezza del posto | |
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La “mairie” (municipio) dell’Assola francese, nella quale il doganiere Ferdinand Pastorelli (Fernandel) si precipita a richiedere il certificato di nascita che dimostri che è cittadino francese a tutti gli effetti, pena la sospensione dal servizio, è Palazzo Del Prete di Belmonte, situato in Via Cristo 49 a Venafro (Isernia), quasi di fianco all’abitazione italiana di Totò. L’ingresso al municipio è uno degli accessi secondari al palazzo, oggi sede di un bed & breakfast, aperto sull’adiacente Piazza Cristo. | |
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MUNICIPIO E DOGANA -Il Palazzo Comunale, situato in Piazza Cimorelli 1 a Venafro (Isernia), ovvero il reale municipio della cittadina molisana, è utilizzato per due diverse location. MUNICIPIO -E' il municipio dell’Assola italiana nel quale Ferdinand Pastorelli (Fernandel) si reca per ottenere la cittadinanza italiana dopo aver scoperto di non essere mai stato cittadino francese, come invece era convinto di esserlo dalla nascita |
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LA DOGANA -Il medesimo edificio, ripreso da una differente angolatura, più avanti sia stato "riciclato" per un altro scopo: è il palazzo sede degli uffici della dogana italiana, presso la cui frontiera il Pastorelli viene respinto da entrambi gli stati dopo che si era capito che non era italiano ma, oramai, non aveva più documenti francesi. |
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Controcampo su piazza Merola | |
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e sul monte (D) sul quale si trovava Fernandel |
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- Recensione del film tratta dal blog http://robydickfilms.blogspot.com
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- La Stampa
- La Nuova Stampa
- Stampa Sera
- Nuova Stampa Sera
- Il Messaggero
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