La tonaca di Don Camillo sarà indossata da Fernandel
Il regista Julien Duvivier girerà in Emilia un film tratto dal popolare libro di Giovanni Guareschi
Parma, agosto
Giorni or sono il regista francese Julien Duvivier fermò la sua automobile nella piazza di Brescello (Reggio Emilia). Il "piccolo mondo" della Bassa era tutto lì: la chiesa di don Camillo, il popolare eroe di Giovanni Guareschi, la casa dell’avvocato Spiletti, il balcone del municipio; da destra guardando la chiesa, sembrava uscisse Madama Cristina, la vecchia insegnante che dalla sua finestra sui tetti vede il campanile e ne ascolta i rintocchi; era come se da sinistra sbucasse Peppone, rosso ed affannato sotto il sole d’agosto che inondava la piazza deserta, rovente. In un attimo Duvivier, che da due giorni aveva vagato da Roccabianca a Sabbioneta, lungo un filare di paesini piatti e non fotogenici, immaginò la lunga carrellata, cento metri esatti, che accompagnerà don Camillo dall’uscita della chiesa fino alla stradina all’altro lato della piazza.
Ma appena a Parma si seppe che Duvivier aveva deciso di piantar le tende a Brescello per la realizzazione in film del Don Camillo di Guareschi, i contadini del popolare umorista della Bassa parmense misero il broncio. Don Camillo e Peppone, nati, secondo la fantasia dell’autore, in provincia di Parma, sconfinavano in altra provincia per rinascere in una nuova vita cinematografica. Per motivi che sfuggono ai profani, Brescello, pur distando da Parma solamente 21 chilometri, è provincia di Reggio Emilia, dalla quale dista invece 36 chilometri. E prima dell’arrivo di Julien Duvivier s’eran dati d’attorno con entusiasmo perché il film del loro concittadino trovasse tutte le strade spianate.
Per rabbonire i parmensi, fu presa una decisione pratica che mitigò il disappunto campanilistico di coloro che rivendicavano la cittadinanza dei personaggi di Guareschi: Parma, essendo più vicina a Brescello, sarà il quartier generale della troupe di Duvivier. Così le due province si divideranno gli onori: Reggio darà il paesino a Peppone e don Camillo, ma Parma ospiterà ufficialmente il regista francese ed i suoi uomini.
Il più contento è il sindaco di Brescello che, riunitosi insieme al parroco ed al maresciallo dei carabinieri, ha deciso di collaborare pienamente alla perfetta riuscita del film. È contento anche perché gli hanno detto che al campo sportivo sarà necessario costruire due grandi tribune e gli spogliatoi per i giocatori, e nutre, in cuor suo, la segreta speranza che i signori della troupe lasceranno in eredità al paese quelle migliorie, realizzate solidamente, che quelli di Brescello attendono da anni.
Sarà su quel terreno che saranno girate le scene dell’incontro calcistico tra i ragazzi di Peppone e quelli di don Camillo. Non sarebbe stato difficile scovare in paese ventidue ragazzi disposti a giuocare il football; ma in un paesino come questo i ragazzi son tutti o mezzi parenti o amici, mentre la partita di calcio dovrà essere accesa e combattuta come un assalto alla baionetta. Bisognerà che i giovani competitori siano veramente accaniti. Parma e Reggio, in campo sportivo, sono antagonisti come, nella maggior divisione, Milan e Inter, Roma e Lazio, Genova e Sampdoria; e allora l'incontro verrà girato dal vero, tra due squadre di cadetti di Parma e di Reggio, e tutti da queste parti assicurano che, in quanto ad ardore, sembrerà quasi di rivivere la partita descritta da Guareschi. Appena Duvivier ha fatto sapere che gli occorrevano alcuni tipi di ragazze, di uomini e di bambine, la piazza del paese s’è affollata di gente, tanto da sembrare una festa; sul più hello è comparsa la banda, a passo di marcia, col berretto a visiera delle grandi occasioni. La banda ha voluto mostrarsi al regista francese che l'ha subito scelta per il film, ha traversato la piazza e si è fermata sotto al monumento, un Ercole brutto e possente, dinanzi al quale sorgerà il palco da dove Peppone terrà i suoi comizi a dispetto di don Camillo rinchiuso nella Canonica, distante poche decine di metri.
Anche la banda di Brescello avrà una divisa nuova, bianca, con fascia e fazzoletto rosso; i suoi diciotto componenti sfileranno fra pochi giorni dinanzi al sarto. Hanno tutti accettato di prender parte al film, ma il capo musica ha tenuto a precisare che, nella regione, c’è una banda molto più brava, i cui concerti sono perfino incisi su dischi e messi in vendita al pubblico; quelli di Parma e di Reggio Emilia che amano la musica hanno quasi tutti acquistato questi dischi, che Duvivier ha ascoltato ed ha voluto portar via con sé. Nel film, quindi, la banda di Brescello agirà da attrice, ma il suono sarà quello inciso sui dischi perché questi della Bassa vogliono che il mondo conosca le note della loro migliore musica paesana. Non per nulla Giuseppe Verdi è nato da queste parti, a Busseto dove Duvivier ha trovato il Cristo, quello dei dialoghi con don Camillo. È un Cristo quattrocentesco, in legno dipinto, di autore ignoto, che domina il piccolo altar maggiore del Duomo, una costruzione del seicento; il regista francese lo ha fatto ripetutamente fotografare da tutti i lati e ne ordinerà una fedele riproduzione ad uno scultore di Roma. Il Cristo riprodotto per il film avrà un corredo di quindici teste, ciascuna con una diversa espressione; le teste potranno esser cambiate a seconda delle necessità del dialogo. Ma non si vedrà mai, sullo schermo, il Cristo che parla né Peppone che muove la bocca per conversare con Gesù. Sarebbe una nota stonata. La sensibilità di Duvivier ha risolto questo problema di ordine psicologico con una piccola ma sostanziale sfumatura: si vedrà Peppone e le sue espressioni, mentre si udrà la voce del Cristo; e viceversa. Dopo aver risposto a tante domande rivolte loro da Duvivier e dagli uomini della sua troupe, quelli di Brescello cominciarono a farne. Poiché già tutti si sentono compaesani di don Camillo e di Peppone, hanno voluto sapere i nomi dei due attori che vestiranno i panni del parroco e del "compagno". In realtà oggi questo grosso problema è risolto, ma non senza una lunga storia di ricerche, di provini e di incertezze; alla fine le caratteristiche fìsiche e le qualità artistiche di Fernandel, il popolare e simpaticissimo attore francese, si sono imposte. Fernandel con la sua mimica tipicamente europea, oseremmo dire nostrana, ed il suo viso simpatico ed espressivo, sarà quindi don Camillo; e Peppone sembra un personaggio scritto per Gino Cervi, il nostro attore più umano, che ha l'aria da bonaccione ma quel fisico robusto che se ti prende a sberle non puoi dire che non faccia sul serio. Cervi è proprio quello che don Camillo definisce «un buon diavolaccio, in fondo». e Fernandel quello che Peppone dichiara un prete che sa farsi rispettare. «mica una mezza calzetta».
E questi della Bassa parmense sono rimasti soddisfatti dei due attori, anche se Fernandel è un francese; se va bene a Guareschi, che è dei loro, va bene a tutti. E che Guareschi sia dei loro, di questi della Bassa, se n’è accorto subito anche Duvivier, al primo incontro a Busseto. Il regista francese e lo scrittore si conobbero che era ora di pranzo; Guareschi volle far assaggiare a Duvivier un po' di quel salame tipico di queste parti che chiamano "culatello". Non è propriamente un salame, ma è una sorta di carne di maiale insaccata ' con particolari ingredienti. Si mangia come il salame, ma l’uso è di mangiarlo a fette arrotolate. Con due dita e con incredibile destrezza Guareschi, allo stesso modo che i marinai confezionano una sigaretta con una cartina, arrotolò la fettina di "culatello” e se la portò alla bocca con tale rapidità che sembrò un prestidigitatore. Tentò anche Duvivier, ma senza alcun successo. Ed il pranzo, dall’antipasto, passò alla minestra; ma Guareschi volle ancora fette di "culatello” ; al secondo piatto Guareschi, dopo aver consultato la lista, sembrò perplesso; ma ordinò ancora del "culatello”.
E quando gli altri mangiavano la frutta, Guareschi volle chiudere il suo pranzo con una quarta porzione di "culatello” ed un buon caffè. L'oste, nel tirar le somme, comunicò, all'autore di Don Camillo, la quantità di "culatello" che si era sciroppato: poco meno di un chilo.
Jacopo Rizza, «Oggi», 18 agosto 1951
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Jacopo Rizza, «Oggi», 18 agosto 1951 |