Spassosa guerra fredda fra Totò e la «Casa di Bisanzio»

Nobilta

Totò, principe De Curtis, protagonista della nobiltà italiana del Novecento, fu al centro di una curiosa disputa araldica con la cosiddetta Casa di Bisanzio. Nel 1951 la stampa raccontò la controversia nobiliare fra Totò, discendente dei Comneno Focas, e i sedicenti eredi di Niceforo II Foca. Documenti genealogici, sentenze del tribunale e cronache d’epoca ricostruiscono un episodio singolare, dove titoli imperiali, araldica italiana e orgoglio partenopeo si intrecciano nella storia nobiliare di Totò, tra legittimazioni giudiziarie e rivendicazioni dinastiche.

Roma 18 giugno, notte.

«NNiceforo Focas, l’usurpatore del trono di Bisanzio, chiuse la sua Imperiale avventura assassinato per una congiura di palazzo. Oggi tali sistemi non si usano più ma stia attento Totò, perchè per i Focas di oggi esiste sempre la giuria di palazzo di giustizia». Così il conte Guido Jurgens, consulente araldico della «Imperiale casa di Bisanzio e rappresentante di Marziano II Lavarello Lascaris Basileus, custode della corona di Bisanzio», ha concluso questa sera, in un albergo del centro, la sua appassionata perorazione contro il principe Antonio De Curtis Angelo Flavio Comneno Dukas Focas, in arte Totò, quale preteso discendente del ceppo costantiniano e titolare dell’impero di Bisanzio.

Mentre questa singolare e spassosa guerra fredda delle carte bollate per l'impero di Bisanzio è in corso, l'azione del magistrato non andrebbe influenzata; questo il conte Jurgens lo sa, ma sa anche che Antonio De Curtis, sedicente titolare dell'impero di Bisanzio e di tutto l'Oriente asserisce di avere iniziato un’azione giudiziaria contro le pretese avanzate sul suo titolo imperiale da un suo competitore. Non è così, tiene a precisare il rappresentante della casa Imperiale Lavarello Lascaris, «il magistrato penale di Roma sta svolgendo accertamenti sugli illeciti commessi dal De Curtls, esclusivamente su denuncia di Marziano II».

Antonio De Curtis Nobilta CC

I Focas non sono mai stati una dinastia bizantina — dice l'araldista dell'imperial casa Lavarello — e l'ultimo di essi, Niceforo II dal quale Totò pretende di discendere, non é mai stato imperatore di Bisanzio, bensì usurpatore per sei anni delle funzioni imperiali; morì nel 969 senza eredi, vittima di una congiura. Come ha fatto il De Curtis, si chiede sorridendo il conte Jurgens, ad ottenere dalla magistratura napoletana una sentenza con la quale, partendo dal presupposto di una discendenza del De Curtis dai Focas, si assegnano a Totò nomi legittimi dei discendenti di Costantino, quali Angelo, Flavio, Comneno, Dukas?

L'accertamento chiesto al magistrato romano dal Lavarello ha lo scopo preciso — ha concluso il conte Jurgens — di ottenere l’esibizione di quei documenti storici che il De Curtis deve avere presentato alla magistratura napoletana per ottenere le sentenze che ledono gli interessi di coloro che ritengono di potersi dire discendenti di Costantino, sia in Italia, sia all'estero.

La casa imperiale di Bisanzio ha dunque dato fiato ai suoi araldisti. E noi — pare abbia detto il principe De Curtis — suoneremo le nostre campane. Che in questo caso, non c'è dubbio, non tarderanno a far sentire i loro rintocchi a base di sentenze, richieste di accertamenti, perizie araldiche e chi più ne ha più ne metta.

«Corriere della Sera», 19 giugno 1951


Note

La discendenza imperiale di Totò venne contestata nell'aprile del 1951 da un gruppo di nobili, incluso Marziano Lascaris di Lavarello, altro pretendente al trono di Bisanzio, con un esposto-denuncia presentato al Tribunale di Roma. Nel settembre 1951 la magistratura conferma il titolo nobiliare di Totò già sancito dalle sentenze del 18 luglio 1945 e 7 agosto 1946 del Tribunale di Napoli. Viene tenuta una conferenza stampa a casa di Totò, assistito dall'avvocato De Simone, per spiegare la sentenza del Tribunale di Roma.


La settimana Incom 00650 del 28 settembre 1951

Corriere-della-Sera
«Corriere della Sera», 19 giugno 1951

Riferimenti e bibliografie:
  • Canale YouTube Istituto Luce

👑 Conclusioni

La spassosa battaglia legale fra Totò e la Casa di Bisanzio del 1951 resta uno degli episodi più singolari della storia nobiliare italiana. In un’Italia che usciva dal dopoguerra, Antonio De Curtis difese con fermezza i propri titoli nobiliari — Principe di Bisanzio, Duca, Conte Palatino — sostenendo la legittimità genealogica della famiglia Focas-Comneno-Dukas. Il confronto con il sedicente Marziano II di Lavarello mise in luce contraddizioni, falsi documenti e la complessa eredità dell’araldica bizantina. Questa vicenda, ricca di documenti giudiziari, sentenze e rassegna stampa, rivela un Totò diverso: non solo attore comico, ma uomo consapevole del valore identitario dei titoli imperiali, delle discendenze costantiniane e della memoria familiare. Oggi il dibattito tra araldisti e storici riporta alla luce una pagina affascinante della nobiltà del Novecento, tra satira, orgoglio e diritto nobiliare.