La discendenza imperiale di Totò confermata dai magistrati romani

Sentenze, genealogie bizantine e archiviazione degli esposti.

Totò e la nobiltà: logo del dossier sulla discendenza imperiale confermata nel 1951


Principe per "diritto di sangue" - Archiviate le denunce che accusavano il popolare attore di essersi servito di documenti falsi. La discendenza imperiale di Totò confermata dai giudici romani, convalidando i titoli nobiliari iure sanguinis della famiglia de Curtis. Le sentenze del Tribunale di Napoli 1945 e 1946 furono decisive, insieme ai documenti del Grande Archivio di Napoli e della Consulta Araldica, per accertare la genealogia della linea bizantina dei Focas. In quella conferenza stampa, Totò difese il suo diritto al riconoscimento della nobiltà italiana, respingendo le accuse di documenti apocrifi, e rafforzando la sua immagine di Principe Antonio de Curtis, erede della storia bizantina e medievale.

«Totó», Principe Antonio De Curtis ha convocato ieri sera i giornalisti in casa sua per dare ad essi l'annunzio che il Tribunale di Roma ha respinto, ordinandone l’archiviazione, due denunce con le quali si insinuava che egli aveva ottenuto dalla Magistratura napoletana il riconoscimento della sua discendenza degli Imperatori Bizantini mediante documenti apocrifi e falsi. La conversazione di «Totò» si è convertita in una vera e propria «conferenza stampa», poiché il popolare attore ha informato dettagliatamente i giornalisti di tutta la questione giudiziaria, di cui le cronache ebbero già sommariamente ad occuparsi.

Fin dal 1945 il Tribunale e successivamente la Corte d'Appello di Napoli, con numerosi provvedimenti passati in giudicato e dopo esauriente esame dei documenti esistenti presso il Grande Archivio Storico di Napoli e presso la Consulta Araldica, riconoscevano la discendenza imperiale di Antonio De Curtis. Si accertò infatti che questi discendeva da Federico De Curtis, a sua volta diretto discendente degli Imperatori bizantini Focas. Infatti, come risulta dallo storico documento di un processo svoltosi nel 1787 presso la Gran Corte di Vicaria, Federico De Curtis discendeva in linea retta maschile da Giovan Tommaso Curzio — o De Curtis — cavaliere di Malta nel 1584, figlio di Angelo Curzio De Griffo della Terra del Vibonati. Tale ramo risale a famiglie imperiali bizantine che annoverano tra i propri esponenti Teodoro Fabio, capitano generale e cognato dello stesso imperatore Costantino, Flavio Focas, Niceforo II Focas, Niceforo III detto Botoniate, imperatore di Costantinopoli, ed infine Leone Focas, fratello di Niceforo II, imperatore di Costantinopoli. Costui fu detto Grifo perchè, dopo annientate nel 964 le milizie bulgare, aggiunse al suo proprio scudo un grifo nero in campo d’oro, insegna del condottiero nemico da lui debellato.

Antonio De Curtis (Totò), ritratto a tema nobiliare – discendenza bizantina confermata nel 1951

La Magistratura Napoletana dichiarò il Principe Antonio De Curtis diretto discendente maschile della famiglia del Griffo Focas e ordinò all'ufficiale dello Stato Civile di Napoli di completare il nome di Antonio De Curtis Gagliardi nel modo seguente: De Curtis dei Griffo Focas Gagliardi, con l'attributo di principe «iure sanguinis», con diritto al trattamento di altezza imperiale di spettanza dinastica e a riprendere i cognomi di Angelo Flavio Ducas Comneno di Bisanzio in una con tutti i titoli di cui le loro famiglie si fregiavano.

Senonché tale discendenza imperlale fu contestata da Marziano Lavarello, che la rivendica invece a se stesso e dal suo «Ministro della Real Casa», Luigi Colisi Rossi, i quali in due esposti presentati alla Procura della Repubblica di Roma affermavano, come abbiamo detto, che le decisioni della Magistratura Napoletana furono frutto della esibizione di documenti falsi e apocrifi per parte di «Totò».

I due esposti risalgono allo scorso aprile e l'esame su di essi si è concluso in questi giorni con un decreto di archiviazione del giudice istruttore della XIII sezione dei Tribunale, nel quale si deplora il «comportamento degli esponenti, che non hanno potuto asseverare neanche genericamente le accuse formulate contro Antonio De Curtis».

«Totò», che ha accompagnato la conferenza con un signorile rinfresco, e che aveva accanto a sé l’avvocato Eugenio De Simone, il quale lo ha assistito in quest'ultima fase giudiziale, ha fatto la sua esposizione senza parole di rancore per nessuno, ma esprimendo la sua intima soddisfazione per la decisione della Magistratura Romana, che viene implicitamente a confermare i precedenti giudicati napoletani.

«Il Paese», 20 settembre 1951


Note

La discendenza imperiale di Totò venne contestata nell'aprile del 1951 da un gruppo di nobili, incluso Marziano Lascaris di Lavarello, altro pretendente al trono di Bisanzio, con un esposto-denuncia presentato al Tribunale di Roma. Nel settembre 1951 la magistratura conferma il titolo nobiliare di Totò già sancito dalle sentenze del 18 luglio 1945 e 7 agosto 1946 del Tribunale di Napoli. Viene tenuta una conferenza stampa a casa di Totò, assistito dall'avvocato De Simone, per spiegare la sentenza del Tribunale di Roma.


La settimana Incom 00650 del 28 settembre 1951

«Il Paese», 20 settembre 1951

Riferimenti e bibliografie:
  • Canale YouTube Istituto Luce

👑 Conclusioni

La vicenda della discendenza imperiale di Totò, riportata da «Il Paese» il 20 settembre 1951, rappresenta un momento cruciale nella storia della nobiltà italiana e del diritto iure sanguinis. Dopo le sentenze del Tribunale di Napoli del 1945 e 1946, la magistratura romana archiviò gli esposti, riconoscendo validità ai documenti custoditi presso il Grande Archivio di Napoli e la Consulta Araldica. Questo riconoscimento consolidò il nome completo Antonio de Curtis dei Griffo Focas Gagliardi e la legittimità della sua linea bizantina dei Focas, legata a Niceforo II e Leone Foca. La conferenza stampa dell’avv. Eugenio De Simone segnò la fine delle accuse di documenti apocrifi, trasformando Totò in un caso simbolico tra genealogie araldiche, storia nobiliare e rassegna stampa del dopoguerra. Questo intreccio tra cronaca giudiziaria e identità artistica rafforza il legame tra Totò, la sua nobiltà e la memoria culturale italiana.