Forse anche un papa fra gli antenati di Totò
Uno studioso di araldica vuole provare che Benedetto XII appartiene alla famiglia De Curtis.
Totò si appresta a provare la presenza di sangue pontificio nell’albero genealogico dei De Curtis. E lo farà richiamandosi alla scoperta di un noto araldista e storiografo, il Conte Luciano Pelliccioni di Poli, il quale dopo lunghe ricerche dichiara di poter affermare con tutta sicurezza che un Papa da secoli indicato nella serie ufficiale dei Pontefici con un nome francese, appartiene invece alla famiglia italiana dei De Curtis. che con Totò, loro moderno discendente, hanno rivendicato recentemente in Tribunale il titolo di principi e la discendenza diretta dalla famiglia imperiale di Bisanzio.
Il Papa in questione è Benedetto XII, al quale tutti i testi di storia della Chiesa e lo stesso Annuario pontificio pubblicato dalla Tipografia Poliglotta vaticana attribuiscono il nome prettamente francese di Giacomo Fournier, mentre dovrebbe essere chiamato più giustamente, stando alle conclusioni cui è giunto il suddetto araldista, Giacomo de Curtis.
Il Conte Luciano Pelliccioni di Poli, per dimostrare la verità di quanto asserisce, sta preparando una pubblicazione che prende le mosse addirittura dall’epoca leggendaria della fondazione di Roma. La famiglia De Curtis — egli dichiara — è una delle più antiche che conti l'Italia e vanta come capostlpite il celebre Mezio Curzio, generale che combattè contro Romolo per vendicare il «ratto delle sabine». In un duello con il fondatore di Roma, egli, a detta degli storici, cadde con il cavallo in una palude, esistente ove adesso sorgono gli avanzi del Foro Romano e che da lui prese il nome di Lacus Curtis. Tornata la pace tra i romani ed i sabini, i suoi discendenti si stabilirono in Roma, dove godettero degli onori del patriziato ed ebbero molti consoli e generali illustri. Dei Curzi romani famosissimo fu anche Marco Curzio, ricordato da tutti gli storici latini per un atto di grande valore. Nell’anno 362, cioè, essendosi aperta nel Foro romano una voragine vomitante fuoco e fiamme, ed avendo gli auspici profetizzato che essa si sarebbe allargata fino ad inghiottire l’intera città, a meno che non vi fosse stato gettato quanto Roma aveva di più bello e di più caro. Marco Curzio, ritenendo che nessun bene maggiore delle armi e del valore i romani potessero vantare, si gettò armato nella voragine stessa che subito si richiuse su di lui, mentre il popolo lanciava frutta e fiori per propiziarsi gli Dei Inferi. Il Console Caio Curzio poi, per ordine del Senato, fece innalzare nel luogo un’ara e tre alberi sacri per il culto dell'eroe, a ricordo del quale esistono ancor oggi un celebre bassorilievo nell’ex Museo Mussolini ed una grande statua nel giardino del castello di Versailles. Ai Curzi romani appartenne, infine, il famoso storico Quinto Curzio Rufo, autore di una storia di Alessandro Magno.
Con la caduta dell’Impero romano d’occidente la «gens Curzia» si divise in due grandi rami, uno dei quali si stabili in Oriente con il generale Curtizio. Il nipote di costui, Foca, anch'egli centurione romano, uccise l’imperatore Maurizio e si insediò sul trono imperiale di Bisanzio. Ebbe cosi origine una dinastia di generali e di luogotenenti dell’impero che, imparentatasi con le altre dinastie regnanti dell'epoca, si concluse con l'Imperatore Niceforo II Foca, ucciso nel 969. I discendenti si stabilirono in Sicilia e nel Napoletano, furono ascritti alla nobiltà di Ravello, Cava, Lucera, Rossano, Palermo e Napoli, strinsero parentele con famiglie principesche quali i Caracciolo, i Carafa, gli Ayerbe d'Aragona e nel corso dei secoli ottennero il cavalierato ereditario del Sacro Romano Impero, il principato di Cassano, la contea di Ferrazzano, le signorie di Caspoli, Gabica, Giffone, Melissano, Policastro, Segrezie di Naro e Termine. Tra gli esponenti maggiori del ramo bizantino ritornato in Italia, e precisamente in Sicilia che era allora provincia dell'Impero d’Oriente, con Auripione, figlio di Niceforo II, vi furono cinque Vescovi, guerrieri e giureconsulti e persino due banchieri, che prestarono denaro a Carlo I di Spagna.
Il ramo della «gens Curzia» rimasto nella penisola dette anch’esso personaggi famosi, tra i quali molti ecclesiastici. Insignito delle Baronie di Mazara e della Tutia da Federico II e della Signoria di Gravedonna, questo ramo conterebbe nella sua storia, oltre ad un Cardinale, Guglielmo de Curtis, che ebbe la Porpora da Papa Benedetto XII, lo stesso Benedetto XII. A questo Pontefice è stato finora attribuito il cognome di Fournier, talvolta latnizzato in Furnerius nei testi più antichi. Dall’esame delle fonti più autorevoli — afferma ora il Conte Pelliccioni di Poli — risulta incontestabile l’appartenenza alla stessa famiglia del Cardinale Guglielmo de Curtis e del Papa Benedetto XII.
Nell'opera «Italia Sacra» dell'Ughelli il Cardinale Guglielmo è indifferentemente detto Curti o De Curtis e lo si dice nato a Tolosa e cittadino francese. Il Candida in «Memorie delle famiglie nobili dell'Italia meridionale» ricorda come un ramo della famiglia De Curtis, e precisamente quello di Gravedonna, si fosse trasferito in Francia nel XIII secolo e come ad esso appartenesse iì Cardinale Guglielmo. Il Ciacconio e l’Ughelli chiamano entrambi il Cardinale Guglielmo «nepos ex fratre» — cioè «nipote da parte di fratello» — del Pontefice Benedetto XII. E lo stesso Ciacconio, il Rietstap ed il Duchesne attribuiscono ad entrambi un eguale stemma gentilizio, che è uno dei tanti emblemi da molti altri autori attribuiti ai De Curtis napoletani. Poche altre fonti assegnano invece al Papa Benedetto XII il cognome Novelli, poi francesizzato in Nouvel, ma sono egualmente d’accordo per quanto riguarda lo stemma gentilizio. Il Cristofori, infine, nella «Storia dei Cardinali di Santa Romana Chiesa», attribuisce a Benedetto XII il doppio cognome Fournier Nouvel e chiama il Cardinale Guglielmo de Court Nouvel.
Sormontata la difficoltà soltanto apparente del cognome Nouvel, che altro non è che un soprannome attribuito al Pontefice, il quale in alcuni testi è addirittura chiamato «Di Nuovo» a significare che, dopo una serie di Papi francesi, era stato eletto un «nuovo» Papa francese, rimaneva soltanto — secondo l’araldista — da chiarire la ragione per cui un De Curtis poteva aver cambiato il proprio cognome in Fournier.
Il padre di Papa Benedetto, che si chiamava anche egli Guglielmo, aveva sposato la sorella del Pontefice Giovanni XXII e si era trasferito in Francia precisamente da Gravedonna. Quasi tutti gli storici dicono che Benedetto XII apparteneva a famiglia modesta, ma in questo — dice l'araldista — evidentemente errano, perchè non doveva essere troppo modesto il padre di lui, sposatosi con la sorella del Pontefice precedente. Per rovesci di fortuna, Guglielmo de Curtis fu costretto ad esercitare in Francia il mestiere di mugnaio e appunto dalla professione del padre venne a Benedetto XII il soprannome di «Fournier», corrispondente al moderno termine francese «boulanger», che in italiano suona «fornaio». Il fatto è accettato dalla «Biografia Universale antica e moderna», che dando alcuni cenni della vita di Papa Benedetto afferma senz'altro che «il padre suo era fornaio e perciò senza dubbio ebb'egli il nome di fornaio».
Rimarrebbe solo da spiegare perchè il Pontefice non abbia mài dato peso alla gloriosa storia della sua famiglia, ma anche qui è da notare che tutti gli storici sono d'accordo sulla grande modestia che distinse questo Papa. Il Di Montor, nella sua «Storia dei Sommi Pontefici» riferisce che quando nel Conclave Benedetto XII seppe della sua elezione, rivolto ai Cardinali, esclamò: «Che avete fatto, fratelli miei? Fra tutti avete scelto il più indegno» e afferma inoltre che il Papa «diceva alcune volte che il Santo Padre non aveva nessuna famiglia, e che il vero prete, secondo l'ordine di Melchlsedecco, non dovea avere nè padre nè genealogia».
Questo è quanto afferma il Conte Pelliccioni di Poli. Se tali asserzioni, che egli si prepara a sostenere pubblicamente con lo aiuto dei più autorevoli testi di storia ecclesiastica, dovessero dimostrarsi giuste, nell’elenco ufficiale dei 261 Pontefici che fino ad oggi sono saliti sul trono del Principe degli Apostoli accanto al nome di Benedetto XII dovrebbe aggiungersi al «soprannome» Fournier quello di Giacomo de Curtis. In tal modo un nome italiano spezzerebbe la serie dei sette Papi francesi del periodo avignonese che si avvicendarono nel governo della Chiesa dal 1305 al 1378. E ne seguirebbe anche che nell’albero genealogico del popolarissimo e titolatissimo Totò, i-scritto all'anagrafe come «Sua Altezza Imperiale il Principe Antonio de Curtis Griffo Fokas Angelo Flavio Comneno Doukas Gagliardi di Bisanzio», oltre agli eroi e consoli romani, agli imperatori di Bisanzio, a cinque Vescovi e ad un Cardinale, bisognerebbe far posto a due Papi: a Benedetto XII e a Giovanni XXII.
Filippo Pucci, «La Settimana Incom Illustrata», anno VII, n.10, 6 marzo 1954
Filippo Pucci, «La Settimana Incom Illustrata», anno VII, n.10, 6 marzo 1954 |