Il popolare attore Totò è di origine imperiale?

Totò e la nobiltà: emblema e lettering storico legati alla disputa sui titoli


Totò e la nobiltà: si racconta la discendenza bizantina di Antonio de Curtis, il suo titolo di principe iure sanguinis e la contesa sui diritti dinastici. Attraverso documenti genealogici, esposti giudiziari e sentenze pronunciate a Napoli e Roma, si ricostruisce la difesa di Totò contro chi negava le sue origini imperiali. In questa cronaca, che coinvolge Marziano di Lavarello, l’avvocato Eugenio De Simone e i custodi della corona di Costantinopoli, emerge l’immagine del Totò uomo e simbolo del costume italiano del dopoguerra, tra titoli nobiliari, storiografia e orgoglio d’artista.


C'è chi osa metterlo in dubbio - Sua altezza si prepara a scendere in campo contro chi vuol privarlo dei suoi diritti nobiliari

Molti commenti ha suscitato, tra gli attori e le attrici ancora presenti a Roma, l'improvviso ritorno del popolare attore comico Totò. Interrompendo le sue vacanze nella bellissima isola di Ischia, Totò è piombato nella nostra città e ha immediatamente convocato il suo legale, Avvocato Eugenio De Simone, con il quale ha avuto un lungo colloquio. Durante l'abboccamento, che si è svolto nell'abitazione dell'attore, ai Parioli, sono state trattate questioni urgentissime circa una vicenda giudiziaria che, a quanto dicono tutti coloro che lo conoscono, sta molto a cuore a Totò.

Si tratta di questo: nell'aprile scorso, il signor Luigi Colisi Rossi presentò alla Procura della Repubblica un esposto, con il quale, qualificandosi «ministro della casa Imperiale di Marziano II Lavarello», custode della corona di Costantinopoli, affermava di disconoscere i titoli dinastici, con relativi attributi, predicati, titoli, insegne, stendardi, sigilli, diritti e prerogative, del Principe Antonio Angelo Guido Flavio Ducas De Curtis e De Grippo Focas Comneno Gagliardi di Bisanzio, cioè, per dirla con una parola sola, dell'attore Totò.

Tali diritti, attributi, titoli, eccetera, erano stati riconosciuti validi da una sentenza della magistratura napoletana, la quale attraverso numerose sentenze pronunciate, aveva più volte confermato l'origine imperiale della famiglia di Totò, e il di lui diritto di fregiarsi della qualifica di Principe iure sanguinis (principe per diritto di sangue). Secondo la magistratura napoletana, a Totò spetta il trattamento di altezza Imperiale, quale successore di varie dinastie bizantine, a cominciare dall'Imperatore Costantino.

Totò e la nobiltà: emblema e lettering storico legati alla disputa sui titoli

La gelosia di Totò per le sue origini imperiali il suo amore agli illustri antenati sono noti. E' facile immaginare quindi lo sdegno del popolare attore contro colui che usava mettere in dubbio l'antichità e la nobiltà quasi divina della sua dinastia. «Ebbene, fu lo sprezzante commento di Totò, accetto il combattimento! Si faccia, una buona volta, questo processo. E vadano i giudici fino in fondo, affinché sia smascherata una volta per sempre la folle audacia ed infernale malvagità dei miei nemici». E, afferrato un telefono, chiamò il suo avvocato, e gli diede mandato di iniziare subito la causa.

I documenti, che dovranno dimostrare luminosamente quanto illustri antiche siano le origini dell'attore, sono attualmente custoditi nella casa di Totò; si tratta di vecchi ”papiri”, sui quali sono narrate le imprese di Costantino, Niceforo II, Griffo Focas, Giovan Tommaso Curzio, Federico De Curtis, Teodoro Fabio, Flavio, Leone Focas, eccetera.

Dopo il colloquio con il suo legale, Totò è ripartito verso il sud, deciso a riposarsi, prima di affrontare i suoi rivali davanti ai giudici. Per il prossimo autunno, è previsto l'inizio dell'interessante processo, a meno che il giudice istruttore non decide egli stesso sulla spinosa questione.

Intanto, per far sbollire l’ira contro il «Custode della corona di Costantinopoli», Totò si è dato alla musica e al canto. Egli ha infatti composto alcune romanze d'ispirazione partenopea, che sono già state trasmesse da una stazione radio del Sudamerica.

Sembra che il questore di Roma, nell'imminenza del dibattimento, pregherà Totò di non presentarsi in tribunale, per evitare pericolosi assembramenti, per i quali, senza dubbio, sarebbe necessario un imponente servizio d'ordine. Ma è molto difficile che Totò rinunci ad assistere alla discussione di una causa che gli sta tanto a cuore e a difendere di persona l'integrità della propria famiglia e l'autenticità dei suoi Barbuti ascendenti bizantini.

«L'Unità», 15 agosto 1951


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«L'Unità», 15 agosto 1951

👑 Conclusioni

Il caso giudiziario descritto da «L’Unità» il 15 agosto 1951 segna una tappa importante nella lunga contesa sui titoli nobiliari di Antonio de Curtis. In quegli anni, Totò difendeva con fermezza la propria discendenza bizantina e il titolo di principe iure sanguinis, sostenuto da documenti genealogici e da sentenze emanate a Napoli e a Roma. La vicenda, che intreccia diritti dinastici, orgoglio d’artista e ironia partenopea, riflette lo spirito dell’Italia del dopoguerra, sospesa tra memoria imperiale e voglia di riscatto. L’episodio, nato da un esposto alla Procura romana e amplificato dalla stampa nazionale, conferma l’interesse che Totò suscitava non solo come attore, ma come figura simbolica di un costume italiano in trasformazione, dove la nobiltà diventa teatro, mito e identità.