Il signor Errepi, lo Ziegfield italiano

Remigio-Paone


Remigio Paone è il più intraprendente impresario teatrale italiano. Ha lanciato Vivi Gioi e Olga Villi, ha portato in Italia Chévalier, Joséphine Baker e la Dunham e fatto conoscere in America il nostro «Carosello Napoletano».

Dicono che Ziegfield la sera prima che una sua ballerina doveva esordire su un nuovo palcoscenico non si coricava per sorvegliarle il sonno. La faceva anzi andare a letto alle otto, la chiudeva a chiave nella stanza e si metteva la chiave in tasca, dopo averle fatto bere un solo bicchiere di latte. Egli stesso, Ziegfield, qi quella settimana che precedeva la rappresentazione di una nuova rivista non beveva che acqua minerale con qualche arancia affettata e zuccherata ; poi, quando l’esordio era avvenuto, strappava la protetta dalle mani degli ammiratori e la portava di nuovo subito via. Era come un severo istitutore per le sue ragazze. Fu l’ultimo impresario romantico, l’ultimo dignitario del teatro.

1951 03 10 Epoca Remigio Paone f1Paone sul palcoscenico del Nuovo di Milano nel 1950. Il Nuovo fin da quando fu costruito, cioè da tredici anni, è il teatro degli spettacoli «errepi»: varietà prosa e musica da camera.

Organizzare uno spettacolo divenne sempre più un’impresa commerciale, uno stanziamento di capitali. Come fabbricare buoni giocattoli. Se la gente non si diverte coi giocattoli e la ditta non è solida, la fabbrica va a rotoli. Remigio Paone è stato il primo, da noi, a organizzare spettacoli su scala industriale. La voce che fosse «un capitalista» si sparse tra i profani di cose teatrali quando, nelle elezioni politiche del ’48, egli si presentò candidato del Fronte Democratico Popolare.

1951 03 10 Epoca Remigio Paone f2Paone nacque a Formia. Da ragazzo seguiva talvolta il padre deputato nei suoi giri elettorali. Con la madre faceva gite in campagna.

«L’è un industriale socialista» diceva la gente. Paone tenne allora settantadue comizi, andò nelle fabbriche e nelle piazze e, alla fine raccolse tredicimila voti preferenziali. «El terùn l’è cunvincent» dicevano gli operai e bisogna dire che Errepi se la cavava davvero molto bene. Quelli che dopo i discorsi lo avvicinavano e, per le improvvise amicizie che si stabiliscono nei momenti di effervescenza, gli offrivano una sigaretta scoprivano una sua mania, un vezzo, che lo rendeva anche simpatico. Rifiutando una sigaretta Paone diceva: «Grazie, quest’anno non fumo». «Come quest’anno» domandavano gli operai, «lei vuol scherzare.» «No, no, davvero quest’anno non fumo» faceva Paone e spiegava così che lui fumava un anno sì e uno no, che quello, il '48, era l’anno dell’astinenza.

Quell’anno non fumò e non fu eletto deputato ; il '50 pure non fumò, ma il «Carosello Napoletano» ebbe un successo enorme sebbene ci avesse rimesso quaranta milioni. «Che sarà?» si dovette chiedere Paone e per dare uno sgambetto alla-superstizione decise di cambiare turno. Fumò e non fumò senza regole e gli spettacoli al Nuovo e le riviste al Manzoni andarono senz'altro bene.

1951 03 10 Epoca Remigio Paone f3Il 1920 era presidente della Corda Fratres, un’associazione di allegri goliardi. Aveva studiato prima legge e poi economia e aveva già intrapreso la carriera bancaria quando si mise, nel 1928, nella sua prima impresa teatrale.

1951 03 10 Epoca Remigio Paone f4A Roma il giorno delle nozze, il 26 giugno 1924. Da sinistra l’on. Alberto Beneduce, signora Tullia Paone, Paone, Italia Paone Beneduce, signora Noemi Beneduce e il dottor Giuseppe Paone.

 

Paone allarga le braccia e per accertarsi che i suoi incassi sono sempre delle cifre record telefona al Manzoni, dove si dà una sua rivista : «Pronto, Peppino dammi gl’incassi». «Un milione e trecentomila» risponde Peppino. «Vede ?» fa Paone «sono il più grande impresario d’Italia.» E appoggia la testa alla poltrona, esattamente sotto una scritta in italiano e tedesco che egli tiene alle sue spalle e che dice: «È difficile reggere uno Stato, ma è dieci volte più difficile reggere un teatro. Eduard Von Bauernfeld».

Molti guardano quella scritta quando entrano nel suo ufficio e a tutti accostando la mano alla bocca egli sussurra in un orecchio: «Detto tra parentesi, io non ci credo, ma la tengo lì. Mi so’ abituato a guardarla».

Non si potrebbero riferire queste cose su Remigio Paone se tutti non gli riconoscessero oltre al suo orgoglio una abilità effettivamente eccezionale e grandi benemerenze teatrali.

Paone era destinato a fare l’impiegato di banca e prima del ’28, quando si mise nella prima impresa teatrale con Sem Benelli, era stato sul palcoscenico non più di una sola volta, in qualità di generico, in una recita scolastica. Compariva al secondo atto vestito da donna e non aveva ancora finito di dire la sua unica battuta che subito lo spedivano in platea a organizzare i battimani. I suoi compagni volevano che lo spettacolo fosse accolto entusiasticamente per poterlo ripetere e non andare a scuola. Ci riuscirono bene. Dopo vent’anni Paone firmava già i contratti con i grandi attori. La
Duse, Moissi, Petrolini, Angelo Musco, Paola Borboni, Wanda Osiris, Vivi Gioi e Olga Villi passavano per il suo ufficio. Joséphine Baker gli mandava i fiori dalla Costa Azzurra. Da quando ha cominciato i Pomeriggi Musicali al Teatro Nuovo, Paone si vanta giustamente di aver reso popolare in Italia anche i concerti di musica sinfonica. Con la BIAT (Bureau International Affaires Théatrales) con sede a New York, Londra e Parigi) di presiedere il più grande consorzio tra impresari che esista al mondo.

1951 03 10 Epoca Remigio Paone f5Aprile 1948: il giorno delle elezioni Paone andò a votare assieme a Pietro Nenni. Era candidato al Parlamento nella lista del Fronte Popolare. L'amicizia di Paone e Nenni risale al '43. Paone è sordo a sinistra e Nenni a destra.

1951 03 10 Epoca Remigio Paone f6Errepi con Olga Villi e il principe Lanza di Trabia durante un trattenimento al don Rodrigo Club. Olga Villi è la più recente scoperta dell'impresario e il don Rodrigo la sua ultima creazione.

«Saprà che il piano Marshall, no, voglio dire l’Unesco, fa delle trasmissioni da Parigi» dice «gli spettacoli Errepi sono stati incaricati di designare gli attori per l’Italia.» «Antonio» grida poi dal suo tavolo, «Antonio vieni qui» e siccome Antonio si dev’essere addormentato nell’anticamera (sono le dieci di sera) si alza e va a chiamarlo dalla porta. «Antonio, por-
tami qualche cosa» gli fa lui e il qualche cosa, un pollo alla marescialla penso, dev’essere pronto perché Antonio si sente andare e tornare subito. Prima di chiamare Paone aveva detto: «Lei mi scusa, nevvero, se mangio, sono digiuno da stamattina, non ho avuto tempo di farlo prima» e aveva chiamato. Quando Antonio giunse con acqua minerale e arance affettate e zuccherate devo confessare che restai meravigliato. Non s’immagina, vedendo parlare e comandare Paone che egli abbia dei residui di romanticismo, di tradizione. «Devo aspettare che finisca lo spettacolo prima di poter tornare a casa» disse. «Quando telefono a Peppino sono emozionato come se si trattasse del primo esame. Ho organizzato cinquantatré spettacoli, lo sa» e con gesto largo si aprì la giacca del doppio petto azzurro sulla camicia pure azzurra dove lessi «errepi» per esteso: le sue iniziali.

Vincenzo Sinisgalli, «Epoca», anno II, n.22, 10 marzo 1951


Epoca
Vincenzo Sinisgalli, «Epoca», anno II, n.22, 10 marzo 1951